lunedì 11 novembre 2024

Il mito dello stato-imprenditore

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Il manoscritto fornisce un grimaldello al lettore, una chiave di lettura semplificata, del mondo finanziario e non che sembra essere andato "fuori controllo" negli ultimi quattro anni in particolare. Questa è una storia di cartelli, a livello sovrastatale e sovranazionale, la cui pianificazione centrale ha raggiunto un punto in cui deve essere riformata radicalmente e questa riforma radicale non può avvenire senza una dose di dolore economico che potrebbe mettere a repentaglio la loro autorità. Da qui la risposta al Grande Default attraverso il Grande Reset. Questa è la storia di un coyote, che quando non riesce a sfamarsi all'esterno ricorre all'autofagocitazione. Lo stesso è accaduto ai membri del G7, dove i sei membri restanti hanno iniziato a fagocitare il settimo: gli Stati Uniti.

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di Lipton Matthews

La rinomata economista Mariana Mazzucato ha ottenuto ampi consensi per il suo lavoro sul concetto di “stato-imprenditore”, in cui sostiene che lo stato svolge un ruolo fondamentale nel guidare l'innovazione. I suoi saggi e libri sottolineano la capacità dello stato di guidare progressi rivoluzionari. Mentre la Mazzucato è abile nell'esaltare le virtù delle iniziative guidate dal governo, la sua argomentazione trascura un difetto cruciale: la suscettibilità dello stato agli incentivi politici.

A differenza degli imprenditori di mercato, che sono spinti dalla ricerca del profitto, lo stato opera in base a motivazioni politiche. Di conseguenza i funzionari governativi potrebbero continuare a sostenere progetti fallimentari per il bene del prestigio nazionale piuttosto che per la fattibilità economica e per servire il consumatore.

Sul mercato i prodotti e i servizi poco performanti vengono migliorati o abbandonati in favore di alternative più efficaci. Al contrario, la visione della Mazzucato dello stato-imprenditore è quella che dà priorità alle iniziative politicamente attraenti, indipendentemente dalla redditività. I programmi di energia verde, ad esempio, rimangono importanti nei circoli politici, nonostante i ripetuti fallimenti. Il modello della Mazzucato, in sostanza, sostiene uno stato interventista che dà priorità all'hype rispetto alla sostenibilità e alla redditività.

Mentre il lavoro della Mazzucato ha scatenato un dibattito feroce, molti dei suoi critici non sono riusciti a riconoscere fino a che punto gli incentivi politici ostacolano il potenziale imprenditoriale dello stato. Un'eccezione degna di nota è l'economista Randall Holcombe, il quale sostiene che il raggiungimento di traguardi tecnologici non dovrebbe essere confuso con il successo imprenditoriale. Al contrario, tali risultati riflettono imprese ingegneristiche piuttosto che imprenditorialità generatrice di valore. Gli stati spesso finanziano progetti su larga scala per promuovere l'orgoglio nazionale, ma Holcombe sostiene che questa attenzione al simbolismo piuttosto che alla fattibilità economica indebolisce l'essenza stessa dell'imprenditorialità. Uno stato più interessato a costruire prestigio nazionale che a creare valore spreca inevitabilmente risorse ignorando le forze di mercato.

Il caso di Singapore è spesso citato come esempio di stato-imprenditore, ma i ricercatori suggeriscono che l'imprenditorialità guidata dallo stato abbia soffocato l'innovazione interna. Incanalando risorse in iniziative statali, esso ha inavvertitamente soppresso l'imprenditorialità indipendente e reindirizzato il capitale lontano da settori tradizionalmente più redditizi. Inoltre l'economia singaporegna fa molto affidamento sulle multinazionali per l'innovazione, sfatando l'idea che uno stato-imprenditore possa coltivare una società veramente imprenditoriale.

L'esperienza di Singapore pone una sfida diretta alla tesi della Mazzucato, ma anche altri esempi mettono in dubbio la sua visione. Negli Stati Uniti la ricerca ha dimostrato che i programmi pubblici di R&S per le piccole imprese hanno estromesso i finanziamenti privati ​​senza produrre risultati positivi. Le aziende che ne beneficiano sono meno produttive, soprattutto perché quelle meno efficienti dipendono maggiormente dagli aiuti statali.

Le carenze dello stato-imprenditore diventano ancora più evidenti quando si esaminano più in dettaglio le prestazioni delle iniziative legate all'energia verde. In Cina gli investimenti statali nell'energia eolica hanno portato a un lento progresso tecnologico e a numerosi fallimenti. Gli analisti sostengono che il coinvolgimento dello stato ha portato a un disprezzo per i principi economici a favore di obiettivi politici. Analogamente, in Europa, le aziende legate all'energia verde sostenute dallo stato sono diventate dipendenti dai sussidi senza dimostrare una crescita significativa nella produttività.

Questi esempi sono in linea con le recenti scoperte di Martin Livermore secondo cui il coinvolgimento dello stato nelle attività commerciali tende a causare più fallimenti che successi. Questo risultato non sorprende affatto, poiché lo stato opera con incentivi diversi rispetto agli imprenditori. I politici possono dichiarare un programma un successo anche se fallisce sul mercato, purché serva i loro interessi politici. Al contrario, gli imprenditori di mercato devono soddisfare le richieste dei consumatori o rischiare di chiudere baracca e burattini. Le realtà del processo decisionale politico rivelano che lo stato-imprenditore è più un costrutto teorico che pratico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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