Bibliografia

venerdì 7 marzo 2025

Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #3): la fine del carry trade sullo yen e lo sgretolamento della LBMA

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro-7ed)

In questa serie di saggi collegati tra loro, e che esplorano il mondo creato dall'eurodollaro, abbiamo inizialmente fatto una panoramica generale di tale mercato e di come si sia evoluto nel corso del tempo; poi abbiamo dato la nostra risposta alla domanda più importante di tutte: chi ha alimentato il mercato dell'eurodollaro per i propri scopi. La risposta: la creatura di Threadneedle Street. Ora c'è un altro tassello da inserire nel mosaico dell'eurodollaro: la BoJ e il carry trade sullo yen che ha caratterizzato l'era della ZIRP. L'incredibile deformazione economica e finanziaria partorita dalla Banca del Giappone, la più attiva durante la cosiddetta era del “consenso delle principali banche centrali del mondo”, ha permesso a Bruxelles e a Londra di attingere da un'ulteriore fonte di finanziamento facile per portare avanti i propri imperi e far guadagnare tempo all'euro e alla sterlina. Quest'ultima è ancora più sotto pressione oggi a causa dello sgretolamento della LBMA, ma questo è un argomento che affronteremo nella seconda parte del saggio di oggi. Il punto fondamentale qui è uno: invertire decenni di ramificazioni del mercato dell'eurodollaro, i quali hanno dato vita a tutta una serie di mostri monetari utili solamente alla City di Londra e alla cricca di Davos per sostenere i loro piani di “ristrutturazione mondiale” e uscirne come punti di riferimento nel sistema successivo. Questo, inutile dirlo, a scapito di quelle nazioni che mettevano “involontariamente” sul piatto la propria ricchezza reale: Stati Uniti e Giappone.


LA FINE DEL CARRY TRADE SULLO YEN

La Banca del Giappone ha infine concluso la sua linea di politica di tassi negativi durata otto anni e ha invertito la maggior parte delle sue strategie di quantitative easing non convenzionali, affermando che il Giappone si sta avvicinando a una nuova era di “inflazione stabile”. Il governatore della BoJ, Kazuo Ueda, ha anche affermato che le linee di politica della banca hanno “raggiunto i loro obiettivi” e ha aggiunto il motivo per cui l'aumento era giustificato: salari e prezzi stanno aumentando costantemente in Giappone. La BoJ sta, quindi, aggiustando il suo obiettivo primario riguardo i tassi d'interesse a breve termine e l'anno scorso ha fatto segnare il suo primo rialzo dei tassi sin dal 2007.

Nel 2016 la Banca del Giappone aveva adottato la NIRP con l'obiettivo di “stimolare i prestiti” per rivitalizzare l'economia stagnante della nazione. Questo approccio, utilizzato anche dalla BCE in Europa, significa fondamentalmente che i depositanti pagano commissioni alle banche per detenere il loro denaro e consente ai mutuatari di ottenere prestiti a costi molto bassi, incoraggiando così la spesa. Una deformazione “necessaria” nel mondo capovolto dell'economia moderna, dove il debito pubblico delle varie nazioni in percentuale del PIL è fuori scala e la bomba demografica continua a ticchettare insistentemente (pensionati in aumento + tassi di natalità in calo). La soppressione dei tassi è andata avanti eseguendo quella che viene chiamata Yield Curve Control: stampare yen per acquistare obbligazioni e abbassarne i rendimenti quando essi salivano troppo in alto e venderle se i rendimenti scendevano troppo in basso.

Utilizzando la YCC il governatore della BoJ, Kuroda, aveva sperato di passare da un QE estremamente accomodante a una posizione monetaria meno accomodante. Per quanto c'abbia provato, ha finito lo stesso per essere accomodante, poiché c’era un’offerta permanente su qualsiasi JGB. La BoJ ha divorato obbligazioni giapponesi giorno dopo giorno, sia attraverso le convenzionali operazioni di “acquisto fisso” sia attraverso le “operazioni di acquisto non programmate”. Entrambi questi strumenti sono stati utilizzati per mantenere bassi i tassi e hanno tenuto operativo il QE come effetto collaterale. 

Ciò è chiaramente visibile nel bilancio della BoJ, dove possiamo osservare la crescita costante delle attività dal 2012 in poi.

In quel periodo accaddero diverse cose importanti. Shinzo Abe assunse il ruolo di Primo Ministro e, subito dopo l'insediamento, svelò la sua strategia economica, nota come “le tre frecce”. Ogni freccia simboleggiava una componente del suo piano economico: la prima rappresentava l'allentamento monetario, la seconda la politica fiscale adattiva e la terza mirava a rappresentare strategie per la crescita e le riforme strutturali. Il 2012 fu anche una pietra miliare nel regno degli obiettivi monetari: sia la FED che la BoJ adottarono un obiettivo di inflazione al 2%. Di conseguenza queste due banche centrali si misero a capo di quel collettivo di banche centrali del mondo che avrebbero adottato una linea di politica identica e sincronizzata, inaugurata dalla Nuova Zelanda nel 1990.

Il Monetary Policy Meeting tenutosi nell'aprile 2013 segnò il debutto di Haruhiko Kuroda come Governatore della Banca del Giappone. Durante quell'incontro fu annunciato qualcosa chiamato Quantitative and Qualitative Monetary Easing: il suo obiettivo primario era di raggiungere un tasso di inflazione del 2% entro un lasso di tempo di circa due anni. La strategia era progettata per combattere la deflazione nella nazione espandendo le dimensioni del suo bilancio e migliorandone la qualità attraverso sia una crescita “quantitativa” che miglioramenti “qualitativi”. In pratica questo significava che la BoJ si sarebbe concentrata non solo sull'acquisto di più asset, ma nello specifico sull'acquisto di più asset illiquidi e rischiosi, rimuovendo di fatto questi titoli “tossici” dal sistema bancario e mettendoli nel bilancio della banca centrale. Ciò avrebbe aumentato il rischio di perdite mark to market per la BoJ, ma questo “non aveva importanza” poiché avrebbe potuto sempre stampare più yen per coprire eventuali perdite.

La BoJ si sarebbe impegnata a proseguire con il suo programma e a potenziarlo se necessario. Il focus si spostò dal tasso d'interesse di riferimento (l'uncollateralized overnight call rate) alla base monetaria. Il piano QQE del 2013 comportava l'espansione annuale della base monetaria di un ammontare compreso tra i ¥60.000 miliardi e i ¥70.000 miliardi. Le componenti principali di questi acquisti includevano:

• JGB: scadenza fino a 40 anni e con una scadenza media di 6-8 anni;

• Fondi negoziati in borsa (ETF): ¥1.000 miliardi;

• Titoli d'investimento nel mercato immobiliare (J-REIT): ¥30 miliardi.

Il piano fu poi ampliato a ¥80.000 miliardi. Questo programma è durato un decennio e nel 2018 gli asset detenuti dalla banca centrale giapponese crebbero fino a diventare più grandi dell'economia giapponese stessa!

Quando la FED ha iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi nel marzo 2022, abbiamo visto un'enorme pressione accumularsi sul sistema finanziario giapponese, e questo ha portato la loro valuta a esplodere.

Tale pressione s'è accumulata per tutta la primavera e l'estate dello scorso anno. A fine aprile 2024 la BoJ ha tenuto una conferenza stampa che ha visto il pair USDJPY salire di ¥3 solo durante il corso delle discussioni. I funzionari sono andati rapidamente nel panico e hanno autorizzato due interventi: uno dopo l'altro in rapida successione. Il Ministero delle finanze, in collaborazione con la banca centrale, ha speso ¥9.000 miliardi in interventi monetari. Le autorità giapponesi di solito non confermano immediatamente se sono intervenute nei mercati valutari, ma spesso avvertono che sono pronte a intervenire se ci sono troppe “operazioni speculative”. Inoltre non bisogna scordarsi di una cosa: il Giappone ha superato la Cina in quanto a possedimenti dei titoli di stato americani ($1.000+ miliardi), oltre a valuta estera pari a $100 miliardi, ed entrambe le cose possono essere utilizzate per difendere lo yen mantenendolo intorno al livello 140-150.

L'obiettivo di questi interventi era semplice: far saltare le posizioni short con quanta più potenza di fuoco possibile, nel modo più casuale possibile, per incutere paura e impedire ai nuovi carry trader di aprire posizioni. Ricordate che i carry trade prendono in prestito in una valuta e prestano, o investono, in un'altra, guadagnando la differenza tra le due operazioni. In genere i carry trader copriranno uno o entrambi i lati della loro operazione in modo che le possibilità di margin call siano basse o inesistenti; tuttavia il costo di impostazione e mantenimento degli swap per farlo erode i profitti.

A tal proposito il Giappone ha rappresentato un gigantesco meccanismo di finanziamento per i carry trader a causa dei suoi tassi d'interesse sotto lo zero: era estremamente economico prendere in prestito in yen, senza contare che a un certo punto i tassi dei depositi a tempo erano addirittura negativi, il che significava che i mutuatari venivano pagati per accendere prestiti.

Ma l'altro motivo per cui il Giappone ha creato un carry trade così grande (che gli analisti di Deutsche Bank hanno stimato in un equivalente sbalorditivo di $20.000 miliardi!) era dovuto alla mancanza di volatilità nella politica monetaria stessa. La Banca del Giappone stava aggiustando il suo QE, le sue bande YCC, ma il tasso d'interesse di base, quello addebitato per i prestiti di riserva dalla banca centrale stessa, non era cambiato. Tenete a mente che il tasso di riferimento della BoJ è il parametro di riferimento su cui vengono giudicati tutti gli altri tassi: quando si muove, si muove l'intero complesso dei tassi... almeno in teoria. Poiché questo tasso è rimasto a -10 punti base sin dal 2016, c'è stata essenzialmente zero volatilità su un'intera gamba, quella del finanziamento del carry trade. Ciò lo ha reso molto più redditizio di quanto non sarebbe stato altrimenti, poiché i trader non dovevano pagare per coprire questo rischio. La stabilità fornita dalla BoJ ha incoraggiato sempre più carry trader a buttarsi a capofitto in questa operazione, cosa che alla fine ha messo straordinaria pressione sullo yen, tanto che si è svalutato del 50% in due anni.

Il risparmiatore medio giapponese è ovviamente quello che ha pagato il prezzo. E i banchieri centrali, che non devono rendere conto a nessuno, hanno continuato questa linea di politica folle per anni.

La BoJ, però, ha annunciato piani per ridurre gradualmente i suoi acquisti di titoli di stato della metà, fino a ¥3.000 miliardi al mese entro l'inizio del 2026. Ha inoltre dichiarato di aver cessato le sue politiche di controllo della curva dei rendimenti e di allentamento qualitativo e quantitativo. Prevede inoltre di ridurre gradualmente i suoi acquisti di obbligazioni societarie e commerciali con l'obiettivo di eliminare gradualmente queste operazioni nel giro circa di un anno. Sotto la guida di Ueda, la BoJ ha rialzato i tassi di un totale di 50 punti base in meno di un anno. L'aumento ha avuto conseguenze immediate: lo yen ha immediatamente iniziato ad apprezzarsi rispetto al dollaro, scendendo costantemente a 146. Tutti i carry trader USDJPY sono finiti sotto il proverbiale rullo compressore. Viene smantellata tutta quella leva finanziaria che stava spingendo lo yen sopra i 160, con grande approvazione di Ueda che voleva disperatamente fermare la crisi monetaria sul nascere.

Ma niente avviene senza pagarne il prezzo, soprattutto quando si tratta di interventismo economico. Dover raddrizzare la situazione significa imboccare la strada del dolore economico, scelta obbligata quando si tratta di dover correggere anni e anni di deformazioni economiche. Ma qui ci viene incontro la lezione dell'Argentina, noto laboratorio statunitense da quando Milei è salito al potere per vedere a cosa avrebbe portato una terapia shock: dolore nel breve termine, sollievo/prosperità nel lungo termine. Anzi, è passato poco più di un anno e l'Argentina sta già vedendo i benefici che ha avuto la cura Milei nel Paese. La stessa cosa accadrà negli Stati Uniti, soprattutto lungo la scia dei tagli alla spesa pubblica come sta accadendo con lo smantellamento della USAID. Oltre a tagliare la spesa pubblica questo approccio permetterà anche di offrire sollievo alla popolazione in generale attraverso misure fiscali direzionate a puntellare la resilienza degli americani e rafforzare la loro fiducia nel futuro della nazione.

La stessa cosa può accadere in Giappone, visto che la BoJ adesso si muove in sintonia con la FED. Il dolore economico si presenterà alle porte della nazione nipponica sotto forma di un pagamento di interessi per il suo gigantesco debito pubblico pari al 13% del PIL. Ma questo non deve spaventare le autorità giapponesi, dato che la partnership con gli USA avrà i suoi vantaggi adesso che questi ultimi si sono liberati dal giogo del LIBOR e possono indirizzare la politica monetaria/fiscale in base alle loro reali esigenze. Per quanto possano essere seri i problemi economici di Stati Uniti e Giappone, a questo punto, non lo saranno di più di quelli di Europa e Inghilterra che hanno svuotato le loro economie della manifattura per finanziarizzarle, forti del fatto che avrebbero avuto un accesso privilegiato alla stampante della FED con cui drenare ricchezza reale americana e quindi sostenersi nel tempo. Non avrebbero potuto rendere ipertrofici i loro Stati sociali altrimenti.

Adesso sono loro a dover metter mano alla stampante o vendere i propri asset, ma con quale collaterale?


LO SGRETOLAMENTO DELLA LBMA

Il mese scorso i caveau della Banca d'Inghilterra hanno assistito a un esodo di oro, poiché i trader si sono affrettati a spostare i lingotti negli Stati Uniti, temendo gli effeti di potenziali dazi sul commercio mondiale. Circa $82 miliardi in oro, il 2% delle riserve totali della BoE, sono stati spediti oltreoceano riducendo l'offerta sul mercato di Londra e facendo schizzare i tassi di prestito a breve termine per l'oro dal 2-3% a quasi il 10%. L'enorme volume di prelievi ha persino causato colli di bottiglia logistici, con tempi di attesa per i prelievi di oro che si sono estesi da pochi giorni un mese fa a 4-8 settimane ora. Questo processo continuerà fino a quando gli acquirenti non si saranno esauriti, o un catalizzatore fondamentale non interverrà per fermare il riscatto indotto dalla paura.

Questa corsa all'oro fisico è un altro segno che la fiducia nei sistemi monetari fiat si sta erodendo, ma non è la prima volta che i mercati mettono alla prova la Banca d'Inghilterra. Prima della recente corsa all'oro, il mercato dei titoli di stato aveva già messo a nudo la fragilità del sistema finanziario del Regno Unito. Anni di politica monetaria ultra-elastica, prestiti governativi senza freni e una banca centrale intrappolata tra la lotta all'inflazione e il mantenimento a galla dei mercati hanno creato la tempesta perfetta. Inoltre i lingotti d'oro conservati presso la Banca d'Inghilterra sono stati scambiati a un prezzo scontato rispetto al mercato generale, poiché i ritardi nei prelievi li rendono meno desiderabili dell'oro conservato in caveau più accessibili... oppure il mercato sta iniziando a valutare il fatto che la BoE potrebbe non avere effettivamente l'oro dichiarato ufficialmente.

La Banca d'Inghilterra svolge un ruolo fondamentale nel mercato dell'oro di Londra, il più grande hub mondiale per il commercio di lingotti. Detiene conti in oro per altre banche centrali, le quali scelgono Londra per la sua convenienza nel prestito o nella vendita di oro. La BoE consente inoltre a determinate entità commerciali (come le bullion bank) di detenere conti in oro presso di essa, il che fornisce liquidità alle banche centrali, e i caveau conservano una parte significativa dei lingotti d'oro “London Good Delivery” che soddisfano gli standard LBMA. L'oro conservato presso la BoE può essere utilizzato per prestiti e swap, il che ovviamente va a cambiare la struttura del mercato. L'oro conservato presso la Banca d'Inghilterra viene quotato a sconti superiori a $5 l'oncia rispetto al prezzo spot di Londra. Questo divario di prezzo potrebbe sembrare piccolo, ma in realtà è enorme, poiché l'oro presso la BoE in genere viene scambiato esattamente in linea con il mercato più ampio di Londra. Dal punto di vista storico eventuali premi o sconti sono sempre risultati minimi, solitamente solo pochi centesimi l'oncia, quindi l'attuale sconto di $5 l'oncia è centinaia di volte più grande del normale!

La Banca d'Inghilterra detiene oltre 400.000 lingotti d'oro, per un valore di oltre $450 miliardi ai prezzi correnti. Questa è solo una frazione delle oltre 8.000 tonnellate di oro immagazzinate a Londra, secondo la LBMA. Tuttavia una parte significativa di tale stock è di proprietà di fondi negoziati in borsa (ETF), altre banche centrali e investitori a lungo termine che potrebbero non essere disposti a vendere. Ciò significa che il mercato è estremamente stretto.

Le banche centrali in particolare non sembrano essere disposte a vendere, anzi sono state impegnate in una frenesia di acquisti di lingotti negli ultimi anni. Nel 2024 gli acquisti di oro sono rimasti forti, confermando una tendenza di aumento a cui abbiamo assistito nell'ultimo decennio, ma soprattutto dopo la crisi sanitaria. Le banche centrali hanno aggiunto 1.045 tonnellate metriche nette alle loro riserve auree, segnando il terzo anno consecutivo di acquisti superiori a 1.000 tonnellate. Questo accumulo è stato alimentato da un gruppo eterogeneo di Paesi, con la Banca nazionale di Polonia in testa che ha aggiunto 90 tonnellate portando le sue riserve totali a 448 tonnellate (il 17% delle sue riserve internazionali totali). Altri acquirenti degni di nota erano la Banca centrale di Ungheria, che ha aumentato le sue riserve di 16 tonnellate, e la Banca nazionale di Serbia, che ha aggiunto 8 tonnellate (grandi cifre per Paesi piccoli in termini di popolazione e PIL).

Il primo trimestre del 2024 aveva anche stabilito un nuovo record per la domanda di oro delle banche centrali, con acquisti netti per un totale di 290 tonnellate. Questa impennata è stata in gran parte attribuita ai grandi acquisti da parte di Cina, Turchia e India, con l'India in testa. Alla fine del 2024 le riserve auree totali delle banche centrali mondiali avevano raggiunto circa 36.699 tonnellate metriche, pari a un enorme 17% di tutto l'oro estratto.

Le banche centrali stanno effettuando una svolta strategica verso l'oro come copertura contro la volatilità economica e un mezzo per diversificare le loro riserve.

A causa di questa massiccia corsa a rispedire l'oro negli Stati Uniti e nel COMEX, i mercati hanno iniziato a lanciare segnali di stress: il tasso di locazione a 1 mese a Londra ha iniziato a salire a dicembre e poi ha superato i massimi di 5 anni a gennaio. Esso rappresenta il rendimento che gli individui che detengono lingotti nei caveau di Londra possono guadagnare prestando il loro metallo a breve termine. L'impennata di questo tasso significa che la domanda è più forte che in qualsiasi altro periodo degli ultimi anni, e di molto anche. Sono principalmente le bullion bank ad alimentare questa domanda, le quali stanno cercando di prendere in prestito più oro possibile per arbitrare la differenza di prezzo tra Londra e New York. Non solo, ma devono passare dalla Svizzera per fondere i lingotti: le barre standard da 400 once scambiate a Londra non possono essere spedite direttamente a New York per la consegna al COMEX, visto che i contratti denominati in tale peso, inaugurati nel 2020, raramente vengono usati. Invece i trader devono “ri-raffinare” i lingotti in barre da 100 once a Zurigo prima di spedirle negli Stati Uniti. Di conseguenza i premi sono saliti fino a $50 per oncia, rendendo l'operazione altamente redditizia per gli arbitraggisti.

Un altro segnale che il mercato è sotto stress è il fatto che i futures sono entrati in backwardation: i prezzi forward a 1 mese vengono scambiati al di sotto dello del livello spot, il che indica che i trader vogliono l'oro subito, e pagheranno un premio per averlo, piuttosto che aspettare un mese per la consegna. La domanda di oro fisico sta salendo alle stelle. La backwardation è più marcata per l'argento. I tassi di locazione a un mese sono saliti all'8%, ben al di sopra di quelli dell'oro.

In ogni caso, le tensioni sul mercato stanno chiaramente preoccupando i funzionari della BoE, così come altre importanti bullion bank. Londra sta venendo prosciugata e i caveau di New York (gestiti da COMEX o banche affiliate al COMEX come JPM) stanno facendo incetta. Mentre questo panico attanaglia Londra e le tempistiche di consegna si allungano a 1-2 mesi, le bullion bank continueranno a darsi da fare per ottenere quanto più oro fisico possibile. Ecco perché lo stanno prendendo in prestito dal mercato (i tassi di locazione stanno esplodendo), ecco perché hanno iniziato a riscattare l'oro detenuto nei caveau della BoE, ecco perché tutti i certificati cartacei legati all'oro hanno iniziato a essere scambiati a un prezzo scontato. L'Imperatore (inglese) è nudo. 

Nel frattempo il COMEX sta importando tutto l'oro su cui riesce a mettere le mani, forse per anticipare le richieste di riscatto dei propri clienti. Se questo processo continua al ritmo attuale, in poche settimane supereranno persino i precedenti record durante la crisi sanitaria. Queste tensioni si manifestano anche in altri mercati dell'oro sintetico: il GLD, il più grande ETF sull'oro negli Stati Uniti, ha visto i suoi tassi di prestito salire alle stelle. L'ETF SPDR Gold conserva il suo oro in diversi caveau, ma quello principale si trova a Londra. L'oro è detenuto sotto forma di lingotti allocati, il che significa che ognuno di essi è specificamente assegnato all'ETF e non può essere utilizzato per altri scopi.

Molti scrittori, tra cui ANOTHER e FOFOA, hanno costantemente messo in evidenza come sarebbe andata a finire la manipolazione dell'oro cartaceo presso la LBMA e una conseguente rivalutazione reale del metallo giallo. Le rivendicazioni cartacee sono rappresentazioni senza valore e man mano che il capitale si riversa nell'oro fisico, ciò fa schizzare in alto il prezzo di quest'ultimo. Per quanto anche il COMEX non sia un player senza macchie, almeno ha delle regole; la LBMA, invece, non applica alcun freno alla creazione sintetica di oro da investimento. La LBMA e la Banca d'Inghilterra sono l'epicentro della truffa dell'oro sintetico, insieme a molte altre, attirando la domanda verso i derivati e sopprimendo il prezzo dell'oro fisico in modo che i player istituzionali potessero ottenere lingotti a basso costo, e in modo da non sconvolgere l'ordine monetario fiat. Questo schema di Ponzi poteva solo finire in un disastro.


CONCLUSIONE

Il SOFR, la contrazione dell'offerta degli eurodollari, la fine del carry trade sullo yen, la rimarginazione del mercato dell'oro: vengono chiuse tutte quelle scappatoie che possono essere ancora utilizzate da Londra e Bruxelles per attingere indirettamente al bacino della ricchezza reale degli USA. A questo proposito entrambe sono come delle galline senza testa che corrono su e già per l'aia, si notano per lo spettacolo grottesco che danno e per il sangue che schizza ovunque imbrattando qualunque cosa al loro passaggio... ma finisce qui, non hanno alcun peso economico e geopolitico ormai. La rottura del cartello di Davos diventa più palpabile nel momento in cui, in Europa, vengono indetti vertici che non concludono niente e vengono date risposte da “cartolina vacanza” a eventi geopolitici significativi (come quello recente alla Casa Bianca). La velocità con cui l'amministrazione Trump e il DOGE hanno smantellato la USAID era propedeutica a chiudere i rubinetti a tutte quelle ONG e think tank che, con la patina della filantropia, fomentano caos sociale e disordini. Questo significa che gli USA solo adesso si possono focalizzare sulla questione Ucraina, perché in caso di sconfitta della cricca di Davos sul tema della guerra, la risposta successiva di quest'ultima è la violenza per le strade, il terrorismo.

La Germania ad esempio lo sa, il nuovo cancelliere tedesco ha recepito il messaggio. Questa è gente che è disposta a far saltare il tavolo da gioco pur di non cedere le armi, perché sa che sarà destinata all'irrilevanza altrimenti. Togliere finanziamenti a quella coorte di attori eterodiretti all'estero era fondamentale per colpire duramente un potenziale fronte aperto (e di ricatto). Adesso gli agenti infiltrati devono spendere i loro soldi, vendere i loro asset per finanziarsi. E questo causa dolore economico, nonché fratture più marcate nei loro di mercati, quindi lenirli diventa imprescindibile e questo passaggio obbligato passa anche dal rivolgersi direttamente alla fonte che in precedenza si stava fregando indirettamente. La visita di Starmer alla Casa Bianca la scorsa settimana era molto probabilmente dovuta al tipico atteggiamento inglese che vuole rispettati accordi presi sottobanco in precedenza. La vicenda con la Apple è un caso di questo genere, ad esempio. Ma non credo sia andata molto bene...

Ora vediamo grossi movimenti sui mercati. In particolare, il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello americano è in caduta libera nelle ultime settimane, dopo un rally artificiale sostenuto dall'illusione di una compiacenza dell'amministrazione Trump con l'establishment europeo e prospettive commerciali “alternative” a quella americana. Inutile dire che questa illusione è stata spacciata dalla stampa inglese... La BoJ, sussidiaria nell'effettivo della FED, continua a lasciar rafforzare lo yen per chiudere eventuali finestre di opportunità a player che possono sfruttare turbolenze sui mercati per “attaccare” gli USA in queste settimane delicate in cui deve passare il Budget Reconciliation affinché i tagli alla spesa pubblica possano andare avanti. E il fatto che siano stati gli USA ad avviare la corsa agli sportelli dell'oro è stata una mossa eccellente per difendersi da eventuali attacchi, in questo modo i nemici vengono spiazzati e hanno altro a cui pensare. Senza contare che il pair USDEUR è sceso ultimamente principalmente perché è stato detto ai singoli stati europei che possono escludere le spese militari dai bilanci ufficiali. Come se le conseguenze della misallocation del capitale possano essere cancellate dalla sigla “off-bufget” (a tal proposito vi invito a leggere il Capitolo 2 del mio ultimo libro, Il Grande Default, per un'analisi approfondita di questo tema).

Infatti la stampa ortodossa e non ortodossa ha sempre posto sotto la propria attenzione il COMEX, “scordandosi” convenientemente della LBMA, il mercato over the counter per eccellenza dove avvengono rehypothecation per ordini di grandezza superiori a quelli degli altri mercati. Gli inglesi sono maestri in questo: dicono cosa c'è che non va e poi sviano la colpa da loro e la danno a qualcun altro. Come fanno a essere efficaci? Perché controllano la maggior parte della stampa finanziaria. Quando si hanno diverse generazioni di persone che sono cresciute immerse in queste consuetudini, è difficile romperle e vedere il mondo con occhi diversi.

Di conseguenza, più che una guerra cinetica o commerciale, quella di oggi è una guerra economica in cui l'obiettivo principale di Washington è bonificare i mercati statunitensi dall'influenza della City di Londra. Ecco perché, ad esempio, è stato messo Bessent al Dipartimento del Tesoro; ecco perché, come contromossa, la City ha cercaro di creare un mercato sintetico dei titoli del Tesoro americani il cui settlement sarebbe avvenuto a Londra;  ecco perché Trump ha detto che l'Europa “serve per fregarci”.


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👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/02/cio-che-leurodollaro-ha-dato.html

👉 Qui il link alla Seconda Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/02/cio-che-leurodollaro-ha-dato_01881802337.html

👉 Qui il link alla Quarta Parte:


giovedì 6 marzo 2025

El Salvador è ancora un Paese filo-Bitcoin

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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da Bitcoin Magazine

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/el-salvador-e-ancora-un-paese-filo)

El Salvador è ancora un Paese in cui Bitcoin è protagonista, nonostante il fatto che quest'ultimo non sia più a corso legale.

Iniziamo con qualche informazione aggiuntiva sulla questione.

Il 29 gennaio 2025 l'Assemblea Legislativa di El Salvador ha votato per rimuovere lo status di corso legale per quanto riguarda Bitcoin.

Ciò significa che le aziende nel Paese non sono più costrette ad accettarlo (non che questa legge fosse strettamente monitorata affinché venisse applicata mentre Bitcoin era ancora considerato a corso legale); tuttavia mi è stato detto che le grandi aziende che operano nel Paese (es. McDonalds, Walmart) potrebbero smettere di accettare Bitcoin come pagamento, cosa che a sua volta potrebbe avere un effetto deleterio sulla sua adozione.

Questo cambiamento è avvenuto approssimativamente un mese dopo che il Fondo Monetario Internazionale ha siglato un accordo con le autorità di El Salvador:

• Quest'ultimo avrebbe ricevuto $1.4 miliardi in prestiti per sostenere le “riforme” del governo in carica;

• Mitigazione dei rischi legati a Bitcoin, la sua accettazione nel settore privato deve essere volontaria, mentre la partecipazione del settore pubblico nelle attività collegate a Bitcoin dovrebbe essere “limitata” (non dovrebbe essere più usato per saldare debiti statali e per pagare le tasse);

• Le operazioni sul wallet creato dal governo salvadoregno, Chivo, dovrebbero essere “smantellate”.

Anche se la notizia che il governo salvadoregno ha cambiato politica su Bitcoin come moneta a corso legale a seguito dell'influenza dell'FMI è un pugno nello stomaco perfino per me, che non sono salvadoregno e non vivo nel Paese, non posso fare a meno di credere che El Salvador sia ancora un Paese filo-Bitcoin.

E questa sensazione non ha fatto che rafforzarsi leggendo ciò che ho visto su X da parte dei sostenitori di Bitcoin in El Salvador.

Evelyn Lemus, co-fondatrice e direttrice del programma di formazione presso Bitcoin Berlin, un'economia circolare basata su Bitcoin all'interno del Paese, non ha intenzione di smettere di insegnare Bitcoin ai salvadoregni.

Il team di Bit Driver non ha intenzione di cambiare il proprio modello di business, ovvero accettare bitcoin come tariffa dei taxi nel prossimo futuro.

Mentre John Dennehy, fondatore di Mi Primer Bitcoin, ha espresso preoccupazione per il fatto che il governo di El Salvador stia revocando la sua linea di politica su Bitcoin come valuta a corso legale, lui e il team di Mi Primer Bitcoin intendono raddoppiare il lavoro che stanno svolgendo.

I leggendari Max e Stacy non hanno ancora espresso pubblicamente l'intenzione di rinunciare a El Salvador nel prossimo futuro.

E l'ufficio Bitcoin di El Salvador, gestito da Stacy, continua ad accumulare bitcoin e a contribuire alla gestione di programmi di formazione nel Paese.

La lezione da apprendere è che, nonostante la legge su Bitcoin sia cambiata in El Salvador, i suoi sostenitori nel Paese non hanno battuto ciglio.

Poiché noi siamo Bitcoin, ciò che conta di più è che i salvadoregni di tutti i giorni e tutti gli altri coinvolti nel movimento Bitcoin in El Salvador continuino a portare avanti la missione alla base.

L'FMI potrebbe aver sferrato un colpo, ma i sostenitori di Bitcoin in El Salvador restano fermi nei loro sforzi per promuovere una più ampia adozione dello stesso.

El Salvador è ancora un Paese filo-Bitcoin.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 5 marzo 2025

Alleluia! Trump vuole davvero dare una possibilità alla pace

Ricordo a tutti i lettori che su Amazon potete acquistare il mio nuovo libro, “Il Grande Default”: https://www.amazon.it/dp/B0DJK1J4K9 

Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/alleluia-trump-vuole-davvero-dare)

Wow! Queste sono le 36 parole più potenti pronunciate da un Presidente degli Stati Uniti, di sempre: “Uno dei primi incontri che voglio avere è con il presidente cinese Xi e il presidente russo Putin, e voglio dire: 'tagliamo a metà il nostro budget militare'. E possiamo farlo”.

Sì, dalle labbra di Donald all'orecchio di Dio e tutto il resto. Gli aspetti pratici e il percorso disseminato di ostacoli da qui a quel punto potrebbero essere insormontabili, ma ciò che il nostro Presidente ha fatto è stato spalancare la Finestra di Overton della discussione sulla sicurezza nazionale. Infatti una volta che si dice di voler intavolare un summit congiunto con i due leader demonizzati dalla stampa e presunti principali nemici dell'America, tutto (e intendiamo proprio tutto) quello che finora era proibito viene rimesso sul tavolo delle trattative per una discussione nuova e aperta.

Dopotutto non è necessario essere esperti dei complessi meccanismi del bilancio della difesa da $850 miliardi per rendersi conto che quando si tagliano le razioni del Pentagono della metà, crolla l'intero quadro di sicurezza nazionale globalista, eredità della fine della Guerra Fredda avvenuta 34 anni fa.

Questo perché bisognerebbe riportare a casa l'Impero e tutto l'apparato di sicurezza nazionale che lo accompagna: 750 basi straniere e 173.000 soldati americani dislocati in 159 Paesi; operazioni della Marina e dell'Aeronautica che abbracciano il globo; alleanze grandi e piccole, dalla NATO allo Stretto di Taiwan, alle cosiddette missioni di mantenimento della pace in tutto il Medio Oriente e nel Nord Africa.

In altre parole, ciò che si può finanziare con appena il 50% dell'attuale bilancio della difesa, come approfondiremo di seguito, è un deterrente nucleare strategico e una difesa impenetrabile delle coste, dello spazio aereo e del territorio sovrano degli Stati Uniti.

È tutto ciò di cui abbiamo realmente bisogno! Raggiungerebbe pienamente l'obiettivo fondamentale della sicurezza nazionale di mantenere liberi e al sicuro i 347 milioni di cittadini americani da Bangor nel Maine a San Diego in California.

Infatti, che lo riconosca o meno, l'audace invito del presidente Trump equivarrebbe a evitare ogni nozione di Impero. Aprirebbe la strada al ritorno a una linea di politica della nazione precedente al 1914 come una Repubblica pacifica, che bada in sicurezza ai fatti suoi dietro i meravigliosi doni della Provvidenza: i grandi fossati dell'Oceano Atlantico e Pacifico che separano la patria americana da qualsiasi potenziale nemico militare in qualsiasi parte del pianeta.

Al momento attuale e per il prossimo futuro, ci sono solo due nazioni solo lontanamente in grado di rappresentare una minaccia militare per la patria americana: la Russia e la Repubblica Popolare Cinese. Tuttavia la realtà strategica di fondo è che la Russia non ha il peso economico necessario per minacciare l'America, e la Cina non ha nemmeno una parvenza di spazio economico per lanciarsi in una campagna di aggressione militare globale.

Per quanto riguarda la Russia e nonostante tutta la demonizzazione di Putin, nessuno ha nemmeno provato a sostenere che sia così stupido da credere che il suo PIL da $2.000 miliardi possa competere con il PIL da $30.000 miliardi degli Stati Uniti.

Infatti tutta la questione dell'orco russo è puramente fantasiosa: l'affermazione secondo cui Putin prenderà i Paesi Baltici, poi la Polonia e poi marcerà attraverso la Porta di Brandeburgo a Berlino sulla strada per la Francia, i Paesi Bassi e attraverso la Manica fino a Londra, supponendo che sia anche talmente stupido da voler occupare il caso disperato dell'Inghilterra.

In altre parole, nell'attuale posizione di politica estera di Washington è implicita l'idea che la Russia possa rappresentare una minaccia seria solo dopo aver attaccato, occupato e militarizzato l'intero continente europeo!

Questa è l'unica via attraverso cui Mosca può ottenere il peso economico, la manodopera e i mezzi militari per minacciare materialmente gli USA. Alla fine della fiera, quindi, la minaccia non sono i russi in sé, ma i tedeschi russificati, i polacchi e le rane francesi.

Naturalmente non c'è un briciolo di prova che questo sia il piano di Putin, o che avrebbe anche lontanamente i mezzi economici e militari per realizzare uno scopo così sinistro se davvero ne fosse incline. Al contrario, l'obiettivo di Putin è molto, molto più modesto: tenere la NATO fuori dal suo cortile in un antico pezzo dell'Impero russo che è stato chiamato Novorossiya, o Nuova Russia, per gran parte della sua storia.

Questo era il nome della regione del Donbass e del Mar Nero prima che Lenin e Stalin creassero il Paese artificiale di nome “Ucraina” per la pura convenienza amministrativa di gestire la loro brutale tirannia. Eppure, anche nel tentativo di riprendersi la metà russa dell'Ucraina, Putin sta avendo difficoltà a radunare la potenza militare necessaria, per non parlare della conquista del resto dell'Europa.

Fortunatamente il vicepresidente Vance ha già lasciato trapelare il segreto e questo dimostra esattamente perché la Russia non è sul sentiero di guerra verso la conquista dell'Europa: dopo l'imminente accordo Trump-Putin non ci sarà più la NATO in Ucraina e il Paese sarà diviso tra le regioni di lingua russa del Donbass, della Crimea e del Mar Nero, da una parte, e le regioni di lingua ucraina e polacca a ovest e sulla riva sinistra del fiume Dnepr, dall'altra.

In ogni caso, è tutto ciò che Putin ha sempre voluto e sarà la prova del nove che screditerà l'idea che Washington debba combattere la Russia per procura lì, per non parlare di doverla combattere in Lussemburgo o sulle scogliere di Dover.

Vale a dire che, una volta risolta la guerra e divisa l'Ucraina, l'operazione militare speciale di Putin si fermerà bruscamente. A sua volta ciò dimostrerà che non esiste nemmeno la più remota prospettiva di un'Europa russificata, e quindi una reale minaccia russa alla sicurezza della patria americana.

Quindi, sì, il bilancio della difesa può essere tagliato del 50% in parte perché i 62.000 soldati americani indicati sopra che ora sono di stanza in Europa potrebbero essere riportati a casa. Ancora più importante, l'adesione e gli impegni degli Stati Uniti alla NATO potrebbero anche essere abbandonati, il che significa che scadrebbe anche l'idea ridicola di essere impegnati ai sensi dell'articolo 5 nella difesa reciproca di piccole nazioni come la Macedonia del Nord, il cui esercito in servizio attivo di 10.000 uomini è inferiore alla forza di polizia di Chicago costituita da 12.000 uomini.

Per quanto riguarda la Cina, la cosa più importante da riconoscere è che è l'esatto opposto del vecchio impero sovietico, il quale si basava sull'autarchia economica e su scarse relazioni commerciali con il mondo al di fuori del Patto di Varsavia. Di conseguenza se fosse stata incline e capace di un'aggressione militare verso il resto dell'Europa e/o persino gli Stati Uniti, per i quali gli archivi ora aperti della vecchia Unione Sovietica rivelano scarse prove a riguardo, non ci sarebbe stata alcuna interruzione collaterale della sua funzione economica di base: un regime socialista di stato centralizzato, che, inutile dirlo, non funziona ma non dipende nemmeno dal commercio con il cosiddetto “mondo libero”.

Al contrario, dopo che Mao ricevette la sua ricompensa nel Paradiso Rosso, la Cina cambiò bruscamente rotta verso il mondo esterno sotto la guida di Deng e dei suoi successori; e lo fecero sotto la bandiera del cosiddetto Capitalismo Rosso, il che equivale a una versione estrema del mercantilismo d'esportazione.

Di conseguenza le esportazioni cinesi sono aumentate di quasi 15 volte nei due decenni tra il 2000 e il 2022, passando da $250 miliardi a $3.600 miliardi all'anno. Così facendo i cinesi si sono sostanzialmente presi in ostaggio, il che significa che ogni provincia, città, villaggio, fabbrica, linea ferroviaria, attività di autotrasporto, magazzino e operazione portuale in lungo e in largo per la Cina si è profondamente impigliata nella produzione economica per i clienti in tutto il pianeta, come raffigurato nel grafico qui sotto. Di conseguenza l'economia cinese crollerebbe sul posto se Pechino interrompesse il flusso giornaliero di $10 miliardi di merci verso l'Europa, le Americhe e il resto dell'Asia.

Infatti se la sua leadership post-Mao fosse stata decisa a conquistare l'estero, la sopravvivenza stessa del regime di Pechino sarebbe stata compromessa dalla conseguente interruzione della più grande fabbrica che il mondo abbia mai visto. Washington ha sprecato 59.000 vite americane e più di 3 milioni di vite vietnamite prima di fuggire definitivamente dal Vietnam, eppure in seguito i cinesi non hanno nemmeno provato a catturare Hanoi, nonostante la teoria del dominio mondiale.

In altre parole, la Cina non è una minaccia militare per gli Stati Uniti, né vi è alcuna prova che sia espansionista, nemmeno nella sua stessa regione. C'è indubbiamente una ragione per cui dopo migliaia di anni, cinesi, coreani, giapponesi, indonesiani, malesi e filippini stanno alla larga l'uno dall'altro; anche perché una riunificazione dei cinesi Han sulla terraferma con i loro parenti a Formosa avrebbe praticamente zero implicazioni per il resto della regione.

Lo stato di Taiwan esiste solo perché Washington lo ha sostenuto nel 1949, quando Chiang Kai-shek perse la guerra civile contro Mao e i rossi. Se Washington si facesse da parte, è probabile che in breve tempo la penisola coreana sarebbe difficilmente distinguibile da Shanghai, dall'altra parte del Mar Giallo.

Vale a dire che gli USA non hanno bisogno della costosissima Settima Flotta e dei Marines americani e di gran parte dell'Aeronautica per contenere la Cina. La gigantesca economia Ponzi di quest'ultima, appollaiata com'è su $50.000 miliardi di debito e oltre $4.000 miliardi all'anno di esportazioni, rappresenta tutto il contenimento di cui la sicurezza militare americana ha effettivamente bisogno.

In fin dei conti, se la politica estera di Donald Trump incentrata sulla strategia “America First” significa qualcosa, è che l'attuale bilancio per la sicurezza nazionale da $1.000 miliardi è il doppio di quanto effettivamente richieda una difesa nazionale adeguata. Infatti non è esagerato dire che, nella ricerca incessante del proprio egoistico ingrandimento, il complesso militare-industriale ha gonfiato enormemente lo Stato militare americano quando ciò di cui c'è realmente bisogno nel 2025 è una sua versione ridimensionata.

E ora Donald ha aperto la porta alla riduzione del pesante bilancio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, esattamente a questo scopo, aprendo così la strada al ritorno del saggio ammonimento di Thomas Jefferson che esortava: “[,,,] Pace, commercio e onesta amicizia con tutte le nazioni, senza stringere alleanze con nessuna”.

Infatti il modo in cui l'amministrazione Trump avrebbe potuto tagliare della metà la spesa per la difesa è stato delineato molto tempo fa dal grande senatore Robert Taft all'alba della Guerra Fredda. Egli sosteneva che la modesta minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dalla derelitta Unione Sovietica e dal disastro collettivista imposto alla Cina da Mao avrebbero potuto essere facilmente gestiti con:

• Una capacità di ritorsione nucleare strategica che avrebbe scoraggiato qualsiasi possibilità di attacco o ricatto nucleare;

• Una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo, la quale sarebbe stata estremamente facile da realizzare, dato che l'Unione Sovietica non aveva una Marina degna di nota e la Cina era sprofondata nell'anarchia industriale e agricola a causa dei catastrofici esperimenti di collettivizzazione di Mao.

Questo quadro di riferimento taftiano non è mai cambiato da allora, anche se la tecnologia della guerra nucleare e convenzionale si è evoluta. Con una modesta spesa militare, Washington può mantenere il suo deterrente nucleare e una formidabile difesa della patria senza nessuno degli apparati dell'Impero e senza stivali americani su suolo straniero.

Infatti il caso di una vera linea di politica America First, ovvero il ritorno allo status quo pre-1914 e a una corretta postura militare difensiva, si è notevolmente rafforzato negli ultimi tre decenni. Questo perché nel mondo odierno l'unica minaccia militare teorica alla sicurezza nazionale americana è la possibilità di un attacco nucleare o di un ricatto nucleare. Vale a dire, la minaccia che uno dei suoi due avversari nucleari possa sviluppare una capacità di First Strike letale ed efficace da poter gridare scacco matto e chiedere la resa di Washington.

Fortunatamente né la Russia né la Cina hanno nulla di simile, almeno non senza evitare un annientamento per rappresaglia del loro stesso Paese e del loro popolo se tentassero di colpire per primi. Dopo tutto gli Stati Uniti hanno 3.700 testate nucleari attive, di cui circa 1.800 sono operative in qualsiasi momento. A loro volta queste sono sparse sotto i sette mari, in silos rinforzati e tra una flotta di bombardieri costituita da 66 B-2 e B-52, tutti fuori dal rilevamento o dalla portata di qualsiasi altra potenza nucleare.

Ad esempio, i sottomarini nucleari di classe Ohio hanno ciascuno 20 tubi missilistici, con ogni missile che trasporta una media di 4-5 testate. Sono 90 testate indipendenti per imbarcazione. In qualsiasi momento 12 dei 14 sottomarini nucleari di classe Ohio sono attivamente schierati e sparsi negli oceani del pianeta entro un raggio di tiro di 4.000 miglia.

Quindi, al momento di un ipotetico attacco, si tratta di 1.080 testate nucleari in acque profonde che navigano lungo i fondali oceanici e che dovrebbero essere identificate, localizzate e neutralizzate prima ancora che un potenziale aggressore o ricattatore possa fare qualcosa. Infatti la sola forza nucleare basata in mare è un potente garante della sicurezza nazionale americana. Nemmeno i tanto decantati missili ipersonici della Russia sono riusciti a trovare o a eliminare di sorpresa il deterrente statunitense in mare.

E poi ci sono le circa 300 testate nucleari a bordo dei 66 bombardieri strategici, che non sono nemmeno seduti su un singolo aeroporto in stile Pearl Harbor in attesa di essere annientati, ma si spostano e sono in movimento. Poi ci sono i 400 missili Minuteman III distribuiti in silos estremamente rinforzati nel sottosuolo in una vasta fascia del Midwest superiore. Ogni missile trasporta attualmente una testata nucleare in conformità con il Trattato Start, ma potrebbe essere MIRV in risposta a una grave minaccia, aggravando e complicando ulteriormente il calcolo di un avversario.

Inutile dire che non c'è modo, forma o aspetto in cui il deterrente nucleare americano possa essere neutralizzato da un ricattatore. E questo ci porta al nocciolo della questione su come l'amministrazione Trump potrebbe effettivamente tagliare il budget della difesa del 50%. Vale a dire, secondo le più recenti stime del CBO, la triade nucleare costerà solo circa $75 miliardi all'anno per il suo mantenimento nel prossimo decennio, comprese le quote per gli aggiornamenti periodici delle armi.

Proprio così. La componente fondamentale della sicurezza militare americana richiede solo il 7% dell'enorme budget militare odierno, come dettagliato sistema per sistema nella tabella qui sotto. Quindi nel 2023 la triade nucleare stessa è costata solo $28 miliardi, più altri $24 miliardi per le scorte correlate e l'infrastruttura di comando, controllo e allerta.

Inoltre si stima che la componente chiave di questo deterrente nucleare, la forza missilistica balistica basata sul mare, costerà solo $188 miliardi nell'intero prossimo decennio. Stiamo parlando solo dell'1,9% rispetto ai $10.000 miliardi calcolati dal CBO per lo stesso periodo.

Costo decennale della deterrenza nucleare strategica degli Stati Uniti secondo le stime del CBO, dal 2023 al 2032

Quindi la domanda si ripresenta rispetto all'attuale livello di spesa di base ($989 miliardi) calcolata dal CBO per la difesa tra un paio d'anni: dopo aver accantonato $75 miliardi per la triade nucleare strategica, quanto dei restanti $900+ miliardi sarebbe necessario per una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo?

Il punto di partenza è che né la Russia né la Cina hanno la capacità militare, il peso economico o l'intenzione di attaccare la patria americana con forze convenzionali. Per farlo avrebbero bisogno di un'enorme armata militare che includa una Marina e un'Aeronautica molte volte più grandi delle attuali forze statunitensi, enormi risorse di trasporto aereo e marittimo, e gigantesche linee di rifornimento e capacità logistiche che non sono mai state nemmeno sognate da nessun'altra nazione sul pianeta.

Avrebbero anche bisogno di un PIL iniziale di $100.000 miliardi per sostenere quella che sarebbe la più colossale mobilitazione di armamenti e materiali nella storia dell'umanità. E questo per non parlare della necessità di essere governati da leader suicidi, cosa che non caratterizza né Putin né Xi, disposti a rischiare la distruzione nucleare dei loro stessi Paesi, alleati e commercio economico per realizzare... cosa? Occupare Denver?

L'idea stessa che ci sia attualmente una minaccia esistenziale alla sicurezza americana è semplicemente folle. Dopo tutto quando si tratta del peso economico richiesto, il PIL della Russia è di appena $2.000 miliardi, non i $100.000 miliardi che sarebbero necessari per mettere le forze di invasione sulle coste del New Jersey. E il suo bilancio della difesa è di $75 miliardi, i quali ammontano a circa quattro settimane di spreco nel mostro da $900 miliardi di Washington.

Allo stesso modo la Cina non ha il peso sostenibile del PIL per pensare di sbarcare sulle coste della California, nonostante l'infinita sottomissione di Wall Street al boom cinese. Il fatto è che la Cina ha accumulato più di $50.000 miliardi di debito in appena due decenni!

Pertanto non è cresciuta organicamente secondo il modello capitalista storico; ha stampato, preso in prestito, speso e costruito come se non ci fosse un domani. Come abbiamo indicato sopra, quindi, il simulacro di prosperità risultante non durerebbe un anno se il suo mercato dell'export globale da $3.600 miliardi, la fonte che mantiene in piedi il suo schema Ponzi, dovesse crollare, che è esattamente ciò che accadrebbe se cercasse di invadere l'America.

Di sicuro i leader totalitari della Cina sono decisamente malvagi dal punto di vista della loro popolazione oppressa, ma non sono stupidi. Restano al potere mantenendo la gente relativamente grassa e felice e non rischierebbero mai di far crollare quello che equivale a un castello di carte economico che non ha nemmeno una vaga approssimazione nella storia umana.

Infatti quando si tratta della minaccia di un'invasione militare convenzionale, i vasti fossati dell'Atlantico e del Pacifico sono barriere ancora più grandi all'assalto militare straniero nel XXI secolo rispetto a quanto hanno già dimostrato di essere nel XIX secolo. Questo perché l'attuale tecnologia di sorveglianza avanzata, i missili antinave e gli stormi di droni farebbero finire un'armata navale nemica a far compagnia allo scrigno di Davy Jones non appena uscisse dalle proprie acque territoriali.

Il fatto è che, in un'epoca in cui il cielo è pieno di risorse di sorveglianza ad alta tecnologia, né la Cina né la Russia potrebbero segretamente costruire, testare e radunare per un attacco a sorpresa una massiccia armata di forze convenzionali senza essere notate a Washington. Non può esserci una ripetizione della forza d'attacco giapponese (Akagi, Kaga, Soryu, Hiryu, Shokaku e Zuikaku) che attraversa il Pacifico verso Pearl Harbor senza essere vista per tempo.

Infatti i due presunti “nemici” americani non hanno alcuna capacità offensiva o di invasione. La Russia ha solo una portaerei, una reliquia degli anni '80 che è in bacino di carenaggio per riparazioni sin dal 2017 e non è equipaggiata né con una falange di navi di scorta né con una serie di aerei da attacco e da combattimento, e al momento nemmeno con un equipaggio attivo.

Allo stesso modo la Cina ha solo tre portaerei, due delle quali sono vecchie e arrugginite, ristrutturate e acquistate tra i resti della vecchia Unione Sovietica (in realtà l'Ucraina!), e non hanno nemmeno catapulte moderne per lanciare i loro aerei d'attacco.

In breve, né la Cina né la Russia spingeranno i loro minuscoli gruppi di battaglia di 3 e 1 portaerei verso le coste della California o del New Jersey in tempi brevi. Una forza d'invasione che avesse una minima possibilità di sopravvivere a una difesa statunitense costituita da missili da crociera, droni, caccia a reazione, sottomarini d'attacco e guerra elettronica dovrebbe essere 100 volte più grande.

Quindi ripetiamolo: non esiste alcun PIL al mondo ($2.000 miliardi per la Russia e $18.000 miliardi per la Cina) che si avvicini anche lontanamente ai $100.000 miliardi che sarebbero necessari per sostenere una simile forza d'invasione senza far crollare l'economia nazionale.

Donald Trump è quindi sulla buona strada per qualcosa di enorme: vale a dire che la capacità di guerra convenzionale di Washington che abbraccia il globo è completamente obsoleta!

A un terzo di secolo dal crollo dell'Impero sovietico e dall'avvio da parte della Cina del suo capitalismo rosso verso una profonda integrazione economica globale, l'impero statunitense rappresenta una forza del tutto estranea e inutile.

Si consideri che Washington equipaggia, addestra e schiera una forza armata di 2,86 milioni di unità, ma piuttosto che essere dedita alla difesa della patria, lo scopo principale è supportare missioni di offesa, invasione e occupazione in tutto il pianeta.

Come illustrato nel grafico sopra, questa obsoleta postura militare imperiale include ancora:

• 119 strutture e circa 34.000 soldati in Germania;

• 44 strutture e 12.250 militari in Italia;

• 25 strutture e 9.275 soldati nel Regno Unito;

• 120 strutture e 53.700 soldati in Giappone;

• 73 strutture e 26.400 soldati in Corea del Sud.

Tutta questa inutile forza militare si erge come un costoso monumento alla vecchia teoria della sicurezza collettiva, che portò alla fondazione della NATO nel 1949 e dei suoi cloni regionali successivi. Ciononostante la tesi dell'Impero e delle sue alleanze globali faceva acqua da tutte le parti già allora. Infatti gli archivi ora aperti della vecchia Unione Sovietica dimostrano in modo conclusivo che Stalin non aveva né i mezzi né l'intenzione di invadere l'Europa occidentale.

La capacità militare che l'Unione Sovietica ha resuscitato dopo il massacro con gli eserciti di Hitler era di natura fortemente difensiva, quindi la presunta minaccia politica comunista in Europa avrebbe potuto essere risolta alle urne elettorali, non sul campo di battaglia. Non avevano bisogno della NATO per fermare un'invasione sovietica.

Inutile dire che, una volta costituito l'impero fatto di basi, alleanze, sicurezza collettiva e incessante ingerenza della CIA negli affari interni dei Paesi stranieri, esso è rimasto attaccato come la colla a Washington, anche se i fatti della vita internazionale hanno dimostrato più e più volte che un impero non era affatto necessario.

Vale a dire che le presunte “lezioni” del periodo tra le due guerre mondiali sono state ribaltate: l'ascesa aberrante di Hitler e Stalin non avvenne perché la brava gente di Inghilterra, Francia e America dormì durante gli anni '20 e '30.

Sorsero dalle ceneri dell'inutile intervento di Woodrow Wilson in una disputa del Vecchio Mondo che non era affare dell'America. L'arrivo nel 1918 di due milioni di ragazzi americani e massicci flussi di armamenti e prestiti da Washington permisero una pace vendicativa dei vincitori a Versailles piuttosto che la fine di una guerra mondiale che avrebbe lasciato tutte le parti esauste, in bancarotta e demoralizzate, e i rispettivi partiti di guerra interna soggetti a un ripudio alle urne.

Invece l'intervento di Wilson sui campi di battaglia in stallo del fronte occidentale diede vita alla rivoluzione in Russia e a Lenin e Stalin, mentre le sue macchinazioni con i vincitori a Versailles favorirono l'ascesa di Hitler.

Certo, alla fine il primo portò fortunatamente alla fine del secondo a Stalingrado. Ma quella avrebbe dovuto essere la fine della questione nel 1945, e, in effetti, il mondo c'era quasi arrivato. Dopo le parate della vittoria, la smobilitazione e la normalizzazione della vita civile procedettero a passo spedito in tutto il mondo.

Ahimè, il Partito della Guerra a Washington, composto da appaltatori militari, agenti governativi e burocrati, cresciuto nel calore della seconda guerra mondiale, non era intenzionato a dare la buonanotte. Invece la Guerra fredda fu partorita sulle rive del Potomac quando il presidente Truman cadde sotto l'incantesimo dei falchi della guerra come il segretario James Byrnes, Dean Acheson, James Forrestal e i fratelli Dulles, che erano restii a tornare alle loro vite banali di banchieri civili, politici o diplomatici.

Quindi nel periodo postbellico il comunismo mondiale non era realmente in marcia, né stava partorendo nuovi Hitler e Stalin. Ma i sostenitori dell'Impero insistevano che invece era così, e che la sicurezza nazionale richiedeva un impero esteso che è ancora con noi oggi.

Quindi non c'è mistero sul perché le guerre sono andate avanti all'infinito, o perché in un momento in cui lo Zio Sam stava perdendo inchiostro rosso come mai prima, una larga maggioranza bipartisan ha ritenuto opportuno autorizzare $1.100 miliardi all'anno per una forza militare eccessiva e sprechi in aiuti esteri che non hanno fatto assolutamente nulla per la sicurezza interna degli Stati Uniti.

Infatti Washington si è trasformata in un fenomeno peculiare della storia mondiale, una capitale di guerra dominata da un complesso panoptico di mercanti d'armi, paladini dell'interventismo estero e dalla nomenklatura dello Stato militare. Mai prima d'ora si era riunita e concentrata sotto un'unica autorità statale una forza egemonica che possedeva così tante risorse fiscali e mezzi militari.

Non sorprende che la Capitale della guerra sul Potomac sia orwelliana fino al midollo. La guerra è sempre e ovunque descritta come la promozione della pace. Il suo stivale da egemonista globale è abbellito dalla forma apparentemente benefica di alleanze e trattati. Questi sono apparentemente progettati per promuovere un “ordine basato sulle regole” e sicurezza collettiva a beneficio dell'umanità, non i giusti obiettivi di pace, libertà, sicurezza e prosperità all'interno della patria americana.

Come abbiamo visto, il fondamento intellettuale di questa impresa è fasullo. Il pianeta non è pieno di potenziali aggressori e costruttori di imperi che devono essere fermati di colpo ai loro confini, per timore che divorino la libertà di tutti, vicini e lontani.

Né il DNA delle nazioni è perennemente infettato da macellai e tiranni incipienti come Hitler e Stalin. Sono stati incidenti una tantum nella storia e completamente distinguibili dalla serie standard di piccole cose quotidiane che in realtà nascono periodicamente. Ma queste ultime disturbano principalmente l'equilibrio dei loro immediati quartieri, non la pace del pianeta.

Quindi la sicurezza nazionale americana non dipende da una vasta gamma di alleanze, trattati, basi militari e operazioni di influenza straniera. Nel mondo odierno non ci sono Hitler, reali o latenti, da fermare. L'intero quadro della Pax Americana e la promozione e l'applicazione di un ordine internazionale “basato sulle regole” con sede a Washington sono un errore epico.

A questo proposito i Padri Fondatori ci hanno visto giusto più di 200 anni fa, durante l'infanzia della Repubblica. Come sostenne John Quincy Adams: “[L'America] si è astenuta dall'interferire nelle preoccupazioni degli altri, anche quando il conflitto era per principi a cui si aggrappa [...]. È la benefattrice della libertà e dell'indipendenza di tutti. È la paladina e la vendicatrice solo della sua stessa libertà”.

Inutile dire che il commercio pacifico è invariabilmente molto più vantaggioso per le nazioni grandi e piccole rispetto all'ingerenza, all'interventismo e all'impegno militare. Nel mondo odierno sarebbe il campo di gioco predefinito sulla scacchiera internazionale, fatta eccezione per il Grande Egemone sulle rive del Potomac. Vale a dire, il principale disturbo della pace oggi è invariabilmente promosso dal pacificatore autoproclamato, che, ironicamente, è la nazione meno minacciata dell'intero pianeta.

Il punto di partenza per una posizione militare trumpiana del tipo “America First” e per un taglio del 50% del bilancio militare è quindi il drastico ridimensionamento dell’esercito statunitense, che conta quasi un milione di uomini.

Quest'ultimo non avrebbe alcuna utilità all'estero perché non ci sarebbe motivo per guerre di invasione e occupazione, mentre le probabilità che battaglioni e divisioni straniere raggiungano le coste americane sono praticamente inesistenti. Con una guarnigione costiera adeguata di missili, droni, sottomarini d'attacco e caccia a reazione, qualsiasi esercito invasore diventerebbe un'esca per squali molto prima di vedere le coste della California o del New Jersey.

Eppure i 462.000 soldati in servizio attivo dell'esercito a $112.000 ciascuno hanno un costo di bilancio annuale di $55 miliardi, mentre le 506.000 forze di riserva dell'esercito a $32.000 ciascuna costano più di $16 miliardi. E in cima a questa struttura ci sono $77 miliardi per operazioni varie e manutenzione, $27 miliardi per approvvigionamenti, $22 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutto il resto (in base alla richiesta di bilancio per l'anno fiscale 2025).

In totale, l'attuale bilancio dell'esercito ammonta a quasi $200 miliardi e praticamente tutta questa enorme spesa, quasi 3 volte il bilancio totale della difesa della Russia, è impiegata al servizio dell'Impero, non della difesa della patria. Potrebbe essere facilmente tagliata del 70%, o di $140 miliardi, il che significa che la componente dell'esercito degli Stati Uniti assorbirebbe solo $60 miliardi all'anno.

Allo stesso modo la Marina e il Corpo dei Marines degli Stati Uniti spendono $55 miliardi all'anno per 515.000 militari in servizio attivo e altri $3,7 miliardi per 88.000 riservisti. Tuttavia, se si considerano i requisiti fondamentali di una postura di difesa, anche queste forze e spese sono decisamente esagerate.

Per missioni principali intendiamo la componente della Marina della triade nucleare strategica e la grande forza d'attacco e i sottomarini con missili da crociera della Marina. Ecco, di seguito, gli attuali requisiti di manodopera per queste forze chiave:

14 sottomarini nucleari strategici classe Ohio: ogni imbarcazione è composta da due equipaggi composti da 155 ufficiali e soldati semplici, per un fabbisogno di forza diretta di 4.400 unità e un totale complessivo di 10.000 militari, includendo ammiragli, personale di bordo, personale di supporto e personale vigile;

50 Sottomarini lanciamissili d'attacco/da crociera: ogni imbarcazione è composta da due equipaggi composti da 132 ufficiali e soldati semplici, per un fabbisogno diretto di 13.000 persone e un totale complessivo di 20.000 unità, inclusi ammiragli, personale di bordo, ecc.

In breve le missioni principali della Marina secondo una postura militare di difesa coinvolgerebbero circa 30.000 ufficiali e soldati semplici, ovvero meno del 6% dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marines. D'altro canto le portaerei totalmente inutili, che operano esclusivamente al servizio dell'Impero, hanno equipaggi di 8.000 uomini ciascuno, se si contano le navi di scorta e le suite di aerei.

Quindi gli 11 gruppi di portaerei e la loro infrastruttura richiedono 88.000 militari diretti e 140.000 in totale se si includono il solito supporto e le spese generali. Allo stesso modo, la forza in servizio attivo del Corpo dei Marines è di 175.000 unità, e questo è interamente uno strumento di invasione e occupazione. È totalmente inutile per una difesa della patria.

In breve, ben 315.000, o il 60% dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marines, lavorano al servizio dell'Impero. Quindi se si ridefiniscono le missioni della Marina per concentrarsi sulla deterrenza nucleare strategica e sulla difesa costiera, è evidente che più della metà della struttura di forza della Marina non è necessaria per la sicurezza della patria. Invece funziona al servizio della proiezione di potenza globale, del controllo delle rotte marittime dal Mar Rosso al Mar Cinese Orientale e della piattaforma per guerre di invasione e occupazione.

Nel complesso, l'attuale bilancio della Marina/Corpo dei Marines ammonta a circa $236 miliardi, se si includono $59 miliardi per il personale militare, $81 miliardi per O&M, $67 miliardi per gli appalti, $26 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutti gli altri. Un taglio di $96 miliardi, o del 40%, quindi, lascerebbe comunque $140 miliardi per le missioni principali di difesa.

Tra i servizi, i $246 miliardi contenuti nel bilancio dell'Aeronautica sono considerevolmente più orientati a una postura di sicurezza nazionale rispetto a quanto avviene con l'Esercito e la Marina. Sia la branca terrestre Minuteman della triade strategica che le forze dei bombardieri B-52 e B-2 sono finanziate per suddetto scopo.

E mentre una parte significativa del budget destinato all'equipaggio, alle operazioni e all'approvvigionamento di aerei convenzionali e di forze missilistiche è attualmente destinata a missioni all'estero, solo la componente di trasporto aereo e di basi estere di tali spese è al servizio dell'Impero.

In base a una postura militare difensiva una parte sostanziale della potenza aerea convenzionale, che comprende più di 4.000 velivoli ad ala fissa e rotante, verrebbe riconvertita in missioni di difesa della patria. Di conseguenza più del 75%, o $180 miliardi, dell'attuale bilancio dell'aeronautica rimarrebbe in vigore, limitando i risparmi a soli $65 miliardi.

Infine un coltello particolarmente affilato dovrebbe essere fatto calare sulla componente da $181 miliardi del bilancio della difesa che è destinata al Pentagono e alle operazioni generali del Dipartimento della Difesa. Ben $110 miliardi, ovvero il 61% di tale somma (più di 2 volte il bilancio militare totale della Russia), sono in realtà destinati all'esercito di dipendenti civili del Dipartimento della Difesa e ai contractor con sede a DC/Virginia che si nutrono dello Stato militare.

In termini di sicurezza nazionale, molte di queste spese non sono semplicemente inutili, sono in realtà controproducenti. Costituiscono la lobby finanziata dai contribuenti e la forza di spaccio di influenze che mantiene l'Impero in vita e finanziato a Capitol Hill tramite lauti stanziamenti per ogni genere di consulenza, ONG, think tank, istituto di ricerca e innumerevoli altri.

Un'indennità del 38%, o $70 miliardi per le funzioni del Dipartimento della Difesa, soddisferebbe ampiamente le sue reali esigenze. Nel complesso, quindi, ridimensionare la forza del Dipartimento della Difesa genererebbe $410 miliardi di risparmi per l'anno fiscale 2025. Altri $50 miliardi di risparmi potrebbero essere ottenuti anche eliminando la maggior parte dei finanziamenti per l'ONU, altre agenzie internazionali, assistenza alla sicurezza e aiuti economici.

Tenendo conto dell'inflazione nei successivi quattro anni del mandato di Trump, il risparmio complessivo ammonterebbe a $500 miliardi l'anno.

Risparmi sul budget:

• Esercito: $140 miliardi

• Marina/Corpo dei Marines: $96 miliardi

• Aeronautica Militare: $65 miliardi

• Dipartimento della Difesa: $111 miliardi

• Contributi alle Nazioni Unite e aiuti economici e umanitari esteri: $35 miliardi

• Assistenza alla sicurezza internazionale: $15 miliardi

• Risparmio totale, base anno fiscale 2025: $462 miliardi

• Aggiustamento all'inflazione per l'anno fiscale 2029: +$38 miliardi

• Risparmi totali sul bilancio per l'anno fiscale 2029: $500 miliardi

In fin dei conti, il momento di riportare a casa l'Impero è arrivato da tempo. Il costo annuale di $1.300 miliardi dello Stato militare (incluse le operazioni internazionali e i veterani) non è più nemmeno lontanamente sostenibile, ed è stato del tutto inutile per la sicurezza della patria americana.

Tutto questo avrebbe dovuto essere ovvio molto tempo fa, ma la Finestra di Overton era talmente chiusa che la nuda e cruda verità dell'Impero non poteva essere nemmeno messa in discussione. Ma ora Donald Trump ha fatto esattamente questo, e farà tutta la differenza di questo mondo.

Quindi che il vertice tra Trump, Putin e Xi inizi presto e dia inizio al grande definanziamento degli Stati militari di tutto il mondo ormai ipertrofici. Sebbene siamo in ritardo di oltre 100 anni, Donald Trump potrebbe essere la migliore speranza di pace sin dall'agosto 1914.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 4 marzo 2025

Sostituire l'imposta sul reddito con i dazi?

Una delle migliori pubblicità che l'amministrazione Trump sta facendo al proprio operato e al mantenimento delle proprie promesse, è la campagna di tagli del DOGE. In solo un mese è stato scoperchiato un gigantesco vaso di vermi e l'emersione di questa corruzione punta nella giusta direzione di ridurre il peso dello stato sulle spalle delle persone. Il simbolo per eccellenza di questa campagna di smaltimento della spesa pubblica è rappresentato dalla USAID. Fondata dal presidente John F. Kennedy il 3 novembre 1961, nel 1998 si è separata dal Dipartimento di Stato diventando un'agenzia autonoma. Ciò ha portato all'uso della USAID come strumento del Dipartimento di Stato e della CIA per programmi politici interni e operazioni segrete all'estero volte a sfuggire alla trasparenza e alla responsabilità. Il giorno dell'insediamento Trump ha firmato l'ordine esecutivo 14158 per istituire e implementare il Dipartimento per l'efficienza governativa (DOGE). Guidato da Elon Musk, il DOGE ha immediatamente iniziato a rivedere centinaia di contratti, locazioni e sovvenzioni inutili in diverse agenzie governative. Al 17 febbraio venivano segnalati $49 miliardi di risparmi sui costi complessivi. Niente male per soli 28 giorni di lavoro. L'agenzia governativa che ha rapidamente catturato l'attenzione del team DOGE per il suo livello scioccante di sprechi, frodi e abusi è stata la USAID. Il 31 gennaio il DOGE ha riferito di aver rescisso sette contratti USAID correlati ai DEI per un valore contrattuale totale di $375,1 milioni. La Casa Bianca ha pubblicato un fact sheet il 3 febbraio intitolato “At USAID, Waste and Abuse Runs Deep” e la Commissione Affari Esteri della Camera ha fatto seguito con un comunicato stampa il 4 febbraio in cui elencava numerosi esempi eclatanti di sprechi della USAID, come milioni di dollari spesi per promuovere l'attivismo DEI e LGBT in diversi Paesi in tutto il mondo e centinaia di milioni di dollari pagati per sostenere la coltivazione di papavero e la produzione di eroina in Afghanistan (a beneficio del regime talebano). Senza contare, poi, le operazioni di intelligence e dei servizi segreti attuate tramite l'USAID (visto che la CIA, ad esempio, non può per legge attuare operazioni segrete senza che il Presidente sia messo al corrente). Dopo che il DOGE ha esposto decenni di sprechi, frodi e abusi estesi da parte della USAID, l'amministrazione Trump ne ha chiuso la sede centrale a Washington il 7 febbraio e sta pianificando di licenziare oltre 10.000 dipendenti e di mantenerne solo 294. Sia Trump che Musk sono favorevoli all'abolizione della USAID come agenzia governativa e allo spostamento di qualsiasi legittima funzione di aiuto estero al Dipartimento di Stato. Come ci ricorda Tucker, abusi come quello della USAID sono stati possibili con la nascita dell'imposta sui redditi, la quale ha parassitato sulla buona volontà e il duro lavoro delle persone che hanno inventato nuovi modi per aumentare il bacino della ricchezza reale. Più è cresciuto quest'ultimo, più è cresciuta la voracità dello stato. Non si può capire l'effetto di un fenomeno se non ne si comprende la causa, ecco perché vi invito assolutamente a leggere il meraviglioso libro di Chodorov, La radice di tutti i mali economici, manoscritto che ho provveduto personalmente a tradurre e che potete trovare nella mia vetrina su Amazon. E se Trump riuscirà davvero a liberarsi dell'imposta sui redditi, allora si meriterà di diritto il suo posto vicino ai grandi personaggi del passato sul Monte Rushmore.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/sostituire-limposta-sul-reddito-con)

C'era un tempo, prima del 1913, in cui potevate tenere ogni centesimo che guadagnavate. Non dovevate presentare la dichiarazione dei redditi al governo federale, dicendo loro quanto fatturavate e dando ai burocrati la loro parte. Le vostre finanze erano affari vostri e di nessun altro. Avevate il diritto di guadagnare, possedere e mantenere proprietà, ed era sacrosanto, garantito dalla legge e dalla tradizione degli Stati Uniti.

Non c'erano verifiche, indagini, blocchi di conti, ritenute o altre forme di pagamento coatto. C'erano la vostra produttività e voi, e questo era tutto.

Come si finanziava il governo federale? Le sue entrate provenivano dai dazi ed erano pagati direttamente dagli importatori e indirettamente da produttori e consumatori se i costi potevano essere trasferiti. Come strategia per ottenere entrate, questo approccio era relativamente non invasivo; lasciava la popolazione in pace.

A quei tempi, tuttavia, il governo federale esisteva a malapena rispetto a oggi. Più precisamente, e in termini reali, il governo federale nel 1885 spendeva in dollari aggiustati all'inflazione circa lo 0,05% di quanto spende oggi. Anche allora la gente credeva che fosse troppo grande e voleva che fosse ridimensionato.

Donald Trump ha di recente istruito le persone sulla storia della strategia per le entrate e sta insegnando qualcosa che le persone non sapevano: come quel periodo della storia americana abbia visto la più grande crescita economica mai sperimentata. Ha ragione e ha anche ragione sul fatto che quello era il periodo dei dazi.

La causa e l'effetto, tuttavia, sono poco chiari. I temi principali di quel periodo erano la libertà e il denaro sano/onesto. Il dollaro era coperto dal gold standard e non esisteva una banca centrale. Il governo federale stesso non aveva alcuna presenza nella vita della famiglia americana o del tipico business americano. Questi fatti, più dei dazi, spiegano la differenza tra allora e oggi.

Per inciso, non ricordo un altro presidente degli Stati Uniti che abbia avuto un'opinione così chiara sulla storia economica del XIX secolo. La maggior parte dei commenti dei presidenti si sono limitati a lodi per i Padri Fondatori o per Lincoln, ma hanno tralasciato i dettagli riguardanti le fonti di reddito o le controversie sulle banche nazionali e simili. Trump è diverso, molto fiducioso in questi dettagli della storia che sono stati dimenticati persino dalla maggior parte degli economisti.

Trump ha spiegato che l'imposta sul reddito è arrivata nel 1913 in sostituzione dei dazi. Ha ragione per quanto riguarda la progettazione, ma la realtà storica è stata leggermente diversa. I dazi non sono stati aboliti del tutto. L'imposta sul reddito è semplicemente diventata una seconda e ulteriore fonte di entrate. Poi arrivò la Grande Guerra, finanziata in gran parte dalla banca centrale che fu creata in quello stesso anno.

L'imposta sul reddito e la FED divennero la fonte finanziaria del potere del Leviatano. Entrambe nacquero nel 1913, insieme all'elezione diretta dei senatori che fece saltare la struttura bicamerale del Congresso e mise le grandi città a capo dell'equivalente americano della Camera dei Lord.

La lezione di storia di Trump apre l'opportunità di esaminare tutto questo più da vicino. Egli sembra simpatizzare con la fazione di Hamilton ereditata poi da Henry Clay, il senatore della Virginia che sostenne quello che venne chiamato “il sistema americano”: una linea di politica basata su dazi protettivi, una banca nazionale e sussidi federali per miglioramenti interni in modo da promuovere la crescita economica e la coesione nazionale.

Questo è un riassunto abbastanza buono di quella che sembra essere la posizione di Trump. In termini storici, la visione di Clay contrastava con la visione jeffersoniana, la quale favoriva un governo minuscolo, libero scambio, nessuna banca nazionale, nessuna sovvenzione industriale e una società di piccoli agricoltori che fungesse da motore economico.

Oggi i vecchi dibattiti tra jeffersoniani e hamiltoniani sembrano molto meno rilevanti per la situazione attuale. Sia Hamilton che Clay sarebbero inorriditi dalle dimensioni e dalla portata del potere governativo e si unirebbero volentieri a Jefferson e John Randolph per ridimensionare il Leviatano. Questa è l'ambizione di Trump, essere un agente di cambiamento che renda di nuovo gestibile il governo federale.

Per questo motivo ha lanciato l'idea di abolire l'imposta sul reddito. E tutti hanno detto: sì! Inutile dire che questo finirebbe per negare enormi quantità di entrate al governo federale. Non importa come si facciano i calcoli, non c'è modo che i dazi possano compensare la differenza. L'unica soluzione, quindi, è quella di tagli alla spesa pubblica, che persone come Elon Musk hanno promesso.

L'ultima volta che il governo federale si finanziava interamente tramite i dazi, la spesa pubblica era solo lo 0,05% di quella odierna. Se la tagliassimo così tanto, sarebbe fantastico, ma non è mai successo niente del genere nella storia americana. Di solito ciò che Washington chiama tagli sono in realtà solo tagli nel ritmo di aumento della spesa.

Senza tagli reali e con una riduzione o eliminazione dell'imposta sul reddito, gli Stati Uniti finiscono con più debito che sarà finanziato dalla Federal Reserve e che si tradurrà in più inflazione. Quest'ultima non è altro che una forma diversa e più subdola di tassazione. Invece di prelevare denaro direttamente dal vostro conto bancario, lo stato riduce il potere d'acquisto dell'unità di denaro stessa.

Torniamo all'idea di abolire l'imposta sul reddito. La miglior tesi mai sostenuta a proposito è quella presentata da un grande giornalista di nome Frank Chodorov (1887–1966) e dal suo meraviglioso libro La radice di tutti i mali economici. Scrisse del 16° emendamento alla Costituzione:

[Esso] non pone limiti alla confisca statale. Lo stato può, ai sensi della legge, prendere tutto ciò che il cittadino guadagna, anche fino al punto di privarlo di tutto ciò che è al di sopra della mera sussistenza, che invece dovrebbe consentirgli di trattenere affinché possa produrre qualcosa da confiscare poi. In qualunque modo si giri questo emendamento, si arriva al fatto che conferisce allo stato un privilegio prioritario su tutta la proprietà prodotta dai suoi sudditi. In breve, quando questo emendamento divenne parte della Costituzione, nel 1913, il diritto assoluto di proprietà negli Stati Uniti fu violato.

Inoltre:

Di nome, era una riforma fiscale. Di fatto, era una rivoluzione. Il sedicesimo emendamento ha corroso il concetto americano di diritti naturali; ha ridotto in ultima analisi il cittadino americano a uno status di suddito, tanto che non ne è consapevole; ha aumentato il potere esecutivo al punto di ridurre il Congresso all'innocuità; e ha permesso al governo centrale di corrompere i singoli stati, un tempo unità indipendenti, per sottometterli. Nessuna monarchia nella storia del mondo ha mai esercitato più potere della nostra presidenza, o ha avuto a disposizione una quantità maggiore di ricchezza della popolazione. Abbiamo mantenuto le forme e le frasi di una repubblica, ma in realtà viviamo sotto un'oligarchia, non di cortigiane, ma di burocrati.

L'abolizione dell'imposta sul reddito ripristinerebbe i diritti di proprietà, i diritti d'impresa e la privacy dei cittadini americani, che non sarebbero più spiati e saccheggiati dal potere arbitrario dello stato.

L'elettorato che favorirebbe una cosa del genere in America è praticamente chiunque. Perché, allora, nessun presidente ha mai promosso un'idea del genere? Proprio perché farlo è incredibilmente illuminante e accresce la consapevolezza. Costringe il popolo americano a rendersi conto che lo stato sta vivendo a sue spese. Per qualsiasi istituzione politica che spadroneggia su una popolazione appena consapevole di questi fatti, una proposta del genere è assai pericolosa.

Non si può aggirare la matematica. Se stiamo davvero parlando di sbarazzarci dell'imposta sul reddito, non esistono dazi abbastanza alti da compensare la differenza. Non c'è altra scelta che tagliare drasticamente la spesa pubblica. Il congelamento del bilancio, il congelamento delle nuove assunzioni, il congelamento delle sovvenzioni in uscita: tutto questo punta nella giusta direzione. Non possiamo escludere la possibilità che l'amministrazione Trump ci porti davvero dove dobbiamo andare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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