Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/siria-un-caso-di-follia-a-palate)
Se mai c'è stato un momento che ha messo a nudo l'assoluta stupidità e futilità della politica “Empire First” di Washington, è sicuramente quello delle rovine fumanti della Siria. Quest'ultima è stata il culmine inconcludente dei 13 anni di sforzi di Washington nel voler distruggere il suo legittimo governo, sostenendo che Assad era un brutale tiranno e un saccheggiatore della misera ricchezza del Paese.
Il fatto è che probabilmente era proprio questo, e potrebbe benissimo essere stato tra i peggiori delle decine di tiranni che opprimono i loro cittadini in nazioni grandi e piccole in tutto il mondo, ma forse Dio Onnipotente ha consacrato Washington come una specie di Buon Pastore planetario incaricato di portare un governo giusto e gentile a tutti i popoli del pianeta?
Penso proprio di no. Infatti il mantenimento di una Repubblica costituzionale sostenibile, prospera e libera richiede fedeltà all'opposto: un sistema di governo piccolo e solvente, anche lato Pentagono. Di conseguenza l'unico scopo della politica estera dovrebbe essere la salvaguardia della sicurezza e della libertà della patria, non il controllo dell'etichetta di governanti dall'altra parte del globo che non rappresentano alcuna minaccia militare alla sicurezza della nostra patria.
Eppure Washington ha ritenuto opportuno, nell'ultimo decennio e mezzo, di pompare più di $40 miliardi in aiuti militari palesi e segreti, sostegno economico e assistenza umanitaria a una pletora di forze di opposizione siriane senza alcuno scopo evidente in merito a sicurezza nazionale. Al contrario, la spesa di tutto questo capitale politico è stata progettata solo per effettuare un cambio di regime a Damasco ed espellere il governo di Assad dal suo controllo su quelle che, fino a poche settimane fa, erano le restanti aree bianche della mappa qui sotto.
Eppure le regioni colorate che circondano quello che ora è il vuoto della caduta di Assad vi dicono tutto quello che c'è da sapere sulla follia di questa impresa e sul perché in verità Washington ha dato alla luce un altro stato fallito; e lo ha fatto ancora una volta con il pretesto di combattere il terrorismo, questa volta la banda di jihadisti dell'ISIS che hanno piantato le loro bandiere nere nelle polverose città dell'Alto Eufrate con al centro Raqqah (area viola).
La verità è che le aree bianche, tra cui la regione di Damasco precedentemente controllata dal governo di Assad, erano il vero baluardo contro una rinascita dei tagliagole dell'ISIS, emersi nel 2014 dalle ceneri del fallito intervento di Washington per il cambio di regime in Iraq. Quindi anche se la scelta fosse stata tra il male minore, chiunque avesse avuto la testa sulle spalle avrebbe potuto vedere che rafforzare, o almeno tollerare tacitamente, il regime laico e pluralista alawita di Damasco era di gran lunga preferibile ai fanatici del Califfato dell'ISIS.
Detto in altri termini, una debacle in Iraq avrebbe sicuramente dovuto giustificare un ripensamento sul continuare a perseguire un secondo tentativo di cambio di regime nella vicina Siria. Dopo tutto, la minaccia dell'ISIS che aveva afflitto la Siria orientale era stata la progenie del disastroso intervento di Washington contro Saddam Hussein. Infatti, come nel caso di Assad, Hussein non aveva rappresentato alcuna minaccia per la sicurezza nazionale americana, ma era stato comunque trattato con la terapia “shock and awe” di un massiccio attacco militare e la forca perché era stato accusato di essere un tiranno saccheggiatore degli avidi emiri che governavano i giacimenti petroliferi della porta accanto.
Ahimè, i geni del cosiddetto “Empire First” sulle rive del Potomac non hanno capito niente di tutto questo. Il loro piano geniale era di sbarazzarsi sia dei jihadisti dell'ISIS che del regime di Assad allo stesso tempo. Ma nel tentativo di farlo hanno finito per creare due nuovi mostri militarizzati dalle dislocazioni economiche e dagli scontri tribali che sono derivati dalla stessa guerra civile che avevano scatenato.
Il precedente territorio controllato dall'ISIS in viola è ora controllato dalle milizie curde SDF (Syrian Democratic Forces) finanziate dagli Stati Uniti. Queste ultime sono il nemico mortale del presunto alleato NATO di Washington, la vicina Turchia, la quale combatte i curdi da decenni.
Infatti, a causa di questa minaccia, la Turchia ha sostenuto e finanziato l'SNA (Esercito Nazionale Siriano) anti-curdo, il quale occupa le terre di confine in giallo. Qualche anno fa l'SNA si chiamava FSA (Esercito Siriano Libero), un'idea sostenuta e gestita dalla CIA e del defunto senatore John McCain, il quale non ha mai incontrato un Paese in Medio Oriente che non desiderasse invadere e occupare.
Nel frattempo neanche i jihadisti erano stati eliminati, come aveva trionfalmente affermato Trump quando Washington aveva bombardato Raqqa e le aree circostanti nel 2017, e aveva anche finito il suo leader terrorista, Abu Bakr al-Baghdadi, nel 2019. Come l'SNA il contingente jihadista si era semplicemente trasformato. Due volte.
Quello che oggi è HTS (Hay'at Tahrir al-Sham), che apparentemente controlla il corridoio rosso da Aleppo fino a Damasco, era precedentemente noto come Fronte Nusra. Questo quando il suo attuale leader, Abu Mohammad al-Julani, era un jihadista. Nel 2011 era stato inviato nella Siria orientale per fomentare una rivolta dal suo mentore e terrorista, il già citato al-Baghdadi. Entrambi erano laureati in quella scuola di formazione carceraria per jihadisti sunniti a Camp Bucca in Iraq, in seguito soprannominata “Washington's Jihadi University”. Questa mostruosità da 20.000 prigionieri era stata fondata dai proconsoli di Washington dopo la caduta di Saddam come parte della folle campagna di de-batificazione nel 2003.
Alla fine del decennio scorso Washington aveva inasprito la sua campagna di liberazione dell'Iraq e stava tentando di liberarsi dalla sua fallita disavventura militare multimiliardaria. Di conseguenza si impegnò a svuotare suddetta prigione sovraffollata in quella che è diventata nota come la “Grande liberazione carceraria del 2009”, rimettendo in libertà 5.700 detenuti di massima sicurezza dalla prigione di Bucca. Tra questi c'erano Baghdadi e Julani.
Mentre il primo organizzava e guidava la rivolta sunnita a Mosul e nella provincia di Anbar nell'Iraq occidentale, il Fronte al-Nusra fu fondato come entità separata in Siria da al-Julani. Inizialmente era una propaggine di al-Qaeda in Iraq, ma nell'aprile 2013 al-Baghdadi annunciò che il Fronte al-Nusra si era fuso con l'ISIS per formare lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL).
Tuttavia al-Julani e il Fronte al-Nusra rifiutarono questa fusione e presero strade separate, assumendo il ruolo di forza jihadista indipendente con base nella Siria occidentale e roccaforti a Idlib e Aleppo. In seguito il suo Fronte al-Nusra guidò la conquista di questa regione nel 2015 sotto la bandiera di Jaish al-Fatah (l'Esercito della Conquista). Quest'ultimo fu, a sua volta, descritto all'epoca dalla rivista Foreign Policy come una “sinergia” di jihadisti e armi occidentali.
Anni dopo il funzionario statunitense Brett McGurk non esitò a definire la base di Idlib di al-Julani come “il più grande rifugio sicuro di Al-Qaeda sin dall'11 settembre”. Naturalmente il ruolo cruciale delle armi e degli aiuti strategici statunitensi nel favorire questo successo jihadista non venne menzionato.
Allora perché gli USA hanno fornito armamenti al Fronte al-Nusra? Un rapporto della Defense Intelligence Agency (DIA) dell'agosto 2012, scritto sotto gli auspici del generale Michael Flynn, fece uscire la verità: i neoconservatori e gli egemonisti di Washington avevano deciso di sostenere l'istituzione di un “principato salafita” nella Siria orientale e nell'Iraq occidentale come parte dello sforzo per deporre il presidente Bashar al-Assad e dividere il Paese.
Il rapporto della DIA affermava che l'obiettivo degli Stati Uniti era un mini-stato religioso del tipo istituito in seguito dall'ISIS come suo “califfato”, pur ammettendo che la cosiddetta rivoluzione siriana che cercava di rovesciare il governo di Assad era guidata da “salafiti, Fratelli Musulmani e al-Qaeda”.
Infatti, come indicato sopra, i semi di questo principato salafita erano stati piantati quando l'allora leader dell'ISIS, Abu Bakr al-Baghdadi, aveva inviato Julani in Siria nell'agosto 2011. Il famoso giornalista libanese, Radwan Mortada, che era incorporato con i combattenti di Al-Qaeda dal Libano in Siria, incontrò Julani nella città centrale siriana di Homs in quel periodo. Mortada informò i suoi lettori che Julani era ospitato dalle Brigate Farouq, una fazione dell'FSA con sede nella città, e che era un gruppo salafita settario che includeva combattenti che avevano combattuto per al-Qaeda in Iraq dopo l'invasione statunitense del 2003.
Pochi mesi dopo Julani e i suoi combattenti entrarono in guerra contro il governo siriano eseguendo molteplici attacchi terroristici. A Damasco, nel dicembre 2011, Julani inviò attentatori suicidi per colpire la Direzione generale della sicurezza del governo siriano, uccidendo 44 persone, tra cui civili e personale di sicurezza. Due settimane dopo, nel gennaio 2012, Julani inviò un altro attentatore suicida per far esplodere degli esplosivi vicino a un autobus nel distretto di Midan a Damasco, uccidendo circa 26 persone.
Questi fatti sanguinosi, che coincidono con la fondazione del “Fronte di supporto al popolo del Levante”, o Fronte al-Nusra, furono rivelati dopo che al giornalista Mortada fu fornito un video in cui Julani e altri uomini mascherati annunciavano l’esistenza del gruppo e rivendicavano la responsabilità degli attacchi. Questa è quindi la discendenza del leader e del gruppo che presumibilmente ha “liberato” la Siria dalle grinfie della famiglia Assad.
In ogni caso, quando l'epicentro dell'ISIL con sede a Raqqah fu demolito dopo il 2017, il Fronte al-Nusra resistette, cambiando il suo nome in Hayat Tahrir al-Sham (HTS) nell'ottobre 2017. Questo rebranding faceva parte di uno sforzo per prendere le distanze da al-Qaeda e ristrutturare il gruppo fondendosi con diverse altre fazioni jihadiste.
Per diversi anni HTS è rimasta confinata nella sua ristretta base territoriale di Idlib, anche se assalita da continui attacchi da parte delle forze di Assad e dei suoi alleati russi nella zona.
Tuttavia al-Julani ha resistito, reinventando sé stesso di recente come Ahmed al-Sharaa, che è il suo vero nome. Ora porta una barba ancora più corta rispetto alla seconda foto qui sotto e a volte indossa persino una cravatta, mentre afferma di essere un “amico della diversità” di tutti i siriani: cristiani, alawiti, drusi ecc. Vale a dire, gli stessi ex-nemici infedeli del Califfato che in precedenza al-Julani aveva decretato di dover mandare a morte per antico ordine dello stesso Profeta.
In breve, la Siria è ora destinata a diventare un caos ben peggiore di quello della Libia dopo la sua liberazione da parte di Hillary Clinton nel 2011. Come è evidente da quanto sopra, è necessario un elenco di giocatori per iniziare a comprendere la follia che si sta svolgendo lì, ma la sempre astuta Moon of Alabama ha riassunto lo stato delle cose nel miglior modo possibile:
Ora è altamente probabile che il Paese crollerà. Attori esterni e interni cercheranno di catturare e/o controllare quante più parti del cadavere possibile.
Ne seguiranno anni di caos e conflitti.
Israele sta prendendo un'altra grande quantità di terra siriana. Ha preso il controllo della città siriana di Quneitra, insieme alle città di Al-Qahtaniyah e Al-Hamidiyah nella regione di Quneitra. È anche avanzato nel monte Hermon siriano e ora è posizionato a soli 30 chilometri dalla capitale siriana.
Sta inoltre smilitarizzando la Siria bombardando ogni sito di stoccaggio militare nel suo raggio d'azione. Le posizioni di difesa aerea e le attrezzature di sollevamento sono i suoi obiettivi principali. Per anni a venire la Siria, o qualsiasi cosa possa evolversi da essa, sarà completamente indifesa contro gli attacchi esterni.
Israele è per ora il grande vincitore in Siria, ma con gli inquieti jihadisti ora proprio sul suo confine, resta da vedere per quanto tempo durerà.
Gli USA stanno bombardando il deserto centrale della Siria. Sostengono di colpire l'ISIS, ma il vero obiettivo è qualsiasi resistenza locale (araba) che potrebbe impedire una connessione tra l'Est della Siria controllato dagli USA e il Sud-ovest controllato da Israele. Potrebbero esserci dei piani per costruire ulteriormente questa connessione in un Eretz Israel, uno stato controllato dai sionisti “dal fiume al mare”.
La Turchia ha avuto e ha un ruolo importante nell'attacco alla Siria. Sta finanziando e controllando l'Esercito nazionale siriano (in precedenza Esercito siriano libero) e che sta principalmente usando per combattere i separatisti curdi in Siria.
Ci sono circa 3-5 milioni di rifugiati siriani in Turchia che l'aspirante sultano Erdogan vuole, per ragioni di politica interna, far tornare in Siria. Il caos in evoluzione non lo permetterà.
La Turchia aveva nutrito e spinto Hayat Tahrir al-Sham, derivato da al-Qaeda, a prendere Aleppo. Non si aspettava che andasse oltre. La caduta della Siria sta diventando un problema per la Turchia, poiché gli Stati Uniti ne stanno prendendo il controllo. Washington cercherà di usare HTS per i propri interessi che, detto con moderazione, non sono necessariamente compatibili con qualsiasi cosa la Turchia voglia fare.
Un obiettivo primario per la Turchia sono gli insorti curdi in Turchia e il loro sostegno da parte dei curdi in Siria. Organizzati come SDF, i curdi sono sponsorizzati e controllati dagli Stati Uniti. SDF sta già combattendo SNA di Erdogan e qualsiasi ulteriore intrusione turca in Siria sarà affrontata da loro.
SDF, supportato dall'occupazione statunitense della Siria orientale, ha il controllo dei principali giacimenti di petrolio, gas e grano nell'Est del Paese. Chiunque voglia governare a Damasco avrà bisogno di accedere a quelle risorse per poter finanziare lo stato.
Nonostante abbia una taglia da $10 milioni sulla sua testa, il leader di HTS, Abu Mohammad al-Golani, è attualmente descritto dai media occidentali come il nuovo leader unificante e tollerante della Siria. Ma HTS è di per sé una coalizione di jihadisti intransigenti provenienti da vari Paesi. C'è poco da saccheggiare in Siria e non appena quelle risorse saranno esaurite, inizieranno i combattimenti all'interno di HTS. Al-Golani riuscirà a controllare gli impulsi settari dei suoi compagni quando questi inizieranno a saccheggiare i santuari sciiti e cristiani di Damasco?
Negli ultimi anni la Russia ha investito meno nel governo di Assad di quanto sembrasse. Sapeva che Assad era diventato un partner per lo più inutile. La base russa nel Mediterraneo a Khmeimim nella provincia di Latakia è il suo trampolino di lancio verso l'Africa. Ci saranno pressioni da parte degli Stati Uniti su qualsiasi nuova leadership in Siria per cacciare i russi. Tuttavia, qualsiasi nuova leadership in Siria, se intelligente, vorrà tenere i russi dentro. Non è mai male avere una scelta alternativa se alla fine ce ne fosse bisogno. La Russia potrebbe benissimo rimanere a Latakia per anni a venire.
Con la caduta della Siria, l'Iran ha perso il principale anello del suo asse di resistenza contro Israele. Le sue difese avanzate, fornite da Hezbollah in Libano, sono ora in rovina.
Ma ecco la domanda cruciale: qual era esattamente il punto nel voler distruggere un piccolo Paese in gran parte senza sbocchi sul mare in Medio Oriente, con una popolazione di appena 20 milioni di persone, un PIL di soli $40 miliardi, un reddito pro capite di appena $2.000, nessuna risorsa naturale significativa oltre una miseria di 2,5 miliardi di barili di riserve di petrolio (pari a circa 30 giorni di produzione globale di petrolio), nessuna capacità siderurgica o industriale, nessun settore tecnologico, nessuna capacità di proiettare alcun potere militare oltre i propri confini e un settore dei consumatori così devastato dalle guerre civili istigate da Washington che le vendite totali di auto nel 2022 sono state di 478 unità?
Esatto. Nessuno!
In fin dei conti, nemmeno Washington è così stupido da sprecare $40 miliardi in questo fazzoletto di terra. Quello che è realmente successo qui è che, secondo i fanatici della dottrina “Empire First”, Assad doveva essere rimosso perché aveva gli alleati sbagliati e i vicini sbagliati. La demonizzazione della sua tirannia era solo una storia di copertura per il vero obiettivo: indebolire il suo alleato iraniano.
In quanto minoranza alawita, che è una branca dell'Islam sciita, Assad si era allineato con i suoi parenti sciiti a Teheran e aveva permesso che il territorio siriano venisse utilizzato da questi ultimi per trasportare armi e materiali agli alleati iraniani di Hezbollah nel Libano meridionale, il che rientrava pienamente nei suoi diritti sovrani, soprattutto perché Hezbollah aveva svolto un ruolo di primo piano nel governo di coalizione del Libano. Quindi distruggere quel nesso sciita è stata la vera ragione della guerra implacabile di Washington contro Assad e del suo incessante abbraccio e finanziamento di tutti i detriti e i rottami sgradevoli che filtravano dalla devastante guerra civile siriana.
Non esiste che la sicurezza interna dell'America fosse stata messa in pericolo dall'alleanza sciita Iran-Siria-Hezbollah, o dal fatto che uno stato sovrano membro di quell'alleanza (la Siria) abbia permesso che il suo territorio fosse utilizzato per trasportare armi e materiale. L'unica possibile ragione per la follia ventennale di Washington in Siria, quindi, è la proposizione che l'Iran sia una minaccia esistenziale per la libertà e la sicurezza della patria americana... a 6.400 miglia da Teheran.
È una barzelletta assurda, tanto per usare un eufemismo. Il PIL iraniano di $400 miliardi equivale a solo l'1,5% o cinque giorni di PIL degli Stati Uniti. Allo stesso modo, il suo budget militare di $25 miliardi è solo il 2,5% del mostro da $1.000 miliardi domiciliato al Pentagono.
La piccola Marina iraniana è composta per lo più da 67 motovedette costiere e imbarcazioni d'attacco veloci, nessuna delle quali può operare molto al di fuori del Golfo Persico. Inoltre non ha aerei a lungo raggio e il suo missile a più lungo raggio, il missile da crociera Soumar, non è nucleare e ha una gittata massima di 1850 miglia. Vale a dire, riesce a malapena a raggiungere il bacino del Mediterraneo e non riesce nemmeno a raggiungere città europee come Parigi, Berlino, Copenaghen, Londra, Stoccolma o Oslo, per non parlare di quelle che si trovano dalla nostra parte del fossato atlantico.
Infine l'Iran non è una potenza nucleare canaglia o una minaccia nucleare intenzionale, nemmeno secondo le 17 agenzie di intelligence dello Stato profondo che scrivono i cosiddetti NIE o National Intelligence Estimates. Questi hanno detto più e più volte che l'Iran ha abbandonato persino il suo programma di ricerca nucleare nel 2003, ha rispettato alla lettera l'accordo nucleare di Obama prima che Trump lo abbandonasse unilateralmente nel 2018, e anche ora sta solo arricchendo modeste quantità di uranio a livelli legali, come è sua prerogativa in quanto firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare.
In breve, l'Iran è la pignatta politica di Bibi Netanyahu, non un nemico della libertà e della sicurezza dell'America.
Se Washington non si fosse occupata dell'Impero al primo posto e, soprattutto, non si fosse lasciata trascinare, da alleati e clienti, in conflitti che non hanno alcuna attinenza diretta con la sicurezza della sua patria, Washington avrebbe sempre seguito il consiglio di Thomas Jefferson: perseguire un commercio pacifico con l'Iran e la Siria, anziché punirli con sanzioni paralizzanti e infiniti attacchi alla loro sovranità e al loro diritto di perseguire accordi di politica estera secondo i loro principi.
Cosa farebbe oggi una legittima politica estera improntata al principio “America First”?
Semplice: chiuderebbe le basi in Medio Oriente, rimanderebbe la Quinta Flotta al porto di origine in America, toglierebbe le sanzioni all'Iran e alla Siria, e riprenderebbe il commercio pacifico con tutte le nazioni disponibili nella regione.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Mi sembra un articolo un po' confuso, è chiaro che il medio oriente è per gli usa una pedina fondamentale per fare pressione sui suoi avversari atavici: cina e russia! vogliono quei territori, quelle risorse, non mi sembra una motivazione infondata
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