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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-ridimensionamento-del-fenomeno)
Inutile dire che Donald non ne ha mai abbastanza delle luci della ribalta. Ma venerdì scorso, in una trasmissione in diretta dallo Studio Ovale vista in tutto il mondo, quella sete di attenzione pubblica potrebbe aver effettivamente cambiato il corso della storia. E in meglio, anche se il grilletto è stato premuto da un comico di terza categoria che non è nemmeno riuscito a capire come leccare il deretano a uno degli ego più grandi del pianeta.
Pertanto la malata avventura di Washington nella distruzione di una nazione tenuta insieme col nastro isolante, insieme alle morti inutili di decine di migliaia di persone reali che abitano il territorio ucraino, è ormai finita.
Zelensky se ne andrà presto in un nascondiglio in Costa Rica, o in una tomba senza nome, a seconda dei casi. Dopodiché un reggente ad interim, per quella che è una nazione costruita ad hoc da Lenin, Stalin e Krusciov con sangue e armi bolsceviche, sottoscriverà un cessate il fuoco e un accordo di spartizione, quest'ultimo in divenire da quando il giogo del comunismo è stato sollevato nel 1991.
Infatti la frammentazione dell'Ucraina smaschererà la farsa che è stata la guerra per procura della NATO contro la Russia nelle sue stesse “zone di confine”. Quest'ultimo termine, ovviamente, è il significato della parola “Ucraina” in russo.
E non esagero quando scrivo farsa monumentale. Mentre il capitolo più recente e desolante si è svolto da febbraio 2022, gli Stati Uniti e l'UE insieme hanno speso la sbalorditiva cifra di quasi $400 miliardi per organizzare un'opera di demolizione alle porte della Russia... per cosa?
Apparentemente per deliziare i mercanti d'armi degli Stati Uniti e dell'Europa con una grande occasione per la vendita di un sacco di nuove armi e rimpinguare gli arsenali NATO esauriti. E tutto in nome di altre vecchie sciocchezze sulla sicurezza collettiva e un “ordine internazionale basato sulle regole”.
Ma sono tutte cazzate di Washington. Non c'è stata una briciola della sicurezza nazionale americana implicata nel destino dell'ex-Repubblica Socialista Sovietica Ucraina dopo che si è separata dal cadavere estinto dell'Unione Sovietica nel 1991. E poiché l'Ucraina era un simulacro di una nazione costruita dai comunisti, non era destinata a durare, né la sua fine sarebbe stata minimamente notata o ricordata dal mondo in generale.
Vale a dire, lo stato artificiale dell'Ucraina incarna i territori di confine che la Russia aveva acquisito, conquistato, popolato e sviluppato alla fine del XVIII secolo sotto la guida di Grigory Potemkin. Quest'ultimo era il primo ministro della nazione, il quale aveva letteralmente una relazione intima con l'imperatrice russa, Caterina la Grande.
Dopo l'acquisizione della Crimea dall'Impero ottomano da parte di Caterina nel 1783 e la liquidazione di un piccolo principato cosacco lungo il corso meridionale del fiume Dnepr chiamato Zaporozhian Sich, che aveva governato i territori adiacenti per oltre 200 anni, Potemkin divenne governatore della regione. Chiamò questi nuovi territori Novorossiya, o “Nuova Russia” in onore della sua amante/sovrana. Alla fine il popolo russo, il capitale e il commercio si riversarono nelle steppe fino ad allora in gran parte deserte.
I compiti principali di Potemkin erano pacificare e ricostruire quella che era stata una regione dilaniata dalla guerra, portandovi coloni russi e gettando le basi per nuove fattorie, industrie, città e commercio. Nel 1787, mentre stava per scoppiare una nuova guerra tra la Russia e l'Impero ottomano, Caterina II, con la sua corte e diversi ambasciatori, fece un tour di sei mesi nella Nuova Russia, navigando lungo il fiume Dnepr (linea blu sulla mappa sotto) per ispezionare le sue nuove colonie.
Uno degli scopi di questo viaggio era quello di impressionare gli alleati della Russia prima della guerra. Per raggiungere questo obiettivo, si diceva che Potemkin avesse creato dei “villaggi mobili” sulle rive del fiume Dnepr. Non appena arrivava la chiatta che trasportava l'imperatrice e gli ambasciatori, gli uomini di Potemkin, vestiti da contadini, popolavano il villaggio. Una volta che la chiatta se ne andava, il villaggio veniva smontato, quindi ricostruito a valle durante la notte.
Qualunque sia il grado di apocrifia della storia, la metafora di fondo non potrebbe essere più appropriata: l'intero territorio da Lugansk e Donetsk (vale a dire il Donbass) fino a Mariupol sul Mar d'Azov e su entrambe le rive del Dnepr, fino a Odessa sulla costa del Mar Nero, fu da allora in poi noto come Nuova Russia ed era etichettato come tale secondo la mappa del 1897 raffigurata di seguito.
Inoltre cercate altre mappe dell'era pre-1917 come volete, ma non troverete nessun Paese chiamato Ucraina perché quest'ultimo era un toponimo, non uno stato. E il toponimo prese vita come una società moderna organizzata solo come regione di confine in espansione dell'Impero zarista.
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La Novorossiya alla fine del diciannovesimo secolo |
L'Ucraina divenne uno stato, quindi, solo dopo il crollo dell'Impero russo indotto dalla prima guerra mondiale e la presa del potere da parte di Lenin e dei suoi brutali eredi. Come mostrato nella mappa qui sotto, l'unità amministrativa comunista che divenne nota come Repubblica Socialista Sovietica Ucraina fu messa insieme dalla Nuova Russia (area blu) e da altre parti e pezzi dell'Impero zarista strappati a vari vicini (area gialla), insieme alla storica Galizia (area verde) incentrata su Leopoli, che fu sequestrata da Stalin quando la Polonia fu smembrata nella seconda guerra mondiale.
Alla fine la Crimea (area viola), che era completamente russa fin dal momento del suo acquisto da parte di Caterina la Grande nel 1783, fu ceduta ai compatrioti ucraini di Krusciov nel 1954 come premio in cambio del loro sostegno nella lotta per la successione dopo Stalin.
L'ultima cosa che si può dire sui “confini” ucraini che delineano i cinque componenti codificati a colori mostrati sopra, quindi, è che erano sacrosanti. Non rappresentavano l'evoluzione organica di popoli, identità nazionali e stati, ma il pugno di ferro del politburo sovietico e dei tiranni assetati di sangue che lo governavano.
Ciò a sua volta significò che quando l'Unione Sovietica finì nella pattumierà della storia della storia nel 1991, i giorni dell'Ucraina come stato unitario erano contati.
Inutile dire che non c'era alcuna identità linguistica e religiosa comune. Anche 40 anni dopo che i governanti sovietici avevano finito di assemblare l'Ucraina, questa mappa del 1991 dell'uso della lingua vi dice tutto ciò che dovete sapere: c'erano schiaccianti maggioranze di lingua russa nel Donbass e nella fascia del Mar Nero (aree rosse), che in alcuni oblast, tra cui la Crimea, erano di lingua russa per oltre il 75%. Al contrario, il centro e l'ovest erano popolati da ucraini, polacchi, bulgari, ungheresi e altri, dove i russofoni rappresentavano appena il 5% della popolazione.
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Mappa linguistica dell'Ucraina degli anni '90 in base alla percentuale di chi parla russo |
E no, una volta che l’entità governata dai comunisti nota come Repubblica Socialista Sovietica Ucraina si separò dal cadavere della defunta Unione Sovietica, i confini casuali che ha ereditato non sono stati “garantiti” dagli Stati Uniti nel cosiddetto Memorandum di Budapest del 1994 in cambio della rinuncia alle armi nucleari.
Infatti l'Ucraina non ha mai avuto armi nucleari! Queste armi erano state immagazzinate sul suo territorio dai sovietici ed erano ancora sotto il controllo di Mosca quando quest'ultima firmò il Memorandum insieme agli Stati Uniti e al Regno Unito. Ma nessun confine era “garantito” perché sarebbe stato un trattato che avrebbe richiesto la conferma del Senato e il sostegno del popolo americano, qualcosa che Bill Clinton e i suoi agenti non erano disposti a testare.
Invece, al nuovo governo ucraino vennero date delle “assicurazioni”. Ma qualunque definizione esile che quel termine implicasse fu presto resa abbastanza chiara dagli agenti dello Stato profondo presso il Dipartimento di Stato, la NED e la CIA, che si erano impegnati a fomentare rivoluzioni colorate in Ucraina non molto tempo dopo che Putin era salito al potere il 1° gennaio 2000.
In ogni caso, una volta che il meccanismo delle elezioni e della democrazia fu istituito dopo il 1991, le mappe elettorali risultanti chiarirono una cosa in modo estremamente chiaro: le persone votavano in base a come parlavano.
Ciò è chiaramente evidente nelle tre mappe qui sotto. La democrazia ucraina è iniziata, è maturata e si è conclusa sulla stessa nota: con un elettorato molto più nettamente diviso persino rispetto alla politica Red State contro Blue State negli Stati Uniti.
Nel 1994 Leonid Kuchma, un ex-dirigente industriale originario dell'est russofono e fortemente industrializzato (Dnipropetrovsk), fece campagna elettorale su un programma che sottolineava i legami economici con la Russia e fece un forte appello alle popolazioni russofone dell'Ucraina orientale e della Crimea.
Nel secondo turno delle elezioni Kuchma vinse circa due terzi dei voti nell'Ucraina orientale, dove predominavano i russi etnici e i russofoni, e quasi il 90% in Crimea, una regione con una popolazione di etnia russa al 70%.
Dall'altro lato, Leonid Kravchuk, il primo presidente e in carica nel 1994, era una figura chiave nel movimento per l'indipendenza dell'Ucraina. Si era posizionato come garante della sovranità ucraina e dell'identità nazionale. Ottenne forte sostegno dall'Ucraina occidentale, dove chi parlava ucraino e aveva sentimenti nazionalisti era dominante, ottenendo dal 70% all'80% dei voti in quelle regioni.
Questa profonda divisione nell'elettorato non è mai cambiata. A differenza degli Stati Uniti, dove un candidato repubblicano a governatore ha ottenuto il 47% nello stato profondamente blu di New York nel 2022, la divisione del voto nel nucleo più duro delle rispettive regioni (rosso scuro e blu scuro) è stata superiore al 90/10 in molte località.
Così, nelle elezioni del 2004, il candidato filorusso Viktor Yanukovych perse di misura il conteggio complessivo, pur avendo dominato in modo schiacciante nell'est e nel sud con margini del 70% contro il 90%.
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Risultati delle elezioni del 2004 in Ucraina |
Al contrario, nel 2010 Yanukovych ripercorse lo stesso dominio nelle sue regioni di lingua russa a est e a sud, mentre affondava a ovest. Ma quella volta ricevette un aiuto per la sua campagna elettorale da consulenti con sede a Washington (vale a dire il famigerato Paul Manafort, il quale gestì temporaneamente la campagna di Donald Trump nel 2016, finché non fu inchiodato dai russofobi nello Stato profondo). Di conseguenza il filo-russo Yanukovych riuscì ad accumulare abbastanza voti per scavalcare la nazionalista ucraina, Yulia Tymoshenko, nel conteggio nazionale.
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Risultati delle elezioni del 2010 in Ucraina |
Inutile dire che, secondo Washington, le elezioni ucraine del 2010 non avevano nulla di sacrosanto perché, beh, gli elettori avevano eletto il candidato sbagliato!
In breve tempo, quindi, i neocon guidati da Victoria Nuland, che faceva parte dello staff dell'allora vicepresidente Joe Biden, fomentarono il colpo di stato contro Yanukovych nel febbraio 2014. Anche mentre lo cacciavano dal potere e lo costringevano a fuggire a Mosca, non avevano idea del tenue equilibrio politico che stavano sovvertendo.
Ma non ci volle molto per accendere la miccia. In breve tempo i seguaci dell'alleato di Hitler nella seconda guerra mondiale, Stephan Bandera, che dominavano il governo non eletto e insediato da Washington a Kiev, fecero due mosse distruttive che equivalevano a un segnale per “lasciate che la divisione abbia inizio”.
La prima di queste fu l'abolizione del russo come lingua ufficiale nel Donbass e altrove; la seconda fu la strage di oltre 50 sindacalisti filorussi in un edificio a Odessa da parte di sostenitori del governo di Kiev.
Era solo questione di tempo, quindi, prima che la maggior parte dei territori colorati di rosso sulle mappe sopra dichiarassero la propria indipendenza. Fu anche in breve tempo che la popolazione di quella che era stata la provincia russa della Crimea votò a stragrande maggioranza (80%+) per rientrare nella Federazione Russa. Ciò pose fine al loro breve soggiorno nello stato ucraino, il regalo di Krusciov del 1954 ai delinquenti comunisti di Kiev che lo avevano aiutato a prendere il potere dopo la morte di Stalin.
In breve tempo il nuovo governo proto-fascista di Kiev si mosse per inimicarsi il suo vicino storico ed ex-signore di Mosca, cercando di unirsi alla NATO e lanciando una guerra brutale e implacabile contro le repubbliche separatiste del Donbass. Questo assalto finì per uccidere più di 15.000 civili durante gli otto anni che precedettero l'invasione russa nel febbraio 2022.
Inutile dire che Putin non era affatto interessato a far piazzare missili nucleari ancora più vicino al suo confine, come non lo era il presidente John Kennedy nell'ottobre del 1962. Né era sul punto di tollerare il continuo massacro di russofoni nel Donbass dopo che Kiev aveva lanciato una campagna di bombardamenti su queste aree assediate una settimana prima dell'invasione del 24 febbraio 2022.
Vale a dire, la storia era tutt'altro che una divisione netta tra bianco e nero. Infatti Donald sa che la bufala dell'invasione “non provocata” è una prevaricazione dello Stato profondo. Quindi venerdì scorso non era intenzionato a farsi istruire sulla questione dall'incompetente comico che è stato mandato nello Studio Ovale dalla folla di guerrafondai dell'Unipartito raffigurati di seguito allo scopo di estorcere denaro all'attuale inquilino della Casa Bianca.
Quindi, in risposta alle urla di Zelensky su Putin, Donald non si è fatto problemi a rivelare la verità.
Nella foto sotto, il consiglio di amministrazione del Senato.
Naturalmente ora che la verità è stata fatta uscire in diretta TV, ci sarà sicuramente una fine alle uccisioni inutili e una guerra per procura della NATO contro la Russia. E con essa arriverà un ripudio ancora più importante dell'intera perpetuazione neocon post-1991 di un impero americano che non avrebbe mai dovuto essere sostenuto in primo luogo.
Vale a dire che la falsa demonizzazione di Putin e della Russia verrà ripudiata in modo ancora più deciso. Questo perché, a parte l'imminente accordo tra Trump e Putin sull'Ucraina, la mappa dell'Europa orientale non cambierà tanto presto.
L'idea che Putin intenda resuscitare il vecchio impero sovietico e che Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Moldavia e destinazioni occidentali siano le prossime in linea per l'invasione è stata inventata di sana pianta. Il suo scopo era quello di dare alla NATO una ragione per espandersi ancora più a est, fino alle porte della Russia, e di giustificare la chiamata di Washington alla guerra in un territorio che non fa la minima differenza per la sicurezza interna dell'America.
Anche gli archivi della diplomazia post-sovietica americana sono cristallini su questo argomento. Bush senior e il suo Segretario di Stato, James Baker, promisero esplicitamente a Gorbaciov che in cambio dello smantellamento del Patto di Varsavia e dell'unificazione della Germania la NATO non si sarebbe mossa “di un pollice” verso est.
E quella promessa fu fatta per ragioni ovvie: l'Impero Sovietico era scomparso e la minaccia della massiccia Armata Rossa era svanita. Le sue truppe non venivano nemmeno pagate e i suoi carri armati e la sua artiglieria venivano fusi e venduti come rottami. Quindi l'ex-paracadutista George H. W. Bush avrebbe dovuto paracadutarsi nella base aerea di Ramstein in Germania nel 1992, dichiarare vittoria e relegare la NATO a un museo sulla pace mondiale.
Infatti all'epoca il “padre” della dottrina del contenimento e dell'alleanza NATO, il professor George F. Kennan, avvertì che la perpetuazione e l'espansione della NATO in queste circostanze sarebbero state una follia. Quando nel 1998 il Senato votò comunque per estendere la NATO a Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, egli osservò:
“Penso che sia l'inizio di una nuova guerra fredda”, ha detto Kennan dalla sua casa di Princeton. “Penso che i russi reagiranno gradualmente in modo piuttosto avverso e ciò influenzerà le loro linee di politica. Penso che sia un tragico errore. Non c'era alcuna ragione per questo”. [...]
“Dimostra così poca comprensione della storia russa e sovietica. Ovviamente ci sarà una brutta reazione da parte della Russia, e poi [gli espansionisti della NATO] diranno che vi abbiamo sempre detto che i russi sono così, ma questo è semplicemente sbagliato”.
In parole povere, rischiare tutto per far entrare l’Ucraina in un’obsoleta alleanza che era e rimane ben oltre la sua data di scadenza è sicuramente uno degli atti di politica estera più stupidi di tutta la storia americana.
E ora, sulla scia degli eventi epocali dello scorso fine settimana, è finalmente arrivata l'opportunità: nominare, biasimare, svergognare e cacciare dai seggi del potere i distruttori dell'Unipartito della democrazia, della prosperità e della libertà americana che hanno portato la nazione alla sua attuale situazione pericolosa.
Quindi la missione del Presidente Trump che cambierà la storia in questo momento è cristallina. Deve fare di Guerra e Pace la questione preponderante sulle rive del Potomac e mandare i resti dell'Unipartito in uno spasmodico stato di apoplessia vincendo il Premio Nobel per la Pace per aver posto fine a questa guerra inutile con la stessa rapidità con cui Eisenhower fece con la Corea nel 1953.
Così facendo, può portare a termine la grande missione per la quale è stato scelto: frammentare l'Unipartito riunendo così rifugiati da entrambe le parti in una forza politica rivitalizzata che può consentire alla gente dell'entroterra americano di reclamare la propria democrazia dalla classe dirigente corrotta sorta sul Potomac.
Inutile dire che Donald sembra aver centrato la sua missione. Quando Zelensky ha rilasciato la seguente replica alla sua cacciata dalla Casa Bianca, Donald non è rimasto indietro con una risposta perfettamente appropriata.
L'Ucraina “non riconoscerà mai” alcuna annessione russa del territorio che occupa, anche se ciò avvenisse per cercare di garantire un accordo di pace, ha aggiunto Zelensky, e ha ripetuto che accetterebbe un cessate il fuoco solo se fosse seguito da solide garanzie di sicurezza per il suo Paese.
Sebbene la Russia abbia affermato che insisterà per incorporare i territori che occupa, per l'Ucraina si tratterebbe sempre di “un'occupazione temporanea”, ha insistito Zelensky, anche se al momento il suo Paese non ha la forza militare per espellere la Russia da tutta la sua nazione.
Zelensky ha detto che ciò che voleva “dai partner” – un chiaro riferimento alla Casa Bianca – era che ricordassero che la Russia ha lanciato una guerra d’invasione su vasta scala tre anni fa. Non voleva che i politici riscrivessero la storia, ha detto, per suggerire “che ci sono due parti in questa guerra e che non è chiaro chi sia l’aggressore”.
Ebbene sì, in questa guerra c'erano due parti in causa e il vero aggressore aveva sede sulle rive del Potomac, non sulla Moscova/Oka/Volga.
Trump ha risposto con un avvertimento che non si sentiva più nello Studio Ovale dal giugno 1963, quando JFK lanciò il suo breve appello per porre fine alla Guerra Fredda all'American University.
“Questa è la peggiore affermazione che Zelensky potesse fare, e l'America non sopporterà ancora per molto”. Ha aggiunto, riferendosi a Zelensky, che “questo tizio non vuole che ci sia la pace finché avrà il sostegno dell'America [...]”.
“Deve dire che vuole fare la pace”, ha detto Trump prima di lasciare la Casa Bianca venerdì. “Non deve stare lì a dire 'Putin questo, Putin quello', e tutte le altre cose negative. Deve dire che vuole fare la pace. Non deve volere più combattere una guerra”.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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