venerdì 4 gennaio 2019
Il mining di bitcoin e la meraviglia del capitalismo
di Valentin Schmid
Il prezzo di bitcoin continua a calare; gli oppositori ovviamente non se lo lasciano ripetere due volte e lo attaccano come possono. La fine della criptovaluta dominante è infine arrivata, o no?
Bitcoin è stato dichiarato morto centinaia di volte, soprattutto durante il brutale declino del 90% dal 2013 al 2015. Ciononostante ogni volta è ritornato più forte di prima.
Dove gli scettici hanno ragione: la seconda bolla di bitcoin è scoppiata a dicembre di due anni fa e il prezzo è sceso di circa l'80% dal suo massimo di $20.000. Nessuno sa se e quando vedrà di nuovo questi picchi.
Di conseguenza milioni di speculatori sono stati bruciati e le grandi istituzioni non si sono presentate per colmare il divario.
Ciò è accaduto anche su piccola scala nel 2013 dopo una simile cavalcata del 100x, ed era necessario.
Tempo per recuperare
Ciò che la maggior parte degli speculatori e persino alcuni seri sostenitori del sistema monetario indipendente e decentralizzato non capiscono: bitcoin ha bisogno di queste pause per migliorare la propria infrastruttura.
Gli exchange, che non sono stati in grado di gestire i volumi degli scambi al culmine della frenesia e non hanno saputo stare dietro alle richieste del servizio clienti, possono prendersi una pausa, aggiornare i loro sistemi ed assumere persone capaci.
La tecnologia stessa ha bisogno di fare progressi e questo richiede tempo. Progetti come Lightning Network, un sistema che offre pagamenti bitcoin istantanei a costi molto bassi e su scala praticamente illimitata, è ora disponibile solo per programmatori esperti.
Una valutazione più alta è giustificata solo se questi miglioramenti raggiungeranno il mercato di massa.
E dal momento che viviamo in un mondo in cui tutto ciò che è finanziario è strettamente regolamentato, nel bene o nel male, anche questo settore deve recuperare, dal momento che i regolatori si trovano cronicamente dietro la curva del progresso tecnologico.
E, naturalmente, c'è il mining. L'infrastruttura vitale per proteggere la rete bitcoin e per elaborare le sue transazioni è stata concentrata in poche mani e in pochissimi luoghi, in particolare in Cina, che ospita ancora circa il 70% della capacità di mining.
La tesi a supporto del mining
I critici si sono sempre lamentati del fatto che il mining di bitcoin consuma "troppa" elettricità, proprio quanto la Repubblica Ceca. In termini energetici si tratta di circa 65 terawattora, o 230.000.000 gigajoule, che costano $3,3 miliardi secondo le stime del Digiconomist.
Per i non-fisici tra noi, questo è tanto quanto consumato da sei milioni di famiglie statunitensi all'anno.
Tutte queste stime sono imprecise, perché l'aggregato non può sapere quanta energia consuma ciascuno dei diversi miner e quanto costa l'elettricità. Sono una stima approssimativa ragionevole.
Quindi val la pena di capire perché il mining sia necessario e se il consumo di elettricità sia giustificato.
Tutto e tutti gli esseri umani consumano risorse. La domanda quindi è: ne vale la pena? E: chi decide?
Queste domande portano quindi alla domanda successiva: val la pena avere e usare il denaro? La maggior parte delle persone sosterrebbe di sì, perché usare il denaro invece del baratto rende le transazioni economiche più veloci e meno costose e quindi si risparmiano risorse naturali ed umane.
Bitcoin può ricoprire lo status di moneta, o almeno di valuta, in quanto soddisfa determinati requisiti generali: è riconoscibile, divisibile, portabile, durevole, è accettato in cambio di altri beni e servizi, ed è addirittura limitato nell'offerta.
Quindi avere qualsiasi tipo di denaro ha un prezzo, che si tratti di monete d'oro, banconote in dollari o numeri sullo schermo del vostro sistema bancario online. Nel caso di bitcoin, è l'elettricità e il capitale per le apparecchiature informatiche, nonché le risorse umane per eseguire queste operazioni.
Se pensiamo che avere denaro in generale sia una buona idea e che alcune persone apprezzino la natura decentralizzata e indipendente di bitcoin, allora vale la pena pagare per verificare le transazioni sulla rete bitcoin e mantenere la rete sicura e solida: fino al punto in cui le risorse consumate supererebbero i benefici dell'efficienza. Proprio come molte persone non pensano che sia una cattiva idea usare le carte di credito e le banche, infatti anch'esse consumano elettricità.
Tuttavia bitcoin è l'ultimo arrivato ed è per questo che viene esaminato ancor di più rispetto ai vecchi player affermati.
Denaro diverso, costi diversi
Quante persone sanno quanta elettricità, vite umane e altre risorse consuma l'estrazione dell'oro, o ha consumato nel corso della storia? E il sistema bancario? Filiali, server, aria condizionata, personale? Che dire della stampa di banconote ed il loro trasporto in camion blindati?
Che dire degli effetti sociali della cattiva gestione dei fondi bancari e statali, come l'inflazione e la deflazioni del credito? L'oro qui ha la meglio.
La maggior parte delle persone non si è posta queste domande, motivo per cui val la pena di sottolineare l'unico studio esauriente svolto sull'argomento. In "An order of magnitude", l'ingegnere Hass McCook analizza i diversi sistemi monetari e raggiunge conclusioni sbalorditive.
Lo studio è un po' datato e, naturalmente, le aggregazioni sono stime molto approssimative, ma i numeri sono ragionevoli e la metodologia è valida.
Infatti, secondo lo studio, bitcoin è la più economica tra tutte le diverse forme di denaro.
L'estrazione dell'oro nel 2014 ha utilizzato 475 milioni di GJ rispetto ai 230 milioni usati da bitcoin nel 2018. Il sistema bancario nel 2014 ha utilizzato 2,3 miliardi di gigajoule.
Più di 100 persone all'anno muoiono cercando di estrarre oro. Ma l'attività mineraria costa più dell'elettricità, infatti consuma circa 300.000 litri di acqua per kg di oro estratto oltre a 150 kg di cianuro e 1500 tonnellate di rifiuti e macerie.
Il sistema bancario internazionale è stato utilizzato in tutti i tipi di attività fraudolente nel corso della storia: finanziamento del terrorismo, riciclaggio di denaro e ogni altra attività criminale sotto il sole, per un costo di migliaia di miliardi di dollari e secondo un ordine di grandezza superiore alle stesse transazioni fatte con le criptovalute.
E, naturalmente, mentre l'oro ha un valore relativamente stabile nel tempo, banca centrale e stato hanno emesso così tanto denaro da fargli perdere circa il 90% del suo potere d'acquisto nel secolo scorso, perché può essere creato dal nulla. Ciò porta all'inflazione e allo spreco di risorse fisiche e umane, perché distorce il processo di allocazione del capitale.
Senza contare le centinaia di migliaia di filiali bancarie, i milioni di bancomat ed i dipendenti che consumano elettricità e altre risorse, 10 volte più elettricità della rete bitcoin.
Secondo il filosofo monetario Saifedean Ammous, autore di "The Bitcoin Standard", il beneficio sociale del sound money, vale a dire il denaro che non può essere stampato per decreto dallo stato, non può essere messo in discussione; viceversa, i costi del denaro fiat e del credito fiduciario sono difficili da calcolare.
Secondo Ammous, bitcoin è il miglior sound money in circolazione, persino migliore dell'oro perché la sua offerta totale è limitata, mentre l'offerta dell'oro continua ad aumentare di circa l'1-2% ogni anno.
"Guardate all'era del gold standard, dal 1871 fino all'inizio della prima guerra mondiale. C'è una ragione per cui questa è conosciuta come l'era d'oro, l'età dorata e La Belle Epoque. È stato un periodo di impareggiabile prosperità umana in tutto il mondo. La crescita economica era ovunque. La tecnologia veniva diffusa in tutto il mondo. La pace e la prosperità stavano aumentando ovunque in tutto il mondo. Le innovazioni tecnologiche stavano avanzando. Penso che non sia una coincidenza. Quello che il gold standard ha permesso di fare, è stato avere un deposito di valore che avrebbe mantenuto il suo valore in futuro. E questo ha abbassato la preferenza temporale delle persone, cosa che ha innescato l'incentivo a pensare a lungo termine e ha spinto la gente ad investire in cose che le avrebbero ripagate nel lungo periodo [...]. Bitcoin è molto simile all'oro. È l'equivalente digitale dell'oro", ha detto in un'intervista a The Epoch Times.
Contrariamente al gold standard di cui parla Ammous, bitcoin non ha molta storia alle sue spalle. In teoria ne soddisfa tutti i criteri, ma nel mondo reale non è stato adottato ampiamente ed è stato così volatile da essere inutilizzabile come deposito affidabile di valore, o come valuta sottostante di un mercato dei prestiti.
I sostenitori affermano che nel tempo questi problemi saranno risolti nello stesso modo in cui l'oro si è diffuso nella sfera monetaria sostituendo rame e conchiglie, ma anche Ammous ammette che il processo potrebbe richiedere decenni e il risultato è tutt'altro che certo. L'oro è la scommessa sicura per il sound money, bitcoin ha il potenziale per diventarlo.
C'è un altro aspetto in cui il bitcoin perde, secondo un recente studio condotto dai ricercatori dell'Oak Ridge Institute di Cincinnati, Ohio.
È la quantità di energia spesa per dollaro per i diversi strumenti monetari. Minare un dollaro in bitcoin costa 17 megajoule rispetto ai cinque per l'oro ed i sette per il platino. Ma lo studio omette l'uso del cianuro, dell'acqua e di altre risorse fisiche nell'estrazione dei metalli fisici.
In generale i confronti in termini di dollari vanno contro bitcoin perché vale meno di $73 miliardi in totale (al momento in cui è stato scritto questo articolo). Un problema che potrebbe essere facilmente risolto ad un prezzo più alto, ma un prezzo più alto è giustificato solo se l'infrastruttura migliora, l'adozione aumenta, la volatilità diminuisce e la rete dimostra la sua capacità di resistere agli attacchi nel tempo.
Nel frattempo i partecipanti al mercato apprezzano ancora il fatto di possedere una valuta indipendente dallo stato, completamente digitale, facilmente fungibile e limitata nell'offerta e relativamente decentralizzata. E il mercato nel suo insieme è disposto a pagare un premio per questi fattori, i quali si riflettono in prezzi più alti per dollaro per il mining di bitcoin.
La creatività del mining di bitcoin
Ma laddove il mining espone il fianco, lo compensa con la creatività.
In teoria, e in pratica, il mining può essere fatto ovunque ci sia elettricità a basso costo. Alcuni miner stanno affollando il deserto texano dove il gas è praticamente gratis, grazie ad un'altra rivoluzione petrolifera. Altri miner vanno in luoghi dove c'è vento, acqua o altre energie rinnovabili a basso costo.
Questo perché non devono costruire filiali bancarie, tipografie e edifici governativi, o montare escavatori e nastri trasportatori per estrarre l'oro dal terreno.
Tutto ciò di cui hanno bisogno è l'accesso a Internet e una casa per i computer, ognuna delle quali ha circa 200 computer specializzati per il mining di bitcoin.
"Il bello del mining è che non importa dove avvenga una transazione, possiamo verificarla nel nostro data center qui. I miner fanno parte della filosofia decentralizzata di bitcoin, è completamente indipendente anche dalla vostra posizione", ha dichiarato Moritz Jäger, chief technology officer presso Bitcoin Mining, Northern Bitcoin AG.
Mining centralizzato
Ma finora questo decentramento non ha funzionato come sembra, in teoria.
Poiché i governi locali cinesi hanno accesso all'elettricità sovvenzionata, è stato proficuo per i funzionari stringere accordi con le compagnie di mining e fornire loro energia elettrica a basso costo in cambio di posti di lavoro. A volte i prezzi erano bassi, da 2 centesimi a 4 centesimi di dollaro per kilowattora.
Questo è il motivo per cui la maggior parte del mining è ancora concentrato in Cina (circa il 70%), dov'è più redditizio, ma solo perché i pianificatori centrali cinesi hanno sovvenzionato il prezzo dell'elettricità.
Questa impostazione ha portato al risultato indesiderato che il più grande minatore di bitcoin, una società chiamata Bitmain, sia diventata anche il più grande produttore di apparecchiature informatiche specializzate per il mining di bitcoin. La società ha registrato ricavi per $2,8 miliardi nella prima metà del 2018.
Il mining centralizzato è un problema, perché ogni volta che c'è un player o un conglomerato di player che controllano più del 50% della potenza di calcolo della rete, potrebbero teoricamente causarne il crash spendendo lo stesso bitcoin due volte, il cosiddetto problema del "double spending".
Non hanno un incentivo a farlo perché rovinerebbero il prezzo del bitcoin e il loro business, ma è meglio non dover contare su un gruppo ristretto di persone che controlla un intero sistema monetario. Dopotutto abbiamo lo stesso identico problema con il sistema bancario centrale e il bitcoin è stato creato come alternativa decentralizzata.
Finora nessun player o conglomerato di player ha mai raggiunto la soglia del 51%, almeno non dai primi tempi di Bitcoin, ma molti partecipanti al mercato hanno sempre pensato che la forte presenza di Bitmain fosse un po' troppo comoda.
Questo ambiente favorevole ai cinesi per quanto riguarda il mining di bitcoin sta cambiando, con una riduzione della generosità dei governi locali riguardo l'energia elettrica e una caccia alle streghe nei confronti delle criptovalute.
Bitcoin stesso ed il relativo mining rimangono legali in Cina, ma gli exchange sono stati banditi sin dalla fine del 2017.
Ma c'è ancora molto da fare affinché bitcoin diventi indipendente dal capriccio di un regime oppressivo centralizzato e dai burocrati statali.
Northern Bitcoin: un caso di studio
E qui entra in scena Northern Bitcoin AG. L'azienda non è l'unica che sta cogliendo opportunità con le energie rinnovabili in luoghi diversi dalla Cina.
Ma è speciale per la straordinaria organizzazione che ha per le sue operazioni, per il fatto che è quotata in borsa in Germania e per le opportunità di scalabilità che ha scoperto.
Le operazioni di Northern Bitcoin fondono le meraviglie del bitcoin con quelle del capitalismo.
Come il Texas ha un sacco di petrolio e gas a costi irrisori, e ha senso usare il gas piuttosto che bruciarlo, la Norvegia ha molta acqua, specialmente l'acqua che scende giù dalle montagne a causa delle piogge e della neve che si scioglie.
E ha senso usare il potere del movimento dell'acqua, convogliarlo attraverso tubi in generatori per creare elettricità a basso costo e quasi illimitata. La Norvegia genera il 95% della sua elettricità totale mediante l'energia idroelettrica.
Il capitalismo non distingue tra rinnovabili e fossili. Usa quello che è più conveniente. In questo caso, è chiaramente l'acqua in Norvegia ed il gas in Texas.
Come nota a margine sulle meraviglie del capitalismo e sul fatto che quest'ultimo e l'ambiente non devono essere nemici, l'acqua in una delle centrali idroelettriche vicino all'impianto Northern Bitcoin viene convogliata attraverso un generatore realizzato nel 1920 da JM Voith AG, un società di Heidenheim in Germania.
La società è stata fondata nel 1867 e si trova lì ancora oggi. Il generatore è stato prodotto nel 1920 e ancora oggi produce elettricità.
Eccesso di energia elettrica
Nelle regioni remote della Norvegia settentrionale, non ci sono molte persone o industrie che usano l'elettricità. E invece di trasportarla per centinaia di miglia verso i centri industriali europei, le industrie del futuro si stanno trasferendo in Norvegia, laddove è sita la fonte dell'elettricità a basso costo.
Naturalmente non si tratta solo di mining, ma anche di altre operazioni di elaborazione come server farm per il cloud computing.
"I container sono belli. Sono prodotti in Germania, dove viene sviluppato e testato l'hardware. Poi lo mettiamo su un camion e lo spediamo qui. Quando il camion arriva, lo solleviamo sul veicolo container. Due ore dopo che il container arriva, lo spostiamo su un porta-container e in 40 ore colleghiamo tutti i sistemi affinché sia online", ha detto Mats Andersson, portavoce del centro dati Lefdal Mine di Måløy, Norvegia, dove opera Northern Bitcoin.
Se l'elettricità a basso costo non fosse sufficiente, circa 5 centesimi per kilowattora rispetto ai 17 centesimi in Germania, la Norvegia fornisce anche lo stoccaggio perfetto per questi container in cui ci sono gli strumenti per il mining.
Anche qui, l'allocazione delle risorse è bellissima. Invece di occupare terreni altrimenti utili per qualcos'altro e deturpare la natura, i container di Northern Bitcoin e di altre società sono conservati nella vecchia miniera di Lefdal.
Efficienza, efficienza
L'utilizzo della vecchia miniera come storage per il data center rende l'intero processo ancora più efficiente sotto il profilo delle risorse.
Perché? Finora abbiamo solo parlato del mining di bitcoin che usa molta energia. Ma per cosa? La maggior parte dell'energia elettrica viene utilizzata per impedire il surriscaldamento dei computer. Quindi non sono nemmeno i processori stessi; sono le ventole che raffreddano i computer ad usare più energia.
È qui che la miniera è davvero utile, perché è piuttosto fresca a 160 metri sotto il livello del mare; certamente più fresca che il deserto del Texas.
Oltre al raffreddamento ad aria dei computer, il data center di Lefdal utilizza un sistema di tubature con acqua dolce all'interno. Le ventole possono quindi far circolare l'aria sfruttando i tubi freddi e trasferire il calore all'acqua. Si può sentire la differenza quando si toccano i diversi tubi.
Il ciclo chiuso dell'acqua dolce va a completare il ciclo "verde" o di efficienza delle risorse trasferendo il suo calore all'acqua ghiacciata del vicino fiordo.
L'acqua viene aspirata dal fiordo attraverso un tubo, il calore viene trasferito senza che l'acqua venga contaminata e l'acqua ritorna infine nel fiordo, senza alcun impatto sull'ambiente.
Per finire, la miniera ha una sicurezza fisica naturale di gran lunga migliore rispetto ai data center open air ed è addirittura protetta da un attacco ad impulsi elettromagnetici perché è sotterranea.
Dinamiche aziendali
Data questa configurazione superlativa, Northern Bitcoin vuole aumentare la produzione il più velocemente possibile nella miniera di Lefdal e in altri luoghi simili in Norvegia, i quali hanno più montagne dove possono essere ospitati i data center.
Al momento Northern Bitcoin ha 15 container con 210 macchine minerarie ciascuno. I 15 contenitori producono circa 5 bitcoin al giorno per un costo totale di circa $2.500 alla fine di novembre 2018 e dopo che la difficoltà di risolvere i problemi matematici è diminuita del ~17%.
La maggior parte dei costi è per l'elettricità; il resto è per il leasing dei container, per affittare lo spazio della miniera, per comprare i computer, pagare il personale, pagare le spese generali, ecc.
Anche agli attuali prezzi relativamente bassi di circa $4000, si tratta di un profitto di $1500 per bitcoin, o $7.500 al giorno.
Ma l'obiettivo è arrivare a 280 container nel 2019, per una produzione di 100 bitcoin al giorno. Inutile dire che l'azienda è nel posto giusto per farlo.
Contrariamente all'inizio dell'anno in cui uno non poteva procurarsi un computer da Bitmain, anche se la propria vita dipendesse da esso, l'attuale bear market ne ha abbassato i prezzi e sono disponibili sia nuovi che di seconda mano, soprattutto a causa di quei miner che hanno dovuto cessare le operazioni perché non potevano produrre con bitcoin a prezzi molto bassi.
E per quanto riguarda i container? Sono prodotti da una società chiamata Rittal, leader mondiale del mercato. Quindi al proprietario di Rittal va bene possedere anche il 30% della miniera di Lefdal, fornendo un accesso preferenziale ai container.
Northern Bitcoin ha dichiarato di disporre di un capitale sufficiente per l'obiettivo intermedio di salire a 50 container per la fine dell'anno, ma potrebbe attingere nuovamente ai mercati dei capitali per il prossimo passo.
L'azienda può anche trarre vantaggio dalla bassa aliquota d'imposta tedesca sulle società, poiché le entrate vengono registrate solo quando i bitcoin vengono venduti in Germania, non quando vengono estratti in Norvegia.
Naturalmente tutti i titoli azionari a bassa capitalizzazione, in particolare le società bitcoin, hanno le loro peculiarità ed i rischi molto elevati. Ad esempio, le dichiarazioni finanziarie di Northern Bitcoin, anche se pubbliche, non sono controllate.
L'equipaggiamento nella miniera di Lefdal in Norvegia è reale e le operazioni sono controllate dal personale di Lefdal, ma si deve fare affidamento su informazioni esclusive dell'azienda per dati finanziari e costi, quindi l'acquirente deve stare attento.
Norvegia, centrale elettrica?
Northern Bitcoin vuole arrivare a 280 container, i quali rappresenteranno circa il 5% della potenza di calcolo della rete.
La miniera di Lefdal ha una capacità di alimentare e raffreddare 1.500 container in un impianto da 200 megawatt, una volta che sarà completamente costruito.
"Qui hai tutto lo spazio, la potenza e il raffreddamento di cui hai bisogno. [...] Qui puoi crescere ", ha detto Andersson di Lefdal.
All'inizio di questo decennio il governo norvegese ha praticamente supportato un'iniziativa per portare potenza di calcolo in Norvegia e farne una delle destinazioni principali per i data center.
A tal fine le amministrazioni locali possiedono parte delle società che gestiscono le centrali elettriche e possiedono una parte della miniera di Lefdal e altre località. Ma anche senza sovvenzioni degne di nota (ad es. pagamenti in contanti alle società), gli attori del mercato sono stati in grado di capirlo da soli, a vantaggio di tutti.
Le società legate alle utenze vincono, perché possono vendere la loro energia elettrica a basso costo vicino casa. Le aziende informatiche come IBM e Northern Bitcoin vincono, perché possono ottenere elettricità, stoccaggio e sicurezza a basso costo. Gli operatori dei data center come a Lefdal vincono, perché possono addebitare l'affitto per lo spazio altrimenti non utilizzato e non necessario.
Tuttavia, in un recente dibattito, il governo centrale di Oslo ha deciso di rimuovere i miner dall'elenco delle società che possono pagare un'aliquota fiscale preferenziale sul consumo di elettricità.
Normalmente le società ad alta intensità energetica, inclusi i data center, pagano una tassa preferenziale sull'energia elettrica consumata di 0,48 øre ($0,00056). Secondo un report di Aftenposten, questa tassa salirà a 16,58 øre ($0,019) nel 2019 esclusivamente per i miner.
Ecco la tesi del politico di sinistra, Lars Haltbrekken, che ha sponsorizzato l'iniziativa: "La Norvegia non può continuare a fornire enormi incentivi fiscali per la forma più sporca di produzione di criptovalute [...]. [Bitcoin] richiede molta energia e genera grandi emissioni di gas serra a livello globale".
Dato che la Norvegia genera elettricità usando l'idroelettrico, è vero esattamente il contrario: non si produrrebbero emissioni di gas effetto serra, anzi non si produrrebbero affatto emissioni, se tutto il mining fosse fatto in Norvegia. Al contrario della Cina, dove l'estrazione viene effettuata con carbone e con emissioni.
Ma non solo in Norvegia la quota di energia rinnovabile e senza emissioni è elevata. Secondo la ricerca di Coinshares, bitcoin consuma circa il 77,6% della sua energia sotto forma di fonti rinnovabili a livello globale.
Tuttavia, nonostante siano infondate le tesi contro il mining di bitcoin in Norvegia, l'iniziativa politica sta andando avanti. Cosa significherà tutto ciò per Northern Bitcoin non è chiaro, poiché insieme ai loro container a Lefdal ne ospitano altri, come quelli di IBM.
"Non è ancora deciso; ci sono grandi sforzi da parte dei settori IT e dei partiti per cercare di cambiare le carte in tavola. Se viene presa una decisione del genere, potrebbe applicarsi a siti di mining che ospitano data center esclusivamente per le criptovalute piuttosto che ai data center misti, come il nostro", ha affermato Andersson di Lefdal.
Anche nella peggiore delle ipotesi, significherebbe un aumento da ~5 centesimi a ~6,9 centesimi per kilowattora, o il 30% in più pagato sull'elettricità da parte di Northern Bitcoin, che a ~$3250 sarebbe ancora tra i produttori più competitivi nel mondo.
Coinshares stima il prezzo medio di produzione a $6.800 per Bitcoin a $0,05 per kilowattora di energia elettrica e un programma di ammortamento di 18 mesi, ma ammette che un minatore redditizio potrebbe "[ammortare] attrezzature minerarie per 24-30 mesi, o [pagare] meno per le attrezzature minerarie rispetto alle nostre stime."
Jäger afferma che Northern Bitcoin ha ammortato l'apparecchiatura per tre anni e ha ottenuto prezzi molto favorevoli da Bitmain, rendendo la sua produzione molto più competitiva rispetto alla media nonostante lo stesso costo dell'elettricità. Inoltre il raffreddamento naturale della miniera riduce anche i costi di elettricità in generale.
Il vantaggio di produrre a costi bassi
Al momento la tassa potrebbe essere l'ultimo dei problemi dei miner, dato che il prezzo di bitcoin è in caduta libera.
Ma cosa succederebbe qualora il prezzo dovesse crollare ulteriormente? Basti dire che c'era il mining quando il prezzo in dollari era inferiore a 1 centesimo e ci sarà a prezzi più bassi grazie al design della rete.
Secondo le cifre di Coindesk, Mao Shixing, il fondatore della mining pool F2pool, ha stimato la chiusura di 600.000 miner a partire dal crash di novembre .
Come dovrebbe essere in un sistema competitivo, le macchine più energivore ed obsolete vengono disattivate per prime.
Come per ogni altra merce, quando il prezzo scende, alcuni miner abbandoneranno il mercato, lasciando spazio a concorrenti più economici. Ma con bitcoin questo passaggio è un po' più semplice che con il rame o l'oro, ad esempio.
Quando un grande player nel mercato del rame va in bancarotta, i suoi concorrenti devono aumentare la produzione e fa salire i costi per aumentare la loro quota di mercato. Con bitcoin, se 3.000 computer vengono rimossi dalle mining pool, non saranno più in grado di estrarre i circa 5 bitcoin.
Tuttavia, poiché la difficoltà di risolvere le attività computazionali di bitcoin diminuisce automaticamente quando ci sono meno computer impegnati nel mining, gli altri player devono semplicemente lasciare accese le loro macchine alla stessa velocità e per lo stesso costo, e poi divideranno i 5 bitcoin tra di loro.
"Nel momento in cui il prezzo scende, anche il nostro prezzo di produzione diminuirà", ha detto Jäger, un processo che è già accaduto da novembre a dicembre, quando la difficoltà è diminuita due volte a novembre e all'inizio di dicembre.
Ciò favorisce naturalmente player come Northern Bitcoin che stanno producendo all'estremità inferiore dello spettro dei costi. Saranno loro quelli che chiuderanno bottega per ultimi.
E questa è una cosa buona. Più esistono compagnie come Northern Bitcoin e Paesi come la Norvegia, più decentralizzato sarà il sistema bitcoin.
Più computer ci sono in mani diverse che fanno mining, più diventerà sicuro il sistema, perché sarà sempre più difficile per un player raggiungere la soglia del 51% per mandare in crash il sistema.
È questa filosofia decentralizzata che ha mantenuto in piedi il sistema bitcoin per 10 anni. Sia a $1 o a $20.000.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/
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Molto interessante e quasi perfetto direi. C'è tuttavia un passaggio, riguardante l'impatto 0 che mi lascia un po' perplesso: siamo sicuri che lo smaltimento del calore prodotto dalle macchine e trasferito nel fiordo, sia ininfluente per il clima e per l'ecosistema di quella zona? Non si potrebbe ottimizzare, creando per ipotesi, un centro termale in superficie, oppure alimentando il riscaldamento di eventuali centri abitati nelle vicinanze? ( Se ve ne sono ) Ottimo lavoro, complimenti per il tuo impegno serio e volto all'obiettività. Grazie per ciò che pubblichi
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