Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-prezzo-della-convenienza)
Immaginate: il vostro smartphone si spegne mentre siete in viaggio e all'improvviso vi ritrovate impotenti, incapaci di navigare, pagare o persino accedere alla prenotazione dell'hotel. Non è un'ipotesi; è la nostra realtà. Secondo il “Digital 2024 Global Overview Report” di DataReportal, la persona media trascorre ora oltre 7 ore al giorno sui dispositivi digitali, con il 47% che segnala ansia quando è separata dai propri telefoni. Quello che una volta era un piccolo inconveniente è ora diventata una crisi, rivelando quanto profondamente abbiamo integrato la tecnologia nella nostra esistenza quotidiana, dall'ordinare un caffè al dimostrare la nostra identità.
George Orwell immaginava una distopia di sottomissione forzata, ma gli è sfuggito qualcosa di cruciale: le persone rinunciano volontariamente alle proprie libertà per le comodità. Come spiega Shoshana Zuboff in “The Age of Surveillance Capitalism”, questa disponibilità a barattare la privacy per la comodità rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui il potere opera nell'era digitale. Non abbiamo bisogno che il Grande Fratello ci osservi: invitiamo la sorveglianza nelle nostre case tramite altoparlanti smart, telecamere di sicurezza ed elettrodomestici connessi, tutto in nome di una vita più facile. Non solo accettiamo questa sorveglianza; l'abbiamo interiorizzata come un compromesso necessario. “Non preoccupatevi”, ci viene detto, “i vostri dati sono al sicuro e in cambio riceverete consigli migliori e servizi più smart”. Ci siamo talmente abituati a essere osservati che difendiamo i nostri osservatori, sviluppando un attaccamento quasi patologico agli stessi sistemi che ci limitano.
Pensate alla sicurezza aeroportuale. Dopo l'11 settembre gli americani hanno accettato procedure TSA sempre più invasive, le quali promettevano sia sicurezza che comodità. Due decenni dopo ci togliamo diligentemente le scarpe, addestrati come animali obbedienti a seguire il teatrino della sicurezza perché un idiota ha cercato di nascondere esplosivi nei suoi stivali quasi 25 anni fa; ci sottoponiamo a scansioni di tutto il corpo e consegniamo le bottiglie d'acqua, ciononostante la sicurezza aeroportuale non è né comoda né più efficace. Proprio come ci siamo tolti le scarpe senza fare domande negli aeroporti, abbiamo ceduto senza fare domande le nostre informazioni più riservate in cambio della promessa di comodità.
Ho assistito in prima persona a questo cambiamento durante i miei due decenni nel settore della tecnologia. Quando Google ha lanciato Gmail, pubblicizzandolo come un servizio “gratuito”, ho avvisato gli amici che in realtà stavano pagando con i loro dati. Il vecchio adagio si è rivelato vero: quando qualcosa è gratuito, non siete un cliente, bensì il prodotto. Molti hanno riso, dandomi del paranoico.
Un video satirico chiamato “The Google Toilet” ha catturato perfettamente questo momento, mostrando come saremmo disposti a barattare i nostri dati più intimi per la comodità. Il video sembrava assurdo quando è stato realizzato 15 anni fa, ora sembra profetico. Oggi quella stessa azienda, che ho dimostrato profondamente legata alla comunità dell'intelligence sin dalla sua nascita, traccia la nostra posizione, ascolta le nostre conversazioni e sa di più sulle nostre abitudini quotidiane dei nostri amici più cari. Anche dopo che Snowden ha rivelato l'entità della sorveglianza digitale, la maggior parte delle persone ha scrollato le spalle. La comodità valeva il costo, finché non abbiamo scoperto che non erano in gioco solo i nostri dati, ma la nostra capacità stessa di vivere in modo indipendente.
La tirannia di quando tutto è “smart”
Secondo Consumer Reports oltre l'87% dei principali elettrodomestici venduti nel 2023 includeva funzionalità “smart”, rendendo quasi impossibile trovare modelli base. Quando di recente ho avuto bisogno di un'asciugatrice, ho scoperto che quasi tutti i modelli erano “smart”, richiedendo connettività Wi-Fi e integrazione con app. Non volevo un'asciugatrice che potesse twittare; ne volevo solo una che asciugasse i vestiti. Quando l'idraulico è venuto a installarla, perché ovviamente non ho mai imparato a farlo da solo, si è lamentato che gli serviva una laurea in ingegneria solo per riparare gli elettrodomestici moderni.
Non si tratta solo di asciugatrici. Ogni articolo domestico sta diventando smart: termostati, maniglie delle porte, lampadine, tostapane. Mio padre sapeva smontare e rimontare il motore di un'auto nel nostro garage. Oggi non si può nemmeno cambiare l'olio in alcuni veicoli senza accedere al sistema informatico dell'auto. Abbiamo perso più delle semplici competenze meccaniche: abbiamo perso la sicurezza di provare a riparare le cose da soli. Quando tutto richiede software specializzati e strumenti proprietari, il fai da te diventa impossibile per progettazione.
La perdita della scrittura corsiva esemplifica questo declino. Oltre ai suoi benefici per le capacità cognitive, non si tratta solo di calligrafia; si tratta di continuità culturale e indipendenza. Una generazione incapace di leggere il corsivo diventa dipendente dalle traduzioni digitali della propria storia, che si tratti della Dichiarazione di Indipendenza o delle lettere d'amore dei nonni. Questa disconnessione dal nostro passato non è solo comoda; è una forma di amnesia culturale che ci rende più dipendenti da versioni aggiustate e digitalizzate della storia.
La visione del movimento fai da te, ovvero dare alle persone gli strumenti per creare, riparare e comprendere il mondo fisico che le circonda, offre un modello per resistere alla dipendenza ingegnerizzata. Le comunità stanno già creando biblioteche di utensili dove i residenti possono prendere in prestito attrezzature e imparare riparazioni di base. Stanno emergendo garage di riparazione di quartiere, dove le persone si riuniscono per riparare oggetti rotti e condividere conoscenze. Le cooperative alimentari locali e gli orti comunitari non riguardano solo i prodotti biologici, ma anche come nutrirci senza catene di fornitura aziendali. Anche semplici azioni come la gestione di raccolte di libri fisici e registri cartacei diventano radicali quando incombe la censura digitale. Non si tratta solo di hobby, ma di atti di resistenza contro un sistema che trae profitto dalla nostra impotenza.
La natura fiat del controllo digitale
Proprio come le banche centrali dichiarano il valore della valuta per decreto, le aziende tecnologiche ora dichiarano cosa costituisce la comodità nelle nostre vite. Non siamo noi a scegliere questi sistemi, ci vengono imposti, proprio come la moneta fiat. Volete un elettrodomestico “stupido”? Spiacente, questa opzione è stata dichiarata obsoleta. Volete riparare i vostri dispositivi? Sono stati progettati per non esserlo ed essere buttati.
Ho esplorato più a fondo questo concetto dei sistemi imposti in un precedente saggio, esaminando come la scarsità e il controllo artificiali si estendano ben oltre il denaro, fino a cibo, salute, istruzione e informazione. Gli stessi principi che consentono alle banche centrali di stampare la valuta dal nulla ora consentono alle aziende tecnologiche di dichiarare cosa è “necessario” nella nostra vita quotidiana.
Questo non è un semplice progresso tecnologico, è un sistema di controllo. Proprio come la moneta fiat trae valore dalla convinzione collettiva, la “comodità” moderna trae il suo fascino non dall'utilità genuina, ma dalla necessità artificiale. Ci viene detto che abbiamo bisogno di dispositivi smart, archiviazione cloud e connettività costante, non perché siano utili a noi, ma perché sono utili al sistema che trae profitto dalla nostra dipendenza.
La spinta verso una società senza contanti rappresenta l'espressione massima di questo controllo. Come scrissi due anni fa in “From Covid to CBDC”, l'eliminazione della valuta fisica non riguarda solo l'efficienza, ma la creazione di un sistema in cui ogni transazione può essere monitorata, approvata o negata. Le valute digitali delle banche centrali (CBDC) promettono praticità, costruendo al contempo l'architettura per una sorveglianza e un controllo finanziari assoluti.
Proprio come i green pass hanno normalizzato la presentazione di documenti per partecipare alla società, i pagamenti esclusivamente digitali normalizzano l'idea che le nostre transazioni richiedano l'approvazione istituzionale. Immaginate un mondo in cui i vostri soldi hanno una data di scadenza, in cui gli acquisti possono essere bloccati in base al vostro punteggio di credito sociale, o in cui i vostri risparmi possono essere disattivati se pubblicate un'opinione sbagliata online. Queste non sono ipotesi: il sistema di credito sociale in Cina dimostra già come il denaro digitale possa diventare uno strumento per far rispettare la conformità.
La morte del movimento “fai da te”
Per un breve momento tra la fine degli anni Duemila e l'inizio del decennio del 2010, sembrava che potessimo resistere a questa ondata di dipendenza ingegnerizzata. Il movimento fai da te è emerso, esemplificato da spazi come il 3rd Ward a Brooklyn, un vasto spazio di lavoro collettivo di 30.000 piedi quadrati in cui artisti, artigiani e imprenditori potevano accedere a strumenti, apprendere competenze e creare una comunità. Piattaforme online come Kickstarter sono emerse contemporaneamente, consentendo ai creatori di mettere insiene un pubblico e finanziare progetti innovativi direttamente, aggirando i tradizionali gatekeeper.
Ciononostante qualcosa è cambiato. La chiusura di 3rd Ward nel 2013 ha segnato più della fine di uno spazio di lavoro: ha rappresentato la commercializzazione stessa dell'etica del fai da te. Quello spazio aveva insegnato lezioni fondamentali sull'istruzione sostenibile guidata dalla comunità e sulla condivisione delle competenze, ma queste lezioni sono andate perse quando il movimento è diventato sempre più orientato al profitto. Mentre alcuni elementi positivi rimangono, gran parte della sostanza del movimento fai da te è stata sostituita dalla creazione performativa: invece di creare davvero qualcosa, ci siamo accontentati di guardare gli altri creare qualcosa su YouTube. C'è qualcosa di profondamente umano nell'impulso a creare, a costruire, a capire come funzionano le cose, eppure la modernità ci ha rimodellati da creatori a spettatori, contenti di sperimentare la creatività indirettamente. L'autentica spinta dall'autosufficienza si è trasformata in contenuti attentamente curati, con i “creatori” che sono diventati influencer che vendono l'estetica dell'artigianato piuttosto che le competenze stesse.
La domanda ora è se ci stiamo davvero illuminando a vicenda attraverso queste piattaforme, o se stiamo semplicemente seguendo il modello di OnlyFans di mercificazione (e degradazione) di ogni interazione umana.
Personaggi digitali e perdita di sé
I social media non hanno solo trasformato la nostra vanità in un'arma, ma ci hanno trasformati da esseri umani in performance digitali. I nostri telefoni sono diventati macchine di propaganda portatili per i nostri marchi personali. Una ricerca interna di Meta ha rivelato che Instagram peggiora i problemi di immagine corporea per il 32% delle ragazze adolescenti, eppure continuiamo ad abbracciare queste piattaforme. Fotografiamo ogni pasto prima di assaggiarlo, documentiamo ogni momento di vacanza invece di viverlo e creiamo l'illusione di vite perfette mentre siamo seduti da soli nei nostri appartamenti, sorseggiando vino e intorpidendoci con Netflix.
Le implicazioni per la salute sono sbalorditive. Secondo uno studio del CDC del 2023, i tassi di depressione tra i giovani adulti sono raddoppiati sin dal 2011, con gli aumenti più netti correlati ai modelli di utilizzo dei social media. Stiamo barattando la vera connessione umana con colpi di dopamina digitale, conversazioni reali con reazioni emoji ed esperienze autentiche con post accattivanti. La comodità della connessione digitale istantanea ha creato una generazione più connessa ma più isolata che mai.
Man mano che perfezioniamo le nostre performance digitali, ci affidiamo sempre di più a strumenti artificiali per mantenere queste personalità attentamente create, il che ci porta a una forma di dipendenza ancora più profonda.
La trappola dell'IA
Forse la cosa più allarmante è la nostra crescente dipendenza dall'intelligenza artificiale. Stiamo esternalizzando il nostro pensiero all'IA, ma così facendo, rischiamo di erodere la nostra stessa autonomia cognitiva. Nello modo stesso in cui abbiamo permesso alla nostra forza fisica di indebolirsi affidandoci alla tecnologia, la nostra forza mentale sta diventando flaccida, inutilizzata e atrofizzata.
Gli studenti ora si rivolgono a ChatGPT prima di tentare di risolvere i problemi da soli. I professionisti si affidano all'IA per scrivere e-mail, report e presentazioni senza sviluppare autonomamente queste competenze critiche. Gli scrittori si affidano sempre di più all'assistenza dell'IA piuttosto che affinare la propria arte. Ogni volta che ci rimettiamo all'IA per compiti che potremmo svolgere da soli, non stiamo solo scegliendo la comodità, stiamo scegliendo di lasciare che un'altra capacità umana si atrofizzi.
Proprio come abbiamo dimenticato come riparare i nostri dispositivi, rischiamo di dimenticare come pensare in modo profondo e indipendente. Il pericolo non è che l'IA diventi troppo intelligente, ma che diventeremo troppo dipendenti da essa, incapaci di analizzare, creare o risolvere problemi senza assistenza digitale. Stiamo costruendo un mondo in cui il pensiero indipendente diventa raro quanto l'abilità meccanica, in cui l'autosufficienza cognitiva è vista come inefficiente piuttosto che essenziale.
Riconquistare la libertà
La soluzione non è rifiutare tutta la tecnologia, ma comprendere il vero costo della comodità. Prima di adottare ogni nuova innovazione “smart”, chiedetevi:
• A quale capacità sto rinunciando?
• Posso essere autosufficiente se questo sistema fallisce?
• La comodità vale la dipendenza?
• Qual è il vero prezzo, in termini di privacy, competenze e autonomia?
• In che modo questa tecnologia plasma il mio comportamento e il mio pensiero?
Bisogna coltivare attivamente l'indipendenza insieme all'innovazione, imparare le tecniche di riparazione di base, conservare copie fisiche di documenti importanti, e libri, perché, data l'ascesa del complesso industriale della censura, non possiamo essere sicuri di quanto a lungo saranno disponibili in formato digitale. Imparare a leggere una mappa, scrivere senza intelligenza artificiale e sopravvivere qualora Internet dovesse venire meno. La vera libertà non si trova nell'avere tutto a portata di mano, ma nel mantenere la capacità di vivere senza quelle comodità quando necessario.
L'ironia non mi sfugge qui. Ho trascorso decenni come knowledge worker nel settore della tecnologia, esattamente dove la società mi voleva: davanti agli schermi, a creare prodotti digitali, diventando proprio il tipo di specialista che ora sto criticando. Come molti della mia generazione, ho imparato un po' di programmazione di base prima di imparare a riparare un rubinetto che perdeva o a coltivare il mio cibo. Amo ancora la tecnologia e credo nel suo potenziale di automatizzare compiti banali, liberandoci in modo da perseguire forme più elevate di creatività e connessione, ma questa promessa diventerà vuota se sacrifichiamo le nostre capacità fondamentali nel processo.
L'aspetto più pericoloso di questo compromesso non è la perdita di privacy, è la perdita di consapevolezza che stiamo perdendo qualcosa. Non stiamo solo perdendo competenze e privacy; stiamo perdendo la capacità di riconoscere cosa significhi essere indipendenti. La domanda non è se la comodità valga il costo della libertà, è se riconosceremo ciò che abbiamo perso prima di dimenticare di averlo mai avuto.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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