venerdì 21 febbraio 2025

Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #2): La creatura di Threadneedle Street

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro-f30)

Si è parlato molto della cosiddetta “creatura di Jekyll Island”, come è intitolato l'omonimo libro di Edward Griffin, ma molto poco della sua controparte inglese. Eppure è stata quest'ultima a dare lo spunto per la creazione della prima, senza contare che con il suo grado d'influenza (molto probabilmente) l'ha anche controllata... almeno fino al 2022. Piuttosto che usare il termine “spunto”, sarebbe meglio dire “spinta”. Nel mio ultimo libro, Il Grande Default, ho permesso ai lettori di svelare il cosiddetto mistero dell'attività bancaria ombra, dando altresì uno sguardo a come le azioni della FED fossero eterodirette oltreoceano. Infatti nella Prima Parte di questo saggio abbiamo sondato la leva economica con cui la cricca di Davos, fino all'entrata in scena dell'SOFR, ha praticamente usato la banca centrale americana come banca di riserva mondiale. Studiando l'evoluzione di queste ultime è facile capire come sia nata la “National Reserve Association”, ovvero il progenitore della Federal Reserve. Paul Warburg, uno dei co-creatori della FED, era stato a lungo un consulente non ufficiale della National Monetary Commission e aveva pubblicato diversi articoli in cui parlava della necessità di un istituto bancario centralizzato. I principali quotidiani avevano pubblicato articoli a sostegno delle sue opinioni, tra cui il Washington Post del marzo 1913 intitolato “Warburg Wants Elastic Currency”.

Pressione sociale attraverso la stampa, in particolar modo quella finanziaria, un metodo mai caduto in disuso visto che ancora oggi è protagonista nel modellare l'opinione pubblica. E su questo lo zampino degli inglesi è sempre stato presente, dato che il loro livello d'infiltrazione nel tessuto americano era pervasivo. Piuttosto che governare come sovrani avrebbero governato come “alleati”. Infatti, a tal proposito, è propedeutico studiare una “creatura” di cui s'è sempre parlato poco, ma che non ottiene le stesse attenzioni della FED. Ormai lo slogan “End the FED” sta diventando mainstream, solo che la sua controparte inglese non è altrettanto colpita da tali esortazioni. Terminare la prima senza terminare la seconda, oppure la BCE, significherebbe (e avrebbe significato) spianare la strada alla cricca di Davos. I motivi di questa affermazione sono giustificati all'interno del mio libro, quindi non mi ripeterò qui. Infatti la risposta degli Stati Uniti sarà una regionalizzazione dei poteri della Federal Reserve, in modo che un qualsiasi attore malevolo in futuro non potrà trovare un honeypot a cui attingere com'è stato in passato. Sforzi, questi, coadiuvati da una narrativa favorevole a Bitcoin, destinato a diventare reserve money (ruolo la cui importanza è stata sottolienata nella Prima Parte di questo saggio).

La Banca d'Inghilterra, fondata nel 1694, è un'istituzione monumentale nella finanza globale. Spesso etichettata come la prima banca centrale del mondo moderno, è nata per necessità: verso la fine del XVII secolo la Gran Bretagna era coinvolta nella costosa Guerra dei 9 anni contro la Francia e il re Guglielmo III era alla disperata ricerca di fondi. La soluzione fu una nuova istituzione finanziaria che avrebbe prestato denaro al governo in cambio di una carta reale (un permesso speciale del re che dava alla Banca il potere di emettere denaro e gestire il debito del governo). Questo concetto, capeggiato dal finanziere scozzese William Paterson e da un gruppo di ricchi mercanti, fu il seme da cui sarebbe cresciuta la Banca d'Inghilterra. A differenza di qualsiasi cosa vista prima, consentiva al governo inglese di prendere in prestito ingenti somme di denaro e abilitava la Banca d'Inghilterra a emettere bancanote coperte dalle sue riserve.

È importante capire che la Banca d'Inghilterra non è stata la prima banca del suo genere: gli olandesi avevano già fondato la Banca di Amsterdam nel 1609. Tuttavia le due istituzioni erano fondamentalmente diverse. La Banca di Amsterdam era principalmente una banca di deposito, progettata per portare ordine nel caotico mondo monetario della Repubblica olandese. Non emetteva prestiti allo stato, né si occupò della gestione del debito sovrano come avrebbe fatto la Banca d'Inghilterra. Invece la Banca di Amsterdam era essenzialmente una stanza di compensazione per il commercio internazionale, offrendo ai mercanti un modo affidabile e stabile per conservare il loro denaro e regolare i conti. Il suo ruolo era la stabilizzazione dell'economia olandese e la sua influenza nel mondo della finanza pubblica fu limitata. La Banca d'Inghilterra, al contrario, nacque dall'esigenza di finanziare lo stato e fu progettata fino dal principio per essere un prestatore di ultima istanza. Inizialmente il suo ruolo era modesto, principalmente prestiti al governo inglese, ma con la crescita del potere economico e militare della Gran Bretagna, crebbe anche l'importanza della BoE. All'inizio del XVIII secolo la Banca d'Inghilterra aveva iniziato a emettere banconote che circolavano più di oro e argento nelle transazioni quotidiane; queste banconote erano un passo verso un sistema finanziario più fluido, consentendo un commercio più efficiente senza la necessità di metalli fisici.

Nel frattempo le banche commerciali in tutta l'Inghilterra iniziarono a proliferare: a metà del XVIII secolo c'erano circa 300 banche private in Inghilterra, le quali offrivano credito a imprese e privati. L'emissione di banconote, che pur non essendo universalmente accettate, facilitò il commercio e gli scambi locali. Creò anche un sistema monetario frammentato, in cui la fiducia nel valore di una banconota dipendeva fortemente dalla reputazione della banca che le stampava. A differenza di una valuta nazionale standardizzata, le banconote private erano spesso accettate solo localmente e potevano non essere riconosciute in altre regioni. Ad esempio, le banconote emesse da una piccola banca rurale in Devonshire difficilmente sarebbero state accettate a Londra, o persino nelle contee vicine. Questa mancanza di universalità complicò il commercio oltre i confini locali, aumentando i costi di transazione e rallentando l'efficienza economica. L'emissione eccessiva di banconote fu un altro problema: durante il panico finanziario del 1793, numerose banche private fallirono poiché avevano emesso molte più banconote di quante ne potessero riscattare in oro.

Inoltre il valore di queste banconote poteva fluttuare in base alla salute finanziaria della banca che le stampava, creando ulteriore incertezza. Se una banca falliva o le sue riserve erano inadeguate, le sue banconote potevano perdere valore, minando la fiducia nel sistema monetario. Questa vulnerabilità alle corse agli sportelli e ai crolli bancari rendeva il sistema intrinsecamente instabile. Il sistema bancario decentralizzato poneva anche delle sfide di coordinamento: senza un'autorità centrale che regolasse l'emissione, il rischio di sovraemissione (che portava all'inflazione) o di sottoemissione (che causava carenze di credito) era significativo. Le banche concorrenti a volte emettevano banconote con denominazioni o standard incompatibili, complicando ulteriormente il commercio e la contabilità. Le banche commerciali come Barings e Rothschild & Co. svolsero un ruolo fondamentale nel finanziamento delle rotte commerciali, dei grandi progetti infrastrutturali e dell'impero della Gran Bretagna.

Il XVIII secolo segnò un periodo di trasformazione per il sistema finanziario britannico, poiché istituzioni come la Banca d'Inghilterra divennero parte integrante delle ambizioni della nazione. La BoE svolse il ruolo di principale operatore del debito pubblico, raccogliendo £1,2 milioni nel suo anno di fondazione. Nel tempo, si ramificò in prestiti commerciali limitati, come lo sconto di cambiali per i mercanti (acquistando cambiali a breve termine dai detentori prima della scadenza), i quali avevano spesso bisogno di denaro rapido per finanziare le loro operazioni. Vendendo la cambiale a una banca a sconto, potevano accedere immediatamente alla liquidità e ampliare le proprie reti commerciali. Nel 1742 la Banca d'Inghilterra formalizzò queste operazioni per stabilizzare i mercati, consolidando il suo ruolo nella gestione della liquidità durante le crisi.

La rivalità della BoE con la South Sea Company all'inizio del XVIII secolo ne espanse l'influenza. Entrambe le istituzioni gareggiavano per gestire il debito pubblico della Gran Bretagna, comeptizione culminata con la South Sea Bubble del 1720. Al centro della sua presunta proposta di valore c'era l'asiento, un contratto che garantiva alla Gran Bretagna il diritto esclusivo di fornire schiavi africani alle colonie spagnole sotto l'illusione di opportunità illimitate in una regione mitizzata come El Dorado. Gli investitori si accalcarono, attratti dalle partnership della South Sea Company con istituzioni influenti come la Royal Navy e la Royal African Company. Nel 1719 gli intrecci finanziari della South Sea Company con il governo inglese si approfondirono man mano che si indebitava di più; il Parlamento autorizzò un prestito di £7 milioni come parte del piano della società di consolidare il debito pubblico. Membri della corte reale, parlamentari e persino il re Giorgio I erano azionisti, conferendole un'aria di legittimità intoccabile. Sotto le promesse dorate, però, si celava ben altro: la società non aveva la competenza per le sue iniziative, in particolare nel commercio degli schiavi, e si affidava a partnership fragili e a un'ambizione smisurata. Il mercato azionario in forte espansione stimolò le imitazioni, come le società che sostenevano di estrarre la luce del sole dai cetrioli. L'euforia si trasformò in frenesia e lo scoppio della bolla nel 1720 devastò gli investitori, dagli aristocratici ai piccoli speculatori. Anche Isaac Newton era tra gli investitori. Inizialmente vendette le sue azioni, assicurandosi un profitto di circa £20.000, però in seguito vi investì di nuovo a un prezzo più alto, finendo per subire perdite significative.

Lo scoppio della bolla South Sea ebbe profonde implicazioni per l'economia britannica, facendo sprofondare il sistema finanziario della nazione. La Banca d'Inghilterra intervenne acquistando debito pubblico da investitori in difficoltà e iniettando liquidità nel mercato. Questo intervento segnò una prima affermazione del suo ruolo come “stabilizzatore finanziario”. Il Parlamento, riconoscendo la fragilità del sistema finanziario, approvò una legge per limitare la formazione di iniziative speculative e rafforzare la supervisione delle società per azioni, tuttavia queste misure fecero poco per affrontare le vulnerabilità sottostanti nel quadro monetario della Gran Bretagna. Il sistema finanziario, pur essendo innovativo, era tutt'altro che perfetto. Questa espansione dei poteri e delle capacità della BoE continuò nei secoli successivi. Il XVIII secolo fu trasformativo, poiché le permise di emettere banconote. Le prime furono introdotte nel 1695 ed erano relativamente semplici nel design, costituite da tagli scritti a mano su carta recante il sigillo della Banca d'Inghilterra. Ogni banconota richiedeva la firma manuale da parte di uno dei cassieri della BoE, rendendo il processo laborioso e le banconote altamente vulnerabili alla contraffazione. Quest'ultima divenne un problema serio a metà del XVIII secolo, con banconote false che minavano la fiducia delle persone nella moneta cartacea. La Banca d'Inghilterra rispose adottando diverse misure di sicurezza innovative:

• Filigrane (1697): le prime banconote presentavano filigrane rudimentali come deterrente di base. Nel 1801 le filigrane divennero più sofisticate, incorporando modelli unici per rendere la falsificazione più difficile.

• Disegni intricati (1797): la BoE iniziò a stampare banconote con incisioni complesse e sottili. Questi disegni erano pensati per essere difficili da replicare con le limitate tecnologie di stampa dell'epoca.

• Tecniche di stampa standardizzate (1725): sebbene inizialmente scritte a mano, si passò gradualmente alle banconote parzialmente stampate, riducendo il rischio di errore umano e falsificazione. Verso la fine del XVIII secolo le banconote stampate divennero lo standard, consentendo una maggiore uniformità e sicurezza.

Durante le guerre napoleoniche la contraffazione divenne uno strumento di guerra economica. Si dice che il governo francese orchestrò falsificazioni su larga scala di banconote britanniche, con l'obiettivo di destabilizzarne l'economia. Queste banconote contraffatte, spesso contrabbandate in Gran Bretagna tramite simpatizzanti o navi catturate, crearono panico e sfiducia nella cartamoneta. La contraffazione, però, non era limitata agli attori stranieri: le pressioni economiche delle guerre, unite alla mancanza di occupazione, spinsero molti individui a falsificare banconote. All'inizio del XIX secolo si stimava che nella sola Inghilterra venissero perseguiti annualmente fino a 300 casi di contraffazione. Questa cifra probabilmente minimizzava la portata reale del problema, poiché molte falsificazioni non venivano rilevate o denunciate. Al culmine della crisi della contraffazione, si stimava che il 10% di tutte le banconote in circolazione della Banca d'Inghilterra fossero false. Ricorda vagamente qualcosa... come l'eurodollaro ad esempio.

Il governo inglese non prese bene tali contraffazioni e, tra il 1805 e il 1818, più di 500 persone furono giustiziate in Gran Bretagna. Sebbene il monopolio della Banca d'Inghilterra sull'emissione di banconote non sarebbe stato formalizzato ufficialmente fino al Bank Charter Act del 1844, la sua reputazione di istituzione più affidabile in un ambiente finanziario altrimenti instabile stava già diventando evidente. Entro la fine del XVIII secolo la Gran Bretagna sarebbe stata sulla buona strada per diventare una potenza globale e la Banca d'Inghilterra avrebbe consolidato la sua posizione di forza stabilizzatrice del sistema finanziario del Paese.

Un altro capitolo cruciale nella storia della Banca d'Inghilterra fu il finanziamento delle guerre, in particolare delle guerre rivoluzionarie e napoleoniche (1793-1815) che alla fine costrinsero la Gran Bretagna ad abbandonare il gold standard nel 1797. In quel periodo cominciò a essere chiamata “The Old Lady of Threadneedle Street”, soprannome derivante da una vignetta satirica del 1797 a firma di James Gillray. La raffigurazione satirica rifletteva la relazione tesa tra la BoE e il governo inglese durante le guerre contro la Francia: mentre l'amministrazione Pitt attingeva sempre più alle riserve auree della Banca d'Inghilterra per finanziare la guerra, la capacità della banca centrale inglese di sostenere i pagamenti in oro finì sotto una forte pressione. Nel 1797 la situazione raggiunse un punto di rottura, culminante con la sospensione dei pagamenti in oro. I conflitti richiesero finanziamenti immensi e la Banca d'Inghilterra divenne il principale finanziatore dello sforzo bellico britannico, espandendo il suo ruolo di gestore del debito sovrano. Alla fine delle guerre napoleoniche era diventata l'istituzione dominante nella finanza britannica, gestendo quasi tutto il debito sovrano a lungo termine e supervisionando la politica monetaria della nazione.

Mentre la Gran Bretagna avanzava nel XIX secolo, visse un periodo di rapida crescita economica ed egemonia globale noto come “Età dell'oro”: la Rivoluzione industriale stava trasformando il Paese e l'impero britannico si stava espandendo rapidamente. La sterlina divenne la valuta di riserva mondiale, uno status che rifletteva il predominio della Gran Bretagna nel commercio e nella finanza globali. Tuttavia il percorso non fu facile. Nel 1866 emerse un panico di massa che riaccese i timori sulle vulnerabilità del sistema bancario a riserva frazionaria. Fu innescato dal fallimento catastrofico di Overend Gurney & Co. e si trasformò rapidamente in una crisi a tutto campo. L'ascesa e la caduta di Overend Gurney & Co. è una delle storie finanziarie più drammatiche della Gran Bretagna vittoriana. Fondata nel 1800 dal banchiere quacchero Samuel Gurney, la società crebbe da piccola banca provinciale fino a diventare il principale broker di cambiali di Londra nel 1820. A metà del XIX secolo Overend Gurney era parte integrante dell'economia industriale britannica, elaborando transazioni per un valore fino a metà del debito nazionale del Regno Unito all'epoca. Tuttavia il successo dell'azienda generò compiacimento e comportamenti rischiosi: fece investimenti speculativi nelle ferrovie e nel commercio estero, mal gestiti e mal programmati, che ne prosciugarono le risorse. Nel 1865 si diceva che le perdite superassero le £500.000 all'anno. In un disperato tentativo di rimanere a galla, l'azienda divenne una società per azioni, raccogliendo £5 milioni dal capitale pubblico, sebbene gli investitori non fossero informati del pericolo finanziario dell'azienda. Nonostante ciò le sue iniziative speculative continuarono a sgretolarsi.

Il 10 maggio 1866 Overend Gurney sospese i pagamenti, scatenando il panico che sarebbe passato alla storia come “Black Friday”. Oltre 200 banche fallirono nella crisi che ne seguì. In risposta la Banca d'Inghilterra intervenne, agendo come prestatore di ultima istanza iniettando liquidità nel mercato, una mossa che avrebbe continuato a influenzare la linea di politica della banca centrale inglese. Per scongiurare un crollo completo del sistema bancario, adottò diverse misure straordinarie: iniettò liquidità nel mercato, stampando di fatto denaro per ripristinare la fiducia; iniziò anche a estendere prestiti di emergenza ad altre banche e istituzioni finanziarie, tra cui Barclays, Lloyds e Hoare's Bank. La reazione della popolazione fu un misto di paura, confusione, esaltazione e rabbia. Il Times, ad esempio, ne elogiò le azioni, nonostante fosse chiaro che la decisione di inondare il mercato di liquidità comportasse i suoi rischi. The Economist, invece, la accusò di aver permesso che la crisi si sviluppasse in primo luogo. Il fallimento della BoE nell'intervenire prima nella crisi fu visto come un passo falso catastrofico. Guarda caso, quest'ultima fu la stessa linea di politica seguita dalla stampa americana all'indomani della Grande depressione, giustificazione passata alla storia per aver formato il pensiero di Milton Friedman e il suo supporto a una “scusa accademica credibile” per spingere la Federal Reserve a intervenire attivamente sulla scia delle future crisi.

Quanto a Overend, Gurney & Co. il crollo fu visto come una manifestazione di avidità incontrollata e follia speculativa, un esempio dei pericoli in agguato nel sistema finanziario e, quindi, necessitanti azione da parte dei legislatori. Nel giro di poche settimane il peggio del panico era passato e la BoE era riuscita a stabilizzare i mercati. Stiamo parlando di tempi “semplici”, in cui i bilanci erano ancora lontani dall'essere saturati e, da questo punto di vista, c'era ancora spazio di manovra in patria. Tuttavia l'intervento della Banca d'Inghilterra, sebbene alla fine riuscito, sollevò interrogativi sull'azzardo morale derivante dal salvataggio di istituti finanziari falliti. I critici temevano che ciò avrebbe creato un precedente pericoloso, in cui le aziende avrebbero assunto rischi maggiori sapendo che c'era qualcuno alle loro spalle che sarebbe sempre intervenuto per prevenire la catastrofe. Inutile sottolineare che negli anni successivi alla crisi, si intensificarono le discussioni sulla necessità di una regolamentazione finanziaria più forte. Gli eventi del 1866 rappresentarono un terribile monito e un cambiamento di passo: l'approccio laissez-faire della Gran Bretagna aveva bisogno di “una riforma”.

L'influenza della BoE non si limitava solo alla ricerca di prosperità in tempo di pace. Durante la Prima guerra mondiale la Banca d'Inghilterra fu chiamata a finanziare gli sforzi bellici della nazione: nel 1914, con l'intensificarsi del conflitto, il governo britannico emise bond di guerra per finanziarsi. Per quanto la stampa dichiarò che fosse stata una campagna di raccolta fondi di successo, dietro le quinte la Banca d'Inghilterra aveva sudato le proverbiali sette camicie per trovare abbastanza investitori da coprire i prestiti necessari. Infatti il governo inglese si era rivolto alla sua banca centrale per avere più di £100 milioni in finanziamenti e compensare il deficit pubblico. Nel suo libro, Lords of Finance, John Maynard Keynes predisse che la Prima guerra mondiale non sarebbe durata più di un anno, perché i Paesi coinvolti non potevano permettersi di sostenerla: la tensione economica sarebbe stata troppo grande dato che tutte le parti coinvolte avrebbero rapidamente esaurito le loro risorse finanziarie. Le banche centrali furono l'escamotage per aggirare questa evidenza: esse, in particolar modo quella inglese e americana, dirottarono artificialmente le risorse di capitale e sostennero il pesante indebitamento dei rispettivi Paesi, il che alimentò la guerra molto più a lungo del previsto e preparò il terreno per la crisi economica che ne seguì.

Infatti, subito dopo la Prima guerra mondiale, la Gran Bretagna si trovò alle prese con profonde distorsioni economiche: la guerra aveva creato scompiglio nelle finanze della nazione, lasciandola con un macigno di debito pubblico e un mercato dell'export ridotto. Il governo inglese cercò di ripristinare l'ordine finanziario prebellico tornando al gold standard nel 1925. Winston Churchill, allora Cancelliere dello Scacchiere, sostenne questa mossa come simbolo di stabilità e della duratura leadership globale della Gran Bretagna. Solo che non fece i conti con le precedenti deformazioni economiche. Il gold standard legava il valore della sterlina a una quantità fissa di oro e il governo di Churchill fissò il tasso alla parità prebellica ($4,86 ​​a sterlina); questa sopravvalutazione rese le esportazioni britanniche non competitive, acuendo la disoccupazione e rallentando la ripresa industriale. Keynes criticò questa mossa nel suo saggio, The Economic Consequences of Mr. Churchill, sostenendo che avrebbe causato stagnazione economica, previsioni che poi si avverarono. La correzione si intensificò, schiacciando le industrie e riducendo la domanda interna, e la situazione non fece che peggiorare durante la Grande Depressione, quando la contrazione economica globale paralizzò il commercio e la finanza. La mancata svalutazione della sterlina in base alla stampa monetaria che richiese la guerra limitò la flessibilità monetaria, impedendo gli aggiustamenti necessari per affrontare la crisi. Gli Stati Uniti, invece, presero il proverbiale toro per le corna e rimisero in sesto la nazione in un solo anno.

L'ascendente della Banca d'Inghilterra, e la sua presa indiretta, sulla Federal Reserve spinsero quest'ultima ad accettare la richiesta della prima di aumentare la propria offerta di denaro per compensare il deflusso mortale di oro dalle sponde inglesi. In questo modo la FED gettò le basi della futura depressione, come scrisse anche Rothbard nel suo libro America's Great Depression. Alla luce di quanto sappiamo adesso, e di come tutte le micce finanziarie conducano a Londra, il filo diretto tra Londra e Washington non è mai stato staccato; sostituito da una facciata di “alleanze”, ma che invece aveva tutte le caratteristiche di un proxy. Essere un impero globale alla luce del sole richiede accountability, mentre invece una gestione dalle ombre permette un free ride nel momento in cui si commettono errori. Perché essere ritenuti responsabili quando si può avere lo stesso risultato e correggere il tiro senza doversi preoccupare anche dell'opinione pubblica? Si risparmiano energie e le si può indirizzare ai propri desideri più urgenti. Alla fine si tratta sempre di azione umana e incentivi. Questo vale anche per gli imperi, visto che sono costituiti da uomini. L'impero inglese ha quindi mutato forma, ma è sempre rimasto in carica... o perlomeno fino al 2022 come spiego nel mio ultimo libro, Il Grande Default. Governi fantocci, ma con una facciata appetibile alla popolazione locale, sono sempre stati proxy scelti da Londra per gestire i propri affari all'estero. Come elaborato nella Prima parte di questo saggio, l'influenza esercitata tramite l'aristocrazia del luogo (o i legislatori) e la successiva inondazione di capitali, creano una impalcatura insostenibile dal punto di vista della costruzione di una base di capitale solida e resistente. Ciò sottopone la nazione-obiettivo al ricatto perpetuo della presenza di capitale a basso costo per andare avanti.... almeno fino a quando i tempi non sono maturi per il raccolto. Se state pensando all'USAID, avete capito il concetto. E quale miglior controllo di una nazione se non quello di esportare in essa il proprio modello di business come il sistema bancario centrale?

L'ascendente esercitato dalla BoE sulla FED durante i Ruggenti anni venti è un indizio potente in questa direzione. Anche perché, come abbiamo visto, all'epoca la Banca d'Inghilterra aveva raggiunto uno status eminente in quanto a istituzione rispettata e collegata a livello elitario. Fomentare una crisi per tirarsi fuori, apparentemente, da una colonia controllata direttemente era un escamotage già usato dagli inglesi. Un esempio a tal proposito è l'India. Un alto giudice di Calcutta, P.B. Chakrabarty, scrisse a Lord Clement Atlee (primo ministro britannico al tempo dell'indipendenza dell'India) domandandogli: “Siccome il movimento di Gandhi, Lasciate l'India, era attivo senza alcun successo da decadi e nel 1947 non successe niente di veramente nuovo che obbligasse gli inglesi ad andarsene, perché se ne sono andati?” Atlee citò diverse ragioni e la principale, secondo lui, fu il fatto che gli inglesi non si potevano più fidare dell'esercito e della marina indiane (e gli ammutinamenti, anche durante la guerra furono molti e tenuti nascosti) come risultato dell'attività militare di Netaj, ovvero Chandra Bose. Ciò che teneva l'India sotto il dominio inglese non era la Marina o l'Esercito Inglese, ma quelli Indiani: se questi non erano più affidabili l'unica opzione era quella di abbandonare l'India e cambiare un colonialismo diretto in uno finanziario e indiretto.

Inoltre i soldati indiani impiegati in tutto il mondo dagli inglesi si stavano rifiutando di obbedire agli ufficiali inglesi. Gli inglesi sapevano bene che per mantenere l'India avevano bisogno di un'esercito permanentemente stanziato sul posto, un esercito di dimensioni simili a quello che aveva combattuto nella Seconda guerra mondiale, un esercito che non potevano certamente permettersi, e che avrebbe portato solo ad una rivolta dei soldati inglesi ormai stanchi di combattere mentre a casa le famiglie facevano la fame. Conclusioni da “Non-violenza: storie e miti” del prof. Neumann dell'Universita' dell'Ontario:

Non ho né la posizione morale, né il minimo desiderio di vanificare gli sforzi di chi ha il coraggio di lottare con la non-violenza [...] ma non ha mai funzionato in nessun senso, né in maniera decisiva, in nessuna parte del mondo e non c'è nessun motivo per ritenere che funzionerà mai. Contando solo sulla sua forza, la non-violenza non ha mai ottenuto gli obiettivi politici di quelli che l'hanno utilizzata. Tre sono i principali esempi di successo della non-violenza: il Movimento di indipendenza di Gandhi, il Movimento dei Diritti Civili negli USA e la campagna contro l'apartheid in Sud Africa. Nessuno di questi ha fatto quel che hanno pubblicizzato. La nozione che la gente si può liberare letteralmente lasciando che i loro guardiani li calpestino è fanta-storia.
Il fatto è che Gandhi (come lo chiamava Ginna, rifiutandosi di chiamarlo Mahatma) era una manna dal cielo per gli inglesi e lui probabilmente, filo-britannico e razzista com'era, lo sapeva, e gli stava bene così perché perseguiva i suoi scopi, che non erano necessarimente quelli che la propaganda gli attribuisce. Quando in una intervista anni dopo fu chiesto ad Atlee quale importanza avesse avuto Gandhi nella decisione del governo britannico di lasciare l'India, Atlee fece un sorriso sarcastico e scandì: “M-I-N-I-M-A”. Il fattore finale, la goccia che fece traboccare il vaso e che convinse gli inglesi al ritiro furono sicuramente i combattimenti fra musulmani e indù a Calcutta. Di fronte a una situazione che minacciava di scoppiare, passarono la patata bollente a indiani e pakistani. Non che la non violenza non possa avere risultati (è stata utilizzata da almeno duecento anni in Europa), ma è una tattica circoscritta a specifiche circostanze e da usarsi nell'ambito di una strategia più ampia. In India non funzionò nemmeno in quel senso.

Alla luce di ciò è praticamente legittimo pensare che l'apparente stupidità di tornare a un gold standard pre-bellico fosse funzionale a far risplendere la luce della FED e degli Stati Uniti, come nuovo impero nascente, ma in realtà eterodiretto da Londra. Non c'è solo l'episodio legato ai Ruggenti anni venti, ma anche il London Gold Pool degli anni '60, il LIBOR e la coincidenza storica che poco meno di un anno dopo l'entrata sulla scena mondiale della FED scoppiò la Prima guerra mondiale. Prima di quest'ultimo evento il potere economico e la portata globale dell'Impero britannico avevano consolidato lo status della sterlina come valuta di riserva primaria al mondo, simbolo della vasta rete commerciale e dell'influenza finanziaria della Gran Bretagna. Poi, a cavallo delle due guerre mondiali, l'Inghilterra si dà la zappa sui piedi sprofondando volontariamente nei debiti e ritornando al gold standard ignorando il caos economico precedente. Come si può giustificare un azzardo morale talmente sfrenato? A meno che non si abbiano le spalle coperte...

Infatti il declino del predominio della sterlina britannica culminò con l'ascesa del dollaro statunitense come valuta di riserva globale alla Conferenza di Bretton Woods nel 1944. Gli Stati Uniti presero il centro della scena, diventando il fondamento del nuovo sistema finanziario globale. Ciò avrebbe dato vita a un nuovo cappio finanziario che si sarebbe esteso ai mercati globali: l'eurodollaro.

In conclusione, la storia della BoE è la storia della FED, replicata con sfumature diverse ma alla base sono la medesima cosa. Una conquista che avrebbe permesso all'Inghilterra di aumentare la portata delle sue operazioni sacrificando, nel processo, la ricchezza reale di una nazione prospera e ricca di risorse. Come in ogni schema Ponzi che si rispetti, bisogna sempre aumentare la platea di gente da spennare.


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2025/02/cio-che-leurodollaro-ha-dato.html

👉 Qui il link alla Terza Parte:

👉 Qui il link alla Quarta Parte:


Nessun commento:

Posta un commento