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di John Phelan
(Versione audio della traduzione disponibile qui: https://fsimoncelli.substack.com/p/le-radici-economiche-del-crollo-politico?r=12xido)
L'11 dicembre Michel Barnier ha perso un voto di fiducia nel parlamento francese, ponendo fine al suo mandato di primo ministro dopo soli 90 giorni, il mandato più breve di qualsiasi primo ministro dalla fondazione della Quinta Repubblica nel 1958. La causa è stata il bilancio proposto da Barnier, ma questo non fa che evidenziare problemi che si sono accumulati per decenni.
Il governo francese spende una quota maggiore del reddito nazionale rispetto alla maggior parte dei Paesi comparabili: i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) mostrano che, nel 2019, la spesa pubblica rappresentava il 55% del Prodotto interno lordo (PIL), più alta rispetto a qualsiasi altro Paese del G7. Ciò è dovuto agli alti livelli di spesa per lo stato sociale, l'assistenza sanitaria e l'istruzione. I dati dell'OCSE mostrano che la spesa sociale in Francia ha rappresentato il 31% del PIL nel 2019, più alta rispetto a qualsiasi altro Paese del G7. Il governo francese impone un pesante onere fiscale per finanziarla. Sempre nel 2019 i dati dell'OCSE hanno mostrato che le entrate fiscali sono arrivate al 45% del PIL, ancora una volta il più alto livello rispetto a qualsiasi altro Paese del G7. Ma queste entrate non sono sufficienti a finanziare completamente la spesa dello stato e si prevede che il deficit di quest'anno raggiungerà il 6,1% del PIL.
Barnier, nominato a settembre a capo di un governo di minoranza dopo un'inconcludente elezione generale, mirava a ridurre il deficit al 5% del PIL l'anno prossimo, ancora al di sopra della soglia del 3% richiesta come stato membro dell'UE. La sua manovra era da €60 miliardi tra aumenti delle tasse e tagli alla spesa. Dal lato delle entrate includeva nuove tasse su circa 24.000 delle famiglie più ricche, sui profitti delle grandi aziende, sull'elettricità, sui viaggi aerei e sulle automobili. Dal lato della spesa Barnier ha cercato di congelare le pensioni statali per sei mesi l'anno prossimo, ridurre il sostegno per gli apprendistati e i contratti sovvenzionati e ridurre i rimborsi per le spese mediche e le indennità di malattia. E tutto questo doveva essere fatto aumentando la spesa per la difesa in risposta all'invasione russa dell'Ucraina.
C'era qualcosa qui che ha fatto innervosire tutti.
“I tagli alla spesa pubblica e alla rete di sicurezza sociale hanno un impatto maggiore sulla vita delle classi lavoratrici e medie”, ha affermato il legislatore di sinistra Eric Coquerel, capo della commissione Finanze dell'Assemblea nazionale. Ci si poteva aspettare l'opposizione a tali misure da parte di persone come Monsieur Coquerel, ma anche “Raggruppamento nazionale” (NR) di Marine Le Pen si è opposto. A novembre la Le Pen ha stabilito delle “linee rosse”, tra cui il rifiuto di aumentare le tasse sull'energia elettrica e l'impegno ad aumentare le pensioni statali da gennaio. “Abbiamo detto quali erano gli elementi non negoziabili per noi”, ha affermato la Le Pen. “Siamo diretti nel nostro approccio politico; difendiamo il popolo francese”.
Raggruppamento nazionale viene spesso accomunato ad altri partiti presumibilmente di “estrema destra” come Reform in Gran Bretagna. Infatti, mentre Nigel Farage di Reform potrebbe condividere l'avversione della Le Pen per l'immigrazione di massa, è, in termini economici, un Thatcheriano che offre, come descrive John Burn-Murdoch sul Financial Times, “tagli fiscali radicali e agevolazioni fiscali per l'assistenza sanitaria privata e l'assicurazione sanitaria”. Raggruppamento nazionale, al contrario, sostiene tasse elevate, spesa pubblica, più regolamentazione e protezionismo commerciale. Infatti è “di sinistra” nella maggior parte delle cose, a parte l'atteggiamento nei confronti dell'immigrazione. Ciò fa eco ai dibattiti negli Stati Uniti tra i conservatori “Freedom” e “National”. La Le Pen ha descritto il modesto consolidamento fiscale di Barnier come “pericoloso e ingiusto” e presagio di “caos” per la Francia.
Questo caos è già arrivato, insieme alla crisi fiscale.
“Lunedì, per la prima volta, i costi dei finanziamenti francesi sono saliti più di quelli della Grecia”, ha riportato la Reuters, “mentre il governo di Michel Barnier era sull'orlo del collasso, sottolineando un drastico cambiamento nel modo in cui i creditori vedono l'affidabilità creditizia dei membri della zona Euro”.
A novembre il governo di Barnier è sopravvissuto a un voto di sfiducia promosso dalla coalizione di sinistra quando Raggruppamento nazionale e i suoi alleati nell'Assemblea nazionale si sono astenuti. Quando Barnier ha forzato la manovra utilizzando una scappatoia costituzionale, è stato troppo per Raggruppamento nazionale che, insieme al “New Popular Front” di estrema sinistra, ha presentato mozioni di sfiducia contro il suo governo. Quello di Barnier è diventato il primo governo a perdere una mozione di sfiducia sin dal 1962.
Le conseguenze di questa instabilità si faranno sentire oltre i confini della Francia. Il Paese è da tempo un membro chiave, seppur un po' ambiguo, del “cuore” dell'Eurozona, ma potrebbe essere sulla buona strada per diventare un membro della sua “periferia”. Le conseguenze per la moneta unica e l'economia dell'Eurozona saranno significative. Il cuore è stato tradizionalmente accomunato a disciplina monetaria e fiscale e l'appartenenza di entrambe le potenze dell'Unione Europea a esso, Germania e Francia, ha permesso a tale situazione di prevalere. Se la Francia uscirà dal cuore e si unirà alla periferia, l'equilibrio di potere nell'Eurozona si sposterà verso un allentamento monetario e fiscale. Come minimo la Germania avrà più difficoltà a prendere le decisioni e Paesi come l'Italia avranno un nuovo e potente alleato.
L'Unione Europea è da tempo abituata all'instabilità politica tra i suoi membri periferici, ma la Francia, la sua seconda economia più grande, ora non ha un governo, nessuna prospettiva immediata di andare avanti e potrebbe presto non avere nemmeno un presidente. Come reagirà quando un membro centrale delle istituzioni sarà uno di quelli instabili?
Gli americani, inclini a pensare che la loro politica offra una dimostrazione di disfunzione unica tra le nazioni della Terra, potrebbero consolarsi se guardano alla Francia; dovrebbero evitare di provare troppa schadenfreude.
A giugno il Congressional Budget Office (CBO) ha previsto un deficit di bilancio federale di $2000 miliardi nel 2024 e “crescerà fino a $2.800 miliardi entro il 2034”. Il CBO fa notare che questi “deficit equivalgono al 7,0% del prodotto interno lordo (PIL) nel 2024 e al 6,5% del PIL nel 2025 [...]. Entro il 2034 il deficit rettificato equivarrà al 6,9% del PIL, più del 3,7% che i deficit hanno fatto registrare in media negli ultimi 50 anni”.
Il risultato: “Il debito detenuto dal pubblico aumenta dal 99% del PIL di quest’anno al 122% del 2034, superando il precedente massimo del 106% del PIL”.
La disfunzione politica della Francia deriva da molte fonti, non ultime le reazioni all'immigrazione di massa nel Paese negli ultimi anni. Ma deriva anche dal semplice fatto che i suoi governi hanno fatto a lungo promesse di spesa che la sua economia non può mantenere.
Questa disfunzione potrebbe manifestarsi in qualsiasi Paese in cui siano state fatte tali promesse e gli Stati Uniti sono uno di questi.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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