Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/in-che-modo-gli-inglesi-hanno-venduto)
Il 13 aprile 1919 un distaccamento di cinquanta soldati britannici aprì il fuoco sui manifestanti ad Amritsar, in India, uccidendone a centinaia.
I soldati erano indiani, in uniforme britannica.
Il loro comandante era un inglese.
Quando il colonnello Reginald Dyer diede l'ordine, cinquanta indiani aprirono il fuoco sui loro connazionali senza esitazione e continuarono a sparare per dieci minuti.
Questo si chiama soft power.
Su di esso è stato edificato l'Impero britannico.
Il soft power è la capacità di sedurre e convincere gli altri a fare ciò che non vogliono.
Alcuni lo chiamerebbero controllo mentale.
Grazie all'uso del soft power, un piccolo Paese come l'Inghilterra è riuscito a dominare Paesi più grandi e popolosi.
Persino i potenti Stati Uniti cedettero all'influenza britannica in modi che la maggior parte degli americani non comprese.
Per più di cento anni noi americani siamo stati spinti inesorabilmente verso la globalizzazione, contro i nostri interessi e contro la nostra naturale inclinazione.
La spinta verso la globalizzazione proviene principalmente da gruppi di facciata britannici che si spacciano per think tank americani. Tra questi il più importante è il Council on Foreign Relations.
Origine del Council on Foreign Relations
Il Council on Foreign Relations è nato dal Movimento della Tavola Rotonda britannico.
Nel mio ultimo articolo, “Come gli inglesi hanno inventato il globalismo”, ho spiegato come i leader britannici iniziarono a formulare piani per un governo globale nel corso del XIX secolo.
Grazie ai finanziamenti del Rhodes Trust, nel 1909 venne fondato un gruppo segreto chiamato Tavola Rotonda. Fondò sezioni nei Paesi di lingua inglese, tra cui gli Stati Uniti, per promuovere una federazione mondiale di popoli di lingua inglese uniti in un unico superstato.
L'obiettivo a lungo termine della Tavola Rotonda, come chiarito da Cecil Rhodes nel suo testamento del 1877, era raggiungere la pace nel mondo attraverso l'egemonia britannica.
Nel frattempo Rhodes cercò anche (e cito) il “recupero definitivo degli Stati Uniti d'America come parte integrante dell'Impero britannico”.
I Dominion
Si scoprì che le colonie anglofone della Gran Bretagna non volevano far parte della federazione di Rodhes. Volevano l'indipendenza.
Così i membri della Tavola Rotonda proposero un compromesso: offrirono lo status di “Dominion”, o una parziale indipendenza.
Il Canada doveva essere il modello. Aveva ottenuto lo status di Dominion nel 1867 e ciò significava che si autogovernava internamente, mentre la Gran Bretagna gestiva la sua politica estera. I canadesi rimanevano sudditi della Corona.
Gli inglesi proposero lo stesso accordo anche alle altre colonie di lingua inglese.
Era prevista una guerra contro la Germania, quindi i membri della Tavola Rotonda dovettero agire in fretta.
La Gran Bretagna aveva bisogno di placare i Dominion con l'autogoverno, in modo che accettassero di fornire truppe per la guerra imminente.
L'Australia divenne un Dominion nel 1901, la Nuova Zelanda nel 1907 e il Sudafrica nel 1910.
Corteggiare gli Stati Uniti
Gli Stati Uniti rappresentavano una sfida particolare. Eravamo indipendenti dal 1776. Inoltre i nostri rapporti con la Gran Bretagna erano stati burrascosi, rovinati da una sanguinosa Rivoluzione, dalla Guerra del 1812, dalle dispute di confine con il Canada e dall'ingerenza britannica nella nostra Guerra Civile.
A partire dagli anni Novanta dell'Ottocento, gli inglesi lanciarono un'offensiva di pubbliche relazioni chiamata “Grande riavvicinamento” per promuovere l'unità anglo-americana.
Nel 1893 il magnate dell'acciaio di origine scozzese, Andrew Carnegie, chiese apertamente un'“Unione anglo-americana”. Sostenne il ritorno dell'America all'Impero britannico.
Nel 1901 il giornalista britannico, W. T. Stead, sostenne la necessità di creare “Stati Uniti di lingua inglese nel mondo”.
Una soluzione “canadese” per l’America
Dal punto di vista britannico il Grande Riavvicinamento fu un fiasco.
Quando la Gran Bretagna dichiarò guerra alla Germania nel 1914, le truppe arrivarono da ogni angolo dell'Impero ma non dall'America. Gli Stati Uniti inviarono truppe solo nell'aprile del 1917, dopo due anni e mezzo di accanite pressioni britanniche.
Per gli inglesi quel ritardo era intollerabile. Dimostrava che non ci si poteva fidare degli americani per prendere decisioni importanti.
La Tavola Rotonda cercò una soluzione “canadese”, manipolando gli Stati Uniti per ottenere un accordo di tipo Dominion, con la Gran Bretagna che controllava la nostra politica estera.
Tutto ciò doveva essere fatto in silenzio, attraverso canali segreti.
Durante i colloqui di pace di Parigi del 1919, gli agenti della Tavola Rotonda collaborarono con anglofili statunitensi accuratamente selezionati (molti dei quali membri della Tavola Rotonda) per ideare meccanismi formali in modo da coordinare la politica estera statunitense e britannica.
Il meccanismo di controllo
Il 30 maggio 1919 venne fondato l'Anglo-American Institute of International Affairs (AAIIA), con filiali a New York e Londra.
Per la prima volta fu istituita una struttura formale per armonizzare al massimo livello le linee di politica degli Stati Uniti e del Regno Unito.
Tuttavia il momento storico era pessimo. In America stava crescendo un sentimento anti-britannico, molti accusavano l'Inghilterra di averci trascinato in guerra. Allo stesso tempo i globalisti inglesi denunciavano gli americani come scansafatiche per non aver sostenuto la Società delle Nazioni.
Poiché l'unità anglo-americana era temporaneamente in discredito, nel 1920 i membri della Tavola Rotonda decisero di separare le filiali di New York e Londra, per salvare le apparenze.
Dopo la separazione la filiale londinese fu ribattezzata British Institute of International Affairs (BIIA). Nel 1926 il BIIA ricevette uno statuto reale, diventando il Royal Institute of International Affairs (RIIA), comunemente noto come Chatham House.
Nel frattempo, nel 1921, la filiale di New York divenne il Council on Foreign Relations.
Dopo la separazione da Chatham House, il Council on Foreign Relations continuò a collaborare strettamente con la controparte britannica, nel rispetto di un rigido codice di segretezza denominato “regole di Chatham House”.
L'agenda del Council on Foreign Relations
Il Council on Foreign Relations afferma sul suo sito web di “non prendere posizioni istituzionali su questioni politiche”, ma questo non è vero.
“L'impronta dell'internazionalismo” è evidente in tutte le pubblicazioni del Council on Foreign Relations, osserva il politologo britannico, Inderjeet Parmar, nel suo libro del 2004 “Think Tanks and Power in Foreign Policy”. Negli scritti del Council on Foreign Relations è evidente anche una marcata ostilità a ciò che esso definisce “isolazionismo”.
Parmar conclude che il Council on Foreign Relations persegue due obiettivi:
- Unità anglo-americana
- Globalismo
Si tratta degli stessi obiettivi stabiliti nel testamento di Rhodes, il quale auspicava un'unione globale anglo-americana così potente da “rendere in seguito impossibili le guerre [...]”.
“La nave madre”
Protetto dalle “regole di Chatham House”, il Council on Foreign Relations ha a lungo operato nell’ombra e la sua stessa esistenza è sconosciuta alla maggior parte degli americani.
Ciononostante nel corso degli anni sono trapelate voci sul suo potere.
“Poche istituzioni di spicco nella società americana sono state messe alla gogna con tanta costanza quanto il Council on Foreign Relations”, scrisse lo storico Robert J. McMahon nel 1985. “Per i complottisti di destra, così come per i critici radicali di sinistra, l'organizzazione con sede a New York ha spesso evocato il timore di una piccola élite che tira i fili della politica estera americana con una certa cattiveria”.
In realtà il controllo del Council on Foreign Relations sulla politica estera degli Stati Uniti non è un complotto, ma piuttosto un fatto ben noto tra gli addetti ai lavori di Washington, i quali hanno soprannominato il Council on Foreign Relations “il vero Dipartimento di Stato”.
Nel 2009 il Segretario di Stato Hillary Clinton ammise di aver ricevuto istruzioni dal Council on Foreign Relations definendo la sede centrale di New York “la nave madre”.
Parlando presso il suo nuovo ufficio a Washington, la Clinton dichiarò: “Sono stata spesso nella sede principale di New York, ma è positivo avere una sede distaccata proprio qui, a due passi dal Dipartimento di Stato. Riceviamo molti consigli da questo organo, quindi significa che non dovrò andare lontano per sentirmi dire cosa dovremmo fare e come dovremmo pensare al futuro”.
Il Council on Foreign Relations contro Trump
Trump non condivideva l'entusiasmo di Hillary per i “consigli” britannici.
Al contrario le politiche di Trump si opponevano espressamente alle posizioni britanniche sul cambiamento climatico, sulle frontiere aperte, sugli accordi commerciali truccati e sulle guerre senza fine. La politica “America First” di Trump incarnava ciò che il Council on Foreign Relations definisce “isolazionismo”.
Tutto ciò era troppo per gli inglesi e i loro collaboratori statunitensi.
È nata la “Resistenza” anti-Trump.
Il 16 giugno 2015 Trump annunciò la sua candidatura alla presidenza.
Verso la fine del 2015 l'agenzia britannica di intercettazioni, il GCHQ, avrebbe scoperto delle “interazioni” tra la campagna di Trump e l'intelligence russa.
Nell'estate del 2016 il GCHQ trasmise questo “materiale” all'allora capo della CIA, John Brennan.
Un titolo del 13 aprile 2017 del quotidiano britannico The Guardian annunciava con orgoglio: “Le spie britanniche sono state le prime a individuare i legami del team di Trump con la Russia”.
L'articolo spiegava: “Fonti di intelligence statunitensi e britanniche riconoscono che il GCHQ ha avuto un ruolo iniziale e di primo piano nell'avvio dell'indagine dell'FBI su Trump e la Russia [...]. Una fonte ha definito l'agenzia britannica di intercettazioni il 'principale informatore'”.
Così l’intelligence britannica ha preparato il terreno per l’inchiesta Mueller e per l’impeachment del “Russiagate” più di un anno prima dell’elezione di Trump.
Richieste di ammutinamento militare
Solo 10 giorni dopo l'insediamento di Trump nel 2017, la rivista Foreign Policy chiese un “colpo di stato militare” contro il nuovo presidente.
L'articolo del 20 gennaio 2017 recava il titolo “3 modi per sbarazzarsi del presidente Trump prima del 2020”. In esso la professoressa di diritto Rosa Brooks chiedeva l'impeachment di Trump o la sua rimozione ai sensi del 25° emendamento.
Come ultima risorsa, disse la Brooks, si poteva provare un metodo “che fino a poco tempo fa avrei ritenuto impensabile negli Stati Uniti d’America: un colpo di stato militare [...]”.
Foreign Policy è di proprietà della famiglia Graham, la cui matriarca Katharine Graham contribuì a rovesciare Nixon quando era direttrice del Washington Post.
I Graham sono degli esperti di Washington. Non avrebbero mai invocato un “colpo di stato militare” senza il via libera della “nave madre”.
Destabilizzare l'America
La prova della complicità del Council on Foreign Relations è arrivata nel novembre 2017, quando la rivista Foreign Affairs ha fatto eco a Foreign Policy esortando i “leader militari di alto rango” a “resistere agli ordini” di Trump e a prendere in considerazione la sua rimozione ai sensi del 25° emendamento.
Foreign Affairs è la rivista ufficiale del Council on Foreign Relations.
Durante la presidenza Trump il Dipartimento degli Esteri lo accusò ripetutamente di instabilità mentale, esortando i “leader militari” e i “funzionari di gabinetto” a tenersi pronti a estrometterlo.
Provenienti dalla “nave madre”, questi incitamenti avevano un'autorità insolitamente forte. Soffiarono sulle fiamme della retorica di Washington fino a livelli indicibili, scuotendo la nazione e affermando l'insurrezione e il colpo di stato come la “nuova normalità” nella politica statunitense.
Considerata l'innegabile discendenza britannica del Council on Foreign Relations, la retorica della rivista Foreign Affairs solleva interrogativi sulle motivazioni britanniche.
Chiaramente Whitehall considerava Trump una minaccia esistenziale. Ma perché? Perché le obiezioni di Trump sulla politica commerciale erano considerate così minacciose per gli interessi britannici da giustificare un ammutinamento militare?
Neutralizzare la minaccia americana
Credo che la risposta si possa trovare negli scritti originali del gruppo Rhodes.
Nel suo libro del 1901, The Americanization of the World, il giornalista britannico W. T. Stead, stretto collaboratore di Rhodes, sosteneva che l'Inghilterra avesse solo due scelte: fondersi con l'America o essere sostituita da essa.
La scelta era chiara: unirsi agli Stati Uniti avrebbe potuto salvare la Gran Bretagna, mentre qualsiasi tentativo di competere con gli Stati Uniti si sarebbe concluso solo con una sconfitta.
Già negli anni Novanta dell'Ottocento, i leader britannici sapevano che sorvegliare il loro Impero era diventato troppo costoso. Concedere l'autogoverno ai Dominion permise di risparmiare denaro, rendendoli responsabili della propria difesa, ma la spesa militare era ancora troppo elevata.
Nel 1906 il banchiere britannico Lord Avebury si lamentò del fatto che gli Stati Uniti si stessero arricchendo a spese della Gran Bretagna. Mentre gli Stati Uniti traevano profitto dalla Pax Britannica, la Gran Bretagna spendeva il 60% in più dell'America per le sue spese militari, per garantire la sicurezza del mondo per gli affari.
Oggi, grazie al Council on Foreign Relations, la situazione è capovolta a favore della Gran Bretagna.
Ora l'America controlla il mondo, mentre gli investitori britannici si arricchiscono grazie alla Pax Americana. La spesa militare britannica è ormai una frazione della nostra.
Alla luce di questi fatti, diventa più facile capire perché gli inglesi non vogliono che Trump rovini la situazione.
I nuovi imperialisti
Le élite britanniche non si accontentavano di scaricare il costo dell'impero sull'America, volevano anche mantenere il controllo della politica imperiale, ottenendo così la botte piena e la moglie ubriaca. Con l'aiuto del Council on Foreign Relations, sono arrivate molto vicine a raggiungere questo obiettivo.
Il movimento “Nuovo Imperialismo” in Gran Bretagna mira a ricostruire l'influenza globale del Regno Unito, appoggiandosi alle forze armate statunitensi. Lo storico britannico Andrew Roberts annunciò questo nuovo movimento in un articolo del Daily Mail dell'8 gennaio 2005.
Il titolo riassume bene la loro filosofia: “Ricolonizzare l'Africa”.
Sostenendo che “l'Africa non ha mai conosciuto tempi migliori che durante il dominio britannico”, Roberts invocava senza mezzi termini la “ricolonizzazione”. Affermava che importanti statisti britannici sostenevano “in privato” questa linea di politica, ma “non si sarebbero mai sognati di approvarla pubblicamente [...]”.
Roberts si vantava che la maggior parte delle dittature africane sarebbero crollate al “semplice arrivo all’orizzonte di una portaerei proveniente da un Paese di lingua inglese [...]”.
Non specificò quale “Paese anglofono” avrebbe dovuto fornire portaerei per simili avventure, ma ve lo lascio immaginare.
La rivoluzione incompiuta dell'America
Sono passati più di cento anni da quando W. T. Stead avvertì che la Gran Bretagna avrebbe dovuto fondersi con l'America, o essere sostituita da essa. Poco è cambiato.
Le élite britanniche si trovano ancora di fronte alla stessa scelta. Non possono accettare un mondo guidato dagli americani, quindi devono trovare il modo di controllarci.
Da parte nostra, non dobbiamo accettare il loro controllo.
La sfida della nostra generazione è quella di rompere l'incantesimo del soft power britannico.
Completiamo l'opera della nostra rivoluzione incompiuta.
I nuovi imperialisti spingono CANZUK
Sedici anni dopo aver annunciato il “Nuovo Imperialismo”, Andrew Roberts e i suoi compagni imperialisti continuano a sostenere il sogno di Cecil Rhodes di un'unione di lingua inglese.
In un editoriale sul Wall Street Journal dell'8 agosto 2020, Roberts promosse il cosiddetto Trattato CANZUK, il quale mira a unire Canada, Australia, Nuova Zelanda e Gran Bretagna in un superstato globale “in grado di stare fianco a fianco con gli Stati Uniti” contro “una Cina sempre più revanscista”.
Come sempre, Roberts sta facendo progetti per noi.
Come al solito, i suoi piani prevedono di trascinarci in guerra.
Le élite britanniche non ci capiranno mai
Nel suo libro del 2006, A History of the English-Speaking Peoples Since 1900, Roberts suggerisce con leggerezza che l'America potrebbe vivere meglio sotto una monarchia.
Un governo monarchico ci avrebbe risparmiato il trauma del Watergate; un monarca sarebbe intervenuto e avrebbe licenziato Nixon, proprio come la regina Elisabetta II licenziò il primo ministro australiano Gough Whitlam nel 1975.
Non c'è bisogno di alcun processo democratico.
Roberts non arriva a capire come un simile intervento reale sarebbe stato recepito dalla “maggioranza silenziosa” che aveva votato per Nixon e lo aveva sostenuto.
MAGA contro MABA
In conclusione, Trump ha voluto realizzare il programma “Make America Great Again” (MAGA) ripristinando la nostra indipendenza e autosufficienza.
Il Council on Foreign Relations si propone di rendere l'America di nuovo britannica (MABA).
È semplice.
Se c'è una cosa che ci hanno insegnato gli anni di Trump è che MAGA e MABA non vanno d'accordo.
Nel momento in cui abbiamo un presidente che difende la sovranità americana, gli inglesi impazziscono, spingendo il nostro Paese sull'orlo della guerra civile.
È chiaro che non possiamo essere “grandi” e “britannici” allo stesso tempo.
Dobbiamo scegliere l'uno o l'altro.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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