martedì 22 ottobre 2024

La Cina è sull'orlo della recessione

 

 

di Peter St. Onge

La Cina è sull'orlo della recessione, escludendo la crisi sanitaria, per la prima volta sin dal 2008, poiché i nuovi dati hanno mostrato che il settore manifatturiero ha subito una contrazione per il quarto mese consecutivo, con una particolare debolezza nei nuovi ordini.

In altre parole, si tratta di un arresto e poi c'è un crollo.

La produzione manifatturiera costituisce un terzo dell'economia cinese, molto più degli Stati Uniti. Il crollo del mercato immobiliare cinese, un altro terzo dell'economia cinese, sta gettando ulteriore benzina sul fuoco.


Uffici più vuoti rispetto al periodo della crisi sanitaria

Il Financial Times riporta che gli edifici per uffici in Cina sono più vuoti di quanto non fossero durante i lockdown. Il FT ci fa notare che il lavoro da casa non è decollato in Cina, il che implica che il principale fattore che determina gli uffici vuoti siano i licenziamenti.

A Shanghai i posti vacanti negli uffici sono al 21%. A Shenzhen, il principale polo di esportazione della Cina, i posti vacanti sono al 27%. Entrambe le cifre sono peggiori dei posti vacanti durante i lockdown.

Per darvi un'idea, gli affitti a Shenzhen sono crollati del 15% su base annua.

Naturalmente i dati ufficiali del PIL cinese sono immuni alle tempeste, ma d'altronde nessuno ci crede, nemmeno in Cina.

È interessante notare che non tutti i licenziamenti riguardano aziende nazionali: gli investimenti esteri in Cina sono crollati di un terzo nell'ultimo anno, poiché l'autoritarismo del presidente Xi sta allontanando le aziende estere.

Stanno abbandonando i loro uffici in Cina e si stanno trasferendo in posti più sicuri, come il Vietnam o il Messico, e presto apriranno anche le fabbriche.


La crisi dei giovani in Cina

La contrazione colpisce più duramente i giovani cinesi, con la disoccupazione giovanile che sfiora quasi un quarto di tale popolazione.

Con un numero record di 12 milioni di studenti universitari cinesi in procinto di laurearsi e di entrare nel mercato del lavoro, non apprezzeranno ciò che troveranno.

Tutto questo è, ovviamente, un disastro sociale al rallentatore. Ora in Cina si stanno moltiplicando le proteste pubbliche, con striscioni sui cavalcavia che chiedono elezioni libere ed ex-soldati che accusano il governo di “strangolare” i funzionari pubblici.

Gli scioperi dei lavoratori sono aumentati, compresi quelli di 1.000 lavoratori in una fabbrica Nike che, ironicamente, si sono ribellati dopo che la produzione è stata spostata in Indonesia; poi ci sono le centinaia di scioperi di lavoratori edili non pagati, mentre gli sviluppatori immobiliari crollano come birilli.

Il contesto è questo: centinaia di milioni di cinesi lavorano in modo informale e per trasferirsi in una grande città dove gli stipendi sono dignitosi è necessario un passaporto nazionale, mentre la maggior parte dei cinesi che vivono in zone rurali non ne ha uno.

Ma servono anche quindici anni di lavoro formale per ottenere le pensioni governative. Ciò significa che per i lavoratori più anziani, in particolare quelli senza figli a causa del controllo delle nascite, i licenziamenti potrebbero significare morire di fame in vecchiaia. Sono disperati.


Cos'è andato storto nel miracolo cinese?

La crescita sotto la presidenza di Xi è crollata alla metà del suo vecchio tasso: la Cina ora cresce come un Paese normale a medio reddito.

Questo perché Xi, adoratore di Mao, ha represso il mondo degli affari, arrivando persino a far “scomparire” importanti uomini d'affari come Jack Ma quando si sono opposti a lui.

Nel frattempo Xi ha investito migliaia di miliardi in settori privilegiati dallo stato, soprattutto energia verde ed edilizia abitativa. Entrambi sono crollati tra eccessi di capacità e sotto-domanda.

Per fare un esempio, a un certo punto la Cina aveva quasi 1.500 produttori di auto elettriche; quasi tutti sono falliti o sono in procinto di fallire.

Nel frattempo il settore immobiliare registra almeno cinquemilacinquecento miliardi di dollari di prestiti inesigibili, con milioni di cinesi che stanno perdendo gli appartamenti a metà costruzione in cui avevano parcheggiato i risparmi di una vita, mentre gli imprenditori edili falliscono.

Tra il crollo del mercato immobiliare e le azioni ferme sin dal 2008, i cinesi non hanno più i soldi per continuare a spendere, il che sta trascinando ulteriormente in basso l'economia.


Cosa c'è dopo?

L'ultima volta che la Cina è entrata in recessione, nel 2008, Pechino ha riversato massicci stimoli nell'economia. Questa volta il debito della Cina, oltre $50.000 miliardi, è cresciuto al punto che non può più permetterselo.

E se la Cina fallisce? Il contratto sociale in Cina si basa sull'obbedienza in cambio di crescita economica. Se il governo cinese non riesce a sostenere la crescita, i cinesi diventano molto irrequieti. C'è una ragione per cui Xi ha insediato uno stato di polizia, ma se l'opposizione è abbastanza diffusa, anche la polizia cambia lato.

La Cina si trova su una strada dissestata e se diventa disperata, e avrà bisogno di una distrazione, potrebbe trascinare Taiwan (e l'America) nella tempesta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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