lunedì 24 febbraio 2025

Il piano di Trump per colpire duramente gli aiuti esteri (USAID) dello Stato profondo

Lo scandalo USAID continua a mietere vittime illustri... ciononostante in Italia non esiste dibattito pubblico ampio su questo scempio di proporzioni epiche. Un qualcosa che coadiuvava diversi attori tra cui ONG, think thank, politica migratoria e media generalisti, è praticamente poco chiacchierata sui canali d'informazione ufficiali in Italia. Scopriamo anche che era dietro associazioni come il WEF, e dove avete sentito articolare in modo ufficioso la teoria secondo cui la cricca di Davos aveva infiltrati nell'amministrazione americana da cui traeva vantanggio per ottenere finanziamenti gratis? Sì, dal mio ultimo libro intitolato “Il Grande Default”. Questa agenzia governativa, inoltre, si occupava di comprare giornali e giornalisti in tutto il mondo, uno di questi Paesi era l'Ungheria ad esempio. Uno stato sovrano, democratico, in cui vige lo stato di diritto e appartenente al blocco occidentale era praticamente manipolato e sovvertito attraverso un'informazione pilotata ad hoc. Ma vi rendete conto che circa l'80% della stampa ungherese era sotto il dominio propagandistico della USAID? Ecco perché Orban faceva leggi anti-ONG, anti woke, ecc. La domanda successiva è: quanti erano in Italia e chi sono? Ancora non sono usciti fuori i nomi, ma dato l'andamento è inevitabile che ce ne fossero anche in Italia. E vi ricordate quando, 4 anni fa, passavano gli spot dei cosiddetti “professionisti dell'informazione”? Vi ricordate anche il coordinamento delle notizie date? Questa è tutta roba che mette i brividi, eppure in Italia non si scava nemmeno la superficie di questo scandalo. Non solo, ma i tentacoli di questa piovra hanno abbracciato anche le linee di politica riguardanti le immigrazioni, come s'è scoperto in Norvegia ad esempio. Cosa c'entra un'organizzazione di filantropia dello stato americano con il consiglio norvegese per i rifugiati? In Italia, però, non ci si interroga su tali quesiti intriganti e si sorvola a piè pari la portata gigantesca di quanto si sta scoperchiando: una rete d'influenza internazionale, mafiosa e criminale, che ha sostituito la politica nazionale in tutti i Paesi toccati e anche in Europa. Un piano diabolico, tra l'altro, che ha una cabina di regia ben definita ormai: la cricca di Davos.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-piano-di-trump-per-colpire-duramente)

Accidenti!

Elon Musk non solo ha fatto crollare l'intera burocrazia degli aiuti esteri del Deep State, ma i suoi investigatori hanno anche scoperto uno degli artifici più perniciosi della Palude: numerose agenzie federali, tra cui USAID, acquistano un sacco di costosi abbonamenti ai megafoni di Washington, come Politico, che per pura coincidenza inondano le persone con un flusso costante di “notizie” che avallano il copione dell'Unipartito.

E non stiamo parlando di spiccioli. Questi “abbonamenti” alla versione “pro” di varie newsletter di Politico, ad esempio, costano da $3.000 a $24.000 l'uno. Dal momento che due di queste ultime sono state acquistate dall'ufficio per le crisi climatiche della USAID, bisogna chiedersi cosa c'entrasse con l'eventuale nutrimento delle masse affamate del mondo o perché i burocrati della USAID avessero bisogno di pettegolezzi costosi sulla politica climatica quando le loro caselle di posta erano già inondate di propaganda sui cambiamenti climatici da decine di altre agenzie federali, think tank finanziati a livello federale, ONG e attivisti anti-combustibili fossili.

Il conto solo per le varie pubblicazioni di Politico si è accumulato a $8,2 milioni negli ultimi nove anni secondo USASpending.gov. Poiché la maggior parte di quel flusso di cassa era dovuto all'acquisto delle versioni “pro” ad alto prezzo, possiamo solo immaginare le intuizioni “profonde” che devono essere contenute nelle analisi a $5.000 all'anno.

Sì, ho qualcosa contro Politico principalmente perché quasi sempre si schiera dalla parte di più stato, più sciocchezze sulla crisi climatica, più interventismo statale e più guerra. Ma ricordo anche che è stato fondato da due ex-reporter del Washington Post, un fatto che ha innescato un viaggio nella memoria riguardo quella stessa macchina di spesa per gli aiuti esteri che Elon ha ora mandato in frantumi.

Vale a dire, poco dopo l'insediamento nel 1981 stavo ultimando il primo bilancio di Reagan e avevamo tagliato un bel 33% in aiuti esteri in una proposta inviata al Dipartimento di Stato il 27 gennaio. L'inchiostro non si era ancora asciugato sul dettagliato e ben giustificato piano dell'OMB per risparmiare quelli che all'epoca era un sacco di soldi, circa $2,6 miliardi all'anno, quando il nostro bilancio confidenziale trovò la sua strada sulle prime pagine del Washington Post il giorno dopo!

Il tono, ovviamente, era che noi burocrati dell'OMB dovevano farci gli affari nostri. Infatti, quando ci trovammo di fronte alla nostra resa dei conti sulla questione con il Segretario di Stato, ebbe un modo davvero buffo di intavolare la questione. Disse l'ex-generale Al Haig: “Signor Presidente, il suo direttore del bilancio, che conta i fagioli, vuole metterla in imbarazzo davanti al mondo intero, facendole fare un passo indietro e infilando la testa direttamente in un temperamatite!”.

Questo è ciò che disse, apparentemente convinto che spendere al servizio dell'Impero non fosse una questione da lasciare ai principianti, come chiariscono i paragrafi principali dell'articolo del Washington Post.

Fummo travolti da quello che era già allora il consolidato consenso dell'Unipartito secondo cui la sicurezza della patria americana dipendeva dal mantenimento di un impero all'estero. Pertanto enormi quantità di aiuti umanitari, assistenza allo sviluppo e denaro per i governi stranieri alleati nei Paesi in via di sviluppo erano parte integrante di tale requisito.

Di sicuro riuscimmo a strappare a Haig e ai suoi alleati nello Stato profondo una specie di pareggio: in dollari di potere d'acquisto odierni (2024) il budget operativo per gli aiuti esteri e il Dipartimento di Stato era a $33,7 miliardi nel bilancio in uscita di Jimmy Carter per l'anno fiscale 1980; nel 1988, e nonostante tutta la resistenza interna al gabinetto Reagan e quella delle burocrazie statali e degli aiuti alle commissioni di stanziamento a Capitol Hill, il budget per gli aiuti esteri/Dipartimento di Stato era stato ridotto, anche se di un modestissimo 7%, a $31,5 miliardi.

Le stesse voci di bilancio oggi ammontano a $63 miliardi, ovvero più del doppio del livello in uscita di Reagan. E questo vale anche se la motivazione principale di Haig per la grande spesa in aiuti esteri, ovvero la necessità di contrastare le macchinazioni sovietiche nei Paesi in via di sviluppo, è scomparsa nella pattumiera della storia 34 anni fa.

Durante il suo primo mandato Donald aveva ingenuamente riempito il suo apparato di sicurezza nazionale con amanti dell'Impero presso l'NSC, il Dipartimento di Stato, il Dipartimento della Difesa e le agenzie di intelligence. Non sorprende che quando lasciò con riluttanza lo Studio Ovale nel gennaio 2021, il budget per gli aiuti statali/esteri aveva raggiunto $61,4 miliardi.

Quindi, spendendo il doppio di quanto il Gipper aveva accettato a malincuore sotto la pressione costante dell'apparato di sicurezza nazionale dello Stato profondo, Donald Trump non si rivelò una minaccia effettiva per quest'ultimo. E questo nonostante gli attacchi incessanti e l'opposizione dello Stato profondo e i suoi molteplici tentativi di defenestrarlo e infine di metterlo sotto accusa.

A questo giro, però, Donald ha sguinzagliato Elon Musk e, qualunque sia la motivazione, ha trovato lo stesso marciume in cui ci imbattemmo noi 44 anni fa: l'intero complesso dei fondi statali e USAID, che fluiscono verso la Banca Mondiale, l'FMI, le varie agenzie delle Nazioni Unite e letteralmente a migliaia di ONG e agenzie di stampa come la Reuters, Associated Press, la BBC, Politico e innumerevoli altre sono la vena madre del campo base dell'Impero sul Potomac.

Tagliate il bilancio degli aiuti esteri e presto l'intero Stato profondo si ritirerà su vasta scala, mentre i burocrati non eletti che lo popolano si renderanno conto all'improvviso che la loro presa apparentemente permanente e ineffabile sul potere verrà tolta loro da sotto i piedi.

Possiamo solo sperare che questa volta Donald si renda conto che se si riesce a fronteggiare i bellimbusti che gestiscono il lato debole dello Stato militare, le elezioni del 2024 potrebbero davvero significare qualcosa, e per la prima volta in più di quattro decenni.

C'è una cosa che Trump potrebbe fare per garantire che il taglio agli aiuti esteri abbia più successo di quello che abbiamo tentato 44 anni fa: potrebbe insistere sul fatto che una politica di sicurezza nazionale America First deve concentrarsi strettamente sulla deterrenza nucleare e una potente difesa convenzionale delle coste e dello spazio aereo nordamericani. Non c'è bisogno di un impero, né di una rete di alleanze che abbracciano il globo e di infinite intromissioni negli affari economici e politici interni di terre lontane che non hanno alcuna attinenza con la sicurezza della patria e la libertà del popolo americano.

In breve, gli aiuti esteri non fanno assolutamente nulla per la sicurezza della patria americana e dovrebbero essere eliminati del tutto. Ciò ridurrebbe la forza lavoro federale di oltre 10.000 burocrati in un colpo solo, e farebbe risparmiare più di $40 miliardi all'anno.

Inoltre c'è un modo semplice per contrastare il piagnisteo della Beltway sul taglio dei finanziamenti ai programmi per combattere la fame, l'HIV/AIDS e malattie come il colera, la malaria e il morbillo nei Paesi in via di sviluppo: proclamare che tutti questi sforzi meritevoli rientrano nel regno della filantropia, non nella politica di sicurezza nazionale o nel giusto mandato del governo.

Di conseguenza si potrebbe annunciare l'istituzione di un Humanitarian Help Fund e chiedere a Bill Gates e al resto dei miliardari liberal di contribuire ciascuno con $1 miliardo. Ciò li farebbe tacere subito, soprattutto se un grande cartellone pubblicitario al neon venisse installato presso l'ex-quartier generale della USAID nel Ronald Reagan Building indicando il livello dei loro contributi fino ad oggi rispetto all'obiettivo di $1 miliardo ciascuno.

Dopo tutto, non c'è scempio più grande della USAID domiciliato nel Ronald Reagan Building. Mentre si tappava il naso sul suddetto bilancio da $30 miliardi, non ha mai rinunciato alla sua opinione personale che gli aiuti esteri sono una gigantesca manna per gli scrocconi e i nullafacenti. E possiamo testimoniare di averlo sentito ripetutamente e senza esitazioni.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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