mercoledì 4 settembre 2024

I mercati tremano mentre il capitale monopolista persegue un colpo di stato attraverso il settore tecnologico

 

 

di Brendan Brown

Si nota una grave omissione nell’elenco dei sospetti responsabili del terremoto di inizio agosto nei mercati globali: il cosiddetto “capitale monopolistico” capace di stimolare un cambiamento tecnologico significativo ed eludere il potenziale controllo benevolo da parte della proverbiale mano invisibile del libero mercato.

Nel valutare l’accusa contro il capitale monopolistico, è importante il concetto di rivoluzione e la sua differenziazione da un colpo di stato. La rivoluzione inizia dal basso in mezzo a un’ondata di nuove idee e azioni individuali; il suo continuo progresso significa, ad un certo punto, un ribaltamento dello status quo. Un colpo di stato, al contrario, descrive un cambiamento di sistema determinato da un complotto da parte di un gruppo all’interno delle attuali élite.

La distinzione è forse più evidente nel caso della politica. Ryan McMaken ha sottolineato come la “Rivoluzione d’Ottobre del 1917 in Russia”, in cui i bolscevichi presero il potere, fu un colpo di stato e non una rivoluzione. Possiamo estendere il concetto anche al cambiamento tecnologico.

Le grandi rivoluzioni tecnologiche dei tempi moderni, forse già dalla stampa fino alla digitalizzazione, sono tutte iniziate dal basso. Nella fase iniziale hanno incluso una grande partecipazione di innovatori che erano in concorrenza in tutte le fasi, dalla progettazione di base alle applicazioni finali. Anche la concorrenza con la tecnologia pre-rivoluzionaria rimaneva feroce: una serie di concorrenti che utilizzavano le tecnologie precedenti dei beni strumentali esercitavano un freno all’adozione precipitosa e dispendiosa di nuove tecnologie ancora non sperimentate e sottosviluppate, operando audaci tagli dei prezzi in modo da salvare parte dei rendimenti nonostante l’obsolescenza.

Prendiamo in considerazione l’alternativa a tale rivoluzione dal basso: il cambiamento tecnologico guidato dall’alto, sebbene con innovazioni ancora spontanee in alcune aree di applicazione. I monopolisti, gli oligopolisti, o i governi sono quindi responsabili del processo di introduzione di nuove tecnologie, il che significa un colpo di stato piuttosto che una rivoluzione. Il processo presenta rischi particolari, come vedremo nel caso presente dell’Intelligenza Artificiale (IA).

Le grandi aziende tecnologiche esistenti che controllano già le piattaforme gateway per Internet stanno giocando un ruolo chiave sia nelle innovazioni tecniche (sviluppando i modelli linguistici), sia nell’impiego di ingenti capitali per implementarle. La spesa di sole 5 grandi aziende tecnologiche – Alphabet, Apple, Amazon, Meta e Microsoft – per l’intelligenza artificiale è stata pari a $60 miliardi nel secondo trimestre del 2024, in aumento del 65% rispetto all’anno precedente.

I commentatori sottolineano l’importanza della FOMO (paura di perdere qualcosa): gli attuali monopolisti temono l’erosione dei profitti da parte dei nuovi entranti nel settore tecnologico se non agiscono per primi, salvaguardando le “kill zone” attorno ai loro prodotti e servizi esistenti. Sì, ci sono molti unicorni tra le start-up che cercano di applicare l’intelligenza artificiale, ma questo è molto più a valle nel processo di cambiamento tecnologico e non rappresenta una minaccia per il profitto dei monopolisti tecnologici. Infatti è vero il contrario, data la probabile struttura delle tariffe di monopolio per l’accesso agli input chiave.

I commentatori e anche i grandi economisti si sono esposti all’accusa di ossequiosa acquiescenza di fronte al cambiamento tecnologico, qualunque sia la sua forma. Alcuni hanno lodato il ruolo del potere monopolistico nell’accelerare il processo. Possiamo risalire alla conversione di Schumpeter, a differenza dei suoi primi scritti, quando disse che il potere monopolistico temporaneo è benefico nell'intensificare il processo di distruzione creativa e il cambiamento tecnologico.

L’ossequiosità evidente negli atteggiamenti sociali nei confronti di coloro che guidano il cambiamento tecnologico, anche se brutto sotto tutti gli aspetti chiave, può essere spiegato dalla percezione che la rivoluzione tecnologica sia intrinseca al modo in cui il capitalismo costruisce la prosperità nel tempo. Conosciamo tutti quei grafici che mostrano l'esplosione della crescita economica negli ultimi duecento anni e che accompagnano il nuovo fenomeno delle ondate di cambiamento tecnologico.

Tuttavia tutto ciò non vuol dire che le rivoluzioni più grandi e rapide siano sempre una cosa buona. La mano invisibile del mercato influenza il ritmo e la portata del cambiamento tecnologico in modo da massimizzare il possibile tenore di vita nel tempo, ma questo non significa né addentrarsi troppo velocemente nella foresta dell’ignoto piuttosto che trarre vantaggio dal passare del tempo per conoscere gli aspetti negativi, né abbandonare le tecnologie precedenti che significano l’immediata obsolescenza del capitale sociale preesistente. Non vi è alcuna garanzia che in ogni occasione la mano invisibile riuscirà in questaa missione – ma per quanto riguarda la democrazia possiamo dire che rappresenta una proposta migliore rispetto alle alternative.

L’evidenza empirica a favore di condizioni non competitive che stimolano il cambiamento tecnologico è, nella migliore delle ipotesi, ambigua. Inoltre dovremmo diffidare degli economisti che affermano come una tautologia che un progresso tecnologico più rapido è sempre meglio di un progresso tecnologico più lento. La mano invisibile dovrebbe frenare oltre che incentivare, le forze di mercato determinano il ritmo del cambiamento tecnologico, inclusa l’applicazione in modo altamente decentralizzato (non tra una cabala di oligopolisti) di una vasta gamma di attività economiche a livello aziendale.

Anche in presenza di una moneta sana/onesta e mercati altamente competitivi è possibile che la mano invisibile prenda il sopravvento su gravi errori nel percorso del cambiamento tecnologico. Ovviamente all’inizio tutti potrebbero non riuscire a prevedere gli intoppi e i grandi costi che ne conseguirebbero. E i guardrail del capitalismo del libero mercato potrebbero cedere nel contesto della nuova tecnologia, consentendo la formazione di potenti monopoli e il verificarsi di molti illeciti, soprattutto per quanto riguarda il calpestio dei diritti di proprietà preesistenti (inclusa la proprietà di informazioni private).

Illustriamo queste preoccupazioni parlando della rivoluzione informatica, iniziata negli anni '90 e in condizioni inizialmente altamente competitive, ma quasi continuamente in condizioni di inflazione monetaria. Non è plausibile che la portata della vulnerabilità del nuovo software ai virus  fosse evidente nei primi anni – o l’entità delle risorse che dovevano essere impiegate nella difesa e le possibili inadeguatezze. Tuttavia una volta che la reale entità dei costi diventa evidente, non si può tornare indietro.

L’inflazione monetaria ha paralizzato, o distorto seriamente, la mano invisibile. Una caratteristica dell’inflazione dei prezzi degli asset è la ricerca di rendite. Soprattutto in un contesto di tassi d'interesse molto bassi, gli investitori rimangono estasiati dalla possibilità che emerga un flusso di rendite monopolistiche a lungo termine; le aziende che promettono questo come parte della loro narrativa speculativa godono di un premio. La portata del monopolio nella rivoluzione informatica è nota: effetti di rete e creazione di piattaforme gateway. E la persistente inflazione dei prezzi degli asset ha favorito la crescita del capitale monopolistico. Gli investitori affamati di rendimenti hanno messo in palio grandi premi sul capitale delle imprese per raggiungere un flusso di rendite monopolistiche a lungo termine.

Negli ultimi anni, con l’avvento dell’intelligenza artificiale, i capitalisti monopolisti hanno acquisito nuove possibilità per pianificare un colpo di stato tecnologico. Una rivelazione sulla portata della malevolenza è ora evidente nella disputa legale tra Elon Musk, come co-fondatore e finanziatore chiave originale di Open AI, e il suo amministratore delegato Sam Altman. Musk accusa Altman di aver sostenuto ingannevolmente che Open AI fosse un istituto di ricerca senza scopo di lucro e non un'impresa che successivamente sarebbe stata ceduta a Microsoft.

Non è plausibile che i colpi di stato guidati dai monopoli portino a un ritmo ottimale di progresso tecnologico che invece potrebbe emergere con una moneta sana/onesta e un capitalismo competitivo. Sul mercato ha regnato un ottimismo estremo riguardo ai potenziali profitti di monopolio (in questo esempio tramite Chat GPT) derivanti da tali “complotti tra oligopolisti” – da qui tutto il brusio sui magnifici sette e sulla produttività che ci aspetta.

Il pessimismo però può scoppiare all’improvviso, come abbiamo visto all’inizio di agosto. Il bambino disinformato può gridare che l'imperatore è nudo. Quale sarà il ritorno di quelle decine di miliardi di investimenti effettuati dai monopolisti sull’intelligenza artificiale? Tali dubbi si moltiplicherebbero se l’inflazione monetaria stesse effettivamente perdendo forza, forse perché il ritmo dei prezzi degli asset non è più al ribasso dato che le condizioni di offerta si sono generalmente normalizzate a due o tre anni dalla pandemia. Le autorità monetarie dovranno lavorare di più (in termini di esercizio della restrizione monetaria) per raggiungere il loro obiettivo di inflazione al 2% rispetto a quanto avvenuto nel periodo 2023-2024.

In conclusione: il cambiamento tecnologico legato all’intelligenza artificiale si sta verificando sotto il controllo dei monopolisti che governano le grandi piattaforme gateway e ha le caratteristiche di un colpo di stato piuttosto che di una rivoluzione. Il colpo di stato è stato caratterizzato da un’ondata di enormi spese da parte delle Big Tech. Di recente è emersa la preoccupazione che ciò sia andato ben oltre ciò che può produrre buoni rendimenti in futuro, quindi si prospetta una notevole instabilità finanziaria e un brusco risveglio economico.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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