(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/pandemonio-sui-dazi-facciamo-chiarezza)
Molto è stato detto nelle ultime settimane riguardo i dazi, ma senza un quadro generale coerente di quello che sta succedendo si perde il motivo per cui stanno accadendo determinate cose. Non si tratta di irrazionalità, perché secondo alcuni analisti tutto quello che conta sarebbe la teoria. No, non è un mondo prefetto questo, così come non è possibile seguire alla lettera un qualsiasi manuale teorico. Che sia di libero mercato o meno. Questa è la natura dell'essere umano in fin dei conti, dell'imprevedibilità dell'azione umana. Ci avvicineremo sempre alla teoria, quanto più possibile, ma non avremo mai un percorso “da manuale”. Sottolineo, a scanso di equivoci, che la teoria deve essere un punto di partenza per tutti, allo stesso modo. L'efficienza del libero mercato non si discute, il relativo meccanismo di allocazione delle risorse economiche scarse può avvenire con efficienza e precisione in un ecosistema in cui gli imprenditori hanno accesso libero e non fuorviato alle informazioni economiche necessarie. Nessuno mette in discussione la distorsione dei prezzi come fattore scatenante degli errori economici e, di conseguenza, di una misallocation di capitale. Qual è il problema con questo impianto teorico? Perché sulla carta è vero, ma non è riflesso completamente nella realtà? Nel momento in cui si ha una nazione che mette sul piatto, volente o nolente, il proprio bacino della ricchezza reale e permette agli altri attori economici di sfruttarlo a proprio vantaggio, è possibile emendare a suddette regole. Sia chiaro: per quanto apodittiche le leggi dell'economia non possono essere violate, questo a sua volta significa che l'aggiramento di suddette leggi è temporaneo e strettamente correlato all'erosione del sopraccitato bacino.
Finché va avanti sembra che ci sia un'eccezione alle regole e che possa andare avanti per sempre; poi arriva un momento critico che ricorda di come il nostro mondo è finito e non esiste alcun albero di Cuccagna a cui attingere sempre. Questa verità è stata chiara agli USA nel momento in cui hanno compreso le profonde implicazioni del sistema del dollaro offshore. Perché pensate che la Cina fosse uno dei maggiori detentori di titoli sovrani americani altrimenti? Uno dei centri famoso per l'intermediazione degli eurodollari è Hong Kong. E di quale colonia ha fatto parte (e fa ancora parte)? Regno Unito. Tutte le strade portano a Londra, soprattutto quella degli eurodollari. Di conseguenza non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia e guardare ai mercati come la massima espressione di un consenso libero delle azioni coordinate degli individui: c'è sempre stato un recinto all'interno del quale si è agito, o che è stato accuratamente manipolato. L'ambiente di mercato può essere più o meno libero, ma non esiste un estremo.... in entrambe le direzioni. In fin dei conti, è la natura umana; l'essenza dell'azione stessa degli individui. Se non fosse così, tutte le nazioni avrebbero condizioni di partenza identiche e non ci sarebbero mercati del lavoro in cui la manodopera è pagata una miseria mentre il prodotto finito, passando per le varie filiere industriali, subisce ricarichi sproporzionati.
Mi rendo conto che quest'ultimo punto porta con sé un certo grado di etica al suo interno, quindi rivolgiamoci direttamente ai rapporti di potere tra nazioni: esistono le banche centrali e l'evoluzione economica ci ha portati a vivere in un mondo manipolato ad hoc in cui addirittura i Paesi cercano di sfruttare un vantaggio competitivo per “fregare il vicino” (beggar thy neighbour). I carry trade sono essenzialmente questo. La Cina e il Sud-est asiatico l'ha fatto tramite il mercato del lavoro; i grandi centri finanziari, come la City di Londra, l'hanno fatto tramite l'ingegneria finanziaria e l'eurodollaro. Non è affatto un caso che il picco della cosiddetta globalizzazione sia coinciso con l'inizio dei lavori del SOFR americano. Il colonialismo non è mai finito e i colonizzatori, Europa e Inghilterra, non hanno mai smesso di esercitare la loro influenza sulle proprie colonie storiche. Per quanto possano essersi ritirati a livello di facciata, sono diventati “partner commerciali”, “alleati strategici”, ecc. La Cina è stata lasciata “sorgere” per fungere da strumento, di ricatto anche talvolta. I salari sono bassi in Europa perché essa si arricchisce principalmente con l’export e quindi non si interessa al mercato interno e di conseguenza della capacità di spesa dei lavoratori. In Italia i salari sono al palo per un basso tasso di capitalizzazione delle imprese e la maggior parte della ricchezza prodotta la divora lo stato, quindi le imprese hanno poche risorse da investire in innovazione e attrezzature. I salari sono bassi anche per la concorrenza asiatica che costringe i lavoratori a condizioni poco umane.
Gli Stati Uniti hanno detto “Basta!”. I fattori “correttivi” implementati dall'amministrazione Trump nei confronti del resto mondo sono una manovra per emanciparsi dal giogo finanziario che rendeva gli USA i “salvatori” del mondo. Così come rendeva la FED il prestotre di ultima istanza del mondo. I colonialisti, così facendo, si sono garantiti un lasso di tempo in cui hanno governato senza patemi d'animo tenendo ben pasciuta e senza pensieri la popolazione sottostante. C'è dell'ironia qui: la mano invisibile del mercato di “smithiana” memoria, agendo tramite gli USA che fanno i loro affari e pensano principalmente al benessere della nazione, “aiuteranno” anche le altre di nazioni a migliorare le proprie condizioni smantellando tutte quelle architetture che erano considerate assodate nel mondo globalizzato di ieri. Il passo finale spetterà a loro, ovviamente, perché anche la “non azione” è una scelta.
È sacrosanto mirare ad avere un interventismo minore sui mercati, o addirittura nullo... ciò non vuole dire ignorare le meccaniche di sudditanza coloniale che ancora operano nel mondo. Se la Cina non ha preso ancora Taiwan è perché non gli è stato dato il permesso di farlo; sviluppare la propria industria dei chip è stato un modo per ovviare a questo “inconveniente” e crearsi una alternativa per tempi peggiori. Nessuno vuole essere una vittima sacrificale. A differenza di altri, loro l'hanno letto (e capito) Sun Tzu e sanno che, oltre a sfruttare la debolezza del nemico, ciò significa non sfoggiare le proprie attraverso la retorica magniloquente sui successi.
Ma, anche così, non è la Cina l'obiettivo finale dei dazi. Il piano generale degli USA è quello di isolarsi finanziariamente da un sistema che per decenni ha sfruttato la sua di forza per “regalarla” al resto del mondo. L'ordine monetario e finanziario uscito fuori dalla Seconda guerra monidale ha reso ipertrofico il mercato dei dollari offshore e sin dal 2008 non si è più ripreso. O per meglio dire, la Legge dei rendimenti decrescenti ha fatto il suo corso. Come accaduto nel 1985 con gli Accordi del Plaza, c'è bisogno di un nuovo reset solo che stavolta è necessario eliminare la fonte di azzardo morale alla radice: la FED si riprende in casa la sua politica monetaria e sfrutta per davvero adesso il “privilegio esorbitante” del dollaro. Un cambiamento epocale che non si pensava fosse possibile si sta dipanando sotto i nostri occhi.
Oggi vi permetterò di avere le idee chiare, quindi.
L'OBIETTIVO OLTREOCEANO
L'obiettivo oltreoceano è quello di continuare ad avere quante più fonti aperte da cui fluiscono gli eurodollari affinché la City di Londra possa sottoporli a leva e controllare di conseguenza il flusso di dollari al margine che circolano all'estero. Il sistema finanziario estero, che ha piramidato la sua esistenza su questo meccanismo per decenni, ne ha bisogno disperatamente soprattutto ora che l'amministrazione Trump ha iniziato a mettere ordine nei conti fiscali della nazione (mentre la FED ha iniziato a farlo nel 2022 nella componente monetaria). Non importa lo stock di dollari, quello che davvero è importante è il flusso di dollari al margine. E questo lo sappiamo dalla classica ABC dell'economia ed è stata una verità sin dalla rivoluzione marginalista di Menger: il prezzo di ogni cosa è impostato al margine. Di conseguenza se questo flusso viene prosciugato, è necessario, per chi ne trae la propria sopravvivenza economica/finanziaria, trovare nuovi modi affinché continui a scorrere. L'essenza dei vari surplus commerciali, Cina in primis, nei confronti degli USA non sono stati altro che un modo per far continuare a scorrere il flusso di dollari all'estero. È attraverso di essi che possono essere pagate le cedole di titoli denominati in dollari emessi all'estero.
Guardate adesso alla curva dei rendimenti statunitense. C'è un pesante avvallamento tra i titoli a brevissimo e a medio termine, mentre il back-end è schizzato in alto. La seguente ipotesi non sarà verificata fino a quando non usciranno i prossimi dati del TIC, però di fronte a un'amministrazione Trump che prosciuga la fonte principale dei tuoi finanziamenti “gratis” vendi titoli sovrani americani, specialmente quelli a più lunga scadenza (trentennali), e compri quelli sul front-end. In questo modo la stampa ha magicamente un parametro per gridare “recessione!”. Chi, sin da quando Powell ha iniziato il suo ciclo di rialzo dei tassi, ha comprato più titoli sovrani americani? Secondo gli ultimi dati disponibili, dal 2021 al dicembre 2024 le banche che si possono associare a Europa e Inghilterra hanno comprato ogni anno $1.100 miliardi netti in titoli di stato americani. Perché l'hanno fatto? In modo da tenere un tetto ai rendimenti obbligazionari oltreoceano. La percezione di stabilità viene data dal tenere tali rendimenti in certe fasce di prezzo e al di fuori di esse i derivati sui tassi d'interesse iniziano a segnalare “pericolo” con tutti i relativi rischi di vendite al margine che ne conseguono. Queste “linee di demarcazione” si possono vedere negli 83 centesimi “difesi” nel cambio EUR/GBP, per tre anni è stato “difeso” il rendimento del 2,5% sul decennale tedesco, il 3% sul decennale francese, ecc.
Per tutto il tempo che la Yellen è stata in carica del Dipartimento del Tesoro ha condotto una yield curve control in concomitanza con la Lagarde, ma adesso che la prima non è più lì ecco che le cose sono diventate preoccupanti oltreoceano: la seconda deve impedire che i rendimenti sovrani europei schizzino in alto, o accelerare il crollo del mercato obbligazionario europeo tramite spesa pubblica incontrollata ed euro digitale. Se torniamo per un momento all'agosto dell'anno scorso, quando il Ministro delle finanze giapponese ha venduto dollari per comprare yen portando l'indice di quest'ultimo da 161 a 140 e causando una serie di default, sin da allora è stato abbattuto il cartry trade sullo yen e gli europei si sono ritrovati una nuova gatta da pelare nel difendere il livello 155 nel cambio EUR/YEN (e non andasse più in basso).
E questo spiega anche come mai il cambio EUR/USD sia salito oltre 1.10 più recente. Se hai già un cambio basso, come fai poi a permetterti di stampare vagonate di soldi, svalutare la divisa e portare amenità con il “piano di riarmo”?
Sin da quando Powell ha iniziato una sorta di restringimento della politica monetaria “sotto traccia” nel giugno 2021, ho iniziato a riflettere su quale potesse essere il motivo e le relative implicazioni di una mossa del genere in opposizione a quanto accadesse nel resto del mondo. Allora le politiche monetarie delle varie banche centrali erano ancora coordinate e una rottura di quel cartello era a dir poco inverosimile. La separazione tra i mercati europei e quelli americani avrebbe significato una determinazione del prezzo del dollaro negli Stati Uniti, non più in Europa o a Londra. Washington non è mai stato in grado di fare una cosa del genere in tutto il suo passato. La mia conclusione: è questa la “seconda” dichiarazione d'indipendenza americana? Tutti gli indizi raccolti finora puntano in tale direzione. Questo a sua volta significa che mettere in ordine i conti della nazione vuol dire anche mandare in bancarotta la cricca di Davos. Come? Mettendo sotto pressione i globablisti che governano il Canada, mettendo sotto pressione Starmer, mettendo sotto pressione la NATO, mettendo sotto pressione i Five Eyes, ecc.
Tutto si riduce al flusso di dollari all'estero e i dazi sono uno strumento a tal proposito.
L'OCCASIONALITÀ DEI CRASH DEI MERCATI
Ovviamente sarebbe miope affermare che tutto questo sia stato messo in piedi dall'amministrazione Trump o da lui stesso. Dietro c'è un consorzio di grandi banche della East coast che fin dal 2019 hanno lavorato per arrivare a questi risultati. Dopo il 2008 era chiaro a tutti che fosse necessario un reset del sistema post-Seconda guerra mondiale... il problema era: sotto l'egida di chi sarebbe stato governato il mondo? Se le CBDC erano un segnale, questo avrebbe significato che il comparto bancario commerciale statunitense sarebbe stato spazzato via. La spinta principale degli USA a mettersi di traverso alla cricca di Davos è stato sostanzialmente questo, perché significava altresì che non avrebbero più fatto parte della classe dirigente. Lo slogan “bonificare la palude” significava rimuovere le incrostazioni dello Stato profondo e sopratutto tutti quegli agenti “infiltrati” che non facevano il “bene” della nazione.
L'innesco fu acceso da JP Morgan quando a settembre del 2019 alimentò la crisi dei pronti contro termine rifiutandosi di accettare come garanzia collaterale titoli europei. Jamie Dimon diede il via al distaccamento tra il sistema bancario europeo e quello americano in attesa che il SOFR sarebbe entrato a pieno regime successivamente. Allarmata da quell'evento monumentale la cricca di Davos ha scatenato letteralmente l'inferno, sia a livello economico che sociale, e la guerra contro gli USA venne scatenata allora. L'attesa della riconferma di Powell durata più di 6 mesi e i piani di stimolo fiscale furono tentativi per forzare la mano alla FED e rompere il consorzio di suddette banche. Fortunatamente per queste ultime la loro capillarità a livello territoriale ha resistito e sono riuscite a reggere il colpo fino al 2022. Se Powell ha agito come ha fatto era perché sapeva di “avere le spalle coperte”.
Il crash del 2019 poteva sembrare l'ennesima Bear Stearns, così come quello del 2023 con le banche di San Francisco, invece faceva parte di un disegno molto più grande che per forza di cose richiedeva dolore economico. Così come nel 1934 vennero lasciate fallire migliaia di piccole banche per avere la giustificazione e istituire la FDIC. Lo stesso vale per il crash più recente sui mercati azionari. Un'intera generazione di trader è stata cresciuta secondo il credo fasullo che i mercati sarebbero sempre saliti, che ogni correzione sarebbe stata assorbita dalla stampante monetaria della banca centrale. La storia del DOGE ci sta insegnando che il pompaggio monetario principale scaturiva dal Dipartimento del Tesoro che a sua volta costringeva la FED a intervenire e di conseguenza tenere liquido il flusso di dollari che scorreva all'estero, alimentando di conseguenza livelli di leva finanziaria esorbitanti. Una volta che questo flusso è stato interrotto, o per meglio dire, viene gestito dal tasso deciso dalla Federal Reserve e non più dal tasso deciso al di fuori di essa, il panico risultate è tutto all'estero. La prova? Tutte le altre banche centrali hanno tagliato i tassi più rapidamente rispetto alla FED. Infatti finché il mercato obbligazionario statunitense non diventerà bidless, la FED resterà a bordo campo. Per quanto la stampa voglia farlo credere invece, in realtà le cose stanno all'opposto soprattutto se si guarda l'ultima asta dei trentennali.
Inoltre se si vuole avere un proxy per capire quando la FED abbasserà i tassi, il seguente grafico è tutto ciò di cui avete bisogno.
Il range di riferimento sarà tra 3-3,5%. Non tornerà più allo 0%. I tassi reali inoltre saranno influenzati dalla retorica ottimista negli USA (“andremo su Marte!” ad esempio), cosa che li sta pian piano abbassando. Un termometro di ciò è la popolarità di Trump negli USA.
Guardate a quello che fanno, non quello che dicono. E con ciò mi riferisco al fatto che per quanto possa sembrare che ci sia maretta tra l'amministrazione Trump e la FED, in realtà non c'è. C'è coordinamento (anche perché sappiamo che dietro Trump c'è il consorzio delle banche della East coast). Questo significa che molto probabilmente a giugno la FED taglierà nuovamente i tassi. La cosa davvero unica di questo periodo, comunque, sarà la scissione tra il dollaro che circolerà internamente e quello che circolerà esternamente, a livello internazionale. Di questo a Trump non importa niente ed è quello la cui offerta si sta restringendo e per cui Bruxelles e la City si stanno stracciando le vesti.
La pianificazione centrale è fallimentare, ovvio. Ma qui la domanda è una: gli americani credono davvero che la linea di politica di Trump sia fallimentare?
E dopo Argentina e Vietnam, le prime nazioni a presentarsi alle porte dell'amministrazione Trump, è arrivata la Francia. E l'elenco si è subito allungato. Questa storia mi ha ricordato il primo episodio della prima stagione di Black Mirror: prima nessuno avrebbe voluto cedere le armi (commerciali) agli USA... una volta che l'orologio ha iniziato a correre e si vedeva che Trump faceva sul serio ci si è adeguati. Avevate dubbi? Stesso copione già visto con Powell nel 2022 quando ha iniziato il ciclo di rialzo dei tassi. Allora ci mise diversi mesi a “convincere” i mercati che faceva sul serio, adesso hanno imparato la lezione. Ricordate, Power policy.
LA PRIORITÀ
Seguendo tale linea di politica, le turbolenze vengono affrontate a testa alta. Infatti Bessent è stato chiaro nella sua ultima intgervista da Carlson: parafrasando le sue parole, ciò che conta per l'amministrazione Trump è il mercato obbligazionario e la gestibilità dell'enorme debito pubblico. Sia la FED che l'attuale classe politica non si faranno spaventare da correzioni nei mercati azionari. A tal proposito i rapporti P/E sono ancora fuori scala, quindi aspettarsi un altro bel crash nel comparto azionario non solo è necessario ma anche fisiologico. Senza farsi spaventare neanche da nuove buzzword come col “basis trade”. Prima di tutto uno dovrebbe domandarsi dove gli hedge fund hanno preso gli asset necessari per poi sottoporre a una leva più alta di quella media i propri bilanci in un momento storico incerto come quello di oggi (la risposta è che i loro bilanci fanno parte del cosiddetto “sistema bancario ombra” nutrito ad hoc da leggi come la Dodd-Frank... approvata, guarda “il caso”, dall'amministrazione Obama). Inoltre, come ho scritto sopra, l'avvallamento nella curva dei rendimenti che ci presenta un'inversione (artificiale) tra il front-end e il medio termine (biennale) non è motivo di panico perché i tassi nei mercati dei pronti contro termine non sono stressati.
Lo ripeto, sono stati venduti titoli sul back-end della curva, preso dollari e, per non far salire quest'ultimo rispetto all'euro, sono stati comprati i titoli sovrani a breve-medio termine. In un anno in cui giungono a maturazione $7.000 miliardi in obbligazioni da rinovare, eventualmente, trovarsi per le mani la percezione di recessione tra il pubblico (come se non ce ne fosse stata una sin dal 2008 e che solo adesso ne vengono affrontate le conseguenze) è un ostacolo non indifferente da superare. La cricca di Davos, sebbene abbia come obiettivo finale il flusso di dollari all'estero, deve adesso screditare l'attuale amministrazione Trump dato che le sue azioni sono risultate la giusta medicina per il ritorno al benessere interno e di conseguenza una sobrietà finanziaria all'estero. È questo che rappresenta la fine della “globalizzazione”: la fine dell'interconnessione finanziaria dove gli Stati Uniti rappresentano il prestatore/creditore di ultima istanza del mondo intero... senza conseguenze derivanti da una corretta ponderazione del rischio.
Paradossalmente, quindi, essa è la prima a volere tassi di riferimento alti negli USA: è consapevole che ora esistono barriere al flusso di dollari che scorrono all'estero, quindi deve fare affidamento sulle banche centrali che controlla, come la BCE e la BoE. Facedo apparire queste ultime proattive e “responsabili”, si conferisce la percezione (errata ovviamente) che la FED, rialzando o tenendo i tassi dove sono ora, sia invece irresponsabile e inaffidabile. Visto che ci troviamo in un ambiente economico in cui l'inflazione è commodity driven (vi basta guardare la correlazione tra l'IPC e i futures sulla benzina), e non credit driven (almeno non attualmente), Powell sarà in grado di tagliare di 25 punti base.
Il copione è quello già visto durante la presidenza Reagan, dove anch'egli agì velocemente nei primi mesi della sua carica per sistemare l'equazione fiscale e portare dalla sua la Federal Reserve di Volcker. Le azioni del DOGE, gli sprechi scoperti da quest'ultimo, vanno nella stessa direzione per avere successivamente carte da giocare durante le elezioni del prossimo anno. Uno degli aspetti su cui l'amministrazione Trump ha avuto maggiore successo è stato quello di smascherare i veri nemici dell'America: la classe dirigente canadese, la classe dirigente europea e la classe dirigente inglese. Uno degli aspetti su cui ha avuto minore successo è stato il mancato arresto eclatante di qualche pezzo grosso all'interno dello Stato profondo americano.
Questa è una guerra e non tutte le battaglie possono essere vinte; a volte bisogna anche tirarsi un attimo indietro e far fare la mossa successiva all'avversario. La guerra verrà vinta una volta che la cricca di Davos sarà mandata in bancarotta e verrà fortemente ridimensionato il potere che dispone, e quest'ultimo dipende da come può utilizzare a suo vantaggio l'arbitraggio tra valute. Non è un caso che il Forex sia il mercato più grande di tutti, data la leva presente, e che sia intermediato in gran parte a Londra. L'amministrazione Trump, finora, non ha fatto altro che smascherare il modo in cui la cricca di Davos acquista consensi nel sottobosco degli stati, nelle incrostazioni burocratiche che alimenta, ed è così che può agire liberamente. Ecco perché in politica circolano le stesse facce da anni e la gente si chiede chi mai li possa votare. Una volta, però, che si ferma il flusso di denaro che può essere sequestrato da agenti malevoli e si prosciugano quei bacini attraverso i quali si indirizzavano artificialmente le linee di politica di una nazione, Stati Uniti in particolare, il risultato è quanto di più auspicabile ci si possa aspettare.
Se questa gente non verrà fermata, qui e ora, saranno guai per tutti. E i mercati dei capitali sono la chiave.
CONCLUSIONE
Non esiste il mondo perfetto. La teoria è un'indicazione della giusta direzione, ma poi c'è l'azione umana. Questo passaggio pare sfuggire a molti. Questo per dire che ultimamente leggo molti analisti e commentatori che rimangono fermi sulla teoria senza voler affrontare la realtà pratica delle cose. Allora facciamo così, andiamo fino in fondo alla teoria.
I dazi, nessuno può negarlo, sono tasse e deviano artificialmente il corso dei mercati. Ora, torniamo all'epoca degli economisti che per primi hanno messo giù le tesi riguardo questo argomento (Smith, Ricardo). In un gold standard se l'oro è trattato $40 più in alto a Pechino rispetto a Londra, gli arbitraggisti si muoveranno per comprare oro in quest'ultima città e spedirlo in Cina. In questo modo l'ampiezza dell'arbitraggio che s'è venuto a creare man mano si riduce fino a scomparire. Se suddetti analisti credono nei mercati e nel loro dinamismo non possono negare questo fenomeno. Il libero mercato fa una cosa meglio di tutti gli altri sistemi: permette di trarre vantaggio dagli arbitraggi. Volete un esempio più recente: l'evoluzione di Bitcoin. Quando iniziarono a spuntare fuori i primi exchange, si vennero a creare anche grandi possibilità di arbitraggio tra di essi data la differenza di prezzo che proponevano. È la chiusura degli arbitraggi tra di essi, attraverso gli “speculatori”, che ha aiutato a stabilizzarne il prezzo nel tempo.
Quando esiste un arbitraggio che “si rifiuta” di chiudersi, e che dovrebbe chiudersi, c'è qualcosa che impedisce che accada. Inutile dire che bisogna liberarsene di quel qualcosa. Il surplus commerciale subito dagli USA a vantaggio delle grandi economie del primo mondo (Cina, Europa, Inghilterra) s'è rivelato un arbitraggio che “s'è rifiutato” di chiudersi. Cosa gli impediva di chiudersi: normative, multe mascherate da dazi, costo del lavoro, costo degli input, ecc. Come si cerca di risolvere tutte queste cose in un colpo solo? Imponendo reciprocità nei trattamenti commerciali. È il miglior modo per affrontare la cose? Non lo so. Ma questa è la “Power policy” e bisogna farsene una ragione perché il mondo è mutato sin dal 2022.
Infatti la cosa meno compresa di tutte, e che fino al 2022 ho faticato anche io a comprendere, è il sistema degli eurodollari: il principale ostacolo alla chiusura del sopraccitato arbitraggio. Ecco perché il mio ultimo libro, Il Grande Default, verte su questo tema e grazie a questo esercizio diventa più facile mettere insieme tutti i puntini. Avendolo scritto io questo libro, è ovvio che cerchi di pubblicizzarlo quanto più possibile. Ma al di là di ciò rappresenta un manuale che permette di diradare quella nebbia di inconsapevolezza che ancora aleggia tra i commentatori comuni. Lasciamo stare la stampa. Per quanto si possa “attaccare” l'amministrazione Trump per certe linee di politica, qui non si tratta di “ciò che si vede”. Già dal mio secondo manoscritto pubblicato, La fine delle fallacie economiche, vi ho insegnato a vedere “ciò che non si vede”. Infatti si tratta del consorzio delle banche della East coast che infine hanno individuato la causa principale del continuo sprofondare degli USA in crisi. Uno dei punti cardine che leggerete nel libro è la differenza tra LIBOR (tasso a cui veniva determinato il prezzo del dollaro offshore secondo il “giudizio” della City di Londra) e il SOFR (tasso a cui viene determinato il prezzo del dollaro in base a fattori interni). È un caso secondo voi che i dazi sono entrati in vigore all'inizio di aprile e l'ultimo contratto intermediato dal LIBOR è scaduto il 30 marzo? La portata della guerra commerciale è più ampia di quanto leggete sulla stampa.
Riuscire a manipolare la domanda di dollari all'estero rappresentava uno strumento di potere non indifferente per la City. Ora invece ciò che accade negli USA rimane negli USA: non sono più le banche europee e inglesi a impostare il prezzo del dollaro all'estero, ma quelle statunitensi e la FED. Inutile dire che la City e Bruxelles sono i perdenti forti, dato che non possono più accedere, come prima, a un dollaro più economico. Questo a sua volta significa che, internamente, il dollaro potrà essere indebolito, mentre all'estero potrà essere lasciato salire per fungere da meccanismo di “persuasione” (e a tal proposito entrano in gioco i dazi). Sobrietà finanziaria, ponderazione reale del rischio e correzioni violente se necessario... ma soprattutto non più gli USA a salvaguardare tutte le operazioni finanziarie del mondo e pagarne il prezzo (in termini di ricchezza reale risucchiata all'estero) in caso di fallimento.
È questo il cambiamento gigantesco nella “globalizzazione” che sta avvenendo nel sottobosco e non notato; è questo “mondo” che gli USA stanno abbandonando e riformando. L'interconnessione finanziaria degli anni pre-2022 era una certezza di importare le debolezze economiche altrui e “pagare di tasca propria” per risolverle. Sono queste connessioni che vengono tagliate, come sta accadendo nel mercato dell'oro ad esempio: il metallo giallo estratto negli USA rimane lì e non viene più spedito in Svizzera o a Londra attraverso il COMEX.
Dopo la contrazione dell'offerta di eurodollari da parte della FED con l'avvio del SOFR, per tutte quelle nazioni che usavano tale mercato come volano attraverso il quale accedere a dollari facili e nascondere sotto il tappeto (degli USA però) i loro problemi, era fondamentale mantenere un avanzo commerciale nei confronti degli USA. Questo permetteva ai dollari di fluire all'estero attraverso di esso, impedendo agli arbitraggisti di chiudere questo divario (es. imposizioni commerciali non reciproche europee, armonizzazione fiscale col resto del mondo, ecc.). Era vero per l'Europa ed è ancor più vero per il Canada.
A livello teorico non c'è niente di male nell'emettere titoli denominati in dollari (all'estero), dopo tutto il biglietto verde è l'asset più affidabile e liquido rispetto a tutti gli altri della sua categoria. Il problema è quando si “strumentalizza” un asset e l'eurodollaro è uno di quelli più strumentalizzati. Affinché questo pasto gratis possa continuare a fluire nella City di Londra e a Bruxelles è vitale che gli USA continuino ad avere un deficit commerciale col resto del mondo, in modo che quest'ultimo possa essere usato per avere il flusso necessario di dollari con cui pagare le cedole dei titoli denominati in dollari. Il Canada diventa un proxy attraverso il quale si instaura un carry trade tra il dollaro canadese e quello statunitense (si prende in prestito nel primo a tassi inferiori e si investe nel secondo che ha rendimenti superiori).
Il Canada in questo frangente sta diventando esso stesso un “sistema bancario ombra” offrendo i propri bilanci tramite i quali la cricca di Davos possa continuare a ricevere finanziamenti a basso costo.
Il rally recente dell'euro e la vendita di T-bond americani da parte degli europei (in modo da creare un avvallamento tra il front-end della curva e il back-end e permettere alla stampa di gridare “recessione negli USA!”) è uno step in questo percorso, in questa guerra. La pistola fumante nell'attesa dei dati TIC? I tassi europei sono scesi, l'euro è salito e lo yuan è sceso. L'Eurozona (esclusa la Svizzera) + Regno Unito controllano $3.400 miliardi in titoli sovrani americani; la Cina circa $750 miliardi. L'obiettivo dei dazi è fondamentalmente uno: ridurre l'avanzo commerciale PERENNE da parte degli altri Paesi, Europa in particolar modo (ecco perché il 20% sui beni europei). Chi è davvero nei guai è l'UE. Perché? Perché in questa guerra c'è bisogno di collaterale e non ce l'ha. I capitali finanziari scorrono a ovest, negli USA; non c'è accesso a una fonte d'energia a basso costo. Senza questi elementi l'UE non può procedere alla liquidazione. L'unica cosa che può fare è appoggiarsi all'intermediazione dei cambi, uno dei più grandi mercati al mondo (e più sottoposto a leva), per cambiare la percezione di investitori e risparmiatori.
In questo contesto la Cina cercherà di scendere a patti con gli USA, Xi non è in una posizione politica confortevole. Non credo ci sarà un avvicinamento con l'UE, per quanto la classe dirigente europea possa volerlo. Se ciò fosse possibile i cinesi avrebbero aperto e aprirebbero il proprio mercato dei capitali. Ricordate, i mercati dei capitali sono un buon “predittore” dei movimenti politici.
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