Bibliografia

giovedì 8 novembre 2018

La rivoluzione fantasma





di Gary North


Di recente ho pubblicato una sezione del libro di Garret Garett del 1953, The People's Pottage, in cui riportava su stampa i suoi commenti del 1938 in un saggio intitolato "The Revolution Was". In esso sosteneva che il New Deal aveva rappresentato una rivoluzione di successo imposta dall'alto e aveva anche avuto successo nel ridefinire i termini del dibattito politico in entrambi i partiti politici.

Continuiamo a sentire parlare di una rivoluzione politica incombente. Abbiamo avuto rivoluzioni politiche in passato e la più recente è stata nel 1933. Ha rimodellato il pensiero di una vasta maggioranza di elettori americani. Non hanno cambiato idea sin da allora e nemmeno i loro figli hanno cambiato idea. Questo è il motivo per cui non prendo seriamente alcun discorso su un'imminente rivoluzione politica, ma prendo molto seriamente l'idea di una rivoluzione politica durante e dopo il Grande Default del governo federale su previdenza sociale, Medicare e Pentagono.



LA RIVOLUZIONE PIÙ RECENTE

Il mio primo lavoro a tempo pieno è stato con la Foundation for Economic Education. Era stata fondato nel 1946 da Leonard E Reed. Fu il primo think tank libertario.

Nella sua biografia su Read, Mary Sennholz fornisce un resoconto dettagliato delle condizioni politiche nel 1933. All'epoca Read era il capo della divisione West Coast della Camera. Più tardi gli vennero offerti $100,000 all'anno per diventare vice presidente esecutivo della International Chamber. Era il 1946 e $100,000 erano un sacco di soldi. Rifiutò e rimase con la FEE.

Read una volta mi parlò del suo incontro con Mullendore. Disse che era andato all'incontro pronto a fargli cambiare opinione. In un'ora, disse, Mullendore cambiò la sua opinione e cambiò anche la sua vita, ma ci vollero 13 anni affinché quel cambiamento si manifestasse nella fondazione della FEE.

Read aveva scarso interesse per la politica. Secondo lui nulla di significativo poteva essere cambiato in meglio attraverso la politica. Voleva cambiare le menti delle persone nello stesso modo in cui Mullendore aveva cambiato idea.

Potete quindi capire perché amava il saggio del 1937 di Albert J. Nock, "Il lavoro di Isaia".



RETORICA APOCALITTICA

Con questo come sfondo, lasciatemi citare un articolo di qualcuno chiamato Jonathan su un sito che è piuttosto popolare, ma di cui non avevo sentito parlare fino a qualche settimana fa, SOTT (Signs of the Times). Non ho ancora capito quale sia la sua inclinazione politica, ma chiaramente non è uno dell'establishment. Il saggio inizia con una tesi apocalittica, sul fatto che l'impero degli Stati Uniti sia sull'orlo del collasso a causa di una mancanza d'identità interna, una censura dilagante e la palude di clientelismo che infesta ogni livello del governo federale. Mentre lo leggete, sovrapponetela retroattivamente alle settimane precedenti l'elezione del 1860. Direste che la sovrapposizione sia corretta?

Abraham Lincoln era eletto a novembre. La Carolina del Sud si era separata a dicembre. Prima che Abramo Lincoln si insediasse nel marzo 1861, la secessione aveva già avuto luogo. Nei successivi quattro anni oltre 700,000 americani morirono in battaglia.

La retorica apocalittica del novembre 1860 era appropriata.

Ma non fermiamoci al 1860 e torniamo indietro fino al 1775. Anche allora una tale retorica era valida? Non penso, ma certamente era profetica riguardo quello che stava per accadere. Era retorica come questa, incarnata nelle parole della Dichiarazione d'Indipendenza, la quale portò ad una rivoluzione che creò gli Stati Uniti d'America. Tale retorica si stava intensificando da oltre un decennio. Il grande maestro di questa retorica era un avvocato della Virginia, Patrick Henry. Eppure quando tutto fu finito e la Costituzione fu ratificata nel 1787, Henry avvertì di non farlo. Considerava la Costituzione come un'estensione illegittima del potere consolidato del governo federale. Le sue parole caddero nel vuoto. James Madison ed i membri di una Convention chiusa crearono con successo un processo di ratifica illegale ed incostituzionale per aggirare le legislature statali, ed i nazionalisti ebbero la meglio in ogni stato. Si facevano chiamare federalisti, ma in realtà erano nazionalisti.

Non vedo nessun grande cambiamento in arrivo, perché penso che le rivoluzioni ci siano già state: 1775, 1865 e 1933. Ogni volta c'è stata una centralizzazione del potere politico. Ogni volta tale centralizzazione ha guadagnato l'accettazione diffusa della grande massa di elettori americani. Ogni volta è stata ratificata ancora e ancora nelle elezioni successive. C'è stato un consolidamento del potere centrale come risultato diretto della rivoluzione nel 1775. Le rivoluzioni centralizzano gli eventi. Non si può avere una rivoluzione in cui il potere non sia centralizzato. Questa tesi ci arriva nientemeno che da Frederick Engels, il co-fondatore del marxismo. Elaborò questo tema in un saggio, "On Authority", del 1872: "Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria che ci sia, è l'atto con cui una parte della popolazione impone la sua volontà sull'altra parte per mezzo di fucili, baionette e cannoni; mezzi autoritari, se non ci sono e se il partito vittorioso non vuole aver combattuto invano, deve mantenere il suo dominio per mezzo del terrore che le sue armi ispirano nei reazionari".

Torniamo al saggio di Jonathan.
Il dipartimento della "Difesa", la grande industria farmaceutica, i grandi nomi nell'industria petrolifera, l'istruzione, i gruppi per i diritti civili, i neri, gli indiani, gli ebrei, il Deep State, i funzionari dello stato, i sindacati, i neocon, i populisti, i fondamentalisti cristiani, gli atei, i sostenitori della vita e della morte, gli ambientalisti, gli avvocati, gli omosessuali, le donne, i millenial, i baby boomer, i colletti blu/colletti bianchi, gli immigrati illegali, ecc. La lista potrebbe continuare all'infinito, ma il punto è che i programmi di questi gruppi disparati sono risultati inconciliabili per qualche tempo. La differenza oggi è che siamo di fatto in guerra l'uno contro l'altro, e che non si tratta di una guerra di parole o di un combattimento reale. Ciò che importa è che non comunichiamo più, e quando ciò accade è facile demonizzare l'altro. La violenza non è mai molto lontana dall'ignoranza.

Ci sono sempre stati programmi disparati orditi da gruppi eterogenei. Non c'è nulla di nuovo in questo. Suddetti programmi non possono essere conciliati, così i politici e gli educatori prendono parte a questi programmi e creano ibridi che i veri credenti di entrambe le parti non possono accettare.

C'è stata un'escalation nella retorica sin dall'elezione di Trump. Quest'ultimo è contrario alla struttura di potere esistente, ma non l'ha sfidata come presidente. I suoi appuntamenti sono abbastanza convenzionali. Brett Kavanaugh era il meno conservatore dei vari nomi sulla lista dei candidati alla Corte Suprema. Ha scelto un burocrate di George W. Bush.

Non sto dicendo che la retorica sia irrilevante. I gruppi si solidificano dietro e contro i rappresentanti che si esprimono in un modo particolare, ma se stiamo parlando di cambiamenti politici reali, non ce ne sono stati. La rivoluzione è solo un fantasma. L'agenda progressista fu imposta da Franklin Roosevelt oltre 80 anni fa. Non c'è opposizione ad essa. Reagan gli rese omaggio e anche Newt Gingrich.

Non parlatemi di rivoluzioni politiche senza parlarmi anche di bilanci federali radicalmente nuovi. Voglio vedere un cambiamento nelle spese. Posso dirvi in cosa crede davvero una persona se mi lasciate guardare al suo libretto degli assegni. Può avere proposte buone, ma il libretto degli assegni mi dirà se alle parole fa seguire i fatti. Ecco cosa ci dice il libretto degli assegni della nazione:


Le percentuali si spostano a malapena ogni anno. Questo budget non cambia ed è bipartisan. Nessuno al Congresso si azzarda a modificarlo.

Non c'è spazio di manovra per i prossimi Presidenti degli Stati Uniti. Bernie Sanders affronterebbe gli stessi limiti che deve affrontare Donald Trump. E quest'ultimo affronta gli stessi vincoli che avrebbe affrontato Hillary Clinton. Non importa quale sia o fosse l'agenda ufficiale di Bernie Sanders. Ciò che conta è il bilancio federale. Il resto è chiacchiericcio politichese, è retorica senza sostanza.

Non si crea una rivoluzione basata sulla retorica senza sostanza. Se la retorica non è accompagnata dal potere politico di cambiare il bilancio, allora è semplicemente chiacchiericcio. Potrebbe essere una preparazione per una rivoluzione futura, ma non ce ne sarà una immediatamente.

Se ci sarà una grave recessione prima delle elezioni del 2020, allora i Democratici arriveranno al potere. E poi cosa faranno? Faranno esattamente quello che sta facendo Trump. Avranno un deficit nell'ordine delle migliaia di miliardi di dollari. Non toglieranno fondi alla previdenza sociale, all'assistenza sanitaria statale e al dipartimento della difesa. Creeranno nuovi programmi acchiappa-voti, ma questi sprechi rappresenteranno una piccola percentuale del bilancio federale da $4,500 miliardi.

I progressisti si irritano profondamente per il fatto che Donald Trump sia un negoziatore che si è arricchito grazie all'economia keynesiana. Ha sconfitto Hillary Clinton, un negoziatore che si è arricchito con la Fondazione Clinton e discorsi da $250,000. Tutti quelli che hanno votato per lei sapevano che era ammanicata con l'élite finanziaria. Tutti quelli che hanno votato per Bill Clinton sapevano che era un adultero seriale. A loro non importava, lo hanno rieletto nonostante tutto questo. Se fosse stato idoneo ad essere candidato anche nel 2000, sarebbe stato rieletto. Era molto popolare quando concluse il suo mandato.

Nulla di fondamentale è cambiato nella politica americana sin dal 1933. È l'agenda dei Progressisti. L'élite ha ottenuto il sostegno politico delle masse. Roosevelt lo ha consolidato prima della fine del suo primo mandato. Alf Landon vinse solo in Vermont e in Maine nel 1936. Non dovremmo dimenticarlo.

Oggi il Vermont è rappresentato da Bernie Sanders.

La rivoluzione è un ectoplasma.



CONCLUSIONE

La popolazione imparerà con suo grande disappunto che i Democratici non possono aggiustare l'economia se subentreranno nel 2021. E allora? Possono essere rieletti nel 2024. Non importa. Non aggiusteranno l'economia con una maggiore inflazione monetaria e un maggior numero di sprechi. I disavanzi massicci di previdenza sociale e Medicare finiranno col sopraffare il sistema. Questi programmi sono politicamente intoccabili. Non c'è niente che i Democratici possano fare al riguardo. La retorica non bilancia il bilancio.

Trump non sta nemmeno cercando di usare la retorica per bilanciare il budget. Non ne parla affatto. Nessun repubblicano ne parla e nessun democratico ne parla. E questo è solo il deficit in bilancio, per non parlare dei deficit fuori bilancio di previdenza sociale e Medicare.

Non mi interessa molto la retorica, invece mi interessa il bilancio federale. Fatemi sapere quando il bilancio federale andrà in eccedenza. Disturbatemi quando esisterà un movimento politico il cui collegio elettorale pretenderà che il Congresso voti per un surplus ogni anno nel bilancio federale. Voglio vederne almeno tre di fila. Solo dopo potremmo parlare di rivoluzioni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://francescosimoncelli.com/


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