lunedì 4 novembre 2024

La soluzione di Trump al disastro fiscale

L'articolo di oggi ha un'importanza particolare, dato che il contenuto va a ricalcare un testo pubblicato nei lontani anni '50 e già allora individuava la cosiddetta radice di tutti i mali economici. Chi volesse recuperarlo, può farlo cliccando qui e troverà la versione cartacea che ho provveduto a pubblicare di recente. È fuor di dubbio che i conti della nazione sono ancora un disastro, ma qualora dovesse essere eletto Trump e mantenere fede a quanto detto in campagna elettorale, questo sarebbe di certo un passo verso la giusa direzione. Le basi teoriche e filosofiche sono state fornite da Chodorov nel libro sopraccitato, quelle pratiche possono essere visualizzate in numeri nell'esercizio odierno di Stockman.

__________________________________________________________


di David Stockman

Nelle ultime settimane della sua campagna elettorale, Donald Trump sta facendo strame dell'imposta federale sul reddito quasi con la stessa rapidità con cui ha servito le patatine fritte allo sportello drive-thru del McDonald's. Finora ha proposto di estendere le aliquote più basse, i crediti d'imposta per le famiglie e gli incentivi agli investimenti del Tax Act del 2017 dopo la loro scadenza nel 2025 e di esentare dall'imposta federale sul reddito anche le mance, i sussidi della previdenza sociale e gli straordinari.

Solo queste voci genererebbero una perdita di entrate pari a $9.000 miliardi nel prossimo decennio, ma di recente ha proposto di esentare dall'imposta federale sul reddito anche i vigili del fuoco, gli agenti di polizia, il personale militare e i veterani.

Altri $2.500 miliardi di perdite di entrate in 10 anni. Ci sono 370.000 pompieri, 708.000 poliziotti, 2,86 milioni di militari in uniforme e 18,0 milioni di veterani negli Stati Uniti. Questi 22 milioni di cittadini hanno un reddito medio stimato di $82.000 all'anno, cosa che si traduce in circa $60.000 ciascuno di reddito lordo rettificato. A un'aliquota media dell'imposta sul reddito del 14,7%, queste esclusioni genererebbero $250 miliardi all'anno di pagamenti ridotti dell'imposta sul reddito.

In totale Trump ha quindi buttato lì la promessa di tagliare le imposte sul reddito per $11.500 miliardi nel prossimo periodo di bilancio decennale. A loro volta queste riduzioni radicali ammonterebbero a oltre il 34% delle entrate fiscali di base stimate dal CBO nello stesso periodo: $33.700 miliardi. Ahimè, persino nei giorni felici del taglio delle imposte di Reagan nessuno si sognava davvero di eliminare completamente un terzo del cosiddetto crimine del 1913 (il XVI emendamento che introdusse l'imposta sul reddito).

Perdita decennale delle entrate:

• Estendere i tagli fiscali del 2017: $5,350 miliardi

• Reddito esente da straordinari: $2.000 miliardi

• Porre fine alla tassazione delle prestazioni della previdenza sociale: $1.300 miliardi

• Reddito da mance esentato: $300 miliardi

• Reddito esentato da imposte per vigili del fuoco, poliziotti, militari e veterani: $2.500 miliardi

• Perdita totale di entrate per Trump: $11.500 miliardi

• Entrate di base dell'imposta sul reddito del CBO: $33.700 miliardi

• Perdita di entrate di Trump in % rispetto al valore di base: 34%

D'altro canto Trump potrebbe avere in mente qualcosa di epico: eliminare completamente l'imposta sul reddito a favore della tassazione dei consumi tramite imposte su beni e merci importati.

“Ai vecchi tempi, quando eravamo intelligenti, quando eravamo un Paese intelligente, nel 1890, quando il Paese era relativamente il più ricco che sia mai stato, c'erano solo i dazi. Non c'era un'imposta sul reddito”, ha detto Trump durante un incontro con gli elettori a New York per Fox & Friends.

“Adesso abbiamo le tasse sul reddito e abbiamo persone che muoiono di fame”.

Il New York Times è profondamente allarmato: “L’ex-presidente ha ripetutamente elogiato un periodo della storia americana in cui non esisteva l’imposta sul reddito e il Paese faceva affidamento sui dazi per finanziare il governo federale”.

In realtà l'America del XIX secolo era persino più intelligente di quanto Trump creda. Nel 1900 la spesa federale totale ammontava a solo il 3,5% del PIL perché a quel tempo l'America era ancora una repubblica pacifica e non aveva alcun Stato militare o persino un esercito permanente altrove. E, a parte i distretti più avanzati d'Europa, nemmeno lo Stato sociale era stato ancora inventato.

Quindi, sì, i cosiddetti “dazi sulle entrate” del XIX secolo soddisfacevano le esigenze di reddito del governo federale al punto di pareggiare il bilancio anno dopo anno tra il 1870 e il 1900. Infatti i surplus annuali furono per giunta abbastanza grandi da ripagare la maggior parte del debito della Guerra Civile.

Oggi lo Stato militare, lo Stato assistenziale e le spese folli di Washington rappresentano il 25% del PIL, quindi Trump ha ragione nel voler tassare i consumi piuttosto che il reddito, ma sbaglia quando si tratta delle dimensioni del bilancio federale che deve essere finanziato.

Ha promesso di imporre un dazio universale del 20% su tutte le importazioni da tutti i Paesi con un'aliquota specifica del 60% per le importazioni cinesi. Sulla base degli attuali livelli di importazione degli Stati Uniti ($3.500 miliardi all'anno) da fonti mondiali e dalla Cina ($450 miliardi), i dazi di Trump genererebbero circa $900 miliardi di entrate all'anno.

Di sicuro l'affermazione di Trump secondo cui questi dazi sarebbero pagati da cinesi, messicani e socialisti europei è una sciocchezza: sono pagati dai consumatori.

La verità è che lo stato dovrebbe essere pagato tramite la tassazione dei cittadini attuali, non rifilato sotto forma di debiti enormi ai cittadini futuri, nati e non ancora nati. Quindi se vogliamo avere un governo federale al 25% del PIL anziché al 3,5% del PIL, meglio che l'onere venga posto sui consumi, non sulla produzione, sul reddito e sugli investimenti.

Dopotutto oggi “chi fa” viene colpito duramente dall'attuale sistema di imposta sul reddito estremamente sbilanciato. L'1% più ricco paga il 46% delle imposte sul reddito, mentre il 5% più ricco paga il 66% e il 10% più ricco paga il 76% di tutte le imposte sul reddito. Invece il 50% più povero paga solo il 2,3% delle imposte sul reddito individuale, mentre il 40% di tutte le famiglie non paga alcuna imposta sul reddito.

In ogni caso, i calcoli fanno sì che i dazi proposti da Trump genererebbero circa $9.000 miliardi nel prossimo decennio, ovvero quasi l'80% della perdita di entrate da $11.500 miliardi derivante dalla drastica riduzione della copertura dell'imposta sul reddito e del tasso di riscossione. Questo è un grande passo avanti nella direzione della solvibilità fiscale piuttosto che altri pasti gratis all'Unipartito.

Di sicuro il corretto riorientamento della politica fiscale federale sarebbe un'imposta nazionale sulle vendite, o un'imposta IVA, che potrebbe essere applicata sia ai beni e ai servizi, sia alla produzione nazionale che alle importazioni. Un'IVA del 5% sugli attuali $20.000 miliardi all'anno di PCE (spese al consumo personali) totale genererebbe l'equivalente dei dazi di Trump, mentre un'imposta del 15% sulla PCE totale potrebbe sostituire interamente sia i dazi di Trump sia il resto dell'imposta sul reddito.

Nonostante i suoi difetti un dazio è un inizio atteso da tempo nella giusta direzione. La posizione audace di Trump a favore della tassazione dei consumi piuttosto che del reddito e dell'obbligo per tutte le famiglie di sostenere i costi del governo federale, non solo il piccolo numero di produttori in cima alla scala economica, è chiaramente superiore allo status quo.

Tuttavia questo radicale cambiamento nella composizione e nell'incidenza della politica fiscale non mette davvero a tacere il disastro fiscale.

Se si presumono i dazi e i tagli radicali alle imposte sul reddito e che le altre imposte federali su buste paga, società e accise rimangano le stesse, le entrate decennali ammonteranno a soli $60.000 miliardi rispetto alla spesa integrata di $85.000 miliardi secondo la linea di base del CBO. In breve, anche con una versione gigantesca di dazi, il piano di bilancio di Trump genererebbe comunque $25.000 miliardi di inchiostro rosso nel prossimo decennio.

Prospettive di bilancio decennale con tagli fiscali e dazi di Trump, dal 2025 al 2034:

• Imposte sul reddito delle persone fisiche con i tagli di Trump: $22.000 miliardi

• Dazi di Trump: $9.000 miliardi

• Imposte sul reddito esistenti: $20.900 miliardi

• Imposta vigente sulle società, tagliata al 15% per i produttori: $4.600 miliardi

• Altre entrate federali esistenti: $3.500 miliardi

• Entrate federali totali secondo la linea di politica di Trump: $60.000 miliardi

• Spese federali di base secondo il CBO: $85.000 miliardi

• Potenziale deficit di Trump nei prossimi 10 anni: $25.000 miliardi

Di sicuro Trump ha promesso di scatenare Elon Musk in una crociata contro gli sprechi e l'inefficienza del governo federale, e noi siamo più che felici che avvenga. Se qualcuno ha il coraggio e l'intelligenza per affrontare la Palude, sicuramente Elon Musk è in cima alla lista.

Trump ha promesso anche di proteggere l'82% del bilancio da qualsiasi taglio. Esatto. Elon potrebbe sbuffare e ridurre di un terzo i programmi e le agenzie non esenti e lasciare comunque deficit superiori a $20.000 miliardi nel prossimo decennio.

Costo decennale dei programmi sostenuti da Trump e che ha promesso di non tagliare o che non può tagliare:

• Previdenza sociale: $20.000 miliardi

• Medicare: $16.000 miliardi

• Pensioni federali militari e civili: $2.500 miliardi

• Programmi per i veterani: $3.000 miliardi

• Bilancio per la sicurezza nazionale: $15.500 miliardi

• Interessi sul debito pubblico: $13.000 miliardi

• Totale programmi esenti: $70.000 miliardi

• Programmi esenti in % dei $85.000 miliardi calcolati dal CBO: 82%

In breve, anche con i dazi di Trump e supponendo che Elon possa effettivamente tagliare il 33% del bilancio non esente senza chiudere il Washington Monument, la matematica di base lascia poco all'immaginazione. Una spesa di $80.000 miliardi ammonterebbe al 22,7% del PIL, mentre il pacchetto di entrate di Trump genererebbe $60.000 miliardi di entrate federali nel prossimo decennio, pari a circa il 17,0% del PIL.

A sua volta ciò lascerebbe un deficit strutturale di quasi il 6% del PIL. E questa proiezione presuppone che non ci sarà mai più una recessione e che l'interesse su un debito pubblico che si avvicinerà ai $60.000 miliardi entro il 2034 sarà in media solo del 3,3% nell'intero spettro di scadenza. Inutile dire che la proiezione del CBO, $1.700 miliardi di spesa annuale per interessi entro il 2034, è probabilmente sottostimata.

In ogni caso, la sfida di finanziare questi deficit giganteschi insieme ai $900 miliardi all'anno di dazi sarebbe considerevole. Questi ultimi da soli ammonterebbero a quasi il 10% del consumo annuale degli Stati Uniti di beni di consumo e beni d'investimento fissi.

Quindi se la FED dovesse “accomodare” questi enormi dazi accendendo le rotative a tutto gas nel tentativo di compensare la perdita di potere d’acquisto delle famiglie, potrebbe benissimo innescare un’ondata di inflazione ancora più virulenta di quella del 2021-2024.

D’altro canto se dovesse aderire alla corretta soluzione del denaro sano/onesto e rifiutarsi di “accomodare” sia gli enormi deficit sia i giganteschi dazi, i rendimenti obbligazionari e i tassi d'interesse salirebbero alle stelle, anche se l’economia di Main Street si contraesse bruscamente in risposta a un aumento una tantum del 10% del livello generale dei prezzi.

Finanziare enormi deficit di bilancio onestamente nei mercati obbligazionari, anziché tramite le rotative della FED, scatenerebbe anche la madre di tutti i crolli nei mercati finanziari. Trump otterrebbe quindi i suoi dazi e un sostanziale rimpatrio della produzione industriale, ma anche una recessione su Main Street e Wall Street.

Sfortunatamente questo è il prezzo che l'America deve pagare per eliminare gli effetti distruttivi di decenni di politiche di spesa, prestiti e stampa di denaro dell'Unipartito.

Tuttavia esiste uno scenario decisamente peggiore: la perpetuazione dello status quo dell'Unipartito, ciò che otterremmo se nello Studio Ovale ci finisse il candidato democratico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


Nessun commento:

Posta un commento