Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.
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(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://open.substack.com/pub/fsimoncelli/p/il-costo-della-censura-di-facebook)
La storia ricorderà quest'epoca come il momento in cui i principi più sacri dell'America si sono scontrati con un potere istituzionale senza precedenti, e hanno perso. Lo smantellamento sistematico dei diritti fondamentali non è avvenuto tramite la forza militare o un decreto esecutivo, ma tramite la silenziosa cooperazione di piattaforme tecnologiche, gatekeeper nei media generalisti e agenzie governative, tutti pronti a ripetere di sostenere una protezione contro la “disinformazione”.
L'improvviso smantellamento del programma di fact-checking da parte di Meta — annunciato da Zuckerberg come un “punto di svolta culturale verso la priorità della libertà di parola” — si legge come una nota a piè di pagina silenziosa a quella che la storia potrebbe registrare come una delle più sconvolgenti violazioni dei diritti fondamentali nella memoria recente. Dopo otto anni di moderazione dei contenuti sempre più aggressiva, che ha coinvolto quasi 100 organizzazioni di fact-checking che operano in oltre 60 lingue, Meta sta ora virando verso un sistema guidato dalla comunità simile al modello di X.
Nel suo annuncio, Zuckerberg ci tiene a far sapere che la censura è stata un errore puramente tecnico, poi cambia tono verso la fine e ammette ciò che è stato a lungo contestato: “L'unico modo in cui possiamo contrastare questa tendenza globale è con il supporto del governo degli Stati Uniti. Ed è per questo che è stato difficile negli ultimi 4 anni, quando persino il governo degli Stati Uniti ha spinto per la censura. Prendendo di mira noi e altre aziende americane, ha incoraggiato altri governi ad andare oltre”.
In molti casi giudiziari costati milioni di dollari, che hanno comportato ingenti richieste FOIA, deposizioni e rivelazioni, la verità è stata documentata in 100,000 pagine di prove. Il caso giudiziario Murthy v. Missouri da solo ha scoperto la profondità del coordinamento del governo federale con i social media. La Corte Suprema ha preso in considerazione tutto, ma diversi giudici non sono riusciti a comprenderne la sostanza e la portata, e quindi hanno annullato un'ingiunzione di un tribunale inferiore per fermare tutto. Ora abbiamo Zuckerberg che ammette apertamente ciò che era in discussione: il coinvolgimento del governo degli Stati Uniti in violazione del Primo Emendamento.
Questo dovrebbe come minimo rendere più facile ottenere un risarcimento man mano che i casi giudiziari vanno avanti. Ciononostante è lo stesso frustrante. Sono stati spesi decine di milioni per dimostrare ciò che avrebbe potuto ammettere anni fa, ma a quei tempi i censori erano ancora al comando e Facebook stava proteggendo il suo rapporto con i poteri forti.
La tempistica del cambiamento è significativa: un alleato di Trump entra nel consiglio di amministrazione, il presidente degli affari esteri di Meta è stato sostituito da un importante repubblicano, e una nuova amministrazione si prepara a prendere le redini del governo. Ma mentre Zuckerberg inquadra questo come un ritorno ai principi della libertà di parola, il danno del loro esperimento di censura di massa non può essere annullato con un semplice cambiamento di politica.
L'ironia è profonda: aziende private che rivendicano l'indipendenza mentre agiscono come estensioni del potere statale. Prendiamo in considerazione la nostra esperienza: pubblicata la definizione di fascismo di Mussolini, come “fusione del potere statale e aziendale”, abbiamo vista rimuoverla in quanto “disinformazione”. Non si trattava semplicemente di censura; si trattava di meta-censura: mettere a tacere il dibattito sui meccanismi stessi di controllo impiegati.
Mentre le piattaforme tecnologiche mantenevano la facciata dell'impresa privata, le loro azioni sincronizzate con le agenzie governative hanno rilevato una realtà più preoccupante: l'emergere di quel tipo di fusione tra stato e aziende di cui volevano di impedirci di discutere.
Come abbiamo visto in precedenza, non abbiamo semplicemente oltrepassato i limiti: abbiamo attraversato i sacri Rubiconi creati dopo i capitoli più oscuri dell'umanità. Il Primo Emendamento, nato dalla rivoluzione contro la tirannia, e il Codice di Norimberga, istituito dopo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, avrebbero dovuto essere indistruttibili guardiani dei diritti umani. Entrambi sono stati sistematicamente smantellati in nome della “sicurezza”. Le stesse tattiche di disinformazione, paura ed ingerenza governativa contro cui i nostri antenati avevano messo in guardia sono state impiegate con spaventosa efficienza.
Questo smantellamento sistematico non ha lasciato indietro alcun tema: dalle discussioni sugli effetti dei vaccini ai dibattiti sulle origini dei virus alle domande sulle linee di politica riguardo gli obblighi. Il discorso scientifico è stato sostituito con narrazioni approvate. I ricercatori non potevano condividere risultati che divergevano dalle posizioni istituzionali, come si è visto nella rimozione di discussioni credibili sui dati Covid-19. Anche le esperienze personali sono state etichettate come “disinformazione” se non si allineavano con il messaggio ufficiale, un modello che ha raggiunto livelli assurdi quando anche discutendo la natura stessa della censura ciò è diventato motivo di censura.
Il danno si è propagato a ogni strato della società. A livello individuale, le carriere sono state distrutte e le licenze professionali revocate solo perché si condivideva esperienze genuine. Scienziati e dottori che hanno messo in discussione le narrazioni ufficiali si sono ritrovati ostracizzati a livello professionale. Molti sono stati fatti sentire isolati o irrazionali per essersi fidati dei propri occhi e delle proprie esperienze quando le piattaforme hanno etichettato i loro resoconti di prima mano come “disinformazione”.
La distruzione dei legami familiari potrebbe rivelarsi ancora più duratura. Le tavole delle feste si sono svuotate. I nonni si sono persi momenti insostituibili con i nipoti. Fratelli che erano stati vicini per decenni hanno smesso di parlarsi. Anni di legami familiari si sono infranti non per disaccordi sui fatti, ma per il diritto stesso di discuterne.
Forse il danno più insidioso è stato quello a livello di comunità. I gruppi locali si sono frammentati, i vicini si sono rivoltati contro i vicini, le piccole imprese sono finite nelle liste nere, le chiese si sono divise, le riunioni dei consigli scolastici si sono trasformate in campi di battaglia. Il tessuto sociale che consente la società civile ha iniziato a sgretolarsi, non perché le persone avessero opinioni diverse, ma perché la possibilità stessa di dialogo era considerata pericolosa.
I censori hanno vinto. Hanno dimostrato che con sufficiente potere istituzionale, potevano fare a pezzi il tessuto sociale che rende possibile il libero discorso. Ora che questa infrastruttura per la soppressione esiste, è pronta a essere dispiegata di nuovo per qualsiasi causa possa sembrare urgente. L'assenza di una resa dei conti pubblica invia un messaggio agghiacciante: non c'è linea che non possa essere oltrepassata, nessun principio che non possa essere ignorato.
Una vera riconciliazione richiede più di un'inversione di tendenza della linea di politica di Meta. Abbiamo bisogno di un'indagine completa e trasparente che documenti ogni istanza di censura, dai report soppressi sui danni dei vaccini ai dibattiti scientifici bloccati sulle origini del virus, alle voci messe a tacere che mettevano in discussione i vari obblighi. Non si tratta di rivendicare chissà cosa, si tratta di creare un archivio pubblico inattaccabile che garantisca che queste tattiche non possano mai più essere utilizzate.
Il Primo Emendamento della nostra Costituzione non era un suggerimento, è un patto sacro scritto nel sangue di coloro che hanno combattuto la tirannia. I suoi principi non sono reliquie obsolete, ma protezioni vitali contro l'eccesso di potere a cui abbiamo appena assistito. Quando le istituzioni trattano questi diritti fondamentali come linee guida flessibili, anziché come confini inviolabili, il danno si estende ben oltre qualsiasi singola piattaforma o linea di politica.
Come molti nei nostri circoli, abbiamo assistito a tutto questo in prima persona, ma farci dire che avevamo ragione sin dall'inizio non è l'obiettivo. Ogni voce messa a tacere, ogni dibattito soppresso, ogni relazione fratturata al servizio di “narrazioni approvate” rappresenta uno strappo nel nostro tessuto sociale che ci rende tutti più poveri. Senza una contabilità completa e garanzie concrete contro futuri eccessi, stiamo lasciando le generazioni future vulnerabili agli stessi impulsi autocratici che in futuro avranno maschere diverse ma stessa essenza.
La questione non è se possiamo ripristinare ciò che è stato perso: non possiamo. La questione è se finalmente riconosceremo questi diritti come veramente inviolabili, o se continueremo a trattarli come ostacoli scomodi da spazzare via ogni volta che la paura e l'urgenza lo richiederanno. Benjamin Franklin ci avvertì riguardo coloro che rinunciano alla libertà per acquistare un po' di sicurezza temporanea: essi non meritano né libertà né sicurezza. La nostra risposta a questa sfida determinerà se lasceremo ai nostri figli una società che difende le libertà fondamentali o una che le scarta in nome della sicurezza.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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