mercoledì 12 febbraio 2025

Saccheggiati dal denaro fiat

Il cappello di oggi è necessario per colmare un gap di consapevolezza: per quanto sia necessario arrivare a un mondo in cui il denaro sia quanto di più disintermediato da poteri centrali, allo stato attuale la FED è quanto di più vicino a qualcosa che possa aprire a un mondo del genere. Se, ad esempio, fosse stata abolita durante l'amministrazione Biden, e il Dipartimento del Tesoro avesse potuto stampare denaro direttamente, vivremmo in un mondo in cui la cricca di Davos avrebbe preso il sopravvento. In un mondo fatto di questi colossi, la persona media può solo auspicarsi una lotta interna tra di essi per aspirare a un cambiamento. Infatti c'è la concreta possibilità, adesso che ha ripreso il controllo sulla politica monetaria della nazione, che la FED possa essere regionalizzata nelle sue 12 succursali regionali, in modo da distribuire il potere e impedirne la cattura da agenti avversi alle sorti della nazione come è quasi accaduto nel 2021 quando Powell rischiava di non essere riconfermato. È sacrosanta l'abolizione del sistema bancario centrale, ma per farlo bisogna avere chiaro in mente in che mondo si vive. Le tesi di Tucker sono giuste, ma sono il punto “B”; dal punto “A” c'è un intermezzo che non può essere lasciato al caso. Lo stesso discorso possiamo farlo coi dazi. Partiamo dal fatto che sono una tassa e, in quanto tale, distorcono le informazioni di mercato. Questo, però, a patto che stiamo parlando di un libero mercato e un'economia di pace. Ciò infatti è stato vero fino al 2017, picco della globalizzazione. Ora è un mondo diverso, in guerra commerciale ed economica, in cui la contrazione degli intermediari finanziari, prima, e quelli commerciali, poi, sono strumenti per “far sanguinare” l'avversario. Nel Capitolo 16 del mio ultimo libro, “Il Grande Default”, ho esposto i motivi per cui Europa e USA sono ai ferri corti. Gli Stati Uniti hanno la possibilità di sfruttare la loro indipendenza energetica e l'onshoring delle industrie americane precedentemente all'estero. Non sottovalutate nemmeno la retorica positiva alimentata da slogan come “andremo su Marte!”, utile a sostenere una percezione ottimista sul futuro e di conseguenza un abbassamento della preferenza temporale delle persone (con conseguente abbassamento dei tassi reali). Ciò crea la forte possibilità di ridurre il deficit commerciale della nazione e le contromisure a nuove fiammate dell'inflazione dei prezzi (maggiore produzione e stipendi più alti). In questo contesto i dazi americani fanno più male all'Europa che agli USA stessi. Immaginate se l'UE risponda tassando le importazioni della Apple: dall'oggi al domani un Iphone costerebbe il triplo e l'intero continente sprofonderebbe nell'obsolescenza tecnologica. Tempo una manciata di mesi e la Commissione europea farebbe marcia indietro con la coda tra le gambe. Senza più accesso al mercato dell'eurodollaro, senza più carry trade sullo yen e con la prospettiva di perdere il proprio surplus commerciale, all'Europa non rimane altro che la preghiera. È un lento strangolamento per condurre al tavolo delle trattative l'avversario, affinché il coltello dalla parte del manico ce l'abbiano gli USA. Il dollaro, quindi, rimarrà ancora forte a fronte di un euro sempre più debole. A meno che... i singoli Paesi non stringano accordi bilaterali nazionali con gli USA staccandosi ufficiosamente, e poi anche ufficialmente, dal cancro europeo.

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di Jeffrey Tucker

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/saccheggiati-dal-denaro-fiat)

Il popolo americano pagherà un prezzo alto per le elezioni presidenziali del 2024 e probabilmente per anni. Non parlo dei risultati che hanno stupito il mondo; parlo del tentativo di manipolare i risultati attesi iniziato più di un anno prima.

Non sarà qualcosa che si presenterà sotto forma di tasse più alte. Sarà inflazione, un'altra forma di tassazione.

Il problema della svalutazione del dollaro avrebbe potuto essere ormai risolto, ma no. Tutto dimostra che l'amministrazione Biden, al servizio di altri interessi e preoccupata solo di aumentare la spesa pubblica, ha creato ingenti flussi di denaro a partire dal 2023 per accrescere le sue possibilità di rielezione. Non ha funzionato e ora siamo bloccati con il conto.

Certo, non c'è mai stata una volontà politica esplicita di tutto ciò, ma quanto ho detto sopra è un'interpretazione ragionevole del motivo per cui la Federal Reserve ha cambiato posizione sul rubinetto monetario nel 2023 e negli anni successivi.

Non c'è mai stata una giustificazione credibile a sostegno. L'inflazione aveva già devastato produttori e consumatori. La priorità era tenerla sotto controllo, invece è stato fatto l'opposto, rischiando così una seconda ondata che potrebbe essere appena iniziata.

Gli ultimi dati sui prezzi alla produzione e al consumo sembrano pessimi: un'inversione di tendenza radicale rispetto al calo, che rivela un riaccendersi del problema.

Ora che il presidente Donald Trump ha iniziato i suoi lavori, i media generalisti e il Bureau of Labor Statistics stanno improvvisamente diventando più disponibili a parlare del problema. L'inflazione è al 3%, o il 50% in più rispetto all'obiettivo ufficiale. La stima minima delle perdite di potere d'acquisto dal 2020 è di 23 centesimi a dollaro. Le stime reali sono più vicine ai 30 centesimi. La realtà, a seconda di cosa si acquista, sentenzia un numero molto più alto.

Non ci sono dubbi sulla fonte del problema. Non sono i droghieri che fanno la cresta sui prezzi, non sono i consumatori avidi, non sono i fornitori opportunisti, non sono nemmeno le restrizioni alla produzione di energia.

Sono gli stampatori di denaro a Washington che hanno dispiegato i loro poteri al servizio di un Congresso che ha speso senza freni, come se tutte le risorse di capitale apparissero come per magia. L'ondata di debiti ha concesso alla FED un portafoglio enorme per fare politica.

Basta osservare la relazione tra M2, la rappresentazione più accurata della massa monetaria che abbiamo, e l'indice dei prezzi al consumo. La relazione è impossibile da negare sia in termini di dati che di teoria. Non è complicato in realtà, ma richiede solo un po' di riflessione.

Thomas Massie fa l'esempio di 10 mele e 10 dollari, in un'economia in cui tutto il denaro viene speso. Ogni mela costa un dollaro. Se la massa monetaria raddoppia, ogni mela costa due dollari, e così via. È un esempio semplice, ma rende l'idea. Nel mondo reale c'è un ritardo tra causa/effetto tra 12 e 18 mesi. Nel caso attuale il ritardo raggiunge quasi esattamente il traguardo dei 12 mesi.

Dati: Federal Reserve Economic Data (FRED), St. Louis Fed

Niente di tutto questo è un mistero. L'odio per la stampa di cartamoneta risale alle fondamenta stesse della nazione. Thomas Paine ne scrisse ampiamente. Era un oppositore della tirannia e una persona molto riflessiva e brillante. Lesse molto sulla storia e la teoria economica, così come si presentavano ai suoi tempi:

• “Non so perché dovremmo essere così affezionati alla cartamoneta; non ha alcun valore intrinseco e non è denaro, ma una promessa di pagamento”.

• “La cartamoneta è come bere un bicchierino, ti risolleva il morale per un momento con l'inganno”.

• “I mali della cartamoneta non hanno fine. È una truffa ai danni del popolo e il fondamento di tutte le altre truffe”.

Le sue opinioni erano ampiamente condivise tra i Padri fondatori. Quando fu scritta la Costituzione, includeva una clausola che richiedeva agli stati (che gestivano il denaro) di usare solo oro e argento riguardo la monetazione. Quella clausola fu a lungo dibattuta dai tribunali e alla fine i sostenitori della cartamoneta trovarono un modo per aggirarla, tramite varie dichiarazioni di emergenza e sospensioni. Il gold standard fu ripristinato dopo la Guerra civile, ma sospeso più e più volte. Alla fine la copertura in metallo fu completamente rimossa.

Per molto tempo, tra il 1933 e il 1974, era illegale persino possedere oro per scopi d'investimento. Ciò cambiò e poi gli Stati Uniti ricominciarono a coniare monete d'oro, ma non come parte della linea di politica ufficiale sulla moneta. Sono ormai relegate a oggetti da collezione, molto belle, ma non utilizzabili come denaro a corso legale. Il legame tra la politica monetaria statunitense e l'oro è completamente spezzato.

L'ideale sarebbe ripristinarlo. Problema: nessuno sa davvero come ciò potrebbe accadere. Non esiste un vero piano per arrivare dal punto A al punto B. Gli Stati Uniti dovrebbero possedere grandi quantità di oro e ci dovrebbe essere un rapporto di cambio fisso, e questo dovrebbe riguardare non solo loro ma anche l'estero. La decisione da sola causerebbe un rimpatrio di massa di dollari ed esaurirebbe le scorte di oro in un giorno.

In breve, i problemi pratici associati al ripristino di un autentico gold standard sono inconcepibilmente enormi. Un problema ancora più grande è trovare la volontà politica per farlo. Entrambe le parti traggono vantaggio dal sistema monetario cartaceo e dalla politica monetaria flessibile, per la quale il cittadino statunitense alla fine paga il prezzo più alto.

Ci sono altri percorsi verso una moneta sana/onesta. La massa monetaria potrebbe essere congelata all'istante, ma ciò indurrebbe una deflazione su una scala che sarebbe considerata intollerabile. Io non penso che questa sarebbe una cosa negativa. Un crescente potere d'acquisto della moneta andrebbe a vantaggio delle persone comuni, ma la classe degli esperti non è d'accordo mettendo in guardia da una terribile recessione. E la realtà probabilmente confermerebbe questa previsione.

Il problema è che l'economia statunitense e, in realtà, l'economia mondiale, sono profondamente dipendenti dal finanziamento tramite debito. Porre fine a tutto questo sarebbe molto doloroso dal punto di vista economico. La volontà politica per farlo semplicemente non c'è.

La soluzione veramente costituzionale sarebbe quella di restituire ogni responsabilità per la politica monetaria ai singoli stati, abolendo il sistema bancario centrale. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti potrebbe coniare la propria moneta, ma ciò porrebbe pericoli a sé stanti. Se e in quale misura tali pericoli sarebbero gravi quanto quelli della FED è un'altra questione.

Nel breve termine la soluzione è semplicemente quella di costringere quest'ultima a smettere di fare politica con i suoi poteri monetari. I tassi d'interesse dovrebbero essere completamente liberati dall'interventismo centrale. Le operazioni di mercato aperto e l'acquisto e la vendita di debito dovrebbero cessare del tutto. Il resto si risolverebbe da sé.

Gli economisti che rispetto suggeriscono una regola quantitativa che legherebbe la politica monetaria alla produzione. Mentre questa soluzione sembra buona sulla carta, misurare la produzione in modo accurato non è più un compito così facile. I numeri del PIL, allo stato attuale, sono molto vaghi, così come i numeri sul tasso d'inflazione stesso. Senza numeri precisi, la capacità della FED di condurre una politica monetaria in modo scientifico evapora nella pratica.

Speriamo che la nuova amministrazione Trump alla fine si decida ad affrontare il problema dell'inflazione della cartamoneta. Potrebbe doverlo fare, dato che il rischio reale di una seconda ondata di inflazione condannerebbe letteralmente la sua eredità politica.

Spero che qualcuno nell'amministrazione Trump stia ascoltando: come minimo, la FED deve interrompere il suo quantitative easing e impegnarsi in una politica di stabilizzazione monetaria. Sì, potremmo trovarci di fronte a una recessione tecnica e questo è politicamente pericoloso, ma una continuazione dell'inflazione lo è ancora di più.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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