Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/bitcoin-and-marx-due-teorie-geopolitiche)
Marx ci disse che la rivoluzione sarebbe stata decentralizzata: i poveri si sarebbero stancati della grande iniquità del capitalismo e le poche migliaia di ricchi avrebbero sofferto per la ribellione mondiale che avevano fomentato con la loro avidità.
La creazione di banche centrali e il controllo dell'offerta di denaro avrebbero imposto, poi, l'avvento del comunismo. La centralizzazione della ricchezza porta a una rabbia decentralizzata; il rovesciamento sarebbe stato inevitabile. La classe sociale sarebbe stato il fattore decisivo e le persone di ogni ceto sociale e sesso nelle nazioni più sviluppate si sarebbero ribellate per prime. Le tessere del domino sarebbero cadute finché i Paesi meno sviluppati non si sarebbero industrializzati, avrebbero subito le stesse disuguaglianze e sarebbero diventati comunisti a loro volta.
Naturalmente non è andata così. Lenin adattò il marxismo alle proprie esigenze e, con l'aiuto dei simpatizzanti comunisti negli Stati Uniti, il comunismo fu attuato dall'alto nella Russia sottosviluppata. Le tessere del domino crollarono con violenza. Un Paese dopo l'altro cadde o uscì dal comunismo per via di interessi verticisti o esterni durante la Guerra Fredda, sempre a spese dei cittadini e raramente per loro volontà.
Ironicamente il comunismo è sempre stato sostenuto dalla forza fisica e dagli interessi economici imposti dall'alto, proprio le stesse persone che Marx stesso disprezzava. Versioni o elementi del comunismo esistono ora in Cina e negli Stati Uniti. La prima era un sistema inizialmente povero, ora distopico, che gioca al capitalismo; i secondi sono un sistema che lotta tra il politicamente corretto, un conservatorismo lasco e una banca centrale.
Satoshi Nakamoto, pseudonimo del creatore (o dei creatori) di Bitcoin, non rilascia dichiarazioni politiche. Nel suo whitepaper di nove pagine e nei suoi post pubblici abbiamo appreso come funziona Bitcoin e se potesse avere successo – con ciò intendo un elevato volume di transazioni elaborate e l'incapacità delle entità di attaccare e delegittimare la rete.
È tuttavia assodato che la politica monetaria deflazionistica e la struttura peer-to-peer di Bitcoin affondano le radici nelle intuizioni di economisti Austriaci come Ludwig von Mises, Friedrich von Hayek e altri, pensatori che svilupparono il loro lavoro in netto contrasto con Marx e la piega storico-politica del suo materialismo dialettico. Non sorprende quindi che siano emerse teorie sulle implicazioni politiche dell'adozione di Bitcoin.
Secondo una di esse, i Paesi più sviluppati, in particolare gli Stati Uniti, sono i più vicini alla stampante monetaria. La banca centrale più forte è quella che gestisce la valuta di riserva mondiale. I pochi che gestiscono quella banca centrale possono stampare quantità illimitate di denaro e riciclarlo a proprio vantaggio. Tali interessi non si allineeranno mai con quelli dei loro popoli, e in particolare mai con quelli dei Paesi costretti a vincolarsi all'attuale valuta di riserva globale. Il dollaro, non vincolato all'oro o ad altre valute forti, si sgonfierà fino a scomparire. Anche le altre banche centrali che stampano moneta ne soffriranno... di più, però. La loro moneta si svaluterà e anche il dollaro a cui fanno riferimento si svaluterà.
La gente se ne accorgerà e se ne stancherà. Si renderà conto di non poter risparmiare il valore delle dure giornate di lavoro e ritirerà il proprio denaro dalle banche a riserva frazionaria che ne consentono l'incessante stampa. Lo investirà in un bene durevole, inizialmente oro e infine Bitcoin.
Lentamente, poi improvvisamente, la rivoluzione sarà decentralizzata. I cittadini dei Paesi sviluppati investiranno in Bitcoin, ma, essendo vincitori relativi nel gioco della moneta fiat, lo useranno come valuta per ultima. Allo stesso modo gli stati dei Paesi più sviluppati non prenderanno sul serio Bitcoin, o gli saranno ostili. Ma i cittadini dei Paesi poveri, e quelli con valute svalutate, si orienteranno per primi verso Bitcoin. I poveri si renderanno conto che la sua volatilità non è poi così negativa quando la valuta del loro Paese si iperinflazionerà molto più rapidamente. La sua politica monetaria è quantomeno trasparente. Chissà cosa succede negli uffici delle banche centrali?
I cittadini dei Paesi più piccoli e poveri conserveranno il loro valore in bitcoin e lo utilizzeranno per effettuare transazioni. Gli stati più piccoli e poveri capiranno che Bitcoin offre loro una via d'uscita dall'approccio svalutativo della moneta fiat. Le tessere del domino cadranno. I ricchi delle banche centrali saranno rovesciati, sostituiti dai poveri che hanno avuto bitcoin per primi. I Paesi sviluppati saranno gli ultimi ad accorgersene. E infine, grazie alla politica monetaria deflazionistica di Bitcoin, i Paesi poveri avranno un vantaggio in questo Nuovo Mondo Arancione. Un giorno vivremo in un paradiso di libero mercato, dove nessuno avrà il controllo sulla massa monetaria e le economie potranno crescere insieme al Popolo.
In entrambe le teorie, la situazione economica porta a un fenomeno emotivo/culturale decentralizzato, vale a dire una lotta contro un oligopolio corrotto.
Ma anche per quanto riguarda Bitcoin, le cose non sono andate come previsto. Quando Nayib Bukele, presidente di El Salvador e leader del partito Nuevas Ideas, ha reso il suo Paese il primo ad adottare Bitcoin come moneta a corso legale, l'interesse dei cittadini di El Salvador per Bitcoin era praticamente pari allo 0%. Solo pochi bitcoiner dei Paesi sviluppati, che si erano stabiliti nella turistica spiaggia di El Zonte, sapevano qualcosa di Bitcoin. Oggi il tasso di adozione di Bitcoin da parte dei cittadini di El Salvador è superiore al 35% e in aumento, grazie in parte al wallet Chivo e in parte a iniziative no-profit come Mi Primer Bitcoin. Il domino di El Salvador è crollato principalmente a causa di interventi imposti dall'alto e, per quanto povero sia il Paese, l'altra sua moneta a corso legale è il dollaro statunitense, la valuta di riserva mondiale. Sebbene El Salvador non abbia il controllo sulla politica monetaria del dollaro, sta sicuramente ottenendo risultati migliori adottandolo rispetto a Venezuela o Libano, le cui valute sono terribilmente svalutate al momento in cui scrivo.
Inoltre ci sono evidenti falsità. Gli Stati Uniti non hanno adottato Bitcoin come moneta a corso legale, ma ne possiedono sicuramente molti. L'IRS ne detiene il possesso. Si dice persino che altre agenzie governative confischino, conservino e acquistino bitcoin di tanto in tanto, cosa particolarmente facile per un Paese che stampa regolarmente moneta.
L'elenco dei Paesi che minano bitcoin, alcuni dei quali sono conservati piuttosto che venduti, è troppo lungo per essere stilato. Quindi i Paesi sviluppati, che riconoscano o meno pubblicamente l'importanza di Bitcoin, vi investono. Tanti saluti al vantaggio per i Paesi poveri.
Infine c'è anche l'aspetto geopolitico dell'utilizzo di Bitcoin. La Russia lo accetta in cambio di gas naturale e gli Emirati Arabi Uniti sono favorevoli a questo asset. Entrambi sono ben lontani dall'essere Paesi poveri o sottosviluppati. Dall'altra parte la Nigeria non è ricca. I nigeriani effettuano transazioni in Bitcoin più di chiunque altro, fatta eccezione per gli americani. Eppure il loro governo è ostile, arrivando persino a imporre la propria CBDC, l'e-Naira, alla popolazione. Nel frattempo cittadini esperti in Argentina e Libano minano e risparmiano in Bitcoin, mentre i loro governi non sembrano vederne l'urgenza.
Quindi, Bitcoin, o meglio la teoria economica di Bitcoin, è destinata a una storia oscura e onnipresente come quella del comunismo? Esiste una teoria che possa comprendere la traiettoria di questo asset? Inoltre, dato che Bitcoin, per sua natura, sfida le banche centrali e, per estensione, alcuni principi del comunismo, dovremmo aspettarci che si sfidino a vicenda a livello geopolitico, giusto?
Quale struttura di incentivi economici vince? È una vittoria soft, che costringe Paesi come la Cina ad adattarsi alla rete senza sacrificare la propria struttura politica? O elimina del tutto la centralizzazione? O Bitcoin verrà spazzato via da qualche ingegnosa circostanza che nessuno di noi ha ancora previsto? Allo stato attuale Bitcoin è certamente sfavorito, il cui principale vantaggio è la sua decentralizzazione attraverso il meccanismo di consenso Proof-of-work. Nel frattempo la moneta fiat ha presa su tutte le principali istituzioni del mondo, comprese le forze armate necessarie per ottenere ciò che si vuole.
Le teorie geopolitiche che circondano Bitcoin si basano sul presupposto che non possa essere fermato. Essendo una rete informatica, chiunque può gestire un nodo, chiunque può effettuare transazioni con chiunque altro e chiunque può minare per proteggere la rete e guadagnare denaro. Si tratta, infatti, della rete informatica più sicura mai costruita, con un uptime del 99,99999999% e zero attacchi riusciti.
Le leggi non possono impedire alle persone di usare Bitcoin. Sebbene sia possibile tracciare gli acquisti effettuati sul registro, consentendo agli stati di arrestare o danneggiare chi viola tali leggi, teoricamente le persone abbandoneranno tali luoghi e si trasferiranno dove possono effettuare transazioni con la valuta che preferiscono. Chi tenta di attaccare la rete appropriandosi dell'hashrate scoprirà di guadagnare di più supportandola piuttosto che investire energie per contrastarla.
Il fatto che si tratti di hard money significa che tutti, compresi coloro che lo disprezzano, alla fine opteranno per conservare il proprio valore all'interno della rete, evitando così di volerla sabotare e perdere la propria ricchezza. Solo i pochi più vicini alla stampante monetaria hanno più da perdere passando a un Bitcoin standard. Non possono navigare in un mondo in cui perdono il controllo della moneta dominante. Se non riuscite a batterli, unitevi a loro.
Sarei negligente se non menzionassi la teoria del maggiore Jason Lowery, la quale, sebbene controversa, offre un punto di vista avvincente: man mano che Bitcoin si insinuerà in ogni angolo, gli stati lo adotteranno e lo useranno come arma geopolitica, sublimando la motivazione a entrare in guerra. Al contrario, ci saranno hashrate contrapposti e divisioni geopolitiche simili a quelle del mining di Bitcoin. Si tratta di una sorta di compromesso tra le due idee, in cui Bitcoin viene cooptato dalle autorità attuali – membri della banca centrale inclusi – ma troverà il modo di sviare i loro incentivi a proprio favore.
Nella misura in cui riusciranno ad accumulare i bitcoin rimanenti e a tentare di dominare la rete conquistando l'hashrate, il “gioco” economico proposto da Lowery potrebbe concretizzarsi. Sebbene esistano diverse critiche valide alla tesi di Lowery, una versione di tale evento potrebbe verificarsi. Secondo Limpwar i Paesi che adottano per primi Bitcoin come moneta a corso legale, tentando di sfruttarlo contro altri Paesi, potrebbero trovarsi intrappolati. I Paesi avversari potrebbero vendere i propri bitcoin durante le recessioni a un Paese concorrente, facendo crollare ulteriormente il potere d'acquisto di quel Paese nel breve termine. Se a ciò seguisse un'iniziativa militare, potrebbe fare la differenza tra una vittoria e una sconfitta.
Allo stesso modo un governo potrebbe accumulare bitcoin proprio per una simile risposta contro il suo popolo. Mentre la sua gente si impegna in una rivoluzione, avendo principalmente investito i propri beni in Bitcoin, quel governo potrebbe vendere una somma sostanziale di bitcoin, indebolendo il patrimonio della sua gente. Forse altri Paesi o cittadini li acquisterebbero, aumentandone ancora una volta il prezzo; forse ci vorrebbe più tempo del previsto. Come abbiamo visto, i mercati ribassisti possono durare più di un anno e bastano poche balene per far variare drasticamente il prezzo. Non c'è ancora motivo di credere che l'economia di Bitcoin si comporterà diversamente in futuro.
La mia posizione è che imporre un framework a Bitcoin indichi una mancanza di integrità. La rete prospererà dove sarà necessaria e vacillerà dove non lo sarà. Non è ancora ovvio che sarà ugualmente necessaria ovunque, o che avrà lo stesso valore ovunque. I Paesi del Golfo, ad esempio, potrebbero accumulare bitcoin, ma non avere la necessità di spenderli, preferendo effettuare transazioni nella loro valuta fiat, ancorata al valore delle loro risorse naturali e digitali. I cittadini di tali Paesi potrebbero fare lo stesso, non sentendo la necessità di effettuare transazioni internazionali e non avendo alcun forte incentivo economico a utilizzare bitcoin.
I Paesi in difficoltà potrebbero essere altrettanto lenti ad adottare Bitcoin, preferendo reprimere i propri cittadini, i quali potrebbero non essere disposti a soffrire per le transazioni con asset digitali. La popolazione cinese potrebbe subire un destino simile. Agli amanti di Bitcoin questa potrebbe sembrare una stupidaggine geopolitica a medio termine, ma molti Paesi si lasciano andare a simili stupidaggini.
E infine: un'economia basata su Bitcoin apparirebbe radicalmente diversa da quella odierna? Sembra molto probabile che l'economia, con un Bitcoin standard, sarà simile a quella del sistema fiat. Qualsiasi cambiamento significativo a un sistema del genere richiederebbe generazioni, e persino tali cambiamenti potrebbero essere iterazioni del sistema attuale, piuttosto che la visione radicale di pochi appassionati di Bitcoin. Ci sarà ancora il credito. Molte persone preferiranno lasciare il proprio denaro agli intermediari. I Paesi avranno ancora organi centrali che gestiranno l'acquisto, la vendita e il possesso di bitcoin, insieme alle modalità di gestione legale della rete e delle transazioni che essa gestisce. Forse i Paesi spenderanno meno di quanto facciano oggi, o si concentreranno meno sul PIL, ma è davvero così assurdo credere che, quando si arriverà al dunque, i Paesi non continueranno a spendere più di quanto hanno? Prima della Prima guerra mondiale credevamo che spendere più denaro di quanto un Paese avesse fosse impossibile, ma l'Europa continuò a sostenere la guerra per quello che si credeva fosse un tempo incredibilmente lungo. Bitcoin non sarà mai in grado di eliminare un tale istinto umano. Volere è potere.
Quindi, forse Bitcoin vincerà sulla centralizzazione, sul comunismo e sulla minaccia di un'inflazione infinita nel lungo termine. Nel breve e medio termine, forse un aggiustamento chiropratico della società sarà riconoscibile, per chi di noi sta osservando.
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Marx credeva che ogni cultura e politica fosse costruita sulla struttura economica di un popolo. La nostra economia ci definisce e la sua progressione storica, dal baratto tribale al feudalesimo, al libero mercato, al comunismo e oltre, è inevitabile. C'è un numero diverso da zero di bitcoiner che presuppone anche una teleologia storica per Bitcoin, di fatto dissentendo da Marx solo su quale inevitabilità aspettarsi: Comunismo o Bitcoin. Rosso o Arancione. Molti, ma non tutti, i massimalisti di spicco sono cristiani. Hegel, che ispirò il materialismo dialettico di Marx (e dato l'ateismo di quest'ultimo, un'altra forma di fanatismo religioso), prese in prestito dalla teologia cristiana per concepire la Fenomenologia dello Spirito. Ha quindi senso che entrambi vedano nell'economia una sorta di salvatore della storia. Entrambi, quindi, credono che solo la loro risorsa, o approccio, vincerà e che una nuova politica ne trarrà ampiamente ispirazione. Che una nuova politica derivi dall'uno o dall'altro non è solo possibile, ma dimostrato: il marxismo ha ispirato a sua volta virulenti correnti politiche. Bitcoin potrebbe benissimo fare lo stesso.
Ma credere che solo il loro approccio finirà per prevalere – quello di Marx a causa della fondamentale (e necessariamente in continua crescita) disuguaglianza generata dal continuo prelievo di chi ha da chi non ha, e quello di Bitcoin perché nessun altro asset è un depositario, un trasferitore e un protettore di energia e valore superiore – è a dir poco miope. Potrebbe essere vero, invece, che l'intera inquadratura di questo problema sia errata. Forse l'economia non è la base su cui si costruiscono le sovrastrutture culturali e politiche – che l'economia influenzi solo alcune, ma non quasi tutte, le funzioni di una società. Credere diversamente ci pone in una prospettiva troppo ristretta, rischiando di perdere di vista le radici di altre questioni culturali o politiche. Affrontare una questione del genere richiederebbe di interrogarsi sul se, come credeva Marx, tutte le questioni filosofiche derivino fondamentalmente dal mondo materiale e se le nuove filosofie possano emergere solo da nuove condizioni materiali.
In ogni caso, vediamo che entrambe le filosofie non hanno funzionato come ci si aspettava. E, per la prima volta da quando Marx scrisse, abbiamo una reale applicazione dell'economia Austriaca. Quest'ultima non ha mai avuto una possibilità politica contro il fanatismo del marxismo fino all'avvento di Bitcoin. Tuttavia, dato che il marxismo è fondamentalmente una filosofia del risentimento, e sebbene Bitcoin possa sostituirlo, è irrealistico credere che lo eliminerà del tutto.
I lavoratori del mondo che continuano a nutrire risentimento, anche se Bitcoin vince, o ne contamineranno alcuni elementi con la loro filosofia (anche la tecnologia può essere spinta in direzioni inaspettate) oppure aspetteranno la prossima occasione.
Tra 300 anni chissà cosa ne sarà di Bitcoin? Chissà se l'integrità di un sistema del genere durerà, o se le banche centrali non solo rimarranno, ma prospereranno in una nuova forma?
Il fanatismo per i massimalisti non è infondato. Bitcoin ha rivoluzionato il panorama economico di interi Paesi e ha salvato la ricchezza di molti. Promette di rivoluzionare il tessuto stesso del denaro e il modo in cui gestiamo l'energia.
Eppure sembra che nessuna teoria chiara possa racchiuderlo. Bitcoin sta riempiendo, lentamente ma inesorabilmente, un grande spazio dove un tempo c'era l'oceano. Continuerà a riempire ogni spazio finché non navigheremo con esso, come i pesci fanno con l'acqua? E chissà se altre teorie economiche simili non continueranno a competere. Ma la strada per arrivarci sarà lunga e accidentata, e senza dubbio le tessere del domino non cadranno in nessuno dei modi che possiamo immaginare.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.
Cosa ne sarà del bitcoin? Bah, mi chiedo se tra cento anni, quando l'halving avrà decimato l'incentivo per i miner, ci sarà ancora tutto questo entusiasmo per la rete bitcoin
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