lunedì 21 ottobre 2024

Hunger Games non è più solo un film ormai

 

 

di Jeffrey Tucker

Quando Hunger Games è uscito nelle sale più di un decennio fa, la distopia che presentava era intrigante, ma anche inverosimile. Di recente mi sono chiesto come avesse retto alla prova del tempo e ho riguardato i tre film della serie.

È più lungimirante di quanto sembrasse all'epoca, inclusa la stratificazione della ricchezza, la decadenza del privilegio, l'abuso di potere e le complicazioni della resistenza. Questa serie affronta diversi temi, ma è una delle storie di fantasia più rivelatrici per quanto riguarda la sovrapposizione di decadenza materiale, povertà diffusa e l'uso della paura come strumento di propaganda.

In quanto ad allegoria politica, calca lo stesso terreno intellettuale della “Politica” di Aristotele, del “Principe” di Machiavelli e del “Dei poteri” di de Jouvenel, ma in un modo più penetrante per lettori e spettatori, e particolarmente rilevante per i nostri tempi.

L'intera serie affronta il più grande conflitto della storia, quello tra libertà e potere. Coloro che sono abbastanza fortunati vivono nel Distretto Uno, il centro dell'impero, e socializzano con i migliori, mangiano bene, si vestono in modi sempre più assurdi (capelli tinti con colori innaturali), seguono tutte le tendenze, vanno alle feste giuste e cercano di stare al passo con la scena sociale.

Ciascuno degli altri Distretti svolge la funzione economica assegnata, il tutto per mantenere il centro in condizioni di lusso. I confini tra di essi sono rigorosamente rispettati. Il posto nell'ordine sociopolitico è determinato da dove si nasce, senza mobilità economica.

Per mantenere l'ordine e tenere a bada la ribellione, i leader del Distretto Uno organizzano una stravaganza annuale che unisce moda, giochi violenti e messaggi politici sui pericoli della ribellione. Ogni Distretto è tenuto a inviare due tributi ai giochi, i quali si affrontano in una battaglia all'ultimo sangue mentre le persone in cima guardano con intensa fascinazione.

Il potere di essere spettatori dell'evento è ciò che lega psicologicamente le élite alla struttura sociale e politica, mentre la paura di essere chiamati come tributo per i giochi è ciò che imprime nella popolazione la necessità di obbedienza. Lo scenario è coerente con il principio di Carl Schmitt della distinzione amico/nemico nel suo Concept of the Political, concetto reso reale dallo spargimento di sangue.

Chi ha seguito la storia fino all'ultimo film potrebbe aver pensato che il problema fosse chiaro: un uomo crudele, il presidente Snow, deteneva tutto il potere e usava ogni mezzo per mantenerlo. Sedeva al centro di una capitale che saccheggiava i distretti dalle sue risorse e deteneva il potere attraverso la paura.

Se fosse stato solo questo il problema, la soluzione sarebbe stata chiara: il presidente Snow poteva essere spodestato. Una volta tolto di mezzo, tutto sarebbe andato bene. Questo era inizialmente il pensiero dell'eroina del Distretto 12, Katniss Everdeen. E si può capire perché: Snow era una figura orribile ed era personalmente responsabile di crimini enormi. Meritava di essere rovesciato e che la giustizia prevalesse.

Inoltre lei supponeva che tutti coloro che conosceva condividessero la sua visione dell'obiettivo finale: una vita normale senza oppressione, senza violenza, senza saccheggi, senza rigide classificazioni geografiche e di casta, e senza scontri mortali trasmessi in televisione e orchestrati per incutere paura nella popolazione.

Ma c'era di più sotto la superficie. La capitale Panem era un'autocrazia, ma anche il centro di uno stato-nazione, il che significa che la burocrazia, l'apparato amministrativo, un esercito permanente, una lobby mediatica e i suoi metodi di governo potevano sopravvivere alla morte del leader. Questa è la differenza tra uno stato-persona e uno stato-nazione. L'apparato di potere dello stato-nazione cerca l'immortalità, una vita indipendentemente da chi ne sia a capo.

Il presidente Snow era l'autocrate paranoico che, come Katniss avrebbe scoperto, era lui stesso intrappolato in un sistema che doveva mantenere mentre cercava un successore. C'erano masse nella capitale da tenere intrattenute, potenziali traditori da scovare e ribellioni in continua preparazione da sedare. Sapeva per certo che il suo governo era fragile e che il pugno di ferro era l'unico modo per tenere in piedi tale sistema instabile.

Un altro problema era che il sistema stesso era attraente per i concorrenti che non desideravano la libertà in quanto tale, ma piuttosto abitare le vette della società. Un mondo senza potere, quindi, era più complicato del semplice rovesciamento dell'autocrate esistente.

In ogni situazione rivoluzionaria coloro che sono più motivati ​​a raggiungere l'obiettivo sono quelli che cercano di raggiungere il potere. Finché esisterà il meccanismo della violenza a norma di legge, ci saranno coloro che cercheranno di controllarla e, come disse Friedrich Hayek, di solito sono i peggiori ad arrivare in cima e a trascorrere la vita cercando di arrivarci. Non sono solo coloro che governano, ma anche coloro che cercano di governare a costituire una minaccia per la libertà. Ecco come l'esistenza di potenti stati-nazione finisce per creare molteplici livelli di pericoli.

Questa è la storia di come Rousseau divenne Robespierre, di come il liberalismo russo divenne bolscevismo e di come tanti movimenti contro il colonialismo e il corporativismo si siano conclusi con dittatura, tirannia e carestia.

Chiunque voglia porre fine all'oppressione deve tenere gli occhi aperti per coloro che vorrebbero usare il caos e la confusione degli stravolgimenti politici per prendere ed esercitare il potere in futuro. Questo è ciò che Katniss ha imparato quando ha gradualmente scoperto che i suoi ex-alleati erano diventati abili nella condotta della guerra, apprezzavano lo status che deriva dalla leadership e desideravano ardentemente esercitare il potere loro stessi.

Avrebbe scoperto questa oscura verità sugli eserciti ribelli quando il loro leader avrebbe ammesso di avere intenzione di mantenere gli Hunger Games come meccanismo di controllo dopo il colpo di stato.

Attraverso questa sconvolgente rivelazione, Katniss avrebbe imparato la grande lezione della storia: non sono solo i despoti a dover essere tenuti a bada, ma anche coloro che cercano di rovesciarli. Per realizzare la libertà, c'è bisogno di più del semplice odio per chi è al comando; c'è bisogno dell'amore per la libertà stessa e di un sistema che la protegga da ogni tentativo di rovesciarla.

Una volta che Katniss avrebbe capito cosa stava succedendo intorno a lei, avrebbe dovuto prendere una decisione: rispettare i dettami delle forze rivoluzionarie, o fare di testa sua? L'urgenza di questa decisione è ciò che ha trasformato il film da una semplice lotta manichea tra bene e male in una versione della realtà.

Ci sono molte applicazioni di questo principio nella storia, ma una potrebbe riguardare la politica estera degli Stati Uniti. Negli anni '80 cercarono di cacciare i sovietici dall'Afghanistan sostenendo i fondamentalisti islamici, che allora venivano chiamati “combattenti per la libertà”, e ricevettero armi e supporto logistico. Dopo che i sovietici se ne andarono, la ribellione si metastatizzò gradualmente nei talebani, i quali avrebbero governato col pugno di ferro e sarebbero stati i protagonisti dell'11 settembre, portando poi a 20 anni di occupazione statunitense e risentimento tra la popolazione. I talebani sono rimasti al comando e hanno rafforzato il loro dominio con le armi che gli Stati Uniti si sono lasciati dietro quando hanno fatto marcia indietro con la coda tra le gambe.

E non dimentichiamo l'Iraq dopo il 2003, in seguito a un decennio di embarghi, bombardamenti a intermittenza e dure sanzioni. Il rovesciamento del dittatore, un tempo alleato, Saddam Hussein portò al potere costituzionalisti tutt'altro che amanti della libertà, una maggioranza sciita che avrebbe oppresso la minoranza sunnita che Hussein aveva rappresentato. L'insurrezione sunnita contro lo stato iracheno, poi, causò una sanguinosa guerra civile in Iraq che alla fine sfociò nella ribellione contro il dittatore siriano Bashar al-Assad e si trasformò nello “Stato islamico”. In 25 anni l'Iraq è passato dall'essere uno stato sconfitto e relativamente quiescente a un focolaio ribollente di povertà, violenza e odio.

Facciamo un salto in avanti fino al caso libico in cui il rovesciamento di un altro dittatore, Muammar Gheddafi, ha scatenato quella che sembrava una reazione populista, ma in realtà faceva parte di una serie di “rivoluzioni colorate” che hanno manipolato i social media e i media tradizionali per fargli seguire le priorità della politica estera degli Stati Uniti. In combinazione con tutti gli altri interventi e insieme a un tentativo surrettizio di cacciare il dittatore siriano, la fase successiva ha visto l'ascesa dell'ISIS che intendeva governare la regione attraverso lo spargimento di sangue, represso infine dall'amministrazione Trump.

Il punto è che i tentativi di ripulire il mondo da un male esistente sollevano la rischiosissima prospettiva di crearne uno peggiore. E non riguarda solo i regimi stranieri. Un tratto famoso della democrazia è che l'impulso a cacciare un gruppo di leader è necessariamente legato all'arrivo al potere di un altro gruppo. Questi ultimi spesso non sono migliori, anzi a volte sono peggiori dei primi. Questo è uno dei motivi di tanta nostalgia nei confronti della politica statunitense: uno sguardo al passato fornisce quasi sempre un quadro migliore di uno sguardo al presente.

La lezione di Hunger Games è che le persone potenti possono fare cose terribili; dobbiamo resistere per fermarle. La lezione più complicata è che le istituzioni potenti sono corrotte e che ci saranno sempre coloro privi di scrupoli morali disposti a indossare il mantello del potere.

È proprio per questo che i Padri Fondatori si sono impegnati per creare un quadro di governo che garantisse, come prima priorità, i diritti e le libertà del popolo: una repubblica se il popolo riesce a mantenerla.

Oggi c'è un consenso generale sul fatto che gli Stati Uniti siano sull'orlo di un cambiamento epocale, perché lo squilibrio esistente non è sostenibile su più livelli. La domanda chiave è: in che tipo di società vogliamo vivere? Oggi tutti hanno bisogno di una risposta chiara e convincente a questa domanda. Non c'è più spazio per stare in disparte a guardare l'azione dall'esterno, come gli spettatori degli Hunger Games.

Alla fine del film vediamo Katniss senza equipaggiamento da battaglia, seduta sull'erba, a casa sua, immersa nella luce del sole, intenta a vivere la propria vita, coltivando la visione personale di libertà, lontana dai riflettori. Governando sé stessa, non gli altri, e avendo riacquistato una vita normale. Forse quella scena offre la lezione migliore di tutte.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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