martedì 17 dicembre 2024

L’Europa scivola verso l’irrilevanza mentre gli Stati Uniti si riprendono

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Christiaan Alting von Geusau

(Versione audio della traduzione disponiile qui)

Il quotidiano olandese De Volkskrant, una delle principali pubblicazioni del Paese, ha dedicato il suo articolo di prima pagina sabato 9 novembre a Donald Trump, intitolato “Questo è il Nuovo Ordine Mondiale: c'è solo la solitudine per le democrazie europee”. L'articolo continuava affermando che l'elezione di Trump è una manna per gli autocrati di tutto il mondo, sottolineando al contempo che il presidente eletto mira a “un'Europa debole e divisa”.

Si tratta di affermazioni belle forti per un importante quotidiano che finge di offrire un giornalismo obiettivo. Infatti dal 5 novembre siamo tornati ad assistere all'importante tradizione americana, ignorata da Trump nel novembre 2020, del presidente uscente che invita quello eletto a chiacchierare nello Studio Ovale. Una tradizione messa in atto per sottolineare pubblicamente la necessità di un trasferimento del potere ordinato e democratico. Resta da vedere se gli autocrati di tutto il mondo saranno contenti dell'elezione di Trump.

L'Iran, in ogni caso, è abbastanza nervoso da ritenere necessario porgere rami d'ulivo al team in arrivo a Washington. Non ci sono prove a supporto dell'affermazione che il nuovo presidente spera in un'Europa debole e divisa e illustra qualcosa di più importante che molti sembrano dimenticare: l'Europa, e non gli Stati Uniti, è responsabile di rendersi unita e forte.

L'articolo sul De Volkskrant dimostra come un establishment politico e mediatico fuori dal mondo, incapace di cogliere l'inquietudine che si è sviluppata su entrambe le sponde dell'Atlantico, stia facendo sì che l'Europa cammini come un sonnambulo verso un ulteriore declino. I suoi autori non riescono nemmeno a interpretare e rispondere correttamente ai cambiamenti epocali che hanno iniziato a verificarsi sulla scena mondiale già molto prima di questo ciclo elettorale statunitense. L'ingresso di Trump alla Casa Bianca non fa che potenziare questo cambiamento. Il nuovo “leader del mondo libero” e il suo team agiranno sotto il motto “Escalate to de-escalate”, qualcosa che causerà molti sconvolgimenti dentro e fuori gli Stati Uniti.

Centinaia di ordini esecutivi sono già stati scritti e saranno firmati nel momento in cui il nuovo presidente tornerà nello Studio Ovale dopo la sua inaugurazione il 20 gennaio 2025. Contrariamente al 2017, Trump sembra essere ben preparato e concentrato sulla rapida esecuzione di un piano concreto. Quanto velocemente le cose stanno cambiando sin dal 5 novembre può essere osservato ovunque. Ad esempio, all'improvviso troviamo il cancelliere tedesco che per la prima volta riparla al presidente russo dopo due anni, seguito da un ovvio debriefing tra Trump e Scholz. Inizialmente Zelensky ha protestato per la chiamata Berlino-Mosca, ma poi ha sentito la necessità di manifestare il desiderio di porre fine alla guerra nel 2025 “con mezzi diplomatici”. Non molto tempo fa questo sarebbe stato un discorso inimmaginabile, persino proibito, nelle capitali europee.

L'incapacità dell'Europa di essere pronta per un'altra presidenza Trump è in larga misura causata dalla posizione moralizzante e ciecamente ideologica che la maggior parte dei suoi media e leader politici ha assunto nei confronti di chiunque, comprese ampie fasce dei propri elettori che non aderiscono all'ortodossia politica del momento. Molti si rifiutano di prendere in considerazione l'idea di aver sbagliato su questioni importanti e che le intuizioni, le opinioni e le preoccupazioni di coloro che sono  stati considerati “negazionisti” (su qualsiasi questione) meritino invece attenzione, rispetto e dialogo. È a nostro rischio e pericolo, considerando lo stato già pericolosamente debole dell'Europa segnato dalle turbolenze economiche e di una scivolata verso una Terza guerra mondiale.

Del resto le opinioni che noi europei abbiamo su quanto è appena accaduto negli Stati Uniti sono del tutto irrilevanti, come ha giustamente sottolineato il presidente francese Macron in un discorso tenuto di recente a Budapest. Né l'attuale, né la futura amministrazione statunitense passeranno molto tempo a preoccuparsi di cosa un quotidiano europeo, o un leader politico, abbia da dire sull'elezione di Donald Trump o sulle nomine del suo gabinetto, per quanto controverse possano essere alcune di esse. Piuttosto l'Europa e i suoi leader dovrebbero dare priorità agli sforzi per mettere ordine in casa propria, costruendo al contempo un rapporto di lavoro costruttivo con il nuovo team dirigenziale che sta prendendo forma a Washington.

Ciò ovviamente presuppone che l'Europa non voglia continuare il suo attuale declino economico, militare e politico nel contesto di un riallineamento geopolitico che non si vedeva dalla fine della Guerra Fredda. Gli Stati Uniti con una seconda amministrazione Trump non esiteranno a fare tutto ciò che riterranno necessario per mantenere la loro posizione di superpotenza mondiale unica, mentre la Cina, aiutata da un gruppo di stati per lo più canaglia, farà tutto ciò che è in suo potere per sfidare Washington e indebolire e dividere l'alleanza occidentale. Senza una nuova strategia comune e chiara su tre fronti principali (indipendenza energetica, resilienza economica e forza militare), l'UE rischia di rimanere bloccata nel mezzo, ovvero di essere usata come parco giochi ogni volta che è conveniente per una o entrambe queste due parti in competizione. Il soft power dell'UE non è più un fattore trainante nella situazione attuale.

Se l'Europa vuole avere un futuro pacifico e prospero, dovrà essere all'altezza del suo enorme potenziale inutilizzato superando i molteplici ostacoli autoimposti nei settori energetico, economico e militare, e costruire al contempo solidi percorsi di comunicazione con la nuova amministrazione americana. Se l'Europa procede con saggezza e abbandona la sua tendenza a rivendicare un primato morale sulla base di false priorità ideologiche, c'è una possibilità concreta che almeno l'UE, se non l'intero continente europeo, possa persino trarre vantaggio dal nuovo vento che soffierà da Washington.

Con Trump l'America continuerà a vedere l'Europa come un partner importante, a patto che gli europei siano disposti a porre fine al loro letargo e ad assumersi la piena responsabilità delle loro decisioni. Nessuna lusinga economica e denaro facile dall'Est può far credere a una persona sobria che una Cina comunista e autoritaria, con la sua cultura fondamentalmente diversa e la mancanza di libertà, possa essere il partner politico ed economico affidabile di cui l'UE ha bisogno per un futuro stabile. Nonostante i molteplici problemi e le carenze degli Stati Uniti, una partnership con essi è l'unica vera opzione per un'Europa che ama la sua libertà e democrazia.


Indipendenza energetica

Il nuovo malato d'Europa, la Germania, un tempo il suo indiscusso motore economico, è un perfetto esempio di autodistruzione ispirata dall'ideologia, realizzata tagliando il flusso di energia necessario a mantenere un'economia basata sull'industria. Prima è arrivato il rifiuto all'energia nucleare, poi la rapida ed economicamente insostenibile “transizione energetica verde” (“Energiewende”), spinta all'estremo dalla ormai defunta Traffic Light Coalition che curiosamente è crollata il giorno dopo le elezioni negli Stati Uniti. A questo sono seguiti la guerra in Ucraina e la distruzione del gasdotto Nord Stream.

La Germania, dipendente per troppo tempo dal gas russo, non è stata in grado di attingere a risorse energetiche alternative per proteggere la sua base industriale. Il recente annuncio di licenziamenti alla Volkswagen, inaudito nella sua storia di grande successo, è un esempio perfetto della miopia delle linee di politica europee in quanto a energia e clima. Di conseguenza la Germania, e quindi l'UE, sono destinate a grossi guai.

Nel frattempo, secondo The Economist, dal 2019 gli Stati Uniti sono diventati il più grande produttore mondiale di petrolio greggio e gas naturale, oltre a produrre energia “verde” su larga scala, ottenendo in questo modo un alto grado di indipendenza energetica nazionale. Ciò è particolarmente importante nell'attuale clima geopolitico caratterizzato da un Medio Oriente in fiamme e dal continente africano segnato da guerre destabilizzanti in Paesi importanti come Sudan, Congo, Kenya e Nigeria. La maggior parte dell'Europa, nel frattempo, avendo dovuto sbarazzarsi della dipendenza dal gas russo, è ora completamente dipendente dall'energia degli Stati Uniti (50% del GNL dell'UE) e da quella di Paesi non democratici come Qatar e Algeria per soddisfare il proprio fabbisogno energetico.

Il 16 novembre l'Austria, uno degli ultimi clienti europei di Gazprom, ci ha ricordato come la dipendenza dal gas russo continui a rappresentare un rischio: le sue consegne sono state di colpo tagliate fuori. A meno che l'Europa non sviluppi rapidamente le proprie fonti di energia verde e fossile che siano anche economicamente sostenibili (!), cosa che difficilmente accadrà a breve, avrà ancora bisogno degli Stati Uniti e delle sue costose forniture di energia per il futuro prossimo. Le buone relazioni sono fondamentali. Ci si chiede perché orde di delegazioni dall'UE e dagli stati membri non si presentino già a Washington e a Mar-a-Lago per incontrare il team di Trump per i negoziati sulla fornitura di energia.


Resilienza economica

A causa di molti fattori interconnessi, tra cui l'eccessiva regolamentazione, le elevate tasse sui salari e la mancanza di innovazione, l'Europa sta rimanendo indietro rispetto agli Stati Uniti in termini economici. Secondo l'articolo del The Economist dello scorso 14 ottobre: “L'America ha superato i suoi pari tra le economie mature. Nel 1990 rappresentava circa due quinti del PIL complessivo del gruppo dei Paesi avanzati del G7; oggi è circa la metà [...]. Su base pro capite la produzione economica americana è ora circa il 40% più alta rispetto all'Europa occidentale e al Canada. [...] La crescita reale degli Stati Uniti è stata del 10%, tre volte la media del resto dei Paesi del G7”.

Gli Stati Uniti sono ancora la più grande economia del mondo, con la Cina che produce solo il 65% del PIL degli Stati Uniti (75% nel 2021). La produttività in America supera quella di altri Paesi e regioni, tra cui l'Europa: la produzione economica generata da un lavoratore americano medio è di $171.000, rispetto ai $120.000 in Europa. Sin dal 1990 gli Stati Uniti hanno visto un aumento del 70% della produttività del lavoro, mentre gli europei sono rimasti indietro con il loro 29%. L'America è anche di gran lunga il più grande investitore in ricerca & sviluppo, con circa il 3,5% del PIL. Si tratta di cifre considerevoli e dovrebbero far riflettere gli europei e indurli a un'azione concertata. I dazi all'importazione del 10-20% proposti da Trump (anche sui beni europei), uniti alle imminenti guerre commerciali e alle tensioni con la Cina, influenzeranno sicuramente l'Europa e la costringeranno a schierarsi. Costruire un buon rapporto di collaborazione con la nuova amministrazione statunitense dovrebbe quindi essere una priorità, a partire dalla negoziazione di un'esenzione UE dai dazi sulle importazioni.


Forza militare

Tre recenti sviluppi dovrebbero tenere sveglio ogni leader politico europeo la notte: la presenza di truppe nordcoreane che combattono per la Russia sul suolo europeo, il discorso del presidente ucraino sulla produzione di armi nuclearie e gli assistenti del presidente eletto Trump che presentano un possibile piano di pace (da cui in seguito il team di transizione s'è distanziato) per porre fine alla guerra tra Ucraina e Russia e richiederebbe truppe europee a presidio di una zona cuscinetto demilitarizzata nell'Ucraina orientale senza l'intervento americano. Non importa se questo piano abbia o meno qualche possibilità di successo, l'America di oggi ha informato l'Europa che senza incrementi nelle sue capacità militari e una maggiore volontà di impegnarsi e condividere l'onere con gli americani, Washington non sarà pronta a fare più di quanto già faccia nel continente per difenderlo dalla Russia.

Invece dell'immediata indignazione morale che solitamente segue tali dichiarazioni di Trump o dei suoi collaboratori, i leader europei farebbero bene a considerare come possano assumersi le loro responsabilità nel difendere i propri Paesi, le proprie culture e i propri popoli.

A dimostrazione di ciò l’Ucraina, nonostante i suoi sforzi, sta perdendo sempre più slancio e territorio nella guerra. L'UE, inizialmente forte e unita nel suo sostegno militare all'Ucraina, è sempre stata priva di una strategia politica e militare a lungo termine per affrontare la Russia. E nonostante la sua continua fornitura di armi su larga scala al Paese, l'integrità territoriale dell'Ucraina non è mai sembrata essere una vera priorità per gli americani (ad esempio, gli Stati Uniti non sono intervenuti nemmeno quando la Crimea è stata presa dai russi nel 2014).

Con il nuovo presidente degli Stati Uniti, come la BBC ha di recente riportato, sarà probabilmente ancor meno una priorità. Inoltre i governi occidentali non invieranno truppe in Ucraina. Un avversario delle dimensioni della Russia, che è disposto ad accettare qualsiasi numero di vittime tra i propri soldati mentre combatte una guerra di logoramento, è quasi impossibile da sconfiggere attraverso la guerra convenzionale.

La prospettiva per l'Europa, quindi, è cupa. Sebbene questo sembri ancora un tabù a Bruxelles, il tanto proclamato mantra secondo cui l'UE starà al fianco dell'Ucraina finché la Russia non sarà sconfitta ora suona vuoto e persino sconsiderato. Non c'è un piano attuabile, né sembra che ce ne sia mai stato uno. Gli ucraini stanno pagando il prezzo mentre il resto dell'Europa guarda.

L'impegno tardivo della maggior parte dei governi europei nel rafforzare le proprie forze armate è stato insufficiente per consentire all'Europa di difendersi senza un aiuto americano nel prossimo futuro.

Inoltre l'attuale realtà geopolitica mette l'Europa in una posizione molto debole. Ad esempio, se la Cina decidesse di invadere Taiwan, gli Stati Uniti dovrebbero spendere ingenti risorse militari in Asia. Ciò sarebbe ancora più vero se Pyongyang usasse la situazione per causare conflitti o guerre nella penisola coreana. Ciò significherebbe che la presenza di truppe statunitensi in Europa verrebbe probabilmente influenzata negativamente, lasciando l'Europa a dover badare ancora di più a sé stessa.

Le prospettive di escalation militare in Medio Oriente non sono migliori. I tedeschi, in quanto nazione leader in Europa, sono stati negligenti quando si è trattato di mantenere in ordine il loro esercito, mentre i polacchi, conoscendo la dura realtà storica degli eserciti invasori provenienti da Est e Ovest, hanno costantemente investito nelle loro capacità di difesa nell'ultimo decennio. La Polonia sta quindi mostrando al resto dell'Europa cosa è possibile fare con le giuste priorità e volontà politica. Di conseguenza sembra ora essere il partner militare preferito degli Stati Uniti in Europa, come dimostrato dalla recente installazione di una base di difesa missilistica NATO in quel Paese. Le nazioni europee e l'UE devono impegnarsi per buoni rapporti con la nuova amministrazione statunitense, in modo da evitare di trasformarsi in spettatori passivi nella lotta per il futuro politico e militare dell'Europa.


Abbandonare la superiorità morale

Non solo i media tradizionali come il De Volkskrant, ma ancor di più i leader di governo europei, indipendentemente dalla loro affiliazione politica, devono rendersi conto che sono geopoliticamente sulla graticola ora che Donald Trump è stato rieletto presidente degli Stati Uniti. Tutti gli indicatori indicano che sarà fedele alla sua parola e che adotterà misure rapide sulle questioni che preoccupano la maggioranza degli elettori americani... che all'Europa e ai suoi leader piaccia o meno. A livello nazionale, Trump affronterà l'immigrazione illegale in modi non ortodossi e, in politica economica, imporrà dazi sulle importazioni e probabilmente si impegnerà in guerre commerciali.

Il riallineamento geopolitico iniziato molto tempo fa con l'ascesa della Cina sta ora accelerando con conseguenze molto gravi per l'Europa in termini di energia, economia e forza militare. Il momento di intraprendere azioni decisive è scaduto da tempo. I leader europei farebbero bene a mettere ordine in casa propria invece di fare prediche agli americani sulla democrazia e sullo stato di diritto. Inoltre l'UE e le nazioni europee dovrebbero impegnarsi a stabilire una solida relazione con la nuova leadership alla Casa Bianca e a Capitol Hill in modo da poter influenzare l'esito di quello che sarà sicuramente il più grande sconvolgimento geopolitico del nostro tempo, il quale porterà all'istituzione di un nuovo ordine mondiale. La capacità dell'Europa di essere un attore importante in questa trasformazione dipenderà dalla sua volontà di assumersi ancora una volta la piena responsabilità del proprio destino.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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1 commento:

  1. A me questo post sembra molto di parte, non si può parlare così e trattare il livello di ingerenza esercitato dagli anglosassoni come se fosse qualcosa di irrilevante: diversi politici e personaggi pubblici sono morti in europa, perchè non erano allineati a Washington. Mettere in ordine in casa propria, per l'europa significa cacciare gli anglosassoni e cominciare ad attuare una politica estera più feroce e sanguinaria della loro, peggiore addirittura di quella degli israeliani, ma il costo richiesto è così alto, che forse non è più realizzabile, senza condannarsi all'estinzione.

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