mercoledì 4 dicembre 2024

La “terapia d'urto” di Javier Milei funziona

Se recuperate il tag “Argentina” in questo blog e andate a spulciare i vecchi articoli, noterete che ce ne sono alcuni che andavano a “predire” la cosiddetta “argentinizzazione” dei Paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti. Inutile dire che all'epoca la rotta intrapresa dal Paese, e incentivata dai vari governi che si sono succeduti, era quella di un'autodistruzione attraverso il potenziamento sotto steroidi dell'intrusione dello stato nella vita economica della gente comune. Socialismo dilagante potremmo chiamarlo e il resto del mondo prendeva appunti. Questo almeno fino al 2022, quando gli USA hanno ufficialmente cambiato rotta e successivamente l'Argentina ha scelto Milei come presidente. Il percorso vecchio di “argentinizzazione” è ancora in atto per l'Europa, mentre per gli Stati Uniti c'è quello nuovo intrapreso da Milei. Inutile dire che quest'ultimo è un esperimento statunitense per testare altrove le linee di politica necessarie per invertire anni di vandalizzazione della propria economia a opera della cricca di Davos. Questa tesi la trovate descritta meglio nel mio ultimo libro, Il Grande Default. Soprattutto per analizzare misure da implementare in patria e tempistiche dei risultati. Prendiamo ad esempio il controllo sui prezzi degli affitti. Subito dopo essere entrato in carica, Milei ha abrogato la legge Lipovetzky e rapidamente si sono sentiti gli effetti: l'offerta di unità in affitto è aumentata di oltre il 170% e i prezzi reali degli affitti sono scesi del 40% rispetto ai livelli di ottobre 2023. È da notare non solo l'entità del miglioramento, ma anche l'effetto immediato dopo l'abrogazione della legge Lipovetzky. La dollarizzazione del Paese, poi, renderà obsoleta la banca centrale argentina. Ma è più di una riforma monetaria, è uno scudo istituzionale (soprattutto in questo momento storico in cui la FED ha finalmente il pieno potere decisionale sulla sua politica monetaria): rende le riforme pro-mercato difficili da invertire perché il costo delle cattive politiche non può essere oscurato dal denaro facile. La dollarizzazione frenerebbe l'inflazione galoppante e rafforzerebbe le istituzioni argentine contro le minacce ricorrenti delle politiche populiste. Getterebbe le basi per riforme economiche più ampie, rendendo possibile una prosperità a lungo termine. La dollarizzazione offre un'opportunità per rompere con i cicli distruttivi di inversione delle linee di politica del passato e instabilità economica, offrendo la possibilità di costruire una struttura economica più resiliente.

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di Michael Peterson

La scorsa settimana il presidente argentino, Javier Milei, ha sciolto l'Administración Federal de Ingresos Públicos (AFIP), il più grande ufficio fiscale della nazione. Il portavoce presidenziale argentino, Manual Adorni, ha annunciato che una nuova agenzia sostituirà l'AFIP, eliminando quasi 3.100 dipendenti pubblici e facendo risparmiare ai contribuenti argentini 6,4 miliardi di pesos argentini (circa $6,5 ​​milioni). Sebbene questa misura ridurrà le inefficienze burocratiche, è in gran parte simbolica e fa parte della più ampia missione di Milei di tagliare in modo credibile la spesa pubblica e liberalizzare le istituzioni argentine.

Riorganizzare la più grande agenzia fiscale della nazione è particolarmente significativo, perché sposta l'attenzione dai burocrati e celebra l'importanza degli imprenditori privati. Come spiega Adorni nella sua dichiarazione: “Ciò che appartiene a ogni argentino è suo e di nessun altro. Nessun burocrate dovrebbe essere delegato al potere di dire a un argentino cosa fare con la sua proprietà”.

Dopo decenni di linee di politica socialiste, l'Argentina sta attualmente attraversando il più serio aggiustamento economico sin dalla crisi del 2001, quando la nazione abbandonò il suo tasso di cambio fisso, il valore del peso colò a picco e con esso i risparmi degli argentini. El corralito, che significa “recinto per animali”, si riferisce alle misure soffocanti imposte dal ministro dell'Economia Domingo Cavallo nel 2001 per impedire i prelievi bancari. Nel giro di poche ore milioni di argentini avevano perso fino al 75% dei loro depositi in contanti, innescando rivolte e disordini diffusi in tutto il Paese.

“Dei $77.000 che avevo in banca, ne persi $40.000 nel corralito”, ricorda l'informatico Ricardo Lladós in un'intervista 20 anni dopo.

A differenza della crisi del 2001, che avrebbe potuto essere evitata con una migliore politica monetaria, gli attuali problemi economici dell'Argentina sono inevitabili. E a differenza dei suoi predecessori, Milei sta tentando di riformare le istituzioni argentine e impegnarsi in modo credibile per proteggere i diritti di proprietà. Ecco perché la sua capacità di mantenere le promesse è critica per il successo economico.

Ciò che l'amministrazione Milei spera di ottenere attraverso la liberalizzazione è a dir poco straordinario e rappresenta la sfida perenne che le nazioni hanno dovuto affrontare sin dalla crescita miracolosa dell'Europa occidentale nel XVIII secolo. Douglass North, economista premio Nobel, ha illustrato questa sfida in un famoso articolo scritto insieme a Barry Weingast, attribuendo il successo economico dell'Inghilterra alla Gloriosa Rivoluzione del 1688, quando la Corona si impegnò in modo credibile a proteggere i diritti di proprietà e a non espropriare la ricchezza privata ogni volta che lo desiderava. “I mercati liberi devono essere accompagnati da alcune restrizioni credibili alla capacità dello Stato di manipolare le regole economiche a proprio vantaggio e a vantaggio dei suoi elettori”, scrivono gli autori.

In veste di economista liberale classico, Milei comprende l'importanza di impegnarsi in modo credibile nelle riforme economiche. Sta tagliando i programmi governativi inutili che si sono metastatizzati in decenni di governo peronista; ha chiuso 13 ministeri governativi e licenziato più di 30.000 dipendenti pubblici, ovvero circa il 10% del totale.

La serie di tagli al bilancio di Milei ha generato risultati fiscali sbalorditivi. A meno di un anno dalla sua presidenza, ha fatto registrare il primo surplus di bilancio dell'Argentina in 12 anni; ha rapidamente ridotto il rischio della nazione del 10,4%, misurato dallo spread dei tassi d'interesse tra i titoli di stato statunitensi e argentini. Anche i salari reali sono in aumento e, naturalmente, l'inflazione mensile dell'Argentina è crollata da un picco di quasi il 26% a dicembre 2023 al 3,5% a settembre.

Abbiamo visto una “terapia d'urto” simile quando la Russia e i suoi stati satellite intrapresero importanti riforme di liberalizzazione negli anni '90. Contrariamente alla più credibile strategia di Milei, però, la Russia e i suoi vicini dell'Europa orientale rinnegarono le loro promesse di rispettare i diritti di proprietà, utilizzando invece la ricerca di rendite e gli scambi non di mercato per supportare artificialmente i settori improduttivi all'interno dell'economia. Questa “economia virtuale” ha soffocato le ambizioni post-sovietiche della Russia, limitando la concorrenza e incentivando la corruzione. Quando Boris Eltsin giurò di attuare serie riforme di mercato nei primi anni '90, i controlli sui prezzi rimasero in vigore per molti prodotti e i mercati neri prosperarono.

Peter J. Boettke, economista della George Mason University e studioso dell'Unione Sovietica, ha riassunto i fallimenti della Russia post-perestroika: “Perfino durante l'esperimento post-sovietico di terapia d'urto del libero mercato, il nuovo governo non è riuscito a stabilire il tipo di impegni politici e legali vincolanti richiesti [per la crescita economica]”.

La Polonia, d'altro canto, liberalizzò l'economia con successo perché eliminò l'impulso dello stato a stampare denaro e intervenire arbitrariamente nel settore privato. Nell'ottobre 1989 il neo-nominato ministro delle finanze polacco, Leszek Balcerowicz, avviò una serie di riforme di libero mercato tra cui la riduzione della spesa pubblica, la privatizzazione delle industrie statali e l'eliminazione dei sussidi statali. Mentre l'inflazione e la disoccupazione salirono immediatamente, il Paese si stabilizzò nel giro di due anni. Tra il 1992 e il 2019 la Polonia ha goduto di un tasso di crescita annuale medio del 4,7% e non ha mai sperimentato un declino economico, collocandosi prima dell'Australia come unica nazione OCSE ad aver sperimentato 28 anni consecutivi di crescita economica. L'imprenditorialità è sbocciata sulla scia delle riforme, ponendo fine a decenni di carenze endemiche nel giro di pochi giorni.

Come Balcerowicz, Milei ha ereditato un disastro macroeconomico. Quando ha ricoperto la sua carica, il rapporto debito pubblico/PIL dell'Argentina superava il 60%. Il divario del tasso di cambio, che misura la differenza tra i tassi di cambio ufficiali e non ufficiali del Paese, si aggirava intorno al 200% e il tasso di inflazione di base era del 230% e in aumento.

E come la Polonia, l'Argentina sta affrontando serie sfide economiche sulla scia della sua terapia d'urto. Oltre il 50% degli argentini vive in povertà, la disoccupazione è al 7,7% e molti cittadini stanno lottando contro l'insicurezza alimentare, con una stima di 1,5 milioni di bambini che perdono almeno un pasto al giorno.

Ma queste cifre non fanno che aumentare l'importanza dell'impegno credibile di Milei nel liberalizzare il suo Paese. Non solo deve continuare il suo programma di riforme, ma deve anche segnalare in modo credibile agli argentini che le sue linee di politica dureranno: le sue riforme devono durare più a lungo dei suoi successori e devono garantire che la proprietà privata venga rispettata per molto tempo.

Milei ha mantenuto la maggior parte delle promesse fatte durante la campagna elettorale, ma c'è ancora molto lavoro da fare. La sua promessa di dollarizzare l'economia non si è ancora concretizzata, invece i dollari vengono scambiati insieme ai pesos argentini, ma i primi non possono essere usati come moneta legale per pagare tasse o debiti. Milei non ha ancora chiuso completamente la banca centrale argentina, cosa che ha detto essere “non negoziabile” quando è entrato in carica. E i controlli valutari che rimangono in atto continuano a deprimere artificialmente i numeri dell'inflazione.

Ma l'impegno generale di Milei per la liberalizzazione della nazione ha alimentato il potenziale economico del Paese. Quando ha revocato il controllo dei prezzi degli affitti a gennaio, l'offerta di alloggi è salita di quasi il 200% e i prezzi degli affitti sono scesi del 40% a Buenos Aires, un chiaro segno che le riforme di libero mercato avvantaggiano le persone più a rischio nella società. L'indice EMBI dell'Argentina, una misurazione del rischio condotta da JPMorgan Chase, è sceso di quasi 1.000 punti, da 1.920 quando Milei è entrato in carica a 984 a ottobre. E, cosa più significativa, si prevede che il PIL crescerà tra il cinque e il sei percento l'anno prossimo, alimentato da maggiori investimenti e consumi, nonché dalla stabilità monetaria e dalle riforme del mercato del lavoro.

Quando Milei ha annunciato la revisione della più grande agenzia fiscale della nazione, non si è solo limitato a promettere di tagliare la spesa pubblica: si sta impegnando in modo credibile per la liberalizzazione del Paese licenziando burocrati affamati di tasse la cui missione era quella di punire imprenditori e creatori di ricchezza. Impegnandosi in modo credibile a trasformare le istituzioni economiche dell'Argentina, Milei sta preparando il terreno per la ripresa economica e l'esplosione imprenditoriale. Proprio come il programma di liberalizzazione della Polonia ha innescato una crescita miracolosa, le riforme di Milei otterranno lo stesso risultato se manterrà le sue promesse di ridurre l'intrusione dello stato nelle forze di mercato.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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