venerdì 7 febbraio 2025

Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo (Parte #1)

 

 

di Francesco Simoncelli

(Versione audio dell'articolo disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/cio-che-leurodollaro-ha-dato-leurodollaro)

Il mondo si sta preparando per una crisi creditizia enorme. Le banche centrali e i governi saranno ancora in grado di finanziare le loro operazioni, e saranno ancora in grado di aumentare i prezzi (nominali) degli asset, ma non saranno in grado di proteggere il valore delle loro valute. Pensate, ad esempio, al recente exploit di DeepSeek: per quanto abbia fatto traballare Wall Street, non cancella affatto le criticità creditizie e finanziarie della Cina. Già adesso la vagonata di debiti accumulati sta portando a un'ondata senza precedenti di allentamento monetario per monetizzarli. Il problema è che questa azione, oltre a non funzionare più come in passato a causa della Legge dei rendimenti decrescenti, sta accartocciando lo yuan. Lo stesso discorso è possibile farlo per la rupia indiana o per l'euro. In sintesi, tutte le principali divise del mondo sono sulla graticola affinché le rispettive autorità che le supervisionano possano tenere in piedi il loro tessuto socioeconomico. Tutte tranne una: il dollaro.

Perché? È una situazione già vista nella storia economica del mondo, più precisamente negli anni '80 del secolo scorso. Allora l'incredibile forza del dollaro stava facendo a pezzi le altre valute, evento che condusse infine agli Accordi del Plaza e alla creazione del LIBOR, un tasso d'interesse mondiale (impostato a Londra) con cui venivano indicizzati i debiti a livello globale. La forza del dollaro venne smorzata e il resto del mondo entrò in un'epoca di (presunta) prosperità che l'avrebbe accompagnato fino al 2008. In questo senso il dollaro rappresenta come una sorta di buco nero che risucchia tutta la forza esistente dal resto delle altre divise: importa inflazione dei prezzi ed esporta disinflazione dei prezzi (o addirittura deflazione dei prezzi).

In realtà la terminologia usata è imprecisa, dato che non si tratta propriamente del dollaro che sta diffondendo ondate di incertezza e dubbio. Si tratta, invece, dell'eurodollaro che sta vedendo contrarsi la propria offerta, o per meglio dire la leva finanziaria cui è stato sottoposto nel corso del tempo. Le vette che aveva raggiunto erano spropositate e assurde, distorcendo a livelli inverosimili una valutazione corretta del rischio (nonché l'allocazione corretta del capitale). Il rialzo di oro e Bitcoin non fanno altro che segnalare questa proposizione: un ritorno lento a livelli sostenibili di rischio. Infatti la campagna di rialzo dei tassi della FED ha avuto come scopo quello di invertire la tendenza nel mercato dell'eurodollaro, aiutata anche dalla BoJ che ha proceduto anch'essa a uscire infine dal pantano dei tassi a zero e della yield curve control. Eurodollaro gonfiato attraverso la leva e carry trade sullo yen hanno rappresentato, soprattutto negli ultimi 16 anni, una fonte (presumibilmente) inesauribile di finanziamenti artificialmente a basso costo e azzardo morale senza freni.

Questa degenerazione, però, non è altro che l'ennesima deformazione finanziaria alimentata dall'attuale natura fiat del denaro. Ecco perché gli USA, sulla scia della vittoria di Trump e della fazione che rappresenta, ovvero i NY Boys, hanno iniziato a tessere le lodi di oro e Bitcoin. Se fino al 2022, anno in cui è stato defenestrato il LIBOR e sostituito dall'SOFR, lo status di valuta di riserva del dollaro era una condanna, adesso può trasformarsi in una benedizione: sganciati dal rischio sistemico esterno, gli USA possono gestire la propria politica monetaria in base alle necessità reali della nazione senza preoccuparsi più della possibilità di importare guai economici tramite indicizzazione esterna dei debiti. Questo per dire che se la stagnazione italiana costringerà a nuove misure di allentamento monetario (palesi) la BCE, ciò non si ripercuoterà direttamente sulla linea di politica della FED. Quest'ultima è stata la banca centrale del mondo fino al 2022; tutto il caos geopolitico ed economico a cui abbiamo assistito e assistiamo è solo un riflesso della sua effettiva indipendenza.

Ciò che l'eurodollaro ha dato, l'eurodollaro si sta riprendendo. La forza del dollaro strangolerà lentamente tutti coloro che nel tempo si sono approfittati di questo mercato ponendo come garanzia la sopravvivenza stessa degli Stati Uniti, economicamente e socialmente, fino a quando le varie altre fazioni mafiose di questa gigantesca cupola mafiosa non si presenteranno “spontaneamente” al tavolo delle trattative (in particolar modo la cricca di Davos). Attualmente stanno scegliendo di raddoppiare la posta in gioco e continuare a usare i risparmiatori come carne da cannone... non è rimasto loro nient'altro.

Per capire meglio come andrà a finire questa storia, e il meccanismo con cui il mondo si sta rimodellando, è necessario fare un passo indietro e capire per prima cosa cos'è l'eurodollaro.


L'ANTENATO DELL'EURODOLLARO: DENARO SCRITTURALE E RISERVE BANCARIE

Esiste un sistema finanziario “nascosto” al di fuori della giurisdizione del Tesoro americano o della Federal Reserve, ed è importante quanto o forse più importante di qualsiasi altro esistente. Questa economia sommersa opera nell'ombra, eseguendo transazioni e creando nuove forme di denaro mai viste prima. Fino al 2022 stava rappresentando la fine del dollaro. Benvenuti, quindi, nel sistema dell'eurodollaro.

Per comprendere appieno la struttura e la storia del sistema dell'eurodollaro, dobbiamo prima capire cos'è il denaro scritturale. Esiste da centinaia di anni e, nonostante ciò che molte persone pensano, la transizione dal gold standard avvenne molto tempo fa: il sistema con cui gli Stati Uniti e altre economie capitaliste hanno lavorato sin dal 1600 non era un vero standard basato sull'oro, ma piuttosto uno standard a riserva aurea. Le banche accettavano oro e argento ed emettevano banconote, che in origine erano certificati di deposito dell'oro, per dimostrare la proprietà dei metalli nel proprio conto. Queste banconote potevano quindi essere scambiate liberamente tra loro, ma in origine non esisteva alcun taglio standard. Con l'evoluzione del sistema bancario tra la fine del 1700 e l'inizio del 1800, divenne chiaro che il gold reserve standard, un rimedio ai “difetti” di un gold standard (si pensi a portare in giro borsellini pieni di oro e argento e dover chiedere/dare il resto esatto), era anch'esso imperfetto. Le banche dovevano detenere fisicamente le riserve auree presso le filiali e, poiché la crescita economica stimolava il commercio e gli affari, ciò significava che si verificavano sempre più scambi e le banconote emesse circolavano di più. I problemi iniziarono a emergere quando i viaggiatori, andando da una città all'altra, portavano banconote dalla loro città in quella nuova. Ad esempio, se un mercante viveva a New York, e doveva andare a Boston, avrebbe utilizzato le sue banconote per il commercio o per finanziare il viaggio. La maggior parte delle attività di Boston non accettava quelle banconote, poiché non ne conosceva l'affidabilità creditizia, quindi il mercante doveva recarsi in una banca locale, o in un mercato monetario, dove i trader valutavano il valore della banconota e la scambiavano con una locale, solitamente sotto il pari (ad esempio, acquistavano le banconote di New York a 90 centesimi sul dollaro).

Quindi le banconote di New York potevano accumularsi in una banca di Boston e, senza un sistema di riserva corrispondente, non c'era modo di regolare questi crediti se non ricevendo fisicamente le banconote e convertendole in oro o argento. Il problema è che, sapendo che molte delle banconote sarebbero state portate lontano e probabilmente non sarebbero state convertite in oro, molte banche locali avevano un incentivo a emetterne in quantità eccessive nella speranza che circolassero in luoghi lontani e non fossero mai riportate indietro per il rimborso in oro/argento fisico. Nonostante le sue imperfezioni, la struttura decentralizzata del sistema bancario pre-guerra civile concesse alle banche la libertà di esplorare autonomamente modi per migliorare il sistema. Non è ben noto che una di queste innovazioni fu una banca americana privata che portò organizzazione e praticità a numerose banconote emesse privatamente.

Presto nacquero le figure dei broker monetari, i quali acquistavano banconote a prezzo scontato dei viaggiatori e poi le trasportavano fisicamente nel luogo in cui erano state emesse per il rimborso in oro o argento. Questi broker erano odiati dai banchieri, ma svolgevano un ruolo essenziale in quanto contribuivano a limitare la crescita dell'offerta di denaro. Nel 1814 la New England Bank dichiarò il suo ingresso nel settore dei broker monetari; dieci anni più tardi erano diventate 6 le banche a livello nazionale che svolgevano tale compito. Il loro obiettivo, però, mutò col tempo: non tanto trarre profitto dal rimborso, ma piuttosto tenere a freno la quantità di banconote in circolazione. Credevano illusoriamente che così facendo, ci sarebbe stato un aumento nell'utilizzo delle loro banconote di qualità superiore, portando in ultima analisi a maggiori prestiti e profitti per esse. Tuttavia più ne acquistavano, più banconote di qualità ancora inferiore avrebbero preso il loro posto. Dato l'aumento del rischio associato, una di queste banche, la Suffolk Bank, propose ad altre sette banche locali l'istituzione di un fondo congiunto per acquistare e restituire le banconote alle banche emittenti. Questa coalizione, denominata Associated Banks, raccolse $300.000 per questo scopo. Col passare del tempo la Suffolk Bank avrebbe acquisito sufficiente forza per operare in modo indipendente. Inoltre aveva l'influenza necessaria per costringere le banche di altri stati a depositare oro e argento presso di essa, facilitando così il rimborso delle banconote. Nel 1838 quasi tutte le banche del New England rimborsavano le proprie banconote tramite la Suffolk Bank.

Essa forniva un servizio cruciale: accettava, alla pari, tutte le banconote depositate da altre banche del New England, accreditando i conti delle banche depositanti il ​​giorno successivo. Agendo come “stanza di compensazione”, la Suffolk Bank facilitò un sistema in cui qualsiasi banca del New England poteva ora accettare le banconote di qualsiasi altra banca, indipendentemente dalla distanza geografica, al loro valore nominale. Ciò ridusse significativamente il tempo e gli inconvenienti associati alla richiesta di rimborso in oro/argento da ciascuna banca. Inoltre si sviluppò un senso di certezza che le banconote delle banche associate al sistema Suffolk sarebbero state onorate alla pari. Questa garanzia inizialmente guadagnò terreno tra i colleghi banchieri e alla fine permeò la popolazione in generale. La fiducia è l'asset più potente di una banca e la più grande passività se viene persa. Lo strumento più potente della Suffolk per mantenere la stabilità era la sua autorità nel conferire l'adesione al sistema: ammetteva esclusivamente banche le cui banconote dimostravano una solida salute finanziaria. Sebbene non potesse impedire a una banca mal gestita di emettere banconote in eccesso, rifiutarne l'adesione garantiva che quelle banconote non avrebbero ottenuto un'ampia circolazione. Inoltre le banche associate che affrontavano una cattiva gestione potevano essere rimosse dall'elenco delle banche del New England approvate dalla Suffolk.

In sostanza, funzionava come una banca centrale che garantiva l'integrità delle altre banche. Così facendo, trasformò il New England in un baluardo di stabilità monetaria in un periodo in cui il resto dell'America era alle prese con turbolenze monetarie. Sebbene la banca alla fine fallì e fu liquidata, la Suffolk servì da prototipo di banca di riserva.

Le banche di riserva sarebbero esistite nelle principali città e avrebbero facilitato la negoziazione delle riserve bancarie. Il sistema bancario divenne così una struttura piramidale, in cui le banche di riserva più grandi erano custodi del denaro di centinaia di banche cittadine, le quali, a loro volta, erano custodi del denaro di migliaia di banche rurali. Quando fu creata la Federal Reserve, non fu un'idea nuova e innovativa: fu semplicemente un adattamento del sistema che esisteva prima. La novità era la stampa di denaro approvata legalmente, la capacità di una banca centrale di prestare quantità illimitate di riserve bancarie a banche in crisi e soddisfare le loro esigenze di gestione del capitale. Prima della FED, le banche di riserva erano limitate nella quantità di prestiti che potevano creare senza rischiare l'insolvenza. Queste misure di “check and balance” impedivano un azzardo morale diffuso e sottovalutato, e i padri fondatori questo lo sapevano, ecco perché la Costituzione americana sancisce che una creatura come la FED non poteva essere creata sul suolo americano. Ed è il motivo per cui si trova a Washington DC. Per quanto, a livello ufficiale, il suo ruolo sia quello di guardiano della “stabilità monetaria”, a livello ufficioso serviva a scongiurare la fine di interessi stabiliti come quelli della Suffolk: costringere le banche ben capitalizzate a salvare quelle meno capitalizzate.

Questo sistema, nonostante fosse ancora basato sul gold standard, ora eliminava la necessità di oro fisico, anzi persino dollari (per le banche), perché le riserve bancarie potevano essere scambiate tra istituzioni che cercavano di puntellare la loro solvibilità. Le riserve rappresentavano un diritto su oro fisico o denaro contante, ma raramente venivano rimborsate, quindi la creazione di credito poteva essere ampliata più che mai. La maggior parte del denaro in questo senso era ora “denaro fantasma”, un derivato di terz'ordine della moneta base, ovvero l'oro. Si trattava di registrazioni sui libri contabili interni della banca di riserva, non esistevano da nessun'altra parte.


COS'È L'EURODOLLARO?

Questa anamnesi storica è propedeutica per capire non solo l'evoluzione del sistema bancario ombra, ma soprattutto per avere uno schema in mente da poter replicare adesso su scala maggiore. Infatti è possibile traslare quanto descritto finora a livello internazionale. Ma andiamo con ordine. La creazione di denaro è sempre stata ad appannaggio del sistema bancario commerciale nel suo complesso, quello centrale invece rappresentava una sorta di “smorzatore” o “attenuatore” degli eccessi che potevano verificarsi sulla scena economica. Le nuove riserve create dal sistema bancario centrale, infatti, servivano semplicemente a puntellare eventuali eccessi e spalmarli sull'intera economia. Ovviamente non agiva in risposta a qualsiasi crisi, come ad esempio accadde nella prima parte della decade del 1930 quando furono lasciate fallire migliaia di piccole banche negli USA durante la Grande depressione. Per quanto incredibile possa sembrare, la FED non era la banca centrale degli Stati Uniti ma una succursale di quella inglese e questa affermazione venne inizialmente corroborata dell'interventismo attivo della banca centrale americana durante i Ruggenti anni venti per impedire che la BoE vedesse defluire tutto il suo oro dalla nazione.

La presunta obsolescenza dell'Impero inglese dopo la Prima guerra mondiale era un bluff, dato che i capitali che volavano verso ovest avevano il preciso scopo di costruire il famoso complesso militare-industriale di cui Eisenhower mise in guardia gli americani. L'élite europea, che oggi chiamiamo cricca di Davos, ha sempre agito in questo modo: inonda un posto di capitali a basso costo, si ingrazia l'aristocrazia del luogo, lo fa sviluppare e poi come uno sciame di locuste consuma tutto. È un modello che è stato replicato più volte nella storia ed è di design prettamente inglese. Ancora adesso possiamo vederlo all'opera. Tornando a noi, invece, se gli inglesi non erano riusciti ad ammansire la loro colonia con la forza nel XVIII secolo, ci riuscirono nel XX con l'istituzionalizzazione della Federal Reserve e l'illusione che fossero alleati degli americani. L'avversione storica da parte americana al sistema bancario centrale istituzionalizzato era una consapevolezza di come la nazione sarebbe potuta cadere sotto l'influenza straniera nel caso in cui una concentrazione di potere così densa avrebbe potuto rappresentare una preda facile per chi avesse avuto l'intenzione di catturarla. La decentralizzazione statale americana, l'indipendenza che ogni stato ha conservato sulla scia della Guerra d'indipendenza, erano stratagemmi dei Padri fondatori per impedire a un qualsiasi agente malevolo di infiltrarsi e distruggere la nazione dall'interno.

La nascita della Prima e della Seconda banca degli Stati Uniti nel XIX secolo erano i tentativi primi per creare un tale cavallo di Troia. Ma come la storia ci ha insegnato, tutto ciò non fu sufficiente ad arginare la creazione di una banca centrale... sul suolo extra statunitense. È alquanto buffo notare come la trasformazione della FED, da presunto “guardiano passivo” degli eventi economici a figura attiva, è coincisa con la giravolta di Keynes su temi economici (rispetto alle sue posizioni espresse in The Economic Consequences of Peace e A Tract on Monetary Reform) e la sua assunzione a figura di riferimento per quanto riguardava le linee di politica da seguire a livello mondiale. Non vi suona familiare? Le voci contrarie, quali quelle di Hayek, Robbins e altri, silenziate e relegate ai margini del dibattito pubblico (nonché minacciate di estromissione dalla vita accademica). Un unico piano e un'unica linea di politica socioeconomica cristallizzati nella General Theory. Se gli ultimi 5 anni ci hanno insegnato qualcosa, è che la storia si ripete... o per meglio dire, si spingono determinati eventi affinché si possa ripetere.

Attenzione, questo non per dire che gli Stati Uniti sono stati una nazione passiva e completamente conquistata dagli inglesi. L'influenza esercitata oltreoceano, però, ha mosso le leve giuste affinché i risultati andassero a vantaggio dell'Inghilterra. Nella seconda parte esploreremo meglio questo tema, adesso limitiamoci a far scorrere il tempo e osservare come l'evoluzione del sistema bancario e monetario abbia creato un elefante talmente grande nella stanza da oscurare persino la sua presenza. Infatti, come suggerito all'inizio di questa sezione del saggio, portiamo a un livello superiore quanto appreso in quella precedente: immaginiamo, adesso, che il cambio delle banconote non avvenga più a livello nazionale (tra città statunitensi) ma a livello internazionale (tra capitali mondiali). Il sistema introdotto a Bretton Woods rendeva il dollaro la valuta di riferimento a livello mondiale per quanto riguardava il saldo tra Paesi, l'unica rimasta ad aver un ancoraggio (per quanto lasco) all'oro. Di conseguenza i dollari che uscivano dagli USA dovevano essere poi convertiti in valute locali (come marco, lira, franco, sterlina, ecc.). E uno degli eventi storici che più ha alimentato questo meccanismo è stato il Piano Marshall; infatti secondo alcuni punti di vista si potrebbe dire che il sistema dell'eurodollaro nacque esattamente da suddetto Piano.

Un inciso qui è d'obbligo. Sebbene molti possano pensare che l'eurodollaro sia una sorta di valuta a parte, in realtà si sbagliano: detto in parole povere, sono dollari che circolano all'estero. Così come il sistema bancario ombra non è affatto costituito da società, aziende, o istituti di credito che agiscono al di fuori di regolamenti e regole. No, sono entità che esistono “alla luce del sole” ma che, per usare un termine improprio e allo stesso tempo esplicativo, hanno una doppia contabilità.

In realtà, così come ogni altra cosa sui mercati, è stata la consuetudine a far sviluppare il fenomeno e poi la sua sedimentazione nelle pratiche “comuni” ha potuto far affermare che fosse nato. Per quanto disfunzionale o prono all'azzardo morale, non si può non riconoscere la natura di mezzo di scambio dell'eurodollaro e la sua elevata liquidità. Sebbene il rovescio della medaglia fosse un'elevata probabilità di disseminare l'ambiente economico di errori da correggere in futuro, il progresso abilitato a livello mondiale è innegabile. Il problema col denaro fiat, da che mondo è mondo, è solo uno: è dannatamente facile farsi sfuggire le cose di mano e andare fuori controllo. Ed è esattamente così che sono andate le cose. Vi prego ancora una volta di tenere a mente l'esempio storico riportato nella sezione precedente, perché è esplicativo di come si siano svolti gli eventi a livello internazionale poi, quando sulla scia di Bretton Woods il dollaro è diventato a tutti gli effetti valuta di riserva mondiale. Per quanto Robert Triffin avesse capito il malessere, non aveva capito l'origine. Infatti le stesse dinamiche viste in precedenza a livello nazionale si ripresentarono anche a livello internazionale, con la necessità di un surrogato della Suffolk Bank che in qualche modo “frenasse” la crescita dell'offerta di denaro. Ma quale offerta di denaro stava crescendo? Ancora si era ignari del problema causato dalla circolazione dei dollari all'estero.

La creazione di entità sovranazionali, come la Banca Mondiale e l'FMI, non furono affatto d'aiuto. Anzi hanno acuito il malessere. Le criticità, gli errori economici, saltarono fuori dopo più di un decennio dopo il Piano Marshall a causa del fatto che la guerra aveva distrutto enorme capitale (finanziario e umano) sul suolo europeo, quindi la ricostruzione dello stesso e il raggiungimento del benessere (al pari di quello statunitense) mascherarono il tutto. All'epoca, comunque, c'era ancora un freno all'azzardo morale rappresentato dall'oro, il quale poteva essere rimborsato su richiesta cedendo dollari. La creazione ombra di quest'ultimi, man mano che i problemi economici spuntavano qua e là a livello internazionale e i bilanci arrivavano a saturazione, aveva altresì creato rivendicazioni fasulle sul metallo giallo. Quest'ultimo è finito a differenza dell'infinita quantità a cui può arrivare il denaro fiat, tracciato o meno. Il deflusso di oro allarmò non poco le autorità statunitensi che decisero di creare, insieme ai loro “partner” inglesi, il London Gold Pool: un nuovo strato burocratico da aggiungere a quelli esistenti per cercare di frenare un fenomeno che iniziava a creare grattacapi agli USA. Ma come per ogni cosa che riguarda la vita umana, se non si arrestano le cause di un qualcosa, gli effetti andranno avanti e si aggraveranno. E così è stato fino ad arrivare al famoso 15 agosto del 1971 quando gli USA uscirono unilateralmente dalla finestra dell'oro.

Le autorità statunitensi avevano intuito che ci fosse qualcosa di sbagliato nel sistema, ma non riuscivano a capire esattamente cosa fosse e per guadagnare tempo decisero di legare il dollaro a un'altra commodity: il petrolio. L'offerta più flessibile di quest'ultimo permetteva di avere una copertura, per quanto lasca, del dollaro e allo stesso tempo ottenere il tempo necessario per identificare il problema. La grande inflazione degli anni '70, così come le carenze di benzina sul suolo statunitense, furono figlie di una delle prime grandi crisi dell'eurodollaro e del cerotto messo dalla Federal Reserve tramite un'ingente stampa di denaro supervisionata allora da Arthur Burns. Inutile ricordare che non servì a niente, anzi l'allentamento monetario e l'abbassamento artificiale dei tassi d'interesse non fecero niente per promuovere una crescita reale. Così facendo, infatti, gli USA stavano solamente dando più corda al sistema eurodollaro con cui impiccarsi. Si stava ponendo sul piatto la prosperità americana affinché fosse spolpata all'estero e permettesse un ambiente economico internazionale in cui i pasti gratis potevano essere presumibilmente portati avanti all'infinito.

La cosiddetta “cura Volcker” mise un freno a tutto ciò quando avviò un ciclo feroce di rialzo dei tassi e frenò la crescita dell'offerta di denaro. In quel momento gli USA iniziarono a capire qualcosa, ma non durò molto. La recessione risultate in patria costò la rielezione a Carter, all'estero invece la forza del dollaro scaraventò nel caos economico le altre nazioni. Le cose sembravano essersi risolte. Non bisogna scordarsi, comunque, che all'epoca i bilanci pubblici e privati erano ancora perlopiù sgombri e il Picco del debito era un ectoplasma. Ciò diede un impulso non indifferente a quella che oggi conosciamo come “finanziarizzazione dell'economia”: detto in parole povere, venne allungata la catena degli intermediari finanziari. Uno dei temi più importanti che affronta il mio ultimo libro, Il Grande Default, è esattamente questo: porta alla luce il cosiddetto “mistero dell'attività bancaria ombra”, dove il falso senso di sicurezza rappresentato da una quantità smodata di intermediari finanziari tra l'asset acquistato dall'investitore e chi lo emette è sintomo di ponderazione errata del rischio piuttosto che di diversificazione dello stesso. La globalizzazione commerciale, ovvero l'allungamento delle supply chain, non era altro che un riflesso della globalizzazione finanziaria, ovvero l'allungamento delle catene degli intermediari finanziari. Gli Accordi del Plaza sancirono questa “rinascita” e strada verso l'inferno economico, per quanto inizialmente apparisse un paradiso. Inutile dire che, data la pulizia effettuata dalla FED con la “cura Volcker” e la presenza di bilanci sgombri da poter saturare, il senso di crescita infinito permeò i vari ambienti finanziari portando a quello scoppio di benessere durato circa 20 anni. O perlomeno fino allo scoppio della bolla dotcom.

Le cose lì iniziarono a incrinarsi di nuovo. Perché? Il primo motivo: i bilanci iniziavano a saturarsi. Il secondo motivo: l'indicizzazione dei debiti mondiali al LIBOR faceva in modo che i guai interni di altre nazioni si ripercuotessero indirettamente sugli Stati Uniti, costringendo la FED a intervenire anche quando internamente non c'erano problemi o la nazione poteva permettersi di sopportare tassi d'interesse più alti. Un esempio propedeutico a tal proposito è il contagio che mandò quasi in bancarotta LTCM. A riprova tra l'altro che l'overstretching delle catene degli intermediari stava raggiungendo il picco. Il 2001 non fu altro che il proverbiale canarino nella miniera, evidenziando una falla ormai strutturale prossima ad andare fuori controllo. E ciò accadde sette anni dopo, dove la crisi del 2008 non rappresentò altro che una corda che si spezza. Il mercato dell'eurodollaro era stato tirato troppo a livello di leva finanziaria e riserva frazionaria, seminando in lungo e in largo nei bilanci dei vari istituti finanziari fragilità sistemiche tali da rompere il giocattolo più importante: quello della fiducia. La saturazione dei bilanci, nazionali e privati, non aiutò affatto a rimettere a posto le cose; così come i vari giri di quantitative easing non fecero nulla. Per quanto la FED cercasse di puntellare il sistema attraverso la creazione e lo stoccaggio di riserve in eccesso, esse erano una parte infinitesimale della reale necessità per coprire in pieno la mole di asset ombra che circolava.

Che il sistema fosse “al di là della redenzione” era ormai chiaro a tutti e, come ho scritto più ampiamente nel mio ultimo libro, Il Grande Default, è accelerata la scalata ostile agli USA per far emergere l'Europa come unico “porto sicuro” per il capitale in fuga. In mancanza di alternative, sarebbe stato più facile forzare un haircut in gola agli obbligazionisti, mettere una toppa al debito pubblico, applicare controllo capillare tramite CBDC e far tornare a girare la ruota per criceti. Le grandi banche commerciali statunitensi hanno detto “Niet!”, soprattutto nel 2016 (Brexit, prima elezione di Trump) e nel 2017 (inizio lavori per l'SOFR). L'amministrazione Obama, avendo lavorato in modo più spavaldo delle altre per vandalizzare il tessuto socioeconomico degli Stati Uniti, ha permesso ai cosiddetti New York Boys di capire finalmente cosa dovevano fare per arginare le infiltrazioni esterne nel processo decisionale degli USA e riprendersi il controllo della politica monetaria della nazione: isolare l'America dal resto del mondo, accorciando la catena degli intermediari e togliendo loro il nutrimento. Come? Prosciungando il mercato degli eurodollari. La contrazione della globalizzazione e la regionalizzazione delle supply chain è stato un riflesso di tale decisione.

Arrivati a questo punto, però, mi rendo conto che i lettori potrebbero chiedersi ancora: ma cos'è l'eurodollaro? Facciamo un esempio più pratico, e di stampo odierno, per capire come questo strumento è stato usato in modo intenzionalmente scriteriato. Immaginiamo un istituto di credito X. Esso accende un prestito in yen dato che i tassi impostati dalla BoJ sono negativi a livello reale; vende poi la nuova liquidità per dollari e con essi si rivolge a un money market fund dove acquista un T-bill americano; ora mettiamo che la FED taglia i tassi, il titolo in possesso di X aumenta di valore e può essere venduto permettendogli di avere nuovamente dollari con cui ripagare il prestito originale e comprare nuovi titoli fruttiferi, oppure prestarli (a riserva frazionaria). I dollari creati in questo modo non solo sfuggono alle metriche ufficiali, visto che vengono posseduti al di fuori dei confini statunitensi, ma creano una pressione inflazionistica sulla FED affinché soddisfi una domanda di dollari che non può tenere a bada. Non solo, ma è possibile anche usare i titoli americani come collaterale per creare prodotti finanziari da vendere in tranche: la parte senior collateralizzata con i bond americani, quella mezzanina dalle riserve in dollari dell'istituto X e quella junior dal suo bilancio stesso. La vendita di questi titoli di dubbia qualità è esplosa in particolar modo durante il periodo della ZIRP, quando la fame per rendimenti decenti da parte dei vari istituti finanziari li ha costretti a ignorare il rischio e comprare titoli spazzatura di ogni genere (soprattutto i fondi pensione che sono vincolati a rendimenti annuali fissi a causa delle prestazioni che devono erogare).

Questo esempio semplicistico riguarda una parte infinitesimale delle dinamiche con cui vengono a crearsi dollari dal nulla e al di fuori del controllo della FED, ce ne sono molte altre. Anni fa la metrica monetaria M3 negli Stati Uniti teneva traccia di una piccola parte della profondità del mercato degli eurodollari, ma adesso anche tale tracciamento è stato abbandonato. Questo dà l'idea di quanto sia ingarbugliato e nascosto questo mercato, tanto che è impossibile dare cifre precise. Questi dollari “fantasma”, intermediati fino a poco tempo fa dal LIBOR e quindi dalla City di Londra, hanno incentivato a loro volta la proliferazione di intermediari che facilitassero la loro circolazione: hedge fund, money market fund, fondi di assicurazione, ecc. sono tutti saliti sul carro e hanno usato i loro bilanci per creare una “doppia contabilità”, dando vita a quel sistema noto comunemente come “sistema bancario ombra”. Mentre la politica ha ingessato quanto più possibile il sistema bancario commerciale, ritenendolo la causa unica dei malesseri economici, la “domanda di aggiramento” è cresciuta di ordini di grandezza senza pari alimentando, quindi, un sottobosco di intermediari finanziari che potessero aggirare suddetti regolamenti.

Senza contare che quanto presentato nell'esempio sopra è solo un minuscolo granello di sabbia rispetto alla mole reale di scambi che avvengono ogni ora; ovvero, moltiplicate il tutto per 1000, 10.000 o addirittura 100.000. Gli ordini di grandezza, in realtà, nessuno li sa per certo. Ecco perché la FED è focalizzata sulla contrazione della leva nel mercato degli eurodollari, in modo da recuperare il controllo sulla politica monetaria della nazione e ricostruire la fiducia in essa. Senza fiducia tra gli istituti finanziari e di credito, non c'è via d'uscita dalla stagnazione che ha catturato il mondo intero. E un tassello importante per ricostruirla passa dalla sottomissione dei principali sfruttatori del mercato degli eurodollari, i quali l'hanno usato a proprio vantaggio e a svantaggio degli USA causando gran parte delle deformazioni economiche di cui siamo tuttora testimoni: Bruxelles e Londra.

Nelle prossime parti vedremo come si inseriscono in questo disegno Londra e Tokyo, ma soprattutto analizzeremo il motivo per cui Bitcoin viene benedetto dagli USA. Con esso hanno a portata di mano una soluzione al dilemma di Triffin.


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