Iniziamo oggi con questa citazione del 2002 di Ben Bernanke:
Il governo degli Stati Uniti ha una tecnologia, chiamata stampante monetaria (e, oggi, il suo equivalente elettronico), che gli consente di produrre quanti dollari desidera, praticamente a costo zero.
La domanda è: ci si può fidare degli esseri umani affinché resistano alla tentazione di stampare troppo? La risposta fino a oggi è stata “no”. Questo esperimento mentale, però, non è nuovo dato che i sistemi monetari “cartacei” o “monopolistici” sono venuti e se ne sono andati molte volte. L'arrivo è sempre stato divertente, le persone avevano più da spendere; era l'“andare” a essere doloroso, spesso concludendosi con depressioni, guerre, o rivoluzioni. Dopo la prima guerra mondiale, ad esempio, la Germania si trovò ad affrontare enormi debiti di guerra. Passò alla cartamoneta senza copertura in oro. Nel 1923 ci volevano 4.210.500.000.000 di marchi per acquistare un dollaro. La Francia nel 1960, dopo anni di eccesso simili, dovette sostituire il vecchio franco con uno nuovo, a 100 a 1. Cina, Jugoslavia, Argentina, Zimbabwe, Libano: tutte catastrofi sociali, politiche e finanziarie.
L'inflazione in Germania portò a un malcontento così diffuso che la gente si scontrava per le strade; i nazionalsocialisti di Adolf Hitler vinsero quelle risse e presero il controllo del Paese. L'instabilità finanziaria della Russia portò alla Rivoluzione bolscevica nel 1917; l'inflazione cinese negli anni '40 portò al potere Mao. Il 15 agosto 1971, negli Stati Uniti, arrivò lo shock di Nixon. Il nuovo dollaro sembrava proprio come quello vecchio, ma non aveva più alla sua base una asset reale. La maggior parte degli economisti annuì in segno di approvazione, così come il resto della popolazione.
Il credito sempre più economico ha reso redditizio prendere in prestito e speculare come mai prima. Per quanto la flessibilità del nuovo sistema monetario abbia permesso al commercio mondiale di svilupparsi in accordo col dinamismo incalzate di un'economia sempre più interconnessa e una divisione del lavoro sempre più specializzata, il lato negativo è stata un'altrettanta facilità con cui gli investimenti improduttivi hanno potuto proliferare. Consumatori, aziende, investitori e stati si sono indebitati sempre di più; hanno comprato case più grandi, auto migliori, più aerei da combattimento e portaerei, fusioni e acquisizioni, dotcom, ecc. Una corruzione subdola ha infettato l'intero sistema finanziario: il nuovo denaro era un credito delle banche, non un asset. Chi poteva prenderlo in prestito a un prezzo più basso? Grandi istituzioni, grandi banche, grandi aziende e stati. È così che aziende come BlackRock sono state in grado di superare le famiglie e acquistare migliaia di case; potevano prendere in prestito a tassi d'interesse più bassi.
Galleggiando su una marea di tassi d'interesse ultra bassi, il debito sembrava quasi senza peso, ma più ci si allontanava dal mare, più era difficile tornare sulla terraferma. Oggi anche un tasso d'interesse poco al di sopra dello zero percento è devastante per la maggior parte delle economie, Europa in prima linea. L'elevata sensibilità che le varie economie dell'Eurozona hanno nei confronti di tassi d'interesse più alti da parte della BCE è direttamente proporzionale alle grida dei politici, in particolare italiani, affinché ci sia un'inversione di tendenza. Ecco, prendiamo un attimo come caso di studio l'Italia. Oggi il debito pubblico italiano è quasi di €3000 miliardi e il Ministero di economia e finanza, cercando di mantenere bassi i pagamenti del debito, sta scegliendo un debito a breve termine, ad esempio titoli di stato annuali anziché a 10 anni. Il risultato è che una parte maggiore del debito totale viene “valutata al mercato” ogni anno e diventa più sensibile ai tassi d'interesse. Ciò significa che la BCE non può più “salvare il sistema”. Non può permetterselo, c'è troppo debito. Invece il suo vero obiettivo non è eliminare l'inflazione bensì gestirla, “monetizzare il debito”, riducendone il valore reale con aumenti dei prezzi sostenuti. Ma per farlo l'inflazione deve essere superiore al tasso di creazione di nuovo debito. Attenzione, però, cercare di gestire l'inflazione è come cercare di controllare una festa di quartiere in un brutto quartiere... i proiettili potrebbero volare in qualsiasi momento.
CONCLUSIONI FUORVIANTI
Chi vince? Chi perde? Chi decide? C'è l'analisi superficiale, politica, e ci sono le analisi più profonde della storia, ovvero l'analisi megapolitica. In pubblico la BCE combatte l'inflazione; in privato la incoraggia. Se continuiamo a seguire l'esempio italiano, allora scopriamo, ad esempio, che negli ultimi 17 anni la spesa assistenziale è aumentata del 17% a fronte di un aumento del PIL del 20%. Diversamente dal settore privato, però, la cui natura adattativa permette di rompere i vincoli passati, creare nuovi equilibri e quindi rendimenti acceleranti, la natura di quello pubblico gli impedisce di seguire lo stesso percorso. Ecco perché la Legge dei rendimenti decrescenti verrà portata sino all'esasperazione, dove i rendimenti diventeranno talmente negativi da richiedere una correzione tramite rottura del sistema. Infatti possiamo immaginare un simile esito quando leggiamo che nella manovra economica la classe media verrà surclassata. Togliere linfa vitale alla classe media significa azzoppare la formazione di capitale a favore di una sua consumazione immediata per far girare gli ingranaggi di uno stato sociale ipertrofico. Il benessere temporaneo percepito dai poveri è passeggero perché misure fiscali simili scaraventano nella povertà anche coloro che dovrebbero creare la ricchezza della nazione, andando quindi a ingrossare le fila di chi poi avrà necessità delle elemosine di stato. Da chi si prenderà poi? Dai poveri, ovviamente, visto che la loro dimensione sarà aumentata. Per quanto controintuitivo possa sembrare questo pensiero, ma lo è solo per gli italiani, è spiegato egregiamente da Chodorov in due dei suoi libri migliori: La radice di tutti i mali economici e Avanzamento e declino della società.
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— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 15, 2024
Se alla non discrezionalità dei pagamenti dello stato sociale, cruciali per il tacito consenso all'architettura dello stato nazionale e del super stato UE, ci aggiungiamo anche quella dello stato militare, allora la ricetta per il disastro è servita. pic.twitter.com/uGp580n0qi
Ma il dato più sconcertante e terrorizzante di tutti è quello della produzione industriale: 24 mesi di calo senza freni.
La fuga di capitali finanziari dall'Europa agli Stati Uniti. L'istantanea della "race to the bottom" è tutta qui. Se poi ci aggiungiamo anche la componente energetica (https://t.co/A78nTGMeW3), diventa più chiaro perché l'epicentro del Grande Default è l'Europa. https://t.co/aCw11JktS7
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 18, 2024
Tutte queste cose suggeriscono che l'ultima cosa di cui ha bisogno l'economia italiana è più credito facile. Attualmente i prezzi al consumo stanno ancora salendo, e non dimenticatevi che l'aumento dei prezzi al consumo è un fenomeno cumulativo, ciononostante gli economisti discutono su quale dato sia il più importante e se l'opinione generale penda verso ulteriori tagli dei tassi o meno.
Il lettore sprovveduto potrebbe trarre una conclusione completamente falsata: che la BCE ha il potere di far pendere la bilancia nella direzione che desidera. Potrebbe pensare che possa sempre controllare i tassi d'interesse e, con una saggezza che supera ogni comprensione umana, possa guidare l'economia lungo il percorso verso la prosperità e la crescita per sempre. Come? Inflazionando ordinatamente con denaro a basso costo quando necessario e tagliando lo stimolo quando la crescita e l'inflazione minacciano di sfuggirle di mano. Ma non è così che funziona, perché dietro queste chiacchiere da notiziario c'è una storia molto diversa, con un inizio e una fine... e una morale. La genesi è avvenuta negli anni '50 circa, come ho documentato nel mio ultimo libro Il Grande Default, quando il mercato dell'eurodollaro è stato avviato e sottoposto progressivamente a leva. Nel tempo il denaro ombra creato, in particolare durante la fase di tassia zero nel 2009-2021, ha portato le persone a prendere in prestito molto più di quanto avrebbero fatto altrimenti. Oggi il debito totale, quello di famiglie, aziende e stati, sorpassa di diverse volte il PIL mondiale.
Credo che riusciate a vedere già il problema: più alto è il debito, più guadagni correnti bisogna usare per pagare gli interessi. Ad esempio, con un interesse del 5%, un Paese dovrebbe usare quasi il 20% del suo PIL solo per pagare gli interessi mentre truffa la generazione successiva lasciando l'importo principale non pagato. Infatti il rovescio della medaglia del prestito è il rimborso. Ciò significa, soprattutto, ridurre i programmi di assistenza sociale e dal punto di vista politico è impossibile apportare un tale cambiamento; come un alcolizzato, il Paese dovrà prima “toccare il fondo”. Ciò lascia l'inflazione come unica vera opzione. I banchieri centrali lo sanno: devono aumentare il tasso di inflazione, non diminuirlo, in modo che il valore reale del debito pubblico scenda a un livello più gestibile. Ecco perché la Lagarde, ad esempio, insiste ancora sul fatto che la mossa successiva sarà quella di abbassare i tassi e “combattere il cambiamento climatico” con il pompaggio monetario. Non è affatto un caso che Powell non parli di queste scempiaggini e, quando si sono ritrovati fianco a fianco in una conferenza l'anno scorso, lui l'abbia gelata sull'argomento dicendo che il mandato della FED è solo quello della stabilità dei prezzi e della piena occupazione.
Le persone comuni potrebbero anche non volere prezzi più alti, ma le persone che contano sì.
IN VISTA DELLA BANCAROTTA, TUTTI VOGLIONO L'INFLAZIONE
Finora i detentori di obbligazioni pensano di potersi fidare della BCE per proteggere i loro soldi. Buona fortuna con questo pensiero. La BCE, così come la BOE, compra/vende titoli distato americani a breve termine per tenere basso il differenziale tra i rispettivi tassi. Entrambe le banche centrali sono impegnate in questo tipo di gestione piuttosto che in quella delle rispettive giurisdizioni.
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— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 24, 2024
Cosa non si vede? Il tasso di rendimento italiano è rimasto al di sopra del tasso swap europeo, mentre gli altri hanno si oscillato, ma al di sotto di esso. Questo significa, a sua volta, che il BTP è lo strumento obbligazionario meno affidabile rispetto agli altri.
La BCE, così come tutte le banche centrali, è un cartello a salvaguardia delle grandi istituzioni della società e il suo scopo principale è assicurarsi che abbiamo quanti meno grattacapi possibile. Tutte le grandi istituzioni vogliono l'inflazione. Lo stato ne ha bisogno per ridurre il valore reale del suo debito attuale e consentirgli di continuare a confiscare la ricchezza della nazione. Le grandi imprese perché possiedono i beni della nazione e per quanto tassi d'interesse e deficit ultra bassi causino inflazione, fanno salire i prezzi delle loro azioni; inoltre i concorrenti emergenti non riescono a ottenere finanziamenti, quindi le piccole aziende falliscono, mentre le grandi vengono salvate oppure ottengono sussidi. Anche la stampa preferisce l'inflazione all'“austerità”: un modo per finanziare le guerre e gli sprechi che ama così tanto.
Tutti questi player vogliono sopravvivere e crescere, concentrando ricchezza e potere nelle grandi istituzioni delle élite al comando. Ma la vera chiave per per comprendere questo amore è una: non hanno altra scelta. TINA. Dal punto di vista politico, non c'è alternativa. Questi potenti gruppi non accetterebbero mai i drastici tagli necessari per ridurre il debito. Non se non rispettano le loro condizioni. In una crisi del debito disordinata è difficile conservare la propria autorità e influenza. Ma come in tutte le avventure essa deve finire affinché ne possa iniziare una nuova. La previdenza sociale e il sistema pensionistico stanno andando in rovina, il debito sta aumentando più velocemente di quanto l'inflazione possa ridurlo.
Tutto è partito dalla tassa di soggiorno. Nessuna resistenza? Si va avanti. Accettare una tale porcheria ha legittimato come consuetudine una progressiva erosione della libertà individuale e della ricchezza personale. Le finestre di Overton vengono aperte sempre da lontano... https://t.co/3zOXdkAdbD
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 23, 2024
L'unica opzione è l'inflazione, più inflazione, un'inflazione sostenuta a livelli sufficientemente alti da ridurre il valore reale del debito.
BITCOIN, TETHER E LO SVINCOLO STATUNITENSE
Non è un caso che questo articolo sia stato aperto da una citazione di Bernanke. Egli ha rappresentato uno di quegli accademici posto nel suo ruolo da amministrazioni politiche ben consapevoli di quale dovesse essere il loro compito: vandalizzare il bilancio degli Stati Uniti e tenere aperti i rubinetti monetari dell'eurodollaro affinché i pasti gratis fossero infiniti per tutti... tranne gli stessi Stati Uniti che invece venivano spogliati di capitale finanziario e umano. Così è stata venduta l'illusione che l'euro potesse competere contro il dollaro sui mercati internazionali e che la Cina potesse diventare un punto di riferimento industriale nel mondo. Su questa scia “stampare troppo” è diventata una questione di grado, dove l'asticella poteva essere spostata sempre più in alto grazie a verbose figure accademiche pronte a giustificare una simile azione. Per non parlare della stampa finanziaria, prevalentemente un megafono della linea di politica inglese.
Ecco che figure come Greenspan, Bernanke e Yellen si sono avvicendate alla presidenza della FED, ma in realtà è sempre rimasta una linea di politica: non esisteva un “troppo” quando si stampava. La distensione post-anni '80 e '90 è stata dovuta all'internazionalizzazione totale dell'eurodollaro (compresa la Cina) e ha una fiducia cieca che i saldi ombra potessero andare a braccetto con la progressiva esoticità dei prodotti finanziari sfornati dai mercati finanziari. Il 2001, prima, e il 2008, poi, hanno dimostrato invece che la saturazione dei bilanci è un processo che guadagna velocità quando tale processo aveva raggiunto un punto critico in precedenza e per “mettere la polvere sotto i tappeti” si amplia la platea di coloro che possono fornirne di puliti (relativamente) da saturare. La gigantesca bolla immobiliare cinese è stata gonfiata in questo modo, tenuta gonfia poi emettendo i wealth management product (WMP). Anche il sogno europeo, un continente irreggimentato attraverso la burocrazia, è stato venduto alle folle come qualcosa di realizzabile e in netta rottura rispetto all'organizzazione identica dell'URSS.
Come ho documentato nel mio ultimo libro, Il Grande Default, le tensioni militari e i giochi geopolitici sono derivati entrambi dal dissesto economico/finanziario alimentato dall'overleveraging del mercato dell'eurodollaro. La saturazione dei bilanci a tutti i livelli, l'impossibilità di effettuare saldi credibili nell'interconnessione finanziaria moderna e la scalata ostile nei confronti degli USA hanno generato una sfiducia progressiva che è culminata col disastro della Lehman. Le prime avvisaglie s'erano già viste con Bear Stearns. Ma, come già detto poco sopra, il compito degli accademici alla presidenza della Federal Reserve era spazzare lo sporco sotto i tappeti... o per meglio dire nel bilancio statunitense. Più che il denaro di riserva mondiale, lo zio Sam era diventato il bilancio di riserva mondiale in cui tutti gli altri player vi scaricavano i loro guai. Una situazione, questa, garantita dall'indicizzazione dei debiti mondiali al LIBOR. Anche se gli USA potevano, ad esempio permettersi, tassi d'interesse più alti durante una fase di rialzo degli stessi, l'ancoraggio indiretto all'Europa tramite il LIBOR garantiva che problemi economici di quest'ultima sconquassassero i primi.
I vari giri di quantitative easing sono stati un tentativo di ristabilire una fiducia che è andata man mano perdendosi in un sistema andato praticamente fuori controllo. L'enorme quantità di titoli tossici che circola over the counter è la sola cosa che preoccupa gli amministratori delegati e i consigli di amministrazione dei vari istituti finanziari, bancari e non. Ecco perché, ad esempio, nel 2019 gli USA hanno detto che il mercato dei pronti contro termine interno avrebbe accettato come garanzie collaterali solo i titoli di stato americani. La crisi del settembre 2019, la successiva crisi sanitaria e la crisi militare ora sono risposte di coloro che, per decenni, hanno prosperato con i pasti gratis dell'eurodollaro e che in quel momento si vedevano sfuggire una fonte “sicura” di finanziamenti. Gli USA, sin dal 2022, stanno lavorando per ricostruire quella fiducia, ma solo nei loro mercati finanziari; l'Europa e l'Inghilterra, spogliate di capitali finanziari ed energia a basso costo, sono costrette a parassitare il proprio bacino di ricchezza reale (rimanente) pur di sopravvivere alla prova del tempo e della storia.
La ricostruzione della fiducia nei mercati statunitensi rappresenterà, poi, un asso nella manica non indifferente al tavolo dei negoziati. La Feederal Reserve, così come il sistema bancario commerciale americano, stanno strangolando lentamente gli altri player che in passato hanno cercato di soverchiare la loro sovranità. Anche perché il motto delle istituzioni pubbliche resterà sempre uno: “Non agitare le acque”. Un crollo verticale e repentino dell'UE, ad esempio, non giova agli affari, nemmeno a quelli statunitensi; meglio un dissesto e una disgregazione lenti e progressivi. Questa agonia strisciante la si può percepire vistosamente nel declino della Germania. Questo tempo ha permesso agli USA di mettere ordine nelle proprie cose, mentre l'Europa l'ha usato per raddoppiare la dose di burocrazia e rapacità nei confronti del risparmio privato europeo. L'unica preoccupazione adesso dell'UE è quella dell'integrazione fiscale e dell'emissione comune di bond sovrani, senza di essi è finita.
Privata sia di capitali finanziari a basso costo che di energia a basso costo, la fiducia nel continente europeo vuole essere ricreata attraverso il controllo capillare e il trasferimento progressivo delle varie sovranità nazionali a Bruxelles. L'idea, infatti, è quella di perorare la causa di una formazione di capitale a livello pubblico.
La fuga di capitali finanziari dall'Europa agli Stati Uniti. L'istantanea della "race to the bottom" è tutta qui. Se poi ci aggiungiamo anche la componente energetica (https://t.co/A78nTGMeW3), diventa più chiaro perché l'epicentro del Grande Default è l'Europa. https://t.co/aCw11JktS7
— Francesco Simoncelli (@Freedonia85) November 18, 2024
Soluzione diametralmente opposta scelta dagli Stati Uniti, che invece seguiranno il percorso classico di una formazione di capitale a livello privato. Adesso che Washington ha messo ordine nella politica monetaria, e si accinge a farlo anche in quella fiscale, la dollarizzazione di una qualsiasi economia rappresenterà, a cascata, un passo deciso verso la stabilità finanziaria. Soprattutto ora che c'è stato un netto spostamento verso un'emancipazione dal mercato dell'eurodollaro. Questo singolo fatto sta facendo salire il DXY in rapporto a tutte le altre divise: ora se qualcuno ha fame di dollari, come la Cina che di recente ha emesso in Arabia Saudita obbligazioni denominate in dollari, deve fare i conti con la possibilità concreta che un indice del dollaro a 120 punti, ad esempio, possa strozzare qualsiasi ingegneria finanziaria al di fuori della nazione. Siamo in una fase di transizione attualmente e in tutte le fasi del genere c'è apertura negoziale così come mosse audaci per spingere alla trattativa le controparti. E quest'ultima è possibile solo se si sta vincendo la guerra economica. Agli Stati Uniti, infatti, sta bene che il resto del mondo voglia proseguire la strada della “de-dollarizzazione”, visto che questa in realtà è caratterizzata dalla vendita di titoli sovrani statunitensi per sostenere i tassi di cambio delle varie divise mondiali (yuan in primis) e di concreto non ha niente. Perché? Perché per la prima volta nella loro storia economica, gli USA stanno davvero dettando la linea: hanno il mercato dei capitali più liquido e il collaterale più solido.
Quest'ultimo fatto è rafforzato dalla volontà di legare Bitcoin al proprio mercato finanziario. Bitcoin, insieme all'oro, è l'anello mancante in quella catena che serve a ricostruire la fiducia e la credibilità economica che è andata persa sin dal 2008. La cinghia di trasmissione sarà Tether, asset che darà (indirettamente) stabilità a Bitcoin. Una dopo l'altra tutte le stablecoin ancorate al dollaro sono state uccise, tutte tranne Tether. Dopo l'indagine che ha sentenziato trasparenza nei bilanci della società, Tether è stato lasciato in pace. Non faccio fatica a credere che, essendo già utilizzato come volano di riferimento per il mondo delle criptovalute, diventerà il punto di raccordo col mondo legacy e interfaccia principale col mondo istituzionale. Gli esperimento col dollaro non si fermeranno qui, ma non vedremo una CBDC negli USA; molto probabilmente una concorrenza tra valute emesse dalle singole banche e che avranno tutte come punto di saldo il dollaro. In questo modo si donerà automatismo all'economia statunitense e la si potrà liberare dai ceppi instabili della stampa scriteriata di denaro. Così come la dollarizzazione dell'economia argentina, un “esperimento di laboratorio” statunitense, rappresenterà un modo per impedire ai governi futuri di sconquassare nuovamente i progressi fatti nella giusta direzione dall'amministrazione Milei, la bitcoinizzazione dell'economia americana rappresenterà un modo per impedire ai governi futuri di sconquassare nuovamente i progressi fatti nella giusta direzione dalla presidenza Powell.
L'obiettivo di lungo termine dovrebbe essere quello di riportare la Federal Reserve a essere quello che era quando venne istituita nel 1913, così come se la immaginò lo stesso Carter Glass: un “guardiano passivo”. L'automazione indiretta della politica monetaria tramite oro e Bitcoin, oltre a rispondere alla domanda che ci siamo posti all'inizio di questo pezzo, incarna la possibilità concreta di arrivare un giorno a sbarazzarsi completamente del sistema bancario centrale.
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