lunedì 24 marzo 2025

Come bruciare €220 miliardi

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Luis Garicano

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/come-bruciare-220-miliardi)

Nel pieno della pandemia COVID, con la BCE impegnata a mantenere bassi gli spread sovrani e le regole fiscali dell'UE sospese, l'Italia ha lanciato quello che sarebbe diventato uno degli esperimenti fiscali più costosi della storia. Il Primo Ministro Conte annunciò che il governo italiano avrebbe sovvenzionato il 110% del costo delle ristrutturazioni abitative. Il “SuperBonus”, come sarebbe stato chiamato, avrebbe migliorato l'efficienza energetica e stimolato un'economia che era cresciuta a malapena negli ultimi due decenni. I consumatori non avrebbero dovuto affrontare né vincoli economici, né di liquidità: “Nel settore edile verrà introdotto un Superbonus con cui tutti potranno ristrutturare la propria abitazione e renderla più green. Non spenderete un centesimo per queste ristrutturazioni. (Giuseppe Conte, 13 maggio 2020)”.

Lo stato avrebbe pagato ai proprietari di case il 110% del costo di ristrutturazione delle loro proprietà attraverso un meccanismo finanziario innovativo: anziché sovvenzioni dirette in denaro, il governo italiano avrebbe emesso crediti d'imposta trasferibili. Un proprietario di casa averbbe potuto scaricare questi crediti direttamente sulle proprie tasse, farli scaricare agli appaltatori sulle fatture, o venderli alle banche. Questi crediti sono diventati una sorta di valuta fiscale, uno strumento finanziario parallelo che funzionava come debito fuori bilancio (Capone e Stagnaro, 2024). L'impostazione ha creato intenzionalmente l'illusione di un proverbiale pasto gratis: ha nascosto il costo per il governo italiano, poiché ai fini della contabilità europea i crediti si sarebbero presentati solo come entrate fiscali perse piuttosto che come nuova spesa.

Il SuperBonus ha creato le condizioni per quella che il ministro dell'Economia di Draghi, Daniele Franco, ha definito “una delle più grandi frodi nella storia della Repubblica” (Capone e Stagnaro, 2024). Gli appaltatori spesso gonfiavano i costi di ristrutturazione; ad esempio, un progetto da €50.000 poteva essere dichiarato come €100.000. La banca acquistava il credito d'imposta da €110.000 a un valore quasi nominale, consentendo all'appaltatore di intascare la differenza, a volte condividendola con il proprietario della casa. A volte, invece, non veniva eseguito alcun lavoro, nel qual caso le fatture per lavori inesistenti su edifici fasulli erano uno strumento perfetto per la criminalità organizzata. I crediti fraudolenti potevano quindi essere rivenduti più volte in un mercato non regolamentato di sconti fiscali sostenuti dallo stato. Nel 2023 le autorità hanno stimato che tali attività fraudolente erano costate ai contribuenti €15 miliardi.

Nel 2024 era chiaro che il pasto era tutt'altro che gratis. I costruttori andavano in giro offrendosi di pagare le persone per ristrutturare le loro case. Un piano inizialmente preventivato in €35 miliardi avrebbe finito per costare ai contribuenti italiani €220 miliardi (€160 miliardi di Superbonus + €60 miliardi per il credito di restauro delle facciate al 90% e altri crediti del 65%), circa il 12% del PIL.[1] I costi annuali sono aumentati vertiginosamente dall'1% del PIL nel 2021, al 3% nel 2022 e al 4% nel 2023. Solo 495.717 abitazioni sarebbero state ristrutturate, il che significa che il costo medio del programma era di circa €320.000 per casa.[2] Ciò è accaduto in un Paese già gravato da un debito pari al 140% del PIL, che affronta enormi passività pensionistiche non finanziate pari a oltre il 400% del PIL e il cui debito è classificato Baa3 da Moody's, un gradino sopra lo status di “spazzatura”. Il costo è irrisorio rispetto ai €71 miliardi di sovvenzioni che l'Italia ha ricevuto dal piano di ripresa e resilienza dell'Unione europea. Nonostante la scarsa copertura sulla stampa internazionale, il Superbonus è stato uno degli errori fiscali più costosi della storia.

Accetturo, Olivieri e Renzi (2024)

Due documenti della Banca d'Italia e uno dell'FMI hanno analizzato l'impatto del programma. Mentre gli investimenti reali in abitazioni pro capite sono aumentati del 67% rispetto a un Paese comparabile “sintetico”, Accetturo, Olivieri e Renzi (2024) hanno concluso che “i benefici per l'economia nel suo complesso in termini di valore aggiunto sono stati inferiori ai costi dei sussidi”. I costi di costruzione sono aumentati drasticamente: l'indice dei costi di costruzione è cresciuto di circa il 20% dopo la pandemia e ha fatto registrare un altro aumento del 13% dopo settembre 2021, con il Superbonus direttamente responsabile di circa 7 punti percentuali di tale aumento, secondo Corsello ed Ercolani (2024). Il prezzo dell'installazione di impalcature, un primo passo essenziale per la ristrutturazione, è aumentato del 400% entro la fine del 2021.

Accetturo, Olivieri e Renzi (2024)

La valutazione dell'FMI è ancora più critica. Lo stimolo alla crescita è stato “limitato rispetto alle dimensioni delle risorse fiscali spese”, ha concluso, citando “perdite nelle importazioni, consistenti sconti sulle fatture, maggiori rincari sui prezzi nell'edilizia, spiazzamento di altri investimenti e uso improprio di fondi pubblici”. Nel frattempo l'occupazione nell'edilizia era entrata in un ciclo di espansione e contrazione, poiché le aziende si erano espanse per catturare i sussidi, per poi trovarsi di fronte a un baratro quando il programma ha iniziato a concludersi.

Anche i benefici ambientali del programma hanno avuto un costo astronomico: qualsiasi calcolo risulterà in ben oltre €1.000 per tonnellata di anidride carbonica (rispetto a un prezzo sul mercato delle emissioni di circa €80 per tonnellata). Mentre il Superbonus è stato presentato come un'importante operazione di efficienza energetica e riduzione delle emissioni di gas serra, è stato il più grande singolo caso di greenwashing dei nostri tempi.

Com'è potuto accadere?

Il SuperBonus è nato in un momento di trasformazione nel pensiero politico-economico su entrambe le sponde dell'Atlantico.

Riccardo Fraccaro, avvocato, politico del Movimento Cinque Stelle, seguace della Modern Monetary Theory e architetto del SuperBonus, vedeva il programma come un modo per spingere un'espansione fiscale nel rispetto delle norme UE. Progettando il Superbonus come un sistema di crediti d'imposta trasferibili, Fraccaro e i suoi consulenti hanno creato uno strumento finanziario parallelo che non venisse registrato immediatamente come debito pubblico (Capone e Carlo Stagnaro, 2025).[3]

Il SuperBonus incarnava lo spirito di quel momento: il debito come motore della crescita. Sarebbe stato finanziato in parte (circa €13,95 miliardi) tramite l'emissione obbligazionaria europea da €750 miliardi nell'ambito di NextGenerationEU. Come la Bidenomics negli Stati Uniti, prometteva di raggiungere simultaneamente più obiettivi trasformativi: stimolo economico, equità sociale e protezione ambientale. E come molti programmi post-pandemia, rifletteva la convinzione che le linee di politica passate fossero state troppo timide e che i vincoli di bilancio tradizionali potessero essere tranquillamente ignorati nel perseguimento di obiettivi sociali più ampi.

Una volta avviato, il SuperBonus si è rivelato politicamente impossibile da fermare. I benefici si sono concentrati tra varie fasce di elettori: proprietari di case che hanno ottenuto ristrutturazioni, il movimento ambientalista e appaltatori che hanno visto un'attività in forte espansione. I costi, sebbene enormi, sono stati distribuiti tra tutti i contribuenti e rinviati al futuro attraverso il meccanismo del credito d'imposta. Nessun governo, di sinistra, tecnocratico o di destra, è stato in grado di resistere alla sua logica. Il Parlamento ha costantemente respinto i tentativi di limitarne la portata, anche dopo che le stime di frode hanno raggiunto i €16 miliardi. In veste di Primo ministro, Mario Draghi, nonostante abbia pubblicamente criticato il programma per aver triplicato i costi di costruzione, non è riuscito a fermarlo: la sua azione iniziale è stata quella di semplificarne l'accesso. Quando il suo governo ha tentato di frenare gli abusi, il Movimento Cinque Stelle ha reagito con rabbia e sono stati contrastati anche i modesti controlli sui trasferimenti di credito. Nel 2023 il governo di Giorgia Meloni ha dovuto affrontare le stesse opposizioni: i gruppi industriali hanno protestato, i partner della coalizione si sono tirati indietro. Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha avvertito i colleghi: “Temo che non abbiate capito la gravità della situazione”.

Tuttavia, non è solo la politica italiana che avrebbe dovuto porre fine a tutto questo. Oltre al parlamento, ci sono due potenziali meccanismi per evitare tale avventurismo fiscale in un Paese già gravato da uno dei più alti carichi di debito in Europa. Primo, le regole fiscali e la Commissione europea; secondo, il mercato, i cosiddetti bond vigilantes. Entrambi hanno fallito.

Le regole fiscali erano state sospese a causa del Covid, ma questo non esonerava la Commissione europea, che è responsabile di tali regole, dalla sua responsabilità nella questione. Il Recovery and Resilience Facility (il fondo di ripresa dal Covid finanziato dall'UE) è stato progettato con una rigorosa condizionalità, assicurandosi che i fondi fossero erogati solo dopo che gli stati membri avessero raggiunto traguardi sulle riforme e rispettato le raccomandazioni del “semestre europeo”. Alla Commissione europea è stato ordinato di rivedere i piani di ripresa nazionali, verificare la conformità con gli obiettivi strutturali e trattenere i pagamenti se le condizioni non fossero state soddisfatte. Nel caso del Superbonus italiano, questo meccanismo ha fallito.

La Commissione ha approvato l'inclusione del Superbonus nel PNRR italiano dopo la sua progettazione, con piena consapevolezza del fatto che questo programma includeva un sussidio del 110%. Quando il programma è poi cresciuto ben oltre l'ambito approvato dall'UE, trasformandosi in un'enorme passività fiscale senza supervisione, la Commissione ha permesso ai fondi di continuare a fluire. Anche quando le proiezioni del deficit italiano sono andate fuori controllo, non è riuscita a riconoscere, o ha deliberatamente ignorato, che il SuperBonus era diventato un veicolo incontrollato per sprechi e frodi.

Poi ci sono i bond vigilantes. Ma, come John Cochrane, Klaus Masuch e io sosteniamo nel nostro prossimo libro, “Crisis Cycle”: grazie alla garanzia implicita della BCE i legislatori italiani non sono vincolati dai mercati. Potrebbero ragionevolmente aspettarsi (e Capone e Stagnaro, 2024, sostengono che l'abbiano fatto) che:

• La BCE impedirebbe qualsiasi picco significativo nei costi di prestito attraverso i suoi programmi di acquisto di obbligazioni;

• Il costo fiscale potrebbe essere attenuato distribuendolo negli anni attraverso crediti d'imposta;

• Se emergesse una pressione sul mercato, la BCE interverrebbe acquistando titoli di stato italiani.

Questo calcolo si è rivelato corretto. Quando il deficit italiano è schizzato alle stelle nel 2023 a causa del SuperBonus, passando da un previsto 5,5% all'8% del PIL, non c'è stato panico sul mercato. Gli spread obbligazionari italiani sono rimasti contenuti, grazie al Transmission Protection Instrument (TPI) della BCE, il quale ha rassicurato gli investitori senza che la BCE dovesse nemmeno intervenire. Rimuovendo il vincolo della disciplina di mercato, la BCE ha permesso al SuperBonus di persistere molto più a lungo di quanto sarebbe altrimenti accaduto.

Non tutti i programmi futuri saranno così eclatanti come il SuperBonus, che è molto probabilmente una delle linee di politica fiscali più stupide della memoria recente. Come ha affermato la Ragioneria generale italiana nella sua retrospettiva del 2024: “Il SuperBonus era significativamente diverso dai precedenti benefici i cui effetti erano noti. Per la prima volta è stata consentita la copertura completa dei costi, aumentando l'attrattiva della misura ed eliminando sostanzialmente il conflitto di interessi tra fornitori e acquirenti”.

Ma il SuperBonus illustra un problema più profondo che l'Europa si trova ad affrontare: i meccanismi tradizionali per la disciplina fiscale sono crollati. Le forze di mercato (gli acquirenti di obbligazioni) sono stati neutralizzati dall'intervento della BCE. Le regole fiscali della Commissione europea, già indebolite da ripetute violazioni da parte di grandi Paesi come Francia e Germania, vengono sostituite da nuove regole che, poiché si basano sulla contrattazione bilaterale, forniscono pochi vincoli reali. E i sistemi politici nazionali, liberati dalla pressione del mercato, trattano sempre più la spesa finanziata dal debito come un pasto gratis.

Questa erosione della disciplina non è limitata all'Italia. Il deficit della Francia è arrivato al 6,1% del PIL. La Spagna ha invertito la sua riforma pensionistica post-crisi proprio quando l'Italia stava approvando il SuperBonus, con conseguenze negative molto più grandi per la sostenibilità fiscale. In un mondo in cui la BCE interverrà sempre per prevenire la pressione nel mercato obbligazionario e Bruxelles non può far rispettare in modo credibile le regole fiscali sui grandi stati, una politica fiscale sostenibile diventa quasi impossibile.

Gli stessi meccanismi progettati per proteggere l'euro potrebbero ora indebolirlo. Quando la BCE interviene per impedire la pressione del mercato sui titoli di stato, rimuove una forza disciplinare cruciale sulle linee di politica fiscali nazionali, creando incentivi perversi per i politici ad espandere la spesa senza riguardo per la sostenibilità a lungo termine. Un'unione monetaria senza unione fiscale può funzionare solo se gli stati membri mantengono linee di politica di spesa sostenibili. Ma l'Europa ora si ritrova intrappolata in una trappola che lei stessa ha creato: i suoi strumenti di lotta alla crisi stanno erodendo costantemente la disciplina necessaria per la sopravvivenza dell'euro. Finché l'Europa non troverà un modo per ripristinare vincoli significativi sulle linee di politica di spesa nazionali preservando al contempo la stabilità finanziaria, ogni espansione “temporanea” dei rischi di spesa diventerà permanente, ogni intervento “una tantum” della BCE rischia di diventare di routine e le tensioni sottostanti nell'unione monetaria continueranno a crescere.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Riferimenti

• Accetturo, Antonio, Elisabetta Olivieri, e Fabrizio Renzi. Incentivi per le ristrutturazioni abitative: evidenze da un ampio programma fiscale. N. 860. Banca d'Italia, Area Ricerca Economica e Relazioni Internazionali, 2024.

• Capone, Luciano e Carlo Stagnaro. “Superbonus: Come Fallisce una Nazione”, Rubbettino Editore (novembre 2024).

• Capone, Luciano e Carlo Stagnaro. Le cattive idee hanno cattive conseguenze: il SuperBonus italiano e l'influenza della MMT. Mimeo, febbraio 2025.

• Cochrane, John, Luis Garicano e Klaus Masuch. “Crisis Cycle: Challenges, Evolution, and Future of the Euro” Princeton University Press, di prossima pubblicazione (giugno 2025).

• Corsello, Francesco, e Valerio Ercolani. Il ruolo del Superbonus nella crescita dei costi delle costruzioni in Italia. N. 903. Banca d'Italia, Area Ricerca Economica e Relazioni Internazionali, 2024.

• Eurostat (2023a). Manuale sul deficit e debito pubblico – Implementazione dell'ESA 2010. Edizione 2022. Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione europea.


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Note

[1] In parte, la sorpresa nei confronti delle aspettative è che il Ministero delle Finanze non aveva modellato la risposta comportamentale dei consumatori. A differenza del Ministero, Luciano Capone, giornalista de Il Foglio (e autore di un libro che racconta la storia del programma), ha capito gli incentivi perversi fin dall'inizio, avvertendo a maggio 2020: “I clienti non andranno in giro a chiedere ai costruttori uno sconto ma, al contrario, un aumento del prezzo”. Gli incentivi contano.

[2] Il SuperBonus in senso stretto era di €160 miliardi (gli altri €60 miliardi sono il credito di restauro delle facciate e altri crediti, come spiegato nel testo). Se immaginiamo 500.000 abitazioni, la ristrutturazione media riceveva un sussidio di €320.000.

[3] Ecco la spiegazione di Capone e Stagnaro (2025) riguardo la questione contabile: “I crediti d’imposta non pagabili sono trattati come entrate fiscali negative e non come spese, saranno registrati quando saranno utilizzati per ridurre gli oneri fiscali, impattando sui conti per l’importo esatto utilizzato ogni anno” (Eurostat, 2023: 88). Tuttavia, se il credito d’imposta è trasferibile (come lo era il SuperBonus), se il credito d’imposta può essere trasferito a terzi, tale credito d’imposta deve quindi essere considerato un credito d’imposta pagabile e deve essere registrato nei conti nazionali come un’attività del contribuente e una passività del governo (Eurostat, 2023: 86)”.

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1 commento:

  1. Ma a questo punto, visto la miriade di errori commessi, non ha più senso monetizzare tutto e lasciare che crolli fin dove può arrivare? A che serve continuare a vivere in apnea, meglio ridimensionarsi

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