venerdì 17 gennaio 2025

Perché il progetto “America First” di Trump non richiede un budget per la sicurezza nazionale da $1.000 miliardi

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di David Stockman

(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/perche-il-progetto-america-first)

Se la politica estera incentrata sul cosiddetto “America First” di Donald Trump ha un significato, allora l'attuale bilancio per la sicurezza nazionale da $1.000 miliardi è il doppio di quanto effettivamente richieda uno scudo di difesa nazionale. Infatti non è esagerato dire che, nella ricerca incessante del proprio egoistico ingrandimento, il complesso militare/industriale ha gonfiato enormemente lo Stato militare americano quando ciò di cui c'è realmente bisogno nel mondo è qualcosa di più “piccolo”.

La base di questa sorprendente disconnessione risale alla storia della guerra fredda e alle sue conseguenze. La linea di politica sulla sicurezza collettiva del dopoguerra, le estese alleanze attraverso la NATO e i suoi cloni regionali, le capacità di proiezione di potenza militare a livello globale e una rete di 750 basi straniere sono state un errore storico epico. Hanno promosso l'opposto del cosiddetto “America First” e hanno definitivamente infranto la fiducia nella saggia ammonizione di Thomas Jefferson, il quale esortava a “[...] pace, commercio e onesta amicizia con tutte le nazioni, senza stringere alleanze con nessuna”.

Alla fine Washington è diventata la capitale mondiale della guerra e la sede di un regime politico improntato invece all'“Empire First”, abbracciato sia dai funzionari eletti che dalla numerosa nomenklatura del Deep State. Infatti il regime politico “Empire First” è diventato così profondamente radicato che persino 33 anni dopo che l'Unione Sovietica è scomparsa nel cestino della storia, si rifiuta di andare tranquillamente in pensione.

La ragione, ovviamente, è che l'elefantico stato militare americano non è mai stato fondato su una minaccia esterna oggettiva. Anche durante l'epoca sovietica, la circonferenza esagerata della macchina militare americana si basava su minacce provenienti da una burocrazia militare che cercava di assicurarsi i propri finanziamenti futuri e di espandere incessantemente le proprie missioni e competenze.

Che lo stato militare da mille miliardi di dollari di Washington sia radicato nell'autoperpetuazione interna piuttosto che in minacce esterne è evidente dal cane post-guerra fredda che non abbaiava. Vale a dire, gli archivi sovietici sono ora aperti, ma non c'è assolutamente nulla che convalidi l'assioma della guerra fredda secondo cui l'Unione Sovietica, insieme alla minaccia affiliata della Cina maoista, fosse determinata a dominare il mondo, a partire dall'Europa occidentale, dal Giappone e poi alle terre minori tutt'intorno.

Infatti gli archivi sovietici chiariscono che Mosca non ha mai avuto un piano, o anche solo una vaga aspirazione, a fortificare e scatenare offensivamente l'Armata Rossa verso Bonn, Parigi e Londra. La cosa più vicina a un piano per la mobilitazione militare verso ovest era il progetto “Sette giorni sul Reno”, ma quello era un piano di azione difensiva esplicitamente formulato per rispondere a un teorico primo attacco della NATO.

Secondo quel piano se la NATO avesse lanciato un attacco nucleare sulla Polonia, il Patto di Varsavia avrebbe risposto con un massiccio contrattacco mirato a sopraffare rapidamente le forze NATO nell'Europa occidentale. L'obiettivo era raggiungere il fiume Reno entro sette giorni, dividendo di fatto l'Europa e impedendo ai rinforzi NATO di raggiungere le linee del fronte nell'Europa orientale e potenzialmente imbarcarsi in una quarta invasione post-1800 della Madre Russia.

Infatti ciò che gli archivi sovietici mostrano in realtà non sono le deliberazioni di un minaccioso colosso, ma la cronaca di una lotta cronica per tenere insieme, con filo spinato e gomma da masticare, uno stato comunista ingombrante che non funzionava e non poteva durare.

Tuttavia fu la falsa paura di una marea rossa che scendeva sull'Europa, e in ultima analisi anche sull'emisfero occidentale, che consentì all'“Empire First” di superare la naturale e corretta tendenza dei politici di Washington a ritirarsi dietro i fossati oceanici sicuri dell'America dopo la seconda guerra mondiale. Infatti per un breve intermezzo si verificò una radicale smobilitazione militare, quando il picco di $83 miliardi del budget della difesa nel 1945 crollò a soli $9 miliardi nel 1948.

Ma quel tentativo sensato per la seconda volta nel XX secolo di smobilitazione postbellica e ritorno alla normalità in tempo di pace fu annullato nel 1949, quando l'Unione Sovietica ottenne la bomba atomica e Mao vinse la guerra civile in Cina. Da allora in poi la diffusione di basi, truppe, alleanze, interventi e guerre eterne procedette inesorabilmente sulla base del fatto che gli stati comunisti con sede a Mosca e Pechino rappresentavano una minaccia esistenziale per la sopravvivenza dell'America.

Non lo erano, nemmeno lontanamente. Come sostenne all'epoca il grande senatore Robert Taft, la modesta minaccia alla sicurezza nazionale rappresentata dal corpo devastato dalla guerra dell'Unione Sovietica e dal disastro collettivista imposto alla Cina da Mao avrebbe potuto essere facilmente gestita con:

• Una schiacciante capacità di ritorsione nucleare strategica che avrebbe scoraggiato qualsiasi possibilità di attacco o ricatto nucleare;

• Una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo che sarebbe stata estremamente facile da realizzare, dato che l'Unione Sovietica non aveva una Marina degna di nota e la Cina era sprofondata nell'anarchia industriale e agricola a causa dei catastrofici esperimenti di collettivizzazione di Mao.

Questo quadro taftiano non è mai cambiato fino alla fine della Guerra Fredda nel 1991, anche se la tecnologia della guerra nucleare e convenzionale si è evoluta rapidamente. Con una modesta spesa militare Washington avrebbe potuto mantenere il suo deterrente nucleare pienamente efficace e mantenere una formidabile difesa della patria, senza nessuno degli apparati dell'Impero e senza stivali americani su suolo straniero. E dopo il 1991, il requisito sarebbe stato ancora meno esigente.

Infatti la necessità di una vera politica “America First”, ovvero il ritorno allo status quo pre-1948 e a una corretta postura militare da “Fortress America”, si è notevolmente rafforzata negli ultimi tre decenni. Questo perché nel mondo odierno l'unica minaccia militare teorica alla sicurezza nazionale americana è la possibilità di un ricatto nucleare. Vale a dire, la minaccia di un avversario con una capacità di First Strike così schiacciante, letale ed efficace da poter gridare “scacco matto” e chiedere la resa di Washington.

Fortunatamente non c'è nazione sulla Terra che abbia qualcosa di simile e quindi evitare un annientamento per rappresaglia del proprio Paese se tentasse di colpire per primo. Dopo tutto, gli Stati Uniti hanno 3.700 testate nucleari attive, di cui circa 1.800 sono operative in qualsiasi momento. A loro volta queste sono sparse sotto i sette mari, in silos rinforzati e protette tra una flotta di bombardieri costituita da 66 B-2 e B-52, tutti fuori dal rilevamento o dalla portata di qualsiasi altra potenza nucleare.

Ad esempio, i sottomarini nucleari di classe Ohio hanno ciascuno 20 tubi missilistici, con ogni missile che trasporta una media di quattro o cinque testate: si tratta di 90 testate indipendenti per imbarcazione. In qualsiasi momento 12 dei 14 sottomarini nucleari di classe Ohio possono essere schierati e sparsi negli oceani del pianeta entro un raggio di tiro di 4.000 miglia.

Quindi, al momento di un eventuale attacco, si tratta di 1.080 testate nucleari in acque profonde che navigano lungo i fondali oceanici e che dovrebbero essere identificate, localizzate e neutralizzate prima ancora che un potenziale aggressore nucleare, o ricattatore, possa iniziare il suo spettacolo. Infatti la sola forza nucleare basata in mare è un potente garante della sicurezza nazionale americana. Nemmeno i tanto decantati missili ipersonici della Russia sono riusciti a trovare, o a eliminare di sorpresa, il deterrente statunitense in mare.

E poi ci sono le circa 300 testate nucleari a bordo dei 66 bombardieri strategici, che non sono nemmeno seduti su un singolo aeroporto (in stile Pearl Harbor) in attesa di essere annientati, ma girano costantemente in aria e sono in movimento. Allo stesso modo i 400 missili Minutemen III sono distribuiti in silos estremamente rinforzati nel sottosuolo, in una vasta fascia del Midwest superiore. Ogni missile trasporta attualmente una testata nucleare in conformità con il Trattato Start, ma potrebbe essere MIRV in risposta a una grave minaccia, aggravando e complicando ulteriormente il calcolo del First Strike di un avversario.

Inutile dire che non c'è modo, forma o aspetto in cui il deterrente nucleare americano possa essere neutralizzato da un ricattatore. E questo ci porta al cuore della nostra tesi: secondo le più recenti stime del CBO, la triade nucleare americana costerà solo circa $75 miliardi all'anno per il suo mantenimento nel prossimo decennio, comprese le quote per gli aggiornamenti periodici delle armi.

Proprio così. La componente fondamentale della sicurezza militare americana richiede solo il 7% dell'enorme budget militare odierno, come dettagliato nella tabella qui sotto. Nel 2023 la triade nucleare americana stessa è costata solo $28 miliardi, più altri $24 miliardi per le scorte correlate e l'infrastruttura di comando, controllo e allerta.

Inoltre si stima che la componente chiave di questo deterrente nucleare, la forza missilistica balistica basata sul mare, costerà solo $188 miliardi nell'intero prossimo decennio. Ciò rappresenta solo l'1,9% della base calcolata dal CBO ($10.000 miliardi) per suddetto periodo.

Dopo aver accantonato i $75 miliardi per la triade nucleare strategica, quanto dei restanti $900 miliardi sarebbero effettivamente necessari per una difesa convenzionale delle coste continentali e dello spazio aereo?

Nell'attuale ordine mondiale non ci sono potenze industriali tecnologicamente avanzate che abbiano la capacità o l'intenzione di attaccare la patria americana con forze convenzionali. Per farlo avrebbero bisogno di un'enorme armata militare che includa una Marina e un'Aeronautica molte volte più grandi delle attuali forze armate statunitensi, enormi risorse di trasporto aereo e marittimo, e gigantesche linee di rifornimento e capacità logistiche che nessun'altra nazione sul pianeta s'è mai lontanamente sognata.

Avrebbe anche bisogno di un PIL iniziale di $50.000 miliardi per sostenere quella che sarebbe la più colossale mobilitazione di armamenti e materiali nella storia dell'umanità. E questo per non parlare della necessità di essere governati da leader talmente desiderosi di suicidarsi da essere disposti a rischiare la distruzione nucleare dei loro stessi Paesi, alleati e commercio economico per realizzare... cosa?

L'idea stessa che ci sia una minaccia esistenziale post-guerra fredda per la sicurezza americana è semplicemente folle. Per prima cosa, nessuno ha il PIL o il peso militare necessari. Il PIL della Russia è di appena $2.000 miliardi, non i $50.000 miliardi che sarebbero necessari per mettere le forze di invasione sulle coste del New Jersey. E il suo bilancio della difesa è di $75 miliardi, che ammontano a circa quattro settimane del mostro da $900 miliardi di Washington.

Quanto alla Cina, non ha il peso del PIL per pensare di sbarcare sulle coste della California, nonostante l'infinita sottomissione di Wall Street al boom cinese. Il fatto è che la Cina ha accumulato più di $50.000 miliardi di debito in appena due decenni!

Pertanto non è cresciuta organicamente secondo il modello capitalista storico; ha stampato, preso in prestito, speso e costruito come se non ci fosse un domani. Il simulacro di prosperità risultante non durerebbe un anno se il suo mercato dell'export da $3.600 miliardi, la fonte che mantiene in piedi il suo schema Ponzi, dovesse crollare ed è esattamente ciò che accadrebbe se cercasse di invadere l'America.

Di sicuro i leader totalitari della Cina sono immensamente malvagi nei confronti della loro popolazione oppressa, ma non sono stupidi. Restano al potere mantenendo la gente relativamente grassa e felice e non rischierebbero mai di far crollare quello che equivale a un castello di carte economico.

Infatti quando si tratta della minaccia di un'invasione militare convenzionale, i vasti fossati dell'Atlantico e del Pacifico sono le barriere definitive all'assalto militare straniero nel XXI secolo, molto più di quanto abbiano già dimostrato di essere nel XIX secolo. Questo perché l'attuale tecnologia di sorveglianza avanzata e i missili antinave farebbero fare compagnia allo scrigno di Davy Jones a una qualsiasi armata navale nemica non appena uscisse dalle proprie acque territoriali.

Il fatto è che, in un'epoca in cui il cielo è pieno di risorse di sorveglianza ad alta tecnologia, una massiccia armata di forze convenzionali non potrebbe essere segretamente costruita, testata e radunata per un attacco a sorpresa senza essere subito notata da Washington. Non può esserci una ripetizione della forza d'attacco giapponese (Akagi, Kaga, Soryu, Hiryu, Shokaku e Zuikaku) che attraversa il Pacifico verso Pearl Harbor senza essere avvistata con largo anticipo.

Infatti i presunti “nemici” americani in realtà non hanno alcuna capacità offensiva o di invasione. La Russia ha solo una portaerei, una reliquia degli anni '80 e che è in bacino di carenaggio per riparazioni dal 2017; non è equipaggiata né con una falange di navi di scorta, né con una serie di aerei da attacco e da combattimento, e al momento nemmeno con un equipaggio attivo.

Allo stesso modo la Cina ha solo tre portaerei, due delle quali sono vecchie navi arrugginite e ricondizionate, acquistate tra i resti della vecchia Unione Sovietica, e non hanno nemmeno catapulte moderne per lanciare i loro aerei d'attacco.

In breve, né la Cina né la Russia spingeranno i loro minuscoli gruppi di battaglia di 3 e 1 portaerei verso le coste della California o del New Jersey. Una forza d'invasione che avesse una minima possibilità di sopravvivere a una difesa statunitense fatta di missili da crociera, droni, caccia a reazione, sottomarini d'attacco e guerra elettronica dovrebbe essere 100 volte più grande.

Ancora una volta, non esiste alcun PIL al mondo ($2.000 miliardi per la Russia o $18.000 miliardi per la Cina) che si avvicini anche lontanamente ai $50.000 miliardi, o persino ai $100.000 miliardi, necessari per sostenere una forza d'invasione senza far crollare l'economia nazionale.

Eppure Washington mantiene ancora una capacità di guerra convenzionale che abbraccia tutto il mondo, di cui non ha mai avuto realmente bisogno nemmeno durante la guerra fredda. Ma ora, a un terzo di secolo dal crollo dell'impero sovietico e dalla scelta della Cina di seguire la strada di una profonda integrazione economica globale, si riduce a una forza muscolare del tutto non necessaria.

Ci riferiamo, ovviamente, ai 173.000 soldati americani in 159 Paesi e alla rete di 750 basi in 80 Paesi. Washington equipaggia, addestra e schiera una forza armata di 2,86 milioni non per scopi di difesa della patria, ma per missioni di offesa, invasione e occupazione all'estero in tutto il pianeta.

Come illustrato nel grafico qui sotto, questa obsoleta postura militare dell'“Empire First” include, tra le altre cose:

• 119 basi e circa 34.000 soldati in Germania;

• 44 basi e 12.250 soldati in Italia;

• 25 basi e 9.275 soldati nel Regno Unito;

• 120 basi e 53.700 soldati in Giappone;

• 73 basi e 26.400 soldati in Corea del Sud.

Tutta questa inutile forza militare si erge come costoso monumento alla vecchia teoria della sicurezza collettiva, la quale portò alla fondazione della NATO nel 1949 e dei suoi cloni regionali successivi. E sì, c'erano considerevoli partiti comunisti locali in Italia e Francia alla fine degli anni '40, e il partito laburista in Inghilterra aveva una sfumatura rossastra. Ma, ancora una volta, gli archivi ora aperti della vecchia Unione Sovietica dimostrano in modo conclusivo che Stalin non aveva né i mezzi né l'intenzione di invadere l'Europa occidentale.

La capacità militare che l'Unione Sovietica resuscitò dopo il massacro con gli eserciti di Hitler era di natura fortemente difensiva, quindi la minaccia comunista in Europa avrebbe potuto essere sgominata da queste nazioni alle urne, non sul campo di battaglia. Non avevano bisogno della NATO per fermare un'imminente invasione sovietica.

Naturalmente ciò che la NATO ha realizzato è stato ridurre drasticamente il peso della spesa per la difesa nell'Europa occidentale, anche se la maggior parte di queste nazioni ha optato per uno stato sociale espansivo e costoso. Vale a dire, lo stato militare di cui l'America non aveva bisogno dal 1950 al 1990 ha alla fine reso possibili gli stati sociali che l'Europa non poteva permettersi, né allora né adesso.

Inutile dire che, una volta fondato l'Impero di basi, alleanze, sicurezza collettiva e incessante ingerenza della CIA negli affari interni dei Paesi stranieri, con sede a Washington, esso vi è rimasto attaccato come la colla, anche se i fatti della vita internazionale hanno dimostrato più e più volte che l'Impero non era necessario.

Vale a dire che le presunte “lezioni” del periodo tra le due guerre mondiali sono state manipolate. L'ascesa aberrante di Hitler e Stalin non è avvenuta perché la brava gente di Inghilterra, Francia e America ha dormito durante gli anni '20 e '30.

Invece sono sorti dalle ceneri dell'intervento di Woodrow Wilson in una disputa del vecchio mondo che non era affare dell'America. Infatti l'arrivo di due milioni di americani e massicci flussi di armamenti e prestiti da Washington hanno permesso una pace vendicativa dei vincitori a Versailles piuttosto che la fine di una guerra mondiale inutile che avrebbe lasciato tutte le parti esauste, in bancarotta e demoralizzate, e i rispettivi partiti di guerra interna soggetti a un massiccio ripudio alle urne.

L'intervento di Wilson sui campi di battaglia in stallo del fronte occidentale diede vita a Lenin e Stalin, e le sue macchinazioni con i vincitori a Versailles favorirono l'ascesa di Hitler.

Fortunatamente i primi portarono alla fine del secondo a Stalingrado. Ma quella avrebbe dovuto essere la fine della questione nel 1945 e, infatti, il mondo c'era quasi arrivato. Dopo le parate della vittoria, la smobilitazione e la normalizzazione della vita civile procedettero a passo spedito in tutto il mondo.

Ahimè, l'incipiente Partito della Guerra di Washington, composto da appaltatori militari, agenti e burocrati giramondo, cresciuto nel calore della seconda guerra mondiale, non era intenzionato a dare la buonanotte e andarsene. Invece la guerra fredda fu partorita sulle rive del Potomac quando il presidente Truman cadde sotto l'incantesimo dei falchi di guerra come il segretario James Byrnes, Dean Acheson, James Forrestal e i fratelli Dulles, tutti restii a tornare alle loro vite banali di banchieri civili, politici o diplomatici in tempo di pace.

Quindi nel periodo postbellico il comunismo mondiale non era realmente in marcia e le nazioni del mondo non erano implicate nella caduta di tessere del domino o nella gestazione di nuovi Hitler e Stalin. Ma i nuovi sostenitori dell'Impero insistevano che erano esattamente la stessa cosa e che la sicurezza nazionale richiedeva un impero esteso che è ancora con noi oggi.

Quindi non c'è mistero perché si tratti di Guerre Infinite, o perché in un momento in cui lo Zio Sam sta perdendo inchiostro rosso come mai prima, una larga maggioranza bipartisan ritiene opportuno autorizzare $1.100 miliardi all'anno per una forza militare enormemente eccessiva e sprechi in aiuti esteri che non fanno assolutamente nulla per la sicurezza interna dell'America.

Infatti Washington si è trasformata in un fenomeno della storia mondiale, una capitale di guerra planetaria dominata da un complesso panoptico di mercanti d'armi, paladini dell'intervento estero e nomenklatura bellica. Mai prima d'ora si era radunata e concentrata sotto un'unica autorità statale una forza egemonica che possedeva così tante risorse fiscali e mezzi militari.

Non sorprende che la Capitale della Guerra sul Potomac sia orwelliana fino al midollo. La guerra è sempre e ovunque descritta come la promozione della pace. Il suo stivale egemonico globale è abbellito nella forma apparentemente benefica di alleanze e trattati, progettati apparentemente per promuovere un “ordine basato su regole” e sicurezza collettiva a beneficio dell'umanità.

Come abbiamo visto, però, il fondamento intellettuale di questa impresa è falso. Il pianeta non è pieno di potenziali aggressori e costruttori di imperi onnipotenti che devono essere fermati di colpo ai loro confini per timore che divorino la libertà di tutti i loro vicini.

Né il DNA delle nazioni è perennemente infettato da macellai e tiranni incipienti come Hitler e Stalin. Sono stati incidenti irripetibili della storia e completamente distinguibili dalla serie standard di piccole cose quotidiane che in realtà nascono periodicamente. Ma queste ultime disturbano principalmente l'equilibrio dei loro immediati vicini, non la pace del pianeta.

Quindi la sicurezza nazionale americana non dipende da una vasta gamma di alleanze, trattati, basi militari e operazioni di influenza straniera. Nel mondo odierno non ci sono Hitler, reali o latenti, da fermare. L'intero quadro della Pax Americana e la promozione/applicazione di un ordine internazionale “basato su regole” con sede a Washington sono un errore epico.

A questo proposito, i padri fondatori ci hanno visto giusto più di 200 anni fa, durante l'infanzia della Repubblica. Come sosteneva John Quincy Adams: “[L'America] si è astenuta dall'interferire nelle questioni degli altri, anche quando il conflitto è stato per principi a cui si aggrappa [...]. È la benefattrice della libertà e dell'indipendenza di tutti. È la paladina e la vendicatrice solo della sua stessa libertà”.

Inutile dire che il commercio pacifico è invariabilmente molto più vantaggioso per le nazioni grandi e piccole rispetto all'ingerenza, all'interventismo e all'impegno militare. Nel mondo odierno sarebbe il gioco predefinito sulla scacchiera internazionale, fatta eccezione per il Grande Egemone sulle rive del Potomac. Vale a dire, il principale disturbo della pace oggi è invariabilmente promosso dal pacificatore autoproclamato, che, ironicamente, è la nazione meno minacciata dell'intero pianeta.

Il punto di partenza per una postura militare “America First”, quindi, è il drastico ridimensionamento dell'esercito statunitense, composto da quasi un milione di uomini. Quest'ultimo non avrebbe alcuna utilità all'estero perché non ci sarebbe motivo per guerre di invasione e occupazione straniere, mentre le probabilità che battaglioni e divisioni straniere raggiungano l'America sono praticamente inesistenti. Con una guarnigione costiera adeguata di missili, sottomarini d'attacco e caccia a reazione, qualsiasi esercito invasore diventerebbe un'esca per squali molto prima di vedere le coste della California o del New Jersey.

Eppure i 462.000 soldati in servizio attivo dell'esercito a $112.000 ciascuno hanno un costo di bilancio annuale di $55 miliardi, mentre le 506.000 forze di riserva dell'esercito a $32.000 ciascuna costano più di $16 miliardi. E in cima a questa struttura di forza, ovviamente, ci sono i $77 miliardi per operazioni e manutenzione, $27 miliardi per approvvigionamento, $22 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutto il resto (in base alla richiesta di bilancio per l'anno fiscale 2025).

In totale, l'attuale bilancio dell'esercito ammonta a quasi $200 miliardi e praticamente tutta questa enorme spesa, quasi 3 volte il bilancio totale della difesa della Russia, è impiegata al servizio dell'Impero, non della difesa della patria. Potrebbe essere facilmente tagliata del 70% o di $140 miliardi, il che significa che la componente dell'esercito degli Stati Uniti assorbirebbe solo $60 miliardi all'anno in base a un quadro di bilancio esclusivamente improntato alla difesa.

Allo stesso modo la Marina e il Corpo dei Marine degli Stati Uniti spendono $55 miliardi all'anno per 515.000 militari in servizio attivo e altri $3,7 miliardi per 88.000 riservisti. Tuttavia, se si considerano i requisiti fondamentali di una postura di difesa, anche queste forze e spese sono decisamente esagerate.

Per missioni principali si faceva riferimento alla componente della Marina della triade nucleare strategica e alla grande forza di sottomarini d'attacco e missili da crociera della Marina. Ecco, di seguito, gli attuali requisiti di manodopera per queste forze chiave:

14 sottomarini nucleari strategici classe Ohio: ogni imbarcazione è composta da due equipaggi da 155 ufficiali e soldati semplici, per un fabbisogno di forza diretta di 4.400 unità e un totale complessivo di 10.000 militari, includendo (o meno) ammiragli, personale di bordo e personale vigile.

50 sottomarini con missili da crociera: ci sono due equipaggi di 132 ufficiali e soldati semplici per ogni imbarcazione, per un fabbisogno diretto di 13.000 persone e un totale complessivo di 20.000 persone, inclusi ammiragli e personale di bordo.

In breve, le missioni principali della Marina in base a un quadro prettametne difensivo coinvolgerebbero circa 30.000 ufficiali e soldati semplici, ovvero meno del 6% dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marine. D'altro canto i gruppi di battaglia delle portaerei totalmente inutili, che operano esclusivamente al servizio dell'Impero, hanno equipaggi di 8.000 uomini ciascuno, se si contano le navi di scorta e le suite di aerei.

Quindi gli 11 gruppi di battaglia delle portaerei e la loro infrastruttura richiedono 88.000 militari diretti e 140.000 in totale se si includono il solito supporto e le spese generali. Allo stesso modo, la forza in servizio attivo del Corpo dei Marine è di 175.000 unità, e questo è interamente uno strumento di invasione e occupazione. È totalmente inutile per una difesa della patria.

In breve, ben 315.000 unità o il 60%  dell'attuale forza in servizio attivo della Marina/Corpo dei Marine funziona al servizio dell'Impero. Quindi, se si ridefiniscono le missioni della Marina per concentrarsi sulla deterrenza nucleare strategica e sulla difesa costiera, è evidente che più della metà della sua struttura di forza non è necessaria per la sicurezza della patria. Invece funziona al servizio della proiezione di potere a livello mondiale, funziona come controllo delle rotte marittime dal Mar Rosso al Mar Cinese Orientale e funziona come piattaforma per guerre di invasione e occupazione.

Nel complesso, l'attuale bilancio della Marina/Corpo dei Marine ammonta a circa $236 miliardi, se si includono $59 miliardi per il personale militare, $81 miliardi per O&M, $67 miliardi per gli appalti, $26 miliardi per RDT&E e $4 miliardi per tutte le altre voci. Un taglio di $96 miliardi o del 40%, quindi, lascerebbe comunque $140 miliardi per le missioni principali... di difesa.

Tra i servizi, i $246 miliardi contenuti nel bilancio dell'Aeronautica sono considerevolmente più orientati a una postura di sicurezza nazionale rispetto a quanto avviene con l'Esercito e la Marina. Sia la branca terrestre Minuteman della triade strategica che le forze dei bombardieri B-52 e B-2 sono finanziate in questa sezione del bilancio della difesa.

E mentre una parte significativa del bilancio per l'equipaggio, le operazioni e l'approvvigionamento di aerei convenzionali e di forze missilistiche è attualmente destinata a missioni all'estero, solo la componente di trasporto aereo e di basi estere di tali spese è al servizio dell'Impero.

Seguendo una linea d'approccio prettamente difensiva, quindi, una parte sostanziale della potenza aerea convenzionale, che comprende più di 4.000 velivoli ad ala fissa e rotativi, verrebbe riconvertita in missioni di difesa della patria. Di conseguenza più del 75%, o $180 miliardi, dell'attuale bilancio dell'aeronautica rimarrebbe in vigore, limitando i risparmi a soli $65 miliardi.

Infine un coltello particolarmente affilato dovrebbe essere fatto calare sulla componente da $181 miliardi del bilancio della difesa destinato alle operazioni generali del Pentagono e del Dipartimento della Difesa. Ben $110 miliardi, ovvero il 61% della somma sopraccitata (più di 2 volte il bilancio militare totale della Russia), sono in realtà destinati alla schiera di dipendenti civili nel Dipartimento della Difesa e ai contractor con sede a DC/Virginia che si nutrono dello stato militare.

In termini di sicurezza nazionale, molte di queste spese non sono solo inutili e controproducenti, ma costituiscono la forza di lobby e di traffico di influenze finanziata dai contribuenti che mantiene l'Impero in vita. Anche in questo caso un'indennità del 38%, o $70 miliardi, per le funzioni del Dipartimento della Difesa soddisferebbero ampiamente le vere esigenze di una struttura burocratica dedicata alla difesa della nazione.

Nel complesso, quindi, ridimensionare la forza del Dipartimento della Difesa genererebbe $410 miliardi di risparmi per l'anno fiscale 2025. Altri $50 miliardi di risparmi potrebbero essere ottenuti eliminando la maggior parte dei finanziamenti per l'ONU, altre agenzie internazionali, assistenza alla sicurezza e aiuti economici. Aggiustato all'inflazione fino al 2029, il risparmio totale ammonterebbe a $500 miliardi.

Risparmi sul budget in base a una strategia prettamente difensiva:

• Esercito: $140 miliardi

• Marina/Corpo dei Marine: $96 miliardi

• Aeronautica militare: $65 miliardi

• Dipartimento della Difesa: $111 miliardi

• Contributi delle Nazioni Unite e aiuti economici/umanitari esteri: $35 miliardi

• Assistenza alla sicurezza internazionale: $15 miliardi

• Risparmio totale, base anno fiscale 2025: $462 miliardi

• Aggiustamento all'inflazione, 8% all'anno fino al 2029: +$38 miliardi

• Risparmi totali sul bilancio per l'anno fiscale 2029: $500 miliardi

Le indennità risultanti (per l'anno fiscale 2025) di $60 miliardi per l'esercito, $140 miliardi per la marina, $180 miliardi per l'aeronautica e $70 miliardi per le operazioni del Dipartimento della Difesa ridurrebbero la componente dello stato militare a $450 miliardi all'anno. In potere d'acquisto attuale questo è esattamente ciò che Eisenhower riteneva più che adeguato per la sicurezza nazionale, quando mise in guardia gli americani dal complesso militare-industriale durante il suo discorso di addio 63 anni fa.

In fin dei conti, il momento di riportare a casa l'Impero è arrivato da tempo. Il costo annuale di $1.300 miliardi dello stato militare (incluse le operazioni internazionali e i veterani) non è più sostenibile, ed è stato inutile per la sicurezza della patria per tutto il tempo che è rimasto in vigore.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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