Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/siamo-tutti-affetti-da-sindrome-post)
Non è possibile quantificare con esattezza quanto trauma mentale e psicologico esista oggi nel Paese e nel mondo, e non mi fiderei di nessuno studio che ci abbia provato a quantificarlo. Ma una cosa è chiara, abbiamo perso l'equilibrio nella conoscenza di qualcosa che gli scienziati credevano da tempo di poter sapere: se e in che misura un'economia stia crescendo e prosperando, o stia andando nella direzione opposta.
Sembra che tutti stiano improvvisando, ultimamente. Da quando i lockdown hanno interrotto l'informazione, è stato difficile distinguere tra un'evoluzione positiva e una negativa.
I notevoli ribassi subiti dai principali indici finanziari negli ultimi due mesi sembrano aver innescato un cambiamento nel sentimento pubblico, da indifferente a cupo. Probabilmente questo non ha nulla a che fare con l'enorme ricchezza detenuta nei conti pensionistici.
Ogni aggiornamento della pagina sembra portare altre cattive notizie.
Questo ha a sua volta influenzato la propensione alla spesa e le prospettive in generale.
Eppure c'è qualcosa di strano che sta accadendo: l'inflazione è effettivamente in calo rispetto al trend quadriennale e mostra i dati migliori sin dal 2020. Anche l'indice dei prezzi al consumo (IPC) riflette questo dato. Le prospettive occupazionali nel settore privato stanno leggermente migliorando.
Perché il sentiment dei consumatori è improvvisamente crollato? È strano perché ci sono scarse prove di un cambiamento improvviso, a meno che non siano i dazi a essere la causa, il che è inverosimile (secondo me).
Una possibile teoria: la popolazione soffre di una forma di disturbo da stress post-traumatico economico, un termine clinico per quello che un tempo veniva chiamato stanchezza da battaglia e shock da bombardamento. È ciò che accade allo spirito umano di fronte a qualcosa di inaspettato, terribile e in definitiva traumatizzante. Ci sono fasi di recupero che vanno dalla negazione, alla rabbia, alla contrattazione e alla depressione, con l'accettazione come fase finale.
Potremmo essere arrivati a questo punto. Da anni ormai i media nazionali e le agenzie governative sostengono che tutto va bene. L'inflazione si sta raffreddando, la crescita dell'occupazione è forte, la ripresa è alle porte. Innumerevoli articoli sui media hanno lamentato il divario che separa i dati reali dalle percezioni dell'opinione pubblica. Siamo stati incoraggiati a credere che “chiudere l'economia” non sia stato poi così grave, solo qualcosa che si fa prima di riaccenderla.
Smettetela di lamentarvi! Siete ricchi!
È stato il picco del gaslighting economico, qualcosa di cui molti di noi si lamentano ormai da cinque anni.
Nel 2024 il Brownstone Institute ha commissionato uno studio più approfondito e ha rilevato che gli Stati Uniti erano in recessione tecnica dal 2022 e senza una vera ripresa sin dal 2020. Gli autori sono giunti a questa conclusione esaminando i dati sui prezzi del settore piuttosto che le sottostime del Bureau of Labor Statistics. Li hanno confrontati con una stima realistica della produzione e hanno mostrato tutto il loro lavoro. Nessuno ha mai contestato lo studio.
Questo è anche il quinto anniversario del più grande trauma delle nostre vite, i lockdown che hanno distrutto milioni di aziende, chiuso ospedali e chiese, limitato la circolazione e decimato la vita economica. Nessuno avrebbe mai pensato che una cosa del genere fosse possibile.
È stato un trauma pari a quello di un tempo di guerra. Ancora oggi la gente è riluttante a parlarne, proprio come il nonno non ha mai parlato delle sue esperienze durante la Seconda guerra mondiale.
Eccoci qui oggi, disperatamente vicini a ritrovare la normalità e con questo è arrivato un campanello d'allarme per quanto riguarda le finanze delle famiglie. Il reddito reale è in calo, i risparmi sono in calo, le bollette sono in aumento, i tagli sono necessari. Sono stati rinviati per anni, mentre i mass media strombazzavano le glorie della ripresa di Biden che invece non esisteva o era un ologramma alimentato dal debito.
Ora arriva l'indice sulla fiducia dei consumatori dell'Università del Michigan: dopo tre anni di grandi guadagni, stranamente coincidenti con la presidenza Biden, adesso mostra un crollo tremendo, stranamente coincidente con l'insediamento di Trump. Ciò che lo rende particolarmente strano è che l'inflazione è in realtà inferiore ora rispetto a quattro anni fa. Gli ultimi dati non mostrano nulla di tutto ciò.
Vi mostrerei un grafico, ma l'Istituto per la Ricerca Sociale dell'Università del Michigan non pubblica i suoi dati più recenti per un mese intero. Bisogna pagare per averli. Ecco perché nessun servizio pubblico di grafici può fornirvi quei dati. Ehi, devono pur guadagnare qualcosa, no? Chi può biasimarli per questo?
Beh, c'è un problema, uno che non mi sarei mai aspettato. Ho sempre pensato che i dati dell'Università del Michigan fossero più affidabili di quelli di un'agenzia federale. Sembrano provenire dalla “vera” America, uno stato di passaggio con veri scienziati indipendenti.
È bastata una rapida occhiata su Grok per scoprire che l'Istituto per la Ricerca Sociale, e questo sondaggio in particolare, è uno dei principali destinatari dei finanziamenti federali. Provengono dal National Institutes of Health, dalla National Science Foundation, dalla Social Security Administration e da altri.
Il totale ammonta a circa $100 milioni all'anno, dalle vostre tasche alle loro. Poi vendono i loro dati al settore privato – che derivano da un sondaggio su 1.000 persone – realizzando un profitto. Questa storia prima era sconosciuta e, in verità, nessuno ha mai pensato di mettere in discussione dati gloriosi e oggettivi provenienti dai migliori capoccioni che abbiamo.
In passato non mi sarebbe mai venuto in mente di esaminare le fonti di finanziamento per questo tipo di ricerca. Ma le cose stanno cambiando: ora capiamo il meccanismo. Il governo federale vi tassa, alimenta le università e le ONG, queste generano ricerca e propaganda per alimentare la macchina burocratica, e il ciclo continua. Gli esempi sono innumerevoli e hanno portato a una valanga di scienza fasulla negli ultimi cinque anni.
Non abbiamo prove dirette che gli ultimi dati sul sentiment dei consumatori siano falsi. Potrebbero essere del tutto reali, un'indicazione che solo ora le persone si stanno svegliando da uno stato onirico di negazione e confusione durato quattro anni – sintomatico di stress post-traumatico o di shock post-traumatico dovuto al trauma dei lockdown. D'altra parte viene da chiederselo, dato che ora sappiamo che questo centro di ricerca è in realtà a sussidio federale.
L'altro giorno ero al bar di un aeroporto e un uomo mi ha chiesto del mio braccialetto di sensibilizzazione. C'è scritto: “Non sarò più messo in lockdown”. Si chiedeva cosa significasse.
Sapendo che probabilmente era ancora nella fase di negazione, gli ho spiegato che cinque anni prima tutti i nostri diritti erano stati cancellati, l'economia era stata fatta crollare deliberatamente e la vita era stata stravolta da decreti, in attesa dell'uscita di un nuovo vaccino che non avrebbe funzionato ma che tutti erano stati costretti a iniettarsi comunque.
Ho cercato di non dare troppo nell'occhio o di non dilungarmi troppo, quindi ho lasciato perdere.
La sua risposta: “Sì, che schifo”.
Lunga pausa.
Ha poi proseguito: “Non abbiamo ancora fatto i conti con tutto questo, vero?”
“No”, ho risposto.
È tornato alla sua birra e non ha detto altro.
I giorni prima del lockdown sono stati davvero il nostro ultimo momento di innocenza.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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