Bibliografia

lunedì 23 settembre 2024

I tagli ai tassi non porteranno a nulla

 

 

di David Stockman

Ecco il risultato della linea di politica pro-inflazione da quando è stato adottato ufficialmente l'obiettivo d'inflazione al 2,00%. Secondo il nostro fidato IPC “16% trimmed mean”, il livello dei prezzi è aumentato del +41% sin dal 2012 e stava ancora salendo a un ritmo annuo del 3,31% lo scorso luglio.

Di conseguenza, dato che ogni dollaro guadagnato o risparmiato nel 2012 vale oggi solo 70 centesimi, la domanda ricorrente è: perché mai si dovrebbe anche solo pensare di aprire il rubinetto del denaro, esponendo così i lavoratori dipendenti e i risparmiatori a un ulteriore prolungamento del furto di potere d'acquisto evidente nel grafico qui sotto?

Per non parlare poi di un'altra esplosione come quella recente che, con il suo picco al 7%, ha fatto deprezzare il potere d'acquisto del dollaro del 50% ogni nove anni.

Variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo “16% trimmed mean”, da gennaio 2012 a luglio 2024

C'è solo una ragione per un nuovo giro di tagli dei tassi, che ora è praticamente garantito: Wall Street ha ripetutamente minacciato di scatenare una crisi isterica se la FED non delizierà presto trader e speculatori con una nuova dose di credito a basso costo e multipli PE ancora più alti nelle valutazioni estreme già incorporate nel mercato azionario.

Quindi Wall Street batte i tamburi per i tagli dei tassi sostenendo che sono a beneficio della famiglia media e sono necessari per impedire che l'economia di Main Street precipiti nel flagello della recessione o peggio.

Ma con l'economia statunitense ora gravata da quasi $100.000 miliardi in debito pubblico e privato, come diavolo potrebbero essere anche lontanamente appropriati dei tassi d'interesse più bassi? Dopo tutto, una loro riduzione indotta dalla banca centrale è progettata per far sì che famiglie, aziende e governo accumulino ancora più debito sui loro bilanci già traballanti.

Si consideri l'aumento della leva finanziaria nel settore non finanziario dal 1994. Allora, quando la dottrina degli effetti ricchezza di Greenspan era appena iniziata, il debito delle imprese non finanziarie era pari al 75% della produzione a valore aggiunto. Oggi quel rapporto è molto più alto, al 105%.

È ovvio che questo grande aumento del rapporto di leva non ha finanziato l'approvvigionamento di asset produttivi, ma è finita per la maggiore in riacquisti di azioni, Fusioni & Acquisizioni sopravvalutati e altri schemi di ingegneria finanziaria che hanno arricchito Wall Street.

Debito delle imprese non finanziarie in % del valore aggiunto prodotto, 1994-2022

Lo stesso vale per i presunti benefici per il settore dell'edilizia abitativa. Il livello di completamento delle unità abitative pro capite (linea viola) nel 2023, anche dopo la stampa di denaro per la pandemia, era ancora inferiore del 37% rispetto al 1987.

Al contrario l'indice dei prezzi delle abitazioni (linea nera) è aumentato di un sorprendente 345% durante lo stesso periodo di 36 anni. Di nuovo, i tassi d'interesse più bassi fanno molto di più per stimolare i prezzi degli asset esistenti rispetto alla produzione reale, ai posti di lavoro e al reddito.

Completamento pro capite degli immobili rispetto ai loro prezzi, dal 1987 al 2023

Ciò che è successo dopo 37 anni di repressione finanziaria, costi del debito falsificati e ricorrenti salvataggi del mercato azionario, è che Wall Street si è trasformata in un casinò a tutto campo. Con decine di migliaia di miliardi di capitalizzazione di mercato in gioco, abbondano favole fasulle sui presunti benefici nei confronti di Main Street.

In questo momento storico, con quasi $100.000 miliardi in debito totale che rappresentano un record del 360% del PIL, non dovrebbero esserci letteralmente voci per tassi d'interesse più bassi e ancora più debito. Dopo tutto, la narrativa ufficiale di quest'ultimo è lo stimolo di livelli più elevati di investimento nei settori residenziale e commerciale nell'economia di Main Street.

Ma questo punto è sempre stata un'illusione, fatta eccezione per l'insostenibile e breve boom delle azioni tecnologiche alla fine degli anni '90. Infatti è così evidente, come si evince dal grafico qui sotto, che è possibile solo una conclusione: gli speculatori di Wall Street hanno corrotto così tanto la narrazione del mercato finanziario che, come la Regina di Alice nel Paese delle Meraviglie, i nostri banchieri centrali ora credono a sei cose impossibili prima di colazione o almeno prima dell'apertura del mercato azionario alle 9:30 del mattino.

Investimenti aziendali netti in % del PIL reale, dal 1978 al 2022

Per quanto riguarda il settore delle famiglie, l'idea stessa che i consumatori abbiano bisogno di più debiti è assurda. Durante il periodo di massimo splendore della prosperità di Main Street negli anni '50, il rapporto debito/PIL delle famiglie era pari solo al 28%. Dal 1971, e soprattutto dal 1987, è salito costantemente alle stelle: dopo essere quasi quadruplicato fino a un picco del 97% nel 2008, era ancora al 71% nel 2023.

L'aumento dei mutui delle famiglie, delle carte di credito, dei prestiti per auto e di altri debiti hanno causato, a loro volta, un aumento quasi sincronizzato della quota spesa per consumi personali del PIL. Rispetto alla sua quota del 58,1% del PIL nel 1953, la spesa per consumi personali ha raggiunto il 69,2% del PIL al picco recente nel 2022.

È ovvio che anche una minima conoscenza della storia economica e della logica degli investimenti e della crescita direbbe che, quando si tratta dell'incessante crescita del PIL dovuto alla spesa per consumi personali, non c'è paragone! 

Per l'amor del cielo, il sistema bancario centrale dovrebbe essere neutrale tra debitori e risparmiatori, ma quando si tratta del settore delle famiglie ha letteralmente massacrato i risparmiatori per diversi decenni.

In breve, ciò che manca disperatamente sono tassi di risparmio e di investimento più elevati, il che significa che un'altra tornata di debiti a basso costo per i mutuatari di Main Street e un rinnovo dei tassi di interesse punitivi sui risparmi dei conti bancari sono l'ultima cosa che dovrebbe essere presa in considerazione.

Il grafico qui sotto riflette come la FED abbia generato il peggio di entrambi i mondi. Da un lato ha spinto i tassi di risparmio delle famiglie e i risparmi del settore aziendale (vale a dire gli utili non distribuiti) a livelli minimi, mentre, dall'altro, la spesa pubblica è salita inesorabilmente alle stelle.

Il netto tra i due parametri ciò che resta per l'investimento in produttività e crescita, oltre al reinvestimento delle attuali quote a compensazione del consumo dello stock di capitale (vale a dire deprezzamento e ammortamento). Come è palesemente evidente nel grafico qui sotto, ciò che resta è un drastico calo dal 7% al 12% del PIL dei tassi di risparmio prevalenti durante l'apogeo della prosperità di Main Street.

I tiepidi progressi nella riduzione del tasso dell'IPC sono sostanzialmente irrilevanti. I tassi d'interesse più bassi non stimoleranno più investimenti e sicuramente amplieranno il deficit tra risparmi e investimenti privati ​​che affligge l'economia di Main Street.

Tasso di risparmio netto degli Stati Uniti, dal 1953 al 2023

Nonostante l'impatto deleterio dei tagli dei tassi e dei rendimenti infimi sui trend di investimento a lungo termine, come da grafici sopra, il mantra di Wall Street continua a sostenere che i tagli dei tassi sono ora necessari per impedire all'economia di precipitare in recessione. Ma anche questa affermazione è fasulla.

Ecco cosa è successo durante il periodo della Grande Recessione: la FED ha iniziato a tagliare il suo tasso di riferimento (linea gialla) nel terzo trimestre del 2007 e un anno dopo, nel quarto trimestre del 2008, lo aveva ridotto sostanzialmente a 10 punti base. Ciò equivaleva a un abbassamento del 98% e alla sequenza di tagli dei tassi più radicale e rapida nell'intera storia della FED.

Nel 2008 l'economia statunitense era così satura di distorsioni, squilibri e debito in eccesso che una purga recessiva e un riequilibrio erano inevitabili. Dopo essere leggermente salito per i successivi tre trimestri, il PIL reale (linea rossa) ha invertito la rotta nel terzo trimestre del 2008 e non ha toccato il fondo fino al secondo trimestre del 2009. Nonostante due anni di tagli radicali dei tassi d'interesse mai attuati, alla fine del marzo 20120 il PIL reale era ancora al di sotto del suo livello nel secondo trimestre del 2007.

Nel caso dell'occupazione non agricola (linea viola), l'impatto dei tagli dei tassi è stato ancora più tiepido e ritardato. Il numero di posti di lavoro è calato drasticamente, quasi in sincronia con il crollo del tasso di riferimento nel terzo trimestre del 2009. Dopo 18 mesi di ZIRP, il numero di buste paga non agricole era ancora del 6% al di sotto del suo livello di giugno 2007.

In breve, nel contesto dell'attuale economia statunitense sepolta nel debito, i tagli dei tassi non generano ciò che si dice. Anche se innescano un'impennata ruggente nel casinò del mercato azionario, difficilmente interrompono la contrazione nell'economia di Main Street.

Indice del tasso di riferimento, PIL reale e occupazione non agricola, dal secondo trimestre del 2007 al secondo trimestre del 2010

In conclusione, l'attuale rinnovato impulso di Wall Street per l'ennesimo giro di tagli ai tassi d'interesse ci ricorda il famoso sketch del Saturday Night Live in cui un produttore musicale leggendario continuava a interrompere una sessione di registrazione in studio chiedendo alla band di essere “più squillanti”.

Questo è il mantra implacabile di Wall Street oggi: ha la febbre dell'avidità e urla a gran voce “Altri tagli! Altri tagli!”.

Ma questo renderà sicuramente la musica economica ancora più cacofonica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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