venerdì 20 settembre 2024

Alla fine del percorso insostenibile

 

 

di Francesco Simoncelli

Nell'annuncio della BCE della scorsa settimana sono stati a malapena notati un paio di dettagli contraddittori. La BCE è impegnata, a prescindere da tutto, ad avere un obiettivo per l'inflazione al 2%. Raggiungibile come? Dal basso verso l'alto. Invece adesso, magicamente, è un obiettivo da raggiungere dall'alto verso il basso senza che nessun pianificatore centrale abbia addotto alcuna spiegazione a riguardo. Bernanke, nel suo libro The Courage to Act, ha praticamente creato l'impalcatura accademica per la ZIRP e la NIRP, adesso, però, non c'è nessuno che ha il “coraggio” di farsi avanti per spiegarci com'è possibile che si debba fare il contrario quando era la “deflazione” la fonte di tutti i guai economici. Ma questo, cari lettori, è solo teatro. Le sciocchezze sui dati della scorsa settimana includevano le previsioni di una maggiore crescita del PIL e di un ammorbidimento ulteriore dell'inflazione l'anno prossimo. Non ha senso promettere adesso tassi di prestito più bassi, poiché l''inflazione è ancora al di sopra dell'obiettivo ufficiale. Senza scomodare la percezione comune di quando “si va a fare la spesa”, o la cavalcata dell'indice IPC, o la semplice cumulazione dell'effetto dell'inflazione dei prezzi che sebbene rallenti nel tempo non indietreggia (o per meglio dire sale più lentamente), basta dare un'occhiata alla misura che fino al 2020 era la più sbandierata dai banchieri centrali per giustificare la loro linea di politica anti-deflazione: la misura di base dell'inflazione dei prezzi, quella che esclude dal computo cibo ed energia. L'ultima misurazione la pone al 2,8%.

La cosa importante, quindi, è continuare a far fluire il denaro; tutto il resto è una recita. I tassi d'inflazione annui sono stati in media del 6% negli ultimi tre anni e del 3% negli ultimi dieci anni. Non c'è traccia di un'inflazione del 2% che la BCE afferma di cercare; tale obiettivo è solo una finzione.


RAGGIRATI DAI NUMERI

I numeri dell'inflazione e del PIL sono semplicemente “inventati”. “Aggiustato all'inflazione” è una di quelle espressioni come “stavamo solo eseguendo degli ordini”; può nascondere una montagna di menzogne. Negli ultimi due anni abbiamo spesso confrontato l'inflazione del periodo '22-'23 con quella degli anni '70. Ci è stato detto che il tasso d'inflazione odierno ha raggiunto il picco del 10% nel 2022 e poi è sceso rapidamente, ma se misurassimo gli aumenti dei prezzi odierni come facevano negli anni '70, vedreste che la nostra inflazione è peggiore di quanto non fosse allora. State pensando quello che sto pensando anche io? Se la lettura dell'inflazione è fasulla, lo è anche quella del PIL, e lo è anche l'intero quadro finanziario.

Cominciamo con la misura dell'inflazione stessa. Secondo l'ISTAT, ad esempio, il cibo è aumentato (a un ritmo annuo) del 4,8% nell'ultimo anno; i servizi sono aumentati del 3,3% e gli affitti sono aumentati del 3%. Tra rate di mutui più elevate e prezzi delle case più alti, poi, questi numeri sembrano quasi sconfessare le difficoltà generali e percepite da chi deve far quadrare i conti a fine mese, il che è solo la prova che, sebbene i numeri possano non mentire intenzionalmente, se li torturate abbastanza diranno tutto ciò che volete che dicano. E se si usasse il metodo di calcolo degli anni '80, l'intero quadro economico diventerebbe improvvisamente cupo: aggiustare all'inflazione il PIL nominale, quindi, risulterebbe in una crescita negativa spaventosa. E che dire del mercato azionario? Quando si ottiene un “guadagno”, o un “profitto”, dalle azioni, si pensa di stare meglio e ora tutti pensano che il mercato azionario si sia “ripreso” dopo i ribassi nel 2022. Ma è così? Una stima ragionevole è che i prezzi al consumo siano più alti (come minimo) del 25% rispetto al picco del Dow Jones nel 2021. Se così fosse il Dow dovrebbe arrivare a 45.000 solo per andare in pareggio.

Conviene guardare all'oro per cercare di mettere ordine in tutta questa storia. Dal suo picco alla fine del 2021 a oggi il Dow è salito di quasi 4.000 punti, ma aggiustato al prezzo dell'oro è ancora in calo di quasi il 10%. Indietro? Avanti? In che direzione stiamo andando?

Un'altra curiosità della storia della crescita del PIL è il ruolo dei deficit fiscali. Se lo stato spende soldi, anche se sprecati in armi, l'ammontare è incluso come avanzamento nel PIL. Quindi più si spende, più alto è il PIL... almeno nel breve periodo. I deficit sono particolarmente importanti: se lo stato incassa 100 in entrate fiscali e li spende, rimuove quei soldi dall'economia. Nessun aumento netto del PIL. Ma se prende in prestito i soldi, la spesa extra viene conteggiata come se “uscisse dal nulla” e viene aggiunta al totale. Non c'è alcun prelievo compensativo nell'economia dei consumatori, quindi il PIL sale.

L'anno scorso il deficit pubblico italiano è stato del 7% del PIL. Erano soldi che sono stati spesi, ma non raccolti dalle tasse. Devono essere andati da qualche parte, quindi ecco una semplice domanda: come si è potuto pompare un ulteriore 7% (del PIL) nell'economia, con quasi €100 miliardi aggiunti al debito pubblico, ma ottenere solo un aumento dell'1% del PIL?

Cosa è successo all'altro 6%? Dove sono finiti i €135 miliardi mancanti? Dove sono andati a finire i soldi?

Ciò significa che l'economia reale, non statale, si sta contraendo a un ritmo così allarmante da spazzare via gran parte delle nuove immissioni di denaro? Oppure questi numeri sono così “falsati” da essere privi di significato?


INSOSTENIBILE A OGNI LIVELLO

Spendere per il semplice scopo di spendere, sostanzialmente era questo lo scopo dietro i vari programmi di QE attivati dalla BCE e dal resto del caravanserraglio delle banche centrali. L'azzardo morale derivante è stato dirottato nel mercato finanziario, andando a gonfiare gli asset finanziari delle varie industrie che in questo modo hanno potuto aprire a giri sempre più rischiosi di ingegneria finanziaria. Questo ha fatto in modo che i numeri finanziari salissero, permettendo di conseguenza a suddette aziende di assumere personale. Ma tutto questo processo non era basato su una situazione sostenibile di allocazione di capitale, bensì sull'imputazione che questa manna sarebbe durata per sempre. Peccato che fosse una tantum, peccato che abbia causato supply shock a ripetizione, peccato che abbia saturato i bilanci delle aziende... peccato, in conclusione, che fosse tutta una illusione. La considerazione dell'economia “nominale” è diventata il nuovo dio da pregare.

Ora, però, la cruda realtà di quella “reale” sta facendo pagare lo scotto di tutte quelle distorsioni e deformazioni che si sono moltiplicate nel tempo. Il settore automobilistico è solo la punta dell'iceberg di un doloroso processo di normalizzazione che, diversamente dal presunto “effetto ricchezza” alimentato dalle politiche delle banche centrali, parte dal basso e va verso l'alto.

Le aziende, soprattutto quelle automobilistiche, hanno poche vendite e molte perdite. Meriterebbero un valore di mercato di circa... zero. Eppure gli investitori ci vedono valore, puntando le loro scommesse su quel poco di illiquidità che riescono a racimolare grazie al rinnovato lassismo della BCE. Nel frattempo il ritmo di crescita del PIL dipende interamente dal calcolo dell'inflazione, che è incostante come l'impasto della pasta: gli statistici stendono la sfoglia e lo cuociono in forno, finché non ottengono il sapore e la consistenza desiderati. Se misurassero l'inflazione come si faceva durante gli anni ottanta, ad esempio, il PIL reale non sarebbe cresciuto affatto bensì risulterebbe sgonfiato come una torta fatta male. E, se misurate in oro, le azioni sono ancora in calo del 13,6% rispetto ai massimi del 2021. C'è qualcosa di reale, indiscutibile, di cui vale la pena preoccuparsi? Ahimè, sì: il debito. Non se ne va, anzi sta crescendo.

Ci sono molte incognite note nelle cifre del debito, ma quasi tutte portano allo stesso punto: si possono eseguire un milione di simulazioni per vedere cosa potrebbe accadere, ma in quasi tutte il “rapporto debito/PIL” si rivela instradato lungo un “percorso insostenibile”. Cosa succede quando il percorso insostenibile giunge al termine? Man mano che diventa sempre più grande (rispetto all'economia che lo sostiene) e diventa “insostenibile”, deve succedere qualcos'altro... ma cosa?

La vera domanda è se il cambiamento avviene intenzionalmente o involontariamente. La soluzione “intenzionale” è ovvia, ma irraggiungibile. Richiederebbe una chiarezza politica e una volontà che non esistono: la spesa dovrebbe essere tagliata, ma poiché chi decide è anche chi spende, e poiché i loro amici e sostenitori sono coloro che prendono i soldi, è molto improbabile che si arrivi a una soluzione volontaria. È la risoluzione “non intenzionale” che causerà il vero danno.


CONCLUSIONE

I tassi d'interesse artificialmente bassi sono un problema di per sé: distorcono il costo reale del capitale, inducendo le persone a prendere in prestito troppi soldi. Il debito aumenta portando a una crisi di qualche tipo. In parole povere, man mano che il debito cresce, aumenta anche la spesa per gli interessi. A nessuno importa davvero quanto diventerà grande, ma il costo del suo servizio dev'essere dedotto dalle entrate fiscali e ogni centesimo che bisogna pagare per gli errori di ieri è un centesimo in meno di cui possiamo godere oggi. A un certo punto ci rimarranno pochi centesimi... Da qualche parte lungo questo percorso il mercato obbligazionario si romperà, i tassi d'interesse saliranno alle stelle e il costo del debito, o dell'aggiunta di nuovo debito, sarà troppo da sopportare. Usando come proxy il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello statunitense, possiamo vedere che le criticità dell'Eurosistema sono di gran lunga peggiori di quelle statunitensi.

Per tutto questo tempo, infatti, l'obiettivo della BOE e della BCE era l'affossamento del mercato obbligazionario statunitense tramite l'eurodollaro e la trasmissione del malessere economico risultante sulle spalle dei contribuenti statunitensi. Una sorta di socializzazione delle perdite causate dall'overleveraging nel sistema bancario ombra. Con la fine del LIBOR, l'entrata in scena del SOFR e il prosciugamento della liquidità ombra dettato dal cambio di passo della FED, i nodi stanno venendo al pettine. E il sopraccitato differenziale ci spiega chi davvero è nei guai.

Il secondo taglio dei tassi da parte della BCE è un bluff, un finto tentativo di progressione rispetto alle altre banche centrali. I mercati dei cambi non vedono il bluff, ma gli obbligazionisti sì. Il piano dell'UE è sempre stato quello di evitare di tagliare qualsiasi pasto gratis che aveva precedentemente stabilito attraverso finanziamenti presumibilmente illimitati tramite l'eurodollaro. La lotta a livello di megapolitica verte tutta su questo duplice scenario: ridimensionamento, o salvezza attraverso la morte di qualcun altro. O si tagliano drasticamente i presunti pasti gratis e si sconfessa l'illusione di monopsonio dell'Europa (con la conseguente rottura dell'Unione) ragionando con freddo criterio logico su quanto sbagliato in passato, oppure si cede al panico, si stampa e si scaraventa l'intera economia mondiale in una vera e propria catastrofe inflazionistica.

Tutte le emergenze finora sperimentate, sin dalla crisi del debito greco, sono state usate come arma per forzare un mercato obbligazionario comune in Europa. L'insostenibilità della tragedia dei beni comuni richiede un nuovo livello di ridistribuzione, soprattutto adesso che i rubinetti dell'eurodollaro sono chiusi. A tal proposito, infatti, la spinta verso l'unione fiscale si è fatta sempre più pressante sin da quando le obbligazioni SURE hanno fatto capolino e i salvataggi straordinari (es. PNRR) avevano come postilla la tassazione diretta dell'UE su parte dei prestiti erogati. Anche la guerra nell'Europa orientale è stata fomentata per tale scopo: far pagare il proprio default agli altri. Ma non basta, perché un default significa sempre sfiducia, soprattutto nel mercato obbligazionario, e se tutti non remano all'unisono il bluff viene scoperto.

La Germania ha vissuto sulla sua pelle cosa significa questo processo e non vuole ripeterlo, in particolare la Bundesbank. La demolizione controllata dell'economia tedesca serve sostanzialmente a fiaccare la volontà dei banchieri centrali tedeschi affinché accettino questa “nuova normalità”. Il recente piano Draghi è solamente l'ennesimo avvertimento mafioso per integrazione fiscale e obbligazionaria.


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giovedì 19 settembre 2024

La bull run di Bitcoin è intatta e in anticipo sui tempi previsti

 

 

di Mark Jeftovic

Questa settimana si è conclusa male per tutti, con il DJIA che ha perso l'1%, l'indice S&P 500 che ha perso l'1,7% e il Nasdaq che ha perso il 2,55%. Zerohedge l'ha definita “Kamala Karnage”:

È stata un'ondata epica: tutto — letteralmente tutto — e certamente qualsiasi cosa con un beta alto o anche solo una traccia di slancio, è imploso con una violenza tale da far sembrare il 5 agosto una giornata da dilettanti.

Bitcoin ha toccato i $52.700 (una settimana fa sfiorava i $60.000), spingendo i soliti no-coiner a esultare dicendo che “stava implodendo”, come se tutto il resto non stesse andando male.

Quando il 5 agosto è arrivato il Black Monday, l'avviso inviato ai lettori della mia newslettere diceva:

La mia opinione è che questa svendita sia al 100% una crisi di liquidità a livello macro e una richiesta di margine contagiosa a livello globale.

Ha molto poco (niente?) a che fare con Bitcoin, invece ha tutto a che fare con una corsa folle per la solvibilità.

Praticamente tutto è in forte calo e il motivo per cui le criptovalute sono in forte calo è perché, come tutti sappiamo, non ci sono interruttori o “Plunge protection team” per Bitcoin, e tutto avviene 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni all'anno.

Ecco perché tende a fare sparate sia verso l'alto che verso il basso.

Mettiamo a confronto questa flessione estiva di Bitcoin con il 2021-2022, periodo che è stato soggetto alle dinamiche interne dell'economia degli asset digitali: Terra/Luna, 3AC, Celsius e, naturalmente, il fiasco di FTX hanno portato una meritata epurazione nel settore e (alcuni dei) protagonisti più eclatanti sono dove dovrebbero essere, ovvero, in prigione.

Molti guardano alla volatilità sfrenata di Bitcoin e ne gioiscono, sostenendo che lo rende insostenibile come riserva di valore (mi chiedo chi ci fosse durante l'iperinflazione di Weimar che, guardando la volatilità dell'oro rispetto al Reichmark in rapida disintegrazione, abbia detto la stessa cosa: “Troppo volatile per funzionare come riserva di valore”; esatto, nessuno se lo ricorda).

Una cosa che ho detto fin dal 2013, quando Mt. Gox è imploso e tutti la chiamavano “La morte di Bitcoin”: ecco com'è un libero mercato, senza interruttori di spegnimento, senza Plunge protection team e persino in contrasto con alcune criptovalute, come Ethereum, senza “ritorni al passato” sotto forma di hard fork per uscire da un pasticcio.

Poiché BTC sta venendo massacrato insieme a tutto il resto, questo mi ricorda più il panico da COVID del 2020 che l'inizio del crypto winter del 2021.

La gente sottolinea la volatilità come prova del fatto che Bitcoin non è un bene rifugio e non è un hedging: un famoso autore di newsletter che conosco da molto tempo mi rimprovera costantemente dicendo che Bitcoin non si muove in direzione opposta al dollaro, come ci si dovrebbe aspettare se fosse una sorta di copertura contro l'inflazione o la svalutazione.

Altri affermano che “Bitcoin è fondamentalmente Tesla”, o che semplicemente si muove e viene scambiato come l'ennesimo titolo tecnologico di successo o come il Nasdaq nel suo complesso.

Non hanno tutti i torti sulla correlazione tra Bitcoin e il mondo della tecnologia, ma non hanno nemmeno una visione completa del fenomeno.

La nostra era attuale è guidata quasi interamente dal progresso tecnologico; questa idea non è controversa per la maggior parte delle persone, tuttavia non riescono a cogliere le ramificazioni dei  cicli di feedback creati dalla tecnologia e il ritmo accelerato del cambiamento che ne consegue.

Ecco perché il settore tecnologico si sta muovendo più velocemente e sta surclassando tutto il resto ed è per questo che Bitcoin sta surclassando il settore tecnologico.


Bitcoin non è un semplice investimento è un cambio di paradigma a livello monetario

Nel suo libro “Gold Wars” (citato in “Sound Money Makes for Short Wars”), Ferdinand Lips racconta di come il passaggio al gold standard sia avvenuto senza che gli stati (o i globalisti) lo decretassero, grazie alla superiorità dell’oro come metallo monetario:

Nel 1900 circa cinquanta Paesi avevano adottato il gold standard, comprese tutte le nazioni industrializzate. Il fatto interessante è che non fu pianificato in una conferenza internazionale, né fu inventato da qualche genio. Arrivò da solo, naturalmente, e in base all'esperienza. Il Regno Unito adottò il gold standard contro l'intenzione del suo governo. Solo molto più tardi un gold standard operativo venne trasformato in un gold standard a norma di legge.

Questo è esattamente ciò che sta accadendo oggi con Bitcoin, solo che le persone che si sono sbagliate per così tanto tempo ora continuano a voler sbagliare di più, nonostante diventi ogni giorno più ovvio che questa è la direzione che stanno prendendo le cose (posso immaginare qualche futuro insegnante di storia che mette in difficoltà la sua classe con la domanda “Non indovinerete mai quale stato fu il primo ad adottare Bitcoin come moneta ufficiale... vi do anche un indizio: non fu nessuna delle ex-Repubbliche degli Stati Uniti”).

In passato, quando gli incentivi spingevano gli attori di mercato verso un gold standard, ciò avveniva nel corso di decenni o addirittura secoli; ciò che disorienta oggi è la rapidità con cui accadono certe cose. Per la maggior parte delle persone l'attuale sistema monetario è qualcosa che era già in atto dal giorno in cui sono nati, e probabilmente non sarebbe cambiato nel corso della loro vita.

Le occasioni eccezionali in cui ciò è accaduto sono quelle da cui provengono i libri di storia. Panico, guerre, iperinflazioni in tutte le epoche sono stati eventi presumibilmente irripetibili o generazionali. Oggi li si vede svolgersi nel proprio feed di Twitter.

A causa della curva tecnologica e dell'accelerazione del tasso di cambiamento, questi fenomeni si verificano continuamente, con frequenza ed entità crescenti.

Persone come Peter Schiff (e il mio collega anonimo scrittore di newsletter) si divertono a cogliere ogni piccolo accenno di discesa di Bitcoin come prova della sua presunta morte e tirano fuori tutti i soliti parallelismi (es. “Tulipani, sostenuti da nulla”, “Schema di Ponzi”, “Psyop della NSA”, et al).

Ci vuole un atto di ragionamento motivato e concertato per cancellare la dissonanza cognitiva che il solo esame dei dati fattuali sulle prestazioni di Bitcoin dovrebbe indurre negli scettici:

Ho incluso Berkshire Hathaway perché è gestita da miliardari che odiano Bitcoin e spesso elogiata come una macchina collaudata per l'allocazione del capitale (nonostante la sua sovraperformance rispetto all'indice S&P in un trend ribassista secolare).

È anche interessante notare che l'oro riesce a malapena a tenere il passo con l'espansione di M2 in un arco di tempo di 10 anni, e nessuno dei suoi sostenitori, che odiano Bitcoin e che lo criticano duramente su Twitter, risponde mai quando faccio notare che il metallo giallo non ha ancora superato il suo massimo, al netto dell'inflazione, del 1980.

Le obbligazioni sono capitale morto che cammina, “rendimento senza rischi”, come si dice. Una pietra angolare della mia tesi è un eventuale esodo dalle obbligazioni che vede anche una frazione spostarsi in Bitcoin (l'1% o il 3% metterebbe BTC da qualche parte tra le 6 o le 7 cifre).

Bitcoin è l'asset con le prestazioni più elevate in termini assoluti di tutti i tempi.

In conclusione, sarei preoccupato nel breve termine se ci fosse qualcosa di specifico nei mercati Bitcoin o delle criptovalute a guidare questa correzione (come il fatto che Tether si sia rivelato una frode, di cui abbiamo parlato nell'ultima newsletter, ma finora si tratta solo di speculazioni e non è diventato un problema).

• Gli ETF Bitcoin non hanno fatto dumping nonostante la debolezza. Molti hanno detto che lo avrebbero fatto, che gli ETF spot avrebbero reso più facile cedere posizioni al primo segno di difficoltà.

“Nonostante la volatilità dei prezzi, i detentori di ETF hanno dimostrato resilienza, senza grandi deflussi sin da marzo. Ma i tassi di afflusso complessivi hanno rallentato notevolmente dopo il lancio” —  tramite Ecoinometrics

Ma come abbiamo detto le ultime volte, finora questo ciclo è stato tutto caratterizzato dagli istituzionali, ovvero, per la maggior parte della fase rialzista di quest'anno (ricordiamo che Bitcoin è ancora in rialzo del 22% da inizio anno e del 106% nell'ultimo anno), quindi, mentre le istituzioni potrebbero preferire esporsi tramite ETF, tendono ad adottare una prospettiva a lungo termine e a non fare mosse improvvise.

• Ho notato che quest'anno, per la prima volta, i miner hanno accumulato in modo significativo:

• E infine siamo abbastanza in linea con i precedenti cicli di halving, con la notevole eccezione che Bitcoin ha raggiunto nuovi massimi storici prima dell'evento, cosa che non è mai accaduta nei cicli precedenti se non diversi mesi dopo.

Secondo me il principale movimento parabolico per Bitcoin deve ancora arrivare, con il resto delle criptovalute che seguiranno (tranne forse Ethereum 😉).

Il ciclo di rialzo dei tassi è terminato, le banche centrali sono intrappolate tra dilemmi creati da loro stesse, i policymaker stanno apertamente sostenendo controlli sui capitali, imposte sul patrimonio, se non addirittura il comunismo: è davvero difficile immaginare uno scenario in cui Bitcoin non continui ad attrarre più capitali e a prendere il suo posto come bene rifugio definitivo in questa moderna Quarta Svolta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 18 settembre 2024

Perché Zuckerberg ha scelto di confessare adesso?

 

 

di Jeffrey Tucker

Parliamo delle recenti rivelazione di Mark Zuckerberg, delle implicazioni che hanno per la nostra comprensione degli ultimi quattro anni e cosa significheranno per il futuro.

Su molti temi importanti per la vita pubblica un gran numero di persone conosce la verità, ciononostante i canali ufficiali di condivisione delle informazioni sono riluttanti ad ammetterla: la FED non ammette alcuna colpa per l'inflazione e nemmeno la maggior parte dei membri del Congresso; le aziende alimentari non ammettono il danno della dieta americana mainstream; le aziende farmaceutiche sono riluttanti ad ammettere qualsiasi danno; i social media negano qualsiasi parzialità; e così via.

Eppure tutti sanno già come stanno davvero le cose.

Ecco perché l'ammissione di Mark Zuckerberg è stata così sorprendente. Non è tanto quello che ha ammesso, lo sapevamo già, la novità è che l'ha ammesso. Siamo abituati a vivere in un mondo che nuota nelle bugie, ci sconvolge quando una figura importante ci dice cosa è vero o anche solo parzialmente o leggermente vero. Quasi non riusciamo a crederci e ci chiediamo quale possa essere la motivazione.

Nella sua lettera al Congresso ha detto senza mezzi termini quello che tutti gli altri affermano ormai da anni.

Nel 2021 alti funzionari dell'amministrazione Biden, inclusa la Casa Bianca, hanno ripetutamente fatto pressione sui nostri team affinché censurassimo determinati contenuti sul COVID-19, tra cui umorismo e satira, e hanno espresso frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d'accordo [...]. Credo che la pressione del governo fosse sbagliata e mi dispiace che non siamo stati più espliciti al riguardo. Penso anche che abbiamo fatto delle scelte che, con il senno di poi e con nuove informazioni, non faremmo oggi. Come ho detto ai nostri team all'epoca, sono fermamente convinto che non dovremmo compromettere i nostri standard di contenuto a causa delle pressioni di qualsiasi amministrazione in entrambe le direzioni, e siamo pronti a reagire se qualcosa del genere dovesse accadere di nuovo.

Qualche precisazione. La censura è iniziata molto prima, almeno da marzo 2020. L'abbiamo sperimentata tutti, quasi subito dopo i lockdown.

Dopo alcune settimane usare quella piattaforma per far circolare le notizie era diventato impossibile. Facebook ha commesso un errore e ha lasciato passare il mio pezzo su Woodstock e l'influenza del 1969, ma non avrebbe mai più commesso una simile leggerezza. Ogni singolo oppositore di quelle terribili linee di politica è stato oscurato a tutti i livelli.

Le implicazioni sono molto più significative di quanto suggerisca la lettera di Zuckerberg. Le persone sottovalutano costantemente il potere che Facebook ha sulla mente delle persone e ciò è stato particolarmente vero nei cicli elettorali del 2020 e del 2022.

La differenza tra avere un articolo non limitato e uno meno amplificato è stata gigantesca. Quando il mio articolo è stato pubblicato, ho sperimentato un livello di traffico che non avevo mai visto nella mia carriera. È stato sconcertante. Quando l'articolo è stato oscurato circa due settimane dopo, dopo che gli account troll avevano avvisato Facebook che i suoi algoritmi avevano commesso un errore, il traffico è sceso enormemente.

Ripeto, in tutta la mia carriera di attento monitoraggio dei modelli di traffico su Internet non avevo mai visto nulla di simile.

Facebook come fonte di informazioni offre un potere mai visto prima, soprattutto perché tante persone, soprattutto tra gli elettori, credono che le informazioni che vedono provengano dai loro amici e familiari e da fonti di cui si fidano. L'esperienza di Facebook e di altre piattaforme ha inquadrato una realtà che le persone credevano esistesse al di fuori di loro stesse.

Ogni dissidente e ogni persona normale che avesse avuto la sensazione che stesse succedendo qualcosa di strano, veniva fatto passare come una specie di idiota con idee folli e probabilmente pericolose, completamente estranee alla mentalità dominante.

Cosa significa che Zuckerberg ora ammette apertamente di aver escluso dalla vista qualsiasi cosa contraddicesse i desideri del governo federale? Significa che qualsiasi opinione su lockdown, mascherine, o obblighi di vaccinazione (e tutto ciò che vi è associato, comprese le chiusure di chiese e scuole e i danni dei vaccini) non faceva parte del dibattito pubblico.

Stavamo vivendo sotto attacchi di vasta portata sui nostri diritti, sulla libertà e sulla storia, e ciò non faceva parte di alcun serio dibattito pubblico. Zuckerberg ha avuto un ruolo enorme in tutto questo.

Gente come me era arrivata a credere che le persone normali fossero dei codardi, o degli stupidi, a non fare obiezioni. Ora sappiamo che forse non era vero! Le persone che facevano obiezioni venivano semplicemente messe a tacere!

Durante due cicli elettorali la risposta al Covid non è stata affatto in gioco come controversia pubblica. E adesso sappiamo anche il perché. Significa anche che qualsiasi candidato che abbia tentato di farne un problema è stato automaticamente declassato in termini di portata.

Di quanti candidati stiamo parlando qui? Considerando tutte le elezioni statunitensi a livello federale, statale e locale, stiamo parlando di almeno diverse migliaia. In ogni caso, i candidati che si esprimevano sugli attacchi più eclatanti alla libertà sono stati messi a tacere.

Un buon esempio è la corsa a governatore del Minnesota nel 2022, vinta da Tim Walz, ora candidato come vicepresidente con Kamala Harris. Le elezioni vedevano Walz concorrere contro un medico esperto, competente e altamente qualificato, il dott. Scott Jensen, il quale ha fatto della risposta al Covid un tema di campagna elettorale. Ecco il totale dei voti:

Naturalmente il dott. Jensen non ha potuto fare campagna elettorale su Facebook, piattaforma che ha avuto un'enorme influenza in quella elezione e che adesso ha ammesso di aver seguito le linee guida del governo federale per censurare i post. Infatti Facebook gli ha vietato completamente la pubblicità, ha ridotto la sua portata del 90% e probabilmente gli ha fatto perdere le elezioni.

Potete ascoltare il racconto di Jensen qui:

Considerate quante altre elezioni sono state influenzate. È sconcertante pensare alle implicazioni di tutto questo. Significa che molto probabilmente un'intera generazione di leader in questo Paese non è stata eletta legittimamente, se per legittimo intendiamo un pubblico ben informato a cui viene data una scelta in merito alle questioni che influenzano le loro vite.

La censura di Zuckerberg – e questo riguarda anche Google, Instagram, LinkedIn e Twitter 1.0 – ha negato al pubblico la possibilità di scegliere sulla questione centrale dei lockdown, delle mascherine e dell'obbligo di vaccinazione, le stesse questioni che hanno sconvolto l'intera civiltà e hanno tracciato un percorso oscuro per la storia.

E non si tratta solo degli Stati Uniti, il che significa che le elezioni in ogni altro Paese, in tutto il mondo, sono state influenzate in modo simile. È stata una chiusura globale di ogni opposizione riguardo linee di politica radicali, eclatanti e profondamente dannose.

Se la si pensa in questo modo, non si tratta solo di un piccolo errore di giudizio. È stata una decisione sconvolgente che va ben oltre la codardia manageriale; va oltre persino la manipolazione elettorale. È un vero e proprio colpo di stato che ha rovesciato un'intera generazione di leader che si erano schierati per la libertà e li ha sostituiti con una generazione di leader che invece si sono genuflessi di fronte al potere.

Perché Zuckerberg ha scelto di confessare ora? Era ovviamente innervosito dal tentativo di assassinio di Trump, come ha affermato anche lui:

Poi c'è anche l'arresto in Francia del fondatore e CEO di Telegram, Pavel Durov, un evento che sicuramente scuote qualsiasi CEO importante di una piattaforma di comunicazione. Ci sono l'arresto e l'incarcerazione di altri dissidenti come Steve Bannon e molti altri.

Ora che RFK Jr. è stato dichiarato legittimato ad agire, è di nuovo in gioco anche il contenzioso sulla libertà di parola, rimandando il caso Missouri contro Biden alla Corte Suprema, che l'ultima volta aveva erroneamente deciso di negare la legittimazione ad altri querelanti.

Zuckerberg, più di tutti, conosce la posta in gioco. Comprende le implicazioni e la portata del problema, così come la profondità della corruzione e dell'inganno in gioco negli Stati Uniti, nell'Unione Europea, nel Regno Unito e in tutto il mondo. Immagina che prima o poi tutto potrebbe venire fuori, quindi potrebbe anche aver deciso di pararsi le spalle.

Di tutte le aziende al mondo che hanno una vera e propria presa sullo stato dell'opinione pubblica in questo momento, quella è Facebook. Vedono la portata del sostegno a Trump e quest'ultimo ha affermato in più occasioni che ritiene che Zuckerberg debba essere perseguito per il suo ruolo nella manipolazione dei risultati elettorali. E se, ad esempio, i suoi dati interni mostrassero un sostegno di 10 a 1 per Trump rispetto a Kamala, contraddicendo completamente i sondaggi ufficiali che comunque non sono credibili? Questo da solo potrebbe spiegare il suo cambio di idea.

È una questione che diventa particolarmente urgente dal momento che la persona che ha supervisionato la campagna di censura per conto della Casa Bianca, Rob Flaherty, ora è Digital Communications Strategist per la campagna elettorale di Harris/Walz. Non c'è dubbio che il DNC intenda impiegare gli stessi strumenti, moltiplicati e molto più potenti, se dovessero riprendersi la Casa Bianca.

“Sotto la guida di Rob”, ha affermato Biden in merito alle dimissioni di Flaherty, “abbiamo creato il più grande Ufficio per la strategia digitale della storia e, con esso, una strategia e una cultura digitale che hanno unito le persone invece di dividerle”.

A questo punto è lecito supporre che anche l'outsider più informato conosca circa lo 0,5% dell'intera manipolazione, inganno e macchinazioni segrete che hanno avuto luogo negli ultimi cinque anni circa. Gli investigatori del caso hanno affermato che ci sono centinaia di migliaia di pagine di prove che non sono classificate ma devono ancora essere rivelate al pubblico. Forse tutto questo verrà fuori a partire dal nuovo anno.

Pertanto l'ammissione di Zuckerberg ha implicazioni molto più grandi di quanto chiunque abbia mai ammesso. Fornisce una prima occhiata ufficiale e confermata al più grande scandalo dei nostri tempi: il silenziamento globale dei critici a tutti i livelli della società, cosa che a sua volta ha portato alla manipolazione dei risultati elettorali, a una cultura pubblica distorta, all'emarginazione del dissenso, all'annullamento di tutte le protezioni della libertà di parola e al gaslighting come arma principale dei governi dei nostri tempi.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 17 settembre 2024

Nel mondo delle valute fiat, l'euro è come Frankenstein

 

 

di Thorsten Polleit

Nel 1818 la scrittrice inglese, Mary W. Shelley (1797-1851), pubblicò il suo raccapricciante romanzo Frankenstein: The Modern Prometheus che divenne famoso in tutto il mondo. Nella storia lo scienziato Victor Frankenstein assembla, nel suo laboratorio, una creatura simile all'uomo da parti di cadaveri e riesce a dare vita al suo corpo. Ma Frankenstein vorrebbe immediatamente eliminare il mostro che ha creato, lo vede come un demone definendolo un “mostro disgustoso”, un “Satana maledetto”. Il mostro si rende immediatamente conto di essere escluso, emarginato dalla società umana; è risentito e diventa vendicativo, portando grande sfortuna, morte e distruzione.

Il Frankenstein della Shelley ha subito molte interpretazioni nel corso degli anni. Una è che la trasgressione dei confini, come l'impulso empio di Frankenstein di voler creare la vita come Dio, finisce in un disastro. Collegato a questo tema, l'elevazione dell'essere umano al di sopra di ciò che gli è assegnato, la sua arroganza, l'incontrollabilità della creazione umana contraria alla natura, finiscono in un brutto finale.

Se ci si sofferma un attimo a riflettere e a guardare al passato recente, il libro della Shelley ci ricorda in qualche modo l'euro, la moneta unica sovranazionale “uscita dal laboratorio” il 1° gennaio 1999.

L'euro è stato creato artificialmente dichiarando i tassi di cambio precedentemente fissi delle valute partecipanti irrevocabili tra loro e nei confronti dell'“euro” come unità artificiale, e poi fondendoli in esso. Le valute nazionali, come il marco tedesco, il franco francese, lo scellino austriaco, ecc., sono state assorbite nell'euro ed è stato ricomposto da esse, per così dire.

Le valute nazionali stesse erano tutte valute fiat, rappresentavano denaro monopolizzato dallo stato letteralmente creato dal nulla. Tutte erano innaturali, o contrarie alla natura, soprattutto nel senso che non erano nate attraverso una cooperazione volontaria. Infatti erano imposte dall'alto verso il basso, dal monopolio dello stato. E i difetti economici ed etici delle valute fiat sono ora inerenti all'euro, il conglomerato delle valute fiat sottostanti.

È vero che i creatori dell'euro hanno fatto ogni genere di promesse e hanno elaborato regole e leggi per far credere alla popolazione che la loro creatura sarebbe stata una moneta affidabile. Ad esempio, il Trattato di Maastricht ha stabilito che la Banca centrale europea (BCE), che da quel momento in poi avrebbe monopolizzato la massa monetaria, avrebbe dovuto essere politicamente indipendente. Inoltre si diceva che la BCE avrebbe dovuto garantire la “stabilità dei prezzi” (un eufemismo per “bassa inflazione dei prezzi”) e che non avrebbe dovuto finanziare i deficit di bilancio dei Paesi partecipanti.

Gli stati membri dell'area Euro dovevano anche indossare una sorta di “camicia di forza fiscale”: non era loro consentito di contrarre nuovo debito oltre il 3% del PIL all'anno ed esso non poteva superare il 60% del PIL. Ma tutte le “cose buone” che i creatori dell'euro avevano promesso alla popolazione non si sono materializzate; al contrario, la loro creatura ha causato un problema dopo l'altro, portando a una miseria economica diffusa. Ad esempio, la crescita economica nei Paesi che hanno adottato l'euro fin dall'inizio è stata molto più bassa in media rispetto al periodo precedente.

Inoltre gli stati membri dell'area Euro non hanno rispettato le regole del debito. Al contrario, i loro livelli di debito hanno continuato a crescere negli ultimi 25 anni. I contribuenti nei Paesi che sono ancora relativamente più ricchi devono pagare per la cattiva gestione dei Paesi meno prosperi economicamente. È stata realizzata una mutualizzazione del debito. Ad esempio, il cosiddetto Meccanismo europeo di stabilità (MES) è stato istituito nel 2013 e il suo scopo è quello di rendere i contribuenti responsabili ostaggi di quegli stati membri finanziariamente irresponsabili. La BCE sta ora adattando la sua linea di politica sui tassi d'interesse alle esigenze delle finanze statali in difficoltà, ovvero sta finanziando le emissioni di debito degli stati membri attraverso programmi di acquisto di titoli di stato.

L'unione monetaria dell'euro è ora profondamente divisa, come dimostrano gli aumentati saldi TARGET2, i quali documentano una ridistribuzione mozzafiato della ricchezza: i Paesi in deficit sono finanziati a spese dei cittadini produttivi di quei Paesi in surplus. L'inibizione ad accendere la stampante monetaria si è sempre più ridotta; se necessario, la BCE fornisce di fatto quantità illimitate di credito a tassi d'interesse favorevoli, in particolare agli stati in difficoltà finanziarie e alle banche commerciali.

Nel corso dei lockdown imposti tra il 2020 e il 2022, la BCE ha ampliato drasticamente la massa monetaria nelle mani della popolazione, provocando un'inflazione dei prezzi molto elevata che ha svalutato il potere d'acquisto e i risparmi delle persone.

In sintesi, l'euro, quasi subito dopo essere uscito dal laboratorio, ha causato gravi problemi, persino un disastro economico. Ha assunto una vita propria e incontrollata, proprio come il mostro di Frankenstein. La moneta unica crea una crisi dopo l'altra perché, sempre come il mostro di Frankenstein, è letteralmente innaturale.

L'euro è moneta fiat ed essa è nota per avere evidenti difetti economici ed etici: è inflazionistica, socialmente ingiusta, causa crisi finanziarie ed economiche, spinge le economie verso un indebitamento eccessivo e consente allo stato di crescere senza controllo a spese delle libertà dei cittadini e degli imprenditori. Si può persino dire che l'euro ha notevolmente esacerbato i difetti insiti in qualsiasi moneta fiat.

La teoria economica, se fosse stata consultata, avrebbe potuto diagnosticare questa malattia fin dall'inizio: non si può creare denaro migliore, affidabile ed eticamente valido unendo singole parti di monete fiat. Al contrario, unendole si crea qualcosa di ben peggiore e il tentativo di preservare la creatura a tutti i costi non fa che renderla ancora più malvagia. Il danno che causa rovinerà la popolazione dell'Eurozona.

Il mostro del dottor Victor Frankenstein è nato da un'aberrazione che lo stesso dottore riconobbe immediatamente poco dopo il suo atto. Tuttavia non riuscì a disfare la sua opera; i creatori dell'euro, a differenza del dottor Frankenstein, non mostrano segni di pentimento. Questo perché non lo riconoscono per quello che è: denaro cattivo che sta gradualmente distruggendo l'economia e la società libera (o ciò che ne resta). Anzi sono piuttosto soddisfatti delle conseguenze dell'euro e non lo vedono come una mostruosità, non lo riconoscono come un disastro e non lo ritengono responsabile dei danni che causa.

Alla fine Mary Shelley fa morire il mostro di Frankenstein in Antartide e lo fa andare a fuoco. Frankenstein stesso muore poco dopo, dopo aver tramandato la sua storia ai posteri. Da questo non si può dedurre la fine della creatura dell'euro, ma da un punto di vista economico è chiaro: non avrà un lieto fine.

Ora potreste dire: l'euro non è una creatura simile all'essere umano come lo era il mostro di Frankenstein, quindi non dovremmo associarlo alla storia di Mary Shelley. In risposta a questa obiezione, si può dire che il paragone non è sbagliato se ci si rende conto che entrambi i casi riguardano in ultima analisi atteggiamenti umani, idee umane. Sono alla base delle azioni “non autorizzate”, come l'arroganza di voler creare qualcosa di innaturale, o forse portare qualcosa di disastroso nel mondo con il pretesto del bene.

Vista sotto questa luce, la radice del male è rappresentata dalle cattive idee e il mostro di Frankenstein e l'euro sono solo i rispettivi sintomi che produce l'azione umana istigata da cattive idee. Per porre fine alla creatura dell'euro, le persone devono cambiare il loro modo di pensare rendendosi conto che una moneta fiat uniforme, politicizzata e centralizzata non è una buona idea, ma piuttosto che le persone devono avere libertà illimitata nella loro scelta di cosa usare come denaro. Quindi ha senso collegare il mostro di Frankenstein e la creatura dell'euro, affinché chi legge possa avere un altro punto di vista che rifiuta di accettare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 16 settembre 2024

In difesa di Milei

 

 

di Philipp Bagus & Bernardo Ferrero

Mentre la maggior parte dei libertari ha guardato con favore all'ingresso di Milei in politica e alle sue scelte da presidente, questa visione non è stata abbracciata da tutti. Oscar Grau, ad esempio, ha scritto alcuni articoli critici che analizzano le politiche interne ed estere di Milei. Per quanto riguarda le prime, Grau sostiene che l'approccio di Milei è interventista, cosa che stritola il settore privato sotto l'egida di un'adesione solo retorica alla libertà e al libero mercato; per quanto riguarda le seconde, Grau conclude che il presidente argentino è solo l'ennesimo neocon, politico dell'establishment. Considerando quanto sopra, Grau dice che Milei è un “imbroglione”, “statalista”, “neocon” e accusa i suoi seguaci di essere dei traditori opportunisti.


L'importanza della storia congetturale e della verstehen

Pur concordando con Grau su alcune delle sue critiche, la sua line generale non riesce a tenere conto di una serie di questioni essenziali e la sua conclusione, secondo cui i libertari dovrebbero dissociarsi da Milei, è ingiustificata. Bisogna tenere a mente quattro domande: qual era la situazione prima che Milei salisse al potere? Qual era l'alternativa in Argentina? Cosa ha realizzato finora? Dove mira il suo programma?

La contestualizzazione è essenziale per comprendere l'ambiente in cui Milei è stato costretto a operare. I vincoli, tanto quanto le opportunità, sono pregni di contesto, stabilendo i confini entro i quali, in ogni momento, l'attore di mercato forma le sue aspettative e i suoi giudizi su benefici e costi marginali dei corsi d'azione alternativi. Inoltre non si può evitare quella che Montesquieu chiamava “storia congetturale” e quindi applicare la comprensione interpretativa (quella che Weber chiamava Verstehen) quando si prende in considerazione la rilevanza del “fenomeno Milei” e la misura in cui sta spingendo il suo Paese nella giusta direzione.


I disastri del kirchnerismo

La prima cosa che Grau sottovaluta è la situazione e le difficoltà che Milei ha incontrato una volta salito al potere. A parte alcuni commenti sull'andamento inflazionistico del peso, Grau dedica poca attenzione alle politiche disastrose che sono state perseguite in Argentina dalla fine della convertibilità (1992-2001), da Nestor Kirchner (2003-2007) e poi continuando con Cristina Fernández de Kirchner (2007-2015), Mauricio Macri (2015-2019) e, soprattutto, Alberto Fernández (2019-2023). Il disastro di questo socialismo argentino del XXI secolo si è riflesso negli squilibri fiscali e monetari che Milei si è trovato ad affrontare quando è entrato nella Casa Rosada. Con un debito pubblico di oltre $400 miliardi e quasi $60 miliardi di debiti commerciali in scadenza, lo stato argentino era sull'orlo del default, il suo decimo default dall'indipendenza (1816). In questo lasso di tempo la banca centrale argentina ha fatto registrare riserve negative in dollari nel suo bilancio.

La responsabilità di questi squilibri era tutta nelle mani della classe politica. Per quanto riguarda la carenza di dollari è stata la decisione di bloccare il peso a un tasso sopravvalutato rispetto al cambio estero a creare gli effetti tipici di tutti i controlli sui prezzi. Mentre le persone si precipitavano a sbarazzarsi dei loro pesos, ciò che ne è seguito è stata una corsa al dollaro, una carenza di valuta estera e un deficit della bilancia dei pagamenti che ha prosciugato la produzione interna. Invece di risolvere il problema consentendo al tasso di cambio di adeguarsi ai livelli di compensazione del mercato, limitando la spesa pubblica e frenando la stampa di denaro, i kirchneristi hanno contrastato questi movimenti con ulteriori interventi monetari sotto forma di controlli sui capitali e sui cambi (cepo e control de cambios). Costretti a separarsi dai loro guadagni in dollari a tassi inferiori a quelli di mercato, gli esportatori sono stati espropriati. Allo stesso tempo gli importatori privilegiati sono stati sovvenzionati e l'accesso del Paese ai mercati finanziari internazionali è stato limitato. Quando Milei ha assunto la carica, c'erano 18 diversi tassi del dollaro. Questo scenario ha incentivato favoritismi politici, ha esacerbato il rischio del tasso di cambio e ha diffuso il caos nei calcoli imprenditoriali.

La causa fondamentale di questi squilibri era il livello insostenibile di spesa pubblica. Mossi dal motto di Evita Peron, “Dove c'è il bisogno nasce un diritto”, i programmi sociali sono stati moltiplicati e la portata del settore pubblico è aumentata drasticamente: livelli oppressivi di tassazione, una legislazione gravosa sul mondo del lavoro e restrizioni commerciali labirintiche. La ricchezza è iniziata letteralmente a essere privatizzata, concentrandosi solo in un piccolo gruppo di eletti non integrati nella divisione del lavoro e specializzati nello spendere surrettiziamente le risorse altrui senza riparazione. Il rovescio della medaglia è stata la socializzazione della miseria. A novembre 2023 il tasso di povertà era salito al 55%, mentre il livello degli indigenti aveva raggiunto il 17,5%.


La crisi monetaria e fiscale

Incapace sia di spremere il settore privato attraverso ulteriori imposte senza perdere entrate, sia di collocare i propri obblighi nei mercati del credito internazionali, la banca centrale ha monetizzato i deficit fiscali. Dal 2002 i politici argentini hanno utilizzato l'inflazione come mezzo per finanziare i consumi pubblici e la prodigalità in eccesso rispetto alle imposte previste dalla legge, esternalizzando i costi sui risparmiatori, sui creditori, sui percettori di reddito fisso e sui lavoratori a basso reddito. Oltre a ciò, le élite hanno emesso ulteriori pesos per finanziare il cosiddetto deficit quasi fiscale, corrispondente agli interessi mensili e giornalieri pagati alle banche commerciali per “parcheggiare” parte dei pesos in eccesso presso la banca centrale. Poiché il tasso d'interesse effettivo annuo è aumentato in linea con l'andamento geometrico dell'inflazione dei prezzi, raggiungendo il 253% a novembre 2023, questi pagamenti hanno costituito una fonte di creazione di denaro pari al 10% del PIL. Ciò che è iniziato come una misura per limitare l'offerta di denaro si è trasformato in una delle fonti più problematiche di inflazione incontrollata. Tra il 2011 e il 2023 la base monetaria più ampia, che comprende sia le passività non remunerate (base monetaria) sia quelle remunerate della banca centrale (Leliqs e Pases), è aumentata di un multiplo di 116, con l'aumento più significativo verificatosi durante l'ultima presidenza. In quattro anni, sotto la presidenza di Alberto Fernandez, la banca centrale ha ampliato la quantità di base monetaria dell'equivalente del 32% del PIL, con il 13% emesso solo in quell'ultimo anno.

Quando Milei ha assunto la carica, l'Argentina languiva in una crisi economica, monetaria e fiscale. Le conseguenze perniciose di lassismo monetario e fiscale si sono scatenate tutte insieme: un tasso di inflazione dell'1% al giorno (e annuo al 3700%), deficit fiscale duplice del 15% del PIL (5% Tesoro argentino e 10% banca centrale) e un periodo di stagnazione lungo 12 anni. Dato che l'Argentina aveva vissuto in un'anomia istituzionale per gli ultimi due decenni, Milei si è ritrovato molte strade precluse davanti a sé.


La doppia strategia del politico libertario

Come presidente dell'Argentina, Milei ha capito che, indipendentemente dalle sue credenziali accademiche, era ormai diventato un politico. E un politico, anche libertario, deve tenere conto delle circostanze specifiche di tempo e luogo se vuole riuscire a mantenere ed espandere il sostegno degli elettori. Il politico libertario a volte deve scendere a compromessi, senza mai andare nella direzione sbagliata. Secondo Jesús Huerta de Soto, il politico libertario dovrebbe usare una duplice strategia: studiare i principi teorici del libertarismo e istruire il pubblico in generale su questi principi e le sue implicazioni, impegnandosi in un lavoro di divulgazione delle idee libertarie. A tal fine non saranno accettati compromessi.

Essendo consapevole dei suoi obiettivi a lungo termine, il politico libertario cercherà anche possibili piani di transizione verso quell'ideale che non violi i principi libertari. Se è impossibile eludere un compromesso a breve termine, può concederlo purché si muova nella giusta direzione. In nessun caso un insieme di misure si allontanerà da una società più libertaria. Le restrizioni che i politici e l'apparato burocratico (o lo stato profondo) apportano sono sconosciute al grande pubblico; il politico libertario deve fare uso della sua conoscenza specifica del tempo e dello spazio, valutando le restrizioni effettive che la vita politica reale offre, e realizzare in ogni momento storico il massimo di quell'ideale che le circostanze consentono.

Solo utilizzando questa duplice strategia si possono evitare quei due estremi che Murray Rothbard considerava dannosi per il progresso della libertà: “l’opportunismo di destra” e il “settarismo di sinistra”. Se il primo è una “linea di politica senza principi”, incapace di dare un fondamento non arbitrario all’azione politica, il secondo è un “principio senza linea di politica”, che inibisce il perseguimento concreto del miglior bene possibile.


Milei come politico libertario

Milei ha seguito la descrizione di un politico libertario. Anche se Grau lo dipinge come un semplice neoclassico, Milei ha studiato a fondo le idee libertarie e Austriache. Oltre ad essere stato “convertito” alla teoria Austriaca nel 2014 dopo aver letto il capitolo 10 di Man, Economy and State di Rothbard, ha letto Human Action tre volte e ha familiarizzato con le opere di Hayek, Hazlitt, Kirzner e molti altri. Sebbe si porti dietro ancora residui monetaristi, definirlo un economista matematico e neoclassico è quantomeno impreciso. Nessun monetarista ha mai sostenuto, come fa continuamente Milei, l'eliminazione della banca centrale, la denazionalizzazione del denaro e la deflazione dei prezzi. Inoltre ha scritto libri che criticano le opinioni neoclassiche/di Chicago su monopolio, fallimenti del mercato e antitrust.

Inoltre rende popolari queste idee ogni volta che può. Non è stato solo facendo appello alla retorica del “popolo contro élite”, ma anche illuminando le persone sulla superiorità morale, economica e persino estetica di un ordine sociale basato sul mercato che Milei è stato in grado di fondersi con il 56% del sostegno degli elettori. Solo per fare un esempio tra i tanti, nel 2021, poco dopo la sua vittoria alle primarie, Milei ha iniziato una serie di sei lezioni all'aperto sull'economia Austriaca nelle piazze di Buenos Aires, al termine delle quali regalava copie di Economics in One Lesson di Henry Hazlitt. I suoi noti interventi pubblici a Davos (World Economic Forum), Roma (Quarta Repubblica - Mediaset), Washington (CPAC), Madrid (Vox - Viva24) sono una dimostrazione che ha continuato a rendere popolari queste idee dopo aver assunto l'incarico.


Inflazione, deficit e qualità del denaro

Per quanto riguarda la seconda parte della strategia duale, si applica un ragionamento simile. Durante la campagna elettorale Milei si è candidato con una piattaforma di austerità, promettendo tagli alla spesa pubblica e un abbassamento generale delle tasse e delle normative. La sua priorità era porre fine all'inflazione, un tema che ha sviluppato in dettaglio in uno dei suoi ultimi libri che porta esattamente quel titolo: El fin de la Inflacion. Il suo piano di dollarizzazione più che un invito a unirsi a un sistema finanziario dominato dalla FED era mosso dal desiderio di allontanare la stampante monetria dalla casta argentina e consentire alle classi produttive di scambiare, risparmiare, pianificare e calcolare liberamente con l'unità monetaria che, alla luce della sua stabilità e indipendenza, preferivano di più. Inutile dire che si trattava del dollaro statunitense.

Per ottenere questi risultati Milei ha pensato a un piano di transizione composto da diverse fasi, rispettando in gran parte le sue promesse. Sapendo di non avere la maggioranza parlamentare per promuovere riforme strutturali, evitare una crisi iperinflazionistica e un altro default è diventata la sua preoccupazione principale. Milei ha affrontato queste questioni con un certo successo. Quando ha assunto la carica a dicembre, i prezzi all'ingrosso salivano a un ritmo del 25,5% al ​​mese, mentre le ultime misure dell'inflazione riportano un ritmo mensile del 4% a luglio di quest'anno. Secondo Grau l'abbassamento dell'inflazione è stato ottenuto da una mix di manovre stataliste volte a inibire la gente dal precipitarsi sul dollaro, aumentandone il prezzo. Di certo i controlli sui prezzi e sui cambi sono indifendibili, tuttavia erano già in atto quando Milei è arrivato, quindi non possono essere stati un fattore causale significativo. Ciò che Grau ignora è che l'inflazione dei prezzi è stata domata grazie a due fenomeni interconnessi: la lenta ma costante diminuzione dell'emissione monetaria e l'aumento della qualità del sistema monetario.

I cambiamenti nella qualità di quest'ultimo cambiano, ceteris paribus, la qualità del denaro, la domanda di denaro e, di conseguenza, il potere d'acquisto del denaro. Infatti Milei ha migliorato sostanzialmente il sistema monetario dell'Argentina ottenendo un surplus fiscale entro il primo mese di governo e dichiarando che l'eliminazione del deficit fiscale non era negoziabile. In questo modo ha stabilito un solido ancoraggio monetario: poiché è scomparsa la necessità di finanziare i deficit fiscali stampando denaro, le aspettative inflazionistiche sono state ridotte. Di recente il governo ha dichiarato che alla base monetaria non sarà più consentito di crescere (“emisión cero”), migliorando ulteriormente la qualità del sistema monetario. Come scrisse Rothbard, un importante fattore determinante della domanda di denaro in uno standard fiat è la fiducia della popolazione nelle “autorità che emettono denaro fiat”. Poiché una moneta fiat è emessa indirettamente dallo stato, la solvibilità di quest'ultimo diventa un fattore importante dietro il prezzo del denaro. Considerando che tale solvibilità è valutata scontando al presente i surplus fiscali futuri, le misure di austerità di Milei non solo hanno ancorato l'offerta di denaro futura, ma hanno anche aumentato rapidamente la domanda di denaro. Allo stesso modo la qualità del sistema monetario è stata migliorata ristrutturando il bilancio della banca centrale. Le passività remunerate sono state eliminate e una parte maggiore della base monetaria è stata sostenuta da riserve monetarie che sono passate da -$10,545 miliardi a $27,439 miliardi. Sebbene assenti nelle osservazioni di Grau, queste misure sono state responsabili della riduzione sia dell'inflazione dei prezzi che dei tassi d'interesse.


Un minor carico fiscale

Si potrebbe sostenere che un libertario dovrebbe guardare con ottimismo all'idea di default di uno stato. Da Thomas Jefferson a Murray Rothbard, la posizione libertaria ortodossa sulla finanza pubblica è stata, per ragioni sia normative che positive, inequivocabile: ripudiare il debito pubblico. Detto questo, bisogna anche prendere in considerazione i costi politici di farlo, i quali potrebbero risultare critici, specialmente in un Paese come l'Argentina che è andato in default talmente tanto spesso senza mai riprendersi per davvero.

Riflettendo su questi costi politici, Milei ha deciso di andare avanti con il piano di eliminare la spesa in deficit e accumulare surplus di bilancio. Seguendo Rothbard, ci sono tre modi in cui uno stato può realizzare una riorganizzazione dei suoi conti: aumentando le tasse, riducendo la spesa pubblica e privatizzando gli asset pubblici; o un mix di quanto sopra. Mentre il primo modo è sia dannoso che illegittimo, il secondo e il terzo sono strade sane e del tutto legittime. Mentre un libertario può giustamente criticare l'aumento di alcune tasse (impuesto pais, carburante e stipendi) approvato dal governo di Milei, la maggior parte dei surplus di bilancio è arrivata attraverso tagli alla spesa pubblica, la quale è diminuita di quasi il 35% in termini reali. Il governo Milei ha stabilito un nuovo record in Argentina, avendo licenziato il numero più alto di dipendenti pubblici nei primi sette mesi del suo mandato. Secondo l'ultima relazione pubblicata dall'Instituto Argentino de Analisis Fiscal, Milei ha licenziato 30.936 dipendenti pubblici durante il suo primo semestre.

Un altro ambito importante in cui Milei ha fatto importanti progressi fin dall'inizio è la deregolamentazione. A partire dal suo Decreto de Necesidad y Urgencia, Milei ha abrogato più di trecento regolamenti che soffocavano le attività commerciali sin dai tempi del dittatore Ongania (1966-70), dal controllo degli affitti alle leggi sulla moneta a corso legale. Omessa da Grau la parte più cruciale di questo decreto è stata la modifica dell'articolo 958 del Codice civile e commerciale, con cui il governo Milei ha relegato le norme legali a un piano inferiore rispetto alla volontà delle parti espressa nei contratti. Poiché l'inflazione e i regolamenti sono una tassa, e poiché entrambi consentono allo stato di ottenere un controllo sostanziale sull'uso delle risorse nella società, Miliei ha nell'effettivo ridotto l'onere fiscale complessivo.


Tagli alle tasse e liberalizzazioni all'orizzonte

Con il suo piano di riforma (Ley Bases) finalmente accettato da entrambe le camere, si profilano all'orizzonte alcune privatizzazioni. Ciò aumenterà la quota di surplus di bilancio attribuibile sia a modi legittimi che economizzatori di attuare l'austerità. Inoltre si prevedono ulteriori deregolamentazioni accompagnate da crescenti tagli fiscali e in un certo senso questo processo è già iniziato. All'inizio di agosto 2024 il governo Milei ha emanato il decreto 697/2024, eliminando le tasse su tutti i tagli di carne bovina e le ritenute all'esportazione di carne suina. Il decreto prevede anche una riduzione del 25% delle ritenute all'esportazione su tutte le proteine ​​animali e un'eliminazione permanente dei dazi all'esportazione sui prodotti lattiero-caseari, restituendo complessivamente circa $130 milioni nelle tasche dei produttori.

Nel frattempo il governo di Milei ha eliminato le ritenute alla fonte sull'IVA e sugli utili sulle vendite aziendali. Inoltre ha abbassato l'imposta sulle importazioni (impuesto pais) al 7,5% e ha annunciato che entro dicembre 2024 sarà abolita, alleviando significativamente la pressione sul commercio e sulle attività commerciali. Si può sostenere che una tale liberalizzazione non sia abbastanza rapida, ma non si può negare che si muova nella giusta direzione. E sì, Milei ha dovuto scendere a compromessi, soprattutto perché non detiene la maggioranza in parlamento. Libertad Avanza ha solo il 15% dei seggi alla Camera dei rappresentanti e al 10% nel Senato; la maggior parte dei membri del suo partito, inoltre, è rappresentata da semplici alleati politici senza una reale conoscenza dell'economia Austriaca e del libertarismo. Gli obiettivi di Milei, però, sono chiari e sono stati confermati a luglio con la firma del Pacto de Mayo tra il presidente e i governatori. Tra i dieci principi fondanti di questo patto c’erano “l’inviolabilità della proprietà privata”, “la riduzione della spesa pubblica al 25% del PIL” e l’attuazione di una riforma che “riduca il carico fiscale e semplifichi la vita degli argentini e promuova il commercio”.


Milei non è un neocon

Mentre Grau dedica grande attenzione alla politica estera, non si dovrebbe dare tanta importanza al posizionamento di Milei nella “politica internazionale”, poiché l’Argentina non influenza praticamente nulla a quel livello. Il cambio di blocco operato da Milei non implica alcun allontanamento dall’ideale rispetto alla situazione precedente. La sua posizione riguardo la politica estera è, ai fini pratici, puramente testimoniale. Inoltre in molti Paesi sudamericani la vera alternativa, ed è così che la cittadinanza percepisce la questione, è stare o con gli USA e i suoi alleati (Israele e Paesi dell’UE), o con i socialisti e i loro “amici” (Russia, Iran, Cina). I recenti eventi che hanno circondato la rielezione fraudolenta del dittatore socialista del Venezuela, Nicolas Maduro, approvata da Putin, Xi Jinping e gli ayatollah, lo confermano. Del resto dopo quasi due decenni di flirt costante dei kirchneristi con questo blocco e con evidenti casi di corruzione e cattiva gestione (si pensi, ad esempio, all’Operación Moscú voluta da A. Fernandez durante il Covid che ha permesso la distribuzione privilegiata del vaccino Sputnik V in Argentina) è comprensibile che Milei, come parte della sua reazione, possa guardare all’altro lato dello spettro.

Qualunque cosa si possa pensare della collocazione dell'Argentina negli affari internazionali, Milei non è un neocon nel senso tradizionale del termine. Nessun neocon ha dichiarato esplicitamente (né continua a dichiarare in ogni occasione e apparizione pubblica), come invece fa Milei, che lo stato (compreso quello di Israele e dell'Ucraina) è solamente un branco di imbroglioni. Nessun neocon “odia” lo stato. Inoltre essi difendono l'interventismo estero come parte di un sostegno generale allo stato assistenziale-bellico. William Buckley non era solo un militarista antisovietico, ma anche un sostenitore del movimento per i diritti civili degli anni '60. Irving Kristol sosteneva uno “stato assistenziale conservatore” che avrebbe instillato l'abnegazione e un comportamento virtuoso tra i cittadini. Milei invece è un ardente critico dell'intervento statale, delle politiche antidiscriminatorie, del paternalismo e dello stato assistenziale. Appartiene a un'altra lega. Come i liberali tradizionali e i libertari classici, da Montesquieu a Bastiat, da Cobden a Mises, Milei vede nel libero mercato il veicolo per relazioni internazionali più pacifiche e, qualora abbandonato, la premessa per la guerra.

Milei si impegna nella divulgazione di idee Austro-libertarie, diametralmente opposte allo statalismo e al neoconservatorismo. Ad esempio, cita continuamente e incoraggia la lettura di autori libertari, da Murray Rothbard a Hans-Hermann Hoppe. È ironico in questo senso che Grau denunci Milei come neocon e allo stesso tempo lo critichi per aver sostenuto ed essere un alleato di Trump, quando in politica estera quest'ultimo è stato il meno interventista di tutti i presidenti degli Stati Uniti negli ultimi due decenni. Infine se si vuole etichettare Milei come un neocon solo per le sue simpatie geopolitiche e la posizione pro-NATO, cosa si dovrebbe dire di Mises che guardando all'Europa del dopoguerra sosteneva l'istituzione di una “unione permanente e duratura” tra le democrazie occidentali e per “investire tutto il potere in una nuova autorità sovranazionale” al fine di evitare una volta per tutte la sottomissione al totalitarismo? Si potrebbe dire che le osservazioni di Mises furono fatte in un momento particolare della storia e che erano destinate ad applicarsi solo a quelle circostanze. È ragionevole. Ma allora perché la posizione e le dichiarazioni di Milei dovrebbero essere trattate in modo così diverso?


Conclusione

Il libertarismo richiede una strategia realistica. L'idea che ci si debba dissociare intellettualmente da una persona perché potrebbe non implementare appieno l'ideale libertario, non è solo in contrasto con il buon senso, ma è stata respinta come linea di politica sensata dallo stesso Murray Rothbard, il quale nel 1990 associò questo atteggiamento al “percorso disastroso e strampalato del randianismo ortodosso”. Mentre ci si potrebbe aspettare e desiderare che Milei faccia di più e lo faccia più velocemente, mentre si può criticarlo per questo o per quel compromesso, non si può non vedere che ha mosso l'Argentina nella giusta direzione e che il suo ingresso in politica ha implicato un cambiamento di paradigma per la diffusione e l'implementazione delle idee libertarie. Come ha scritto Jesús Huerta de Soto, grazie a Milei e ai suoi successi politici è comune vedere a Buenos Aires, e in altre città argentine e latinoamericane, persone che camminano in giro con Human Action sottobraccio. Uno dei sondaggi più recenti condotti da DC Consultores mostra che circa il 70% degli argentini ritiene che il peronismo sia morto con Alberto Fernandez e che con Milei sia iniziata una nuova era. Il cambio di paradigma, quindi, non è retorica ma una realtà storica che dovrebbe darci speranza per il futuro. Le idee muovono il mondo, non il contrario. Viva la Libertad carajo!


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 13 settembre 2024

Ludwig von Mises e la teoria Austriaca della moneta, dell'attività bancaria e del ciclo economico — Parte #3

 

 

di Richard Ebeling

Quando l'edizione in lingua inglese di The Theory of Money and Credit di Ludwig von Mises fu pubblicata 90 anni fa, nel 1934, il mondo era nel mezzo della Grande Depressione. Il crollo del mercato azionario americano nell'ottobre del 1929 si trasformò presto in una grave crisi economica che raggiunse il punto più basso in termini di disoccupazione e calo della produzione industriale/agricola nel 1932 e all'inizio del 1933.

In Europa le condizioni economiche non erano migliori. La Gran Bretagna e la Francia, ad esempio, stavano sperimentando gli stessi effetti negativi di calo della produzione e aumento della disoccupazione, anche se il peggio, in termini di questi due indicatori economici, si stava verificando in Germania. A intensificare l'impatto mondiale della crisi economica fu un ritorno al protezionismo commerciale in molte delle principali economie, compresi gli Stati Uniti, insieme ai controlli sui cambi che portarono a un drastico calo del commercio e degli investimenti internazionali.


Stato e Grande depressione

Perché la gravità e la profondità di questa depressione economica erano le più gravi nella memoria di chiunque? Secondo Mises ciò era dovuto al grado in cui gli stati stavano introducendo linee di politica che ostacolavano e impedivano all'economia di mercato di riaggiustarsi e riequilibrarsi dopo quella che si era rivelata la falsa prosperità del decennio precedente. Non che tutto ciò che era accaduto in quest'ultimo periodo di tempo fosse insostenibile. Le innovazioni tecnologiche, l'efficienza dei costi, i miglioramenti nell'organizzazione e nella gestione dell'industria e della produzione avevano rappresentato miglioramenti tangibili negli standard e nella qualità della vita in tutto il mondo, specialmente negli Stati Uniti.

Ma a sovrastare questi impressionanti miglioramenti nei potenziali di produzione c'erano state linee di politica monetarie negli Stati Uniti e in Europa che avevano portato a disallineamenti e squilibri tra risparmi e investimenti, preparando il terreno a un inevitabile periodo di correzione. Relazioni insostenibili tra prezzi e salari e usi di risorse e capitale dovevano essere corretti se si voleva tornare a una crescita e stabilità economica a lungo termine.

In passato c'erano stati boom e bust, inflazioni e depressioni, tuttavia raramente erano stati così gravi e destabilizzanti come quelli vissuti negli anni '30. Prima di ciò gli stati avevano mantenuto un approccio abbastanza “non intromissivo”, consentendo ai mercati finanziari, degli investimenti e dei consumatori di aggiustarsi e trovare i loro modelli di coordinamento di prezzi/salari e usi di risorse/capitale per tornare alla piena occupazione e ai potenziali di produzione.


Il gold standard e il crescente interventismo dello stato

Negli anni '30 gli stati fecero il contrario: nel settembre 1931 il governo britannico aveva posto fine al gold standard come base del sistema monetario del Paese; dopo l'insediamento di Franklin D. Roosevelt negli Stati Uniti nel marzo 1933, il gold standard venne rimosso nel giugno di quell'anno ordinando agli americani di consegnare le loro monete d'oro e i lingotti in cambio di cartamoneta della Federal Reserve sotto la minaccia di arresto, confisca e imprigionamento.

Prima con il presidente repubblicano Herbert Hoover e poi con i programmi del New Deal, il governo degli Stati Uniti gestì grandi deficit di bilancio, aumentò le tasse sulle imprese, intraprese ingenti progetti di lavori pubblici e interferì con gli aggiustamenti di salari/prezzi. Infatti con l'avvento del New Deal Roosevelt impose un sistema di pianificazione economica in stile fascista sull'industria e l'agricoltura, eliminando a tutti gli effetti l'economia di mercato. Solo una serie di decisioni della Corte Suprema nel 1935 e nel 1936, che dichiararono incostituzionali alcuni dei principali programmi del New Deal, salvarono l'America dalla possibilità di un'economia pianificata permanente.

Negli anni '20 la Germania aveva un governo democratico debole, noto come Repubblica di Weimar. Nel 1931 e nel 1932 i tre maggiori partiti politici rappresentati nel parlamento tedesco erano i socialdemocratici, i nazionalsocialisti (nazisti) e i comunisti. Nel gennaio 1933 Adolf Hitler fu nominato cancelliere (primo ministro) e nel giro di pochi mesi i nazisti trasformarono rapidamente il Paese in una dittatura, con la spesa e gli investimenti diretti dal governo. I nazisti introdussero formalmente la pianificazione centralizzata quadriennale nel 1936.

Nella vicina Austria, dove Mises viveva e lavorava come analista economico per la Camera di commercio di Vienna, scoppiò una breve guerra civile nel febbraio 1934 tra il governo di orientamento fascista e le forze armate del Partito socialdemocratico, e si concluse con la sconfitta dei socialisti austriaci. Poco dopo fu istituita una nuova costituzione che stabiliva ufficialmente un sistema politico autoritario e un'economia corporativista. Nell'ottobre 1934 Mises lasciò l'Austria e accettò la sua prima cattedra a tempo pieno presso il Graduate Institute of International Studies di Ginevra, in Svizzera. Ciò gli permise di sfuggire sia alla vita sotto la dittatura fascista nel suo Paese d'origine, sia alla crescente ondata di antisemitismo che divenne violenta e mortale dopo che Hitler entrò a Vienna nel marzo 1938 e l'Austria fu annessa al Terzo Reich.


Mises sulle cause della Grande depressione

Nel febbraio 1931 Mises tenne una conferenza sulle cause della crisi economica. I Paesi d'Europa e gli Stati Uniti furono coinvolti nella Grande depressione proprio perché gli stati non erano riusciti a consentire aggiustamenti e ribilanciamenti basati sul mercato in modo da ripristinare la produzione e l'occupazione.

Invece fecero del loro meglio per mantenere prezzi e salari a livelli non di mercato attraverso varie forme di interventismo e regolamentazione. I dazi proteggevano i produttori nazionali non competitivi dai rivali stranieri; i sindacati avevano il potere non ufficiale di chiudere le aziende e usare la violenza per impedire ai lavoratori non sindacalizzati di riempire i posti di lavoro dei lavoratori sindacalizzati in sciopero, affinché venissero imposti salari più alti di quelli di mercato; l'indennità di disoccupazione fu utilizzata per ridurre la pressione sui sindacati da parte dei disoccupati; le tasse sulle imprese private ridussero gli investimenti e minacciarono il consumo di capitale; la spesa in deficit degli stati fu utilizzata per “creare” posti di lavoro inutili. Da ciò Mises concluse:

Se si fa tutto il possibile per impedire al mercato di svolgere la sua funzione di bilanciare domanda e offerta, non dovrebbe sorprenderci se persiste una grave sproporzione tra domanda e offerta, se le merci restano invendute, le fabbriche restano inattive, ci sono milioni di disoccupati, la miseria e l'indigenza crescono e se, sulla scia di tutto ciò, il radicalismo distruttivo dilaga nella politica [...]. Con la crisi economica la politica economica interventista, la linea di politica seguita oggi da tutti gli stati indipendentemente dal fatto che siano responsabili nei confronti dei parlamenti o che abbiano aperto le porte alle dittature, diventa evidente.


L'influenza corruttrice dello stato interventista

L'effetto corrosivo che tali linee di  politica interventiste ebbero sul funzionamento del mercato e sugli incentivi antisociali nel settore privato venne spiegato da Mises un anno dopo, nel 1932, in un saggio intitolato “Il mito del fallimento del capitalismo”:

Nello stato interventista non è più di fondamentale importanza per il successo di un'impresa che l'attività venga gestita in modo da soddisfare le richieste dei consumatori nel modo migliore e meno costoso. È molto più importante avere “buoni rapporti” con le autorità in modo che gli interventi vadano a vantaggio e non a svantaggio dell'impresa. Qualche protezione commerciale in più per i prodotti dell'impresa e qualcuna in meno per le materie prime utilizzate nel processo di produzione possono essere di gran lunga più vantaggiosi per l'impresa rispetto alla massima cura nella gestione dell'attività. Non importa quanto bene essa possa essere gestita, fallirà se non sa come proteggere i propri interessi nella stesura dei dazi e nelle negoziazioni davanti ai collegi arbitrali e con le autorità dei cartelli. Avere “collegamenti” diventa più importante che produrre bene e a basso costo.

Quindi le posizioni di comando all'interno delle imprese non sono più ottenute da persone che sanno come organizzare le aziende e dirigere la produzione nel modo in cui la situazione di mercato richiede, ma da persone che sono considerate “in alto”, che sanno come andare d'accordo con la stampa e tutti i partiti politici, in modo che loro e la loro azienda non diano fastidio. È questa classe dirigente che negozia molto di più con funzionari statali e leader di partito che con coloro da cui comprano e a cui vendono.

Poiché si tratta di ottenere favori politici per le loro imprese, i direttori devono ripagare i politici con favori. Negli ultimi anni ci sono state poche grandi imprese che non hanno dovuto spendere somme molto considerevoli [...] in contributi per le campagne elettorali, organizzazioni di assistenza pubblica e simili [...]. La crisi di cui soffre oggi il mondo è la crisi dell'interventismo e del socialismo nazionale e municipale; in breve, è la crisi delle linee di politica anticapitaliste.

L'ambiente economico tedesco era uno in cui una relazione simbiotica collegava coloro che erano in politica e nella burocrazia con gruppi d'interessi particolari che desideravano favori e privilegi a spese degli altri. Non sorprende poi se un anno dopo, nel 1933, lo stato interventista, corrotto e corruttore, si trasformò nell'economia di comando/controllo nazionalsocialista, e che nel Paese di Mises, l'Austria, il fascismo e l'economia pianificata vennero implementati un anno dopo, nel 1934.


La teoria del ciclo economico di Mises

Anche se una ragnatela crescente di politiche interventiste spiega come e perché la Grande depressione degli anni '30 divenne così profonda e prolungata, rimaneva ancora la questione di come e perché si fosse verificata. In altre parole, quali erano le politiche monetarie e bancarie che precedettero la Grande depressione e che la resero inevitabile? Mises, nel libro The Theory of Money and Credit e poi nella sua monografia Monetary Stabilization and Cyclical Policy (1928), aveva presentato quella che in seguito divenne nota come teoria Austriaca del ciclo economico.

La teoria di Mises su denaro, sistema bancario e ciclo economico era una sintesi della teoria del denaro di Carl Menger, della teoria del capitale di Eugen von Böhm-Bawerk e della teoria dei tassi d'interesse e dei prezzi di Knut Wicksell. Basandosi su Menger, Mises sviluppò un'analisi della non neutralità del denaro, ovvero come i cambiamenti nell'offerta di denaro si fanno strada nel mercato in modelli sequenziali temporali e che influenzano la struttura dei prezzi e dei salari, nonché le allocazioni di risorse e capitale tra i settori dell'economia.

Mises adattò la teoria di Böhm-Bawerk, su una struttura temporale di investimento e produzione, concentrandosi sui processi di coordinamento dei prezzi mediante i quali risorse e lavoro vengono combinati nelle fasi di produzione sia per produrre beni capitali sia per fabbricare i beni finiti desiderati dai consumatori. Ognuna di queste fasi di produzione deve essere coordinata con successo con le altre. La “lunghezza” delle rispettive strutture temporali deve anche essere coerente con la quantità di risparmi complessivi nell'economia in modo che le risorse, il lavoro e i beni capitali necessari possano essere disponibili per completare e mantenere i processi di produzione complessi attraverso un periodo di tempo dopo l'altro.

Come abbiamo visto, il tasso d'interesse che emerge dal mercato assicura che gli investimenti intrapresi possano essere mantenuti entro i limiti dei risparmi accantonati dai percettori di reddito. In un mondo di scarsità, gli usi delle risorse di qualsiasi società sono in competizione tra diverse applicazioni di esse sia nel presente che tra gli orizzonti temporali presenti e futuri. Una maggiore utilizzazione in una direzione significa che ce n'è meno disponibile per l'utilizzo in modi alternativi.


Knut Wicksell sui tassi d'interesse e il processo inflazionistico

L'economista svedese, Knut Wicksell (1851-1926), sosteneva in Interest and Prices (1898) che se i beni nel presente fossero scambiati direttamente con beni nel futuro, cioè come nelle transazioni di baratto, il prezzo determinato in modo competitivo tra beni nel presente e nel futuro tenderebbe ad assicurare che l'investimento fosse mantenuto in equilibrio con i risparmi. Il prezzo intertemporale dei beni presenti per beni futuri è il “tasso d'interesse naturale” di equilibrio. Tuttavia, nei mercati reali, tutti gli scambi, compresi quelli nel tempo, vengono effettuati tramite il mezzo del denaro. Quest'ultimo nel presente (e il potere d'acquisto su vari beni che quella somma di denaro rappresenta) viene scambiato per una somma di denaro nel futuro (e il potere d'acquisto su vari beni che quella somma di denaro dovrebbe rappresentare).

Se il tasso d'interesse monetario coincide con l'ipotetico tasso d'interesse “naturale” di equilibrio, allora risparmi e investimenti vengono mantenuti in un equilibrio coordinato anche in un'economia che usa il denaro. Il problema, sottolineò Wicksell, è che la quantità di denaro offerta tramite il sistema bancario per scopi d'investimento può superare la quantità di denaro che i percettori di reddito avevano originariamente depositato nel sistema bancario come risparmi; oppure le banche potrebbero prestare meno di quanto era stato depositato presso di esse. Quindi potrebbero esserci investimenti di denaro totali maggiori dei risparmi di denaro, o più risparmi di denaro rispetto ai prestiti emessi all'interno del sistema bancario; investimenti totali maggiori dei risparmi disponibili, o investimenti totali inferiori ai risparmi disponibili.

Le banche potrebbero provare a estendere prestiti superiori ai risparmi depositati fissando il tasso d'interesse al di sotto del tasso naturale attraverso la creazione di banconote, o maggiori depositi a vista. Ma poiché la scarsità continua a limitare il totale reale delle attività economiche che possono essere intraprese, la maggiore quantità di denaro finisce solo per generare un aumento cumulativo dei prezzi (inflazione dei prezzi) finché il tasso d'interesse monetario viene mantenuto al di sotto di quello naturale. Analogamente se il tasso d'interesse monetario dovesse essere fissato al di sopra del tasso naturale, i prestiti totali sarebbero inferiori ai risparmi disponibili, con conseguente calo cumulativo dei prezzi (deflazione dei prezzi) finché il tasso d'interesse monetario viene mantenuto più alto di quello naturale.


Il sistema free banking e i limiti delle valute scoperte

Questo era lo sfondo della teoria del ciclo economico di Mises. Mentre la sviluppava negli anni '20 e '30, sosteneva che se fosse prevalso prevalso un sistema free banking competitivo, ci sarebbero stati controlli ed equilibri basati sul mercato che avrebbero impedito agli squilibri tra risparmi e investimenti di verificarsi in misura significativa. Se una o più banche avessero deciso di aumentare la rispettiva quantità di banconote, o depositi a vista, abbassando il tasso d'interesse monetario a cui stavano estendendo prestiti a potenziali mutuatari, le somme prese in prestito sarebbero state presto spese in vari beni e servizi che essi volevano acquistare.

Coloro che ricevevano le banconote emesse in questo modo, ad esempio, dalla Adam Smith Bank le avrebbero depositate nelle loro banche, ad esempio la Thomas Malthus Bank e la David Ricardo Bank. Le Thomas Malthus e David Ricardo Bank, ricevendo depositi delle banconote dai clienti della Adam Smith Bank, li avrebbero scambiati tramite quella che viene chiamata “stanza di compensazione”, chiedendo oro o argento che quelle banconote dovevano coprire. Le banche che avevano emesso banconote in eccesso rispetto ad altre banche avrebbero subito un deflusso netto delle loro riserve di oro e argento. Se avessero continuato la loro espansione monetaria in questo modo, sarebbero finite per incappare, col tempo, nell'insolvenza o addirittura nella bancarotta poiché il numero totale di banconote rivendicate nei loro confronti avrebbe significato una perdita di tutte le loro riserve in oro e argento.

Allo stesso tempo se i loro depositanti si fossero preoccupati della solvibilità della banca, questa avrebbe rischiato di affrontare una corsa agli sportelli, ovvero molti dei depositanti che, più o meno simultaneamente, richiedono indietro il ​​loro denaro in oro e argento. Nel loro stesso interesse personale, sotto le pressioni del processo della stanza di compensazione e per mantenere alta la fiducia dei loro clienti, le banche private, in un sistema di free banking competitivo, avrebbero incentivi a resistere alla creazione eccessiva di mezzi fiduciari (banconote e depositi non completamente coperti da riserve in oro e argento).

Le creazioni ingiustificate di banconote e di depositi a vista (vale a dire, in eccesso rispetto all'oro e all'argento depositati presso quell'istituto finanziario) verrebbero mantenuti entro limiti ristretti nell'ambito di un sistema free banking competitivo. Considerando il mercato nel suo complesso, quindi, gli investimenti verrebbero mantenuti entro i limiti di scarsità dei risparmi effettivi accantonati dai percettori di reddito. Come Mises spiegò in Monetary Stabilization and Cyclical Policy, in un ambiente free baking potrebbero ancora esserci mezzi fiduciari emessi dalle banche:

Tuttavia le banche dovrebbero essere particolarmente caute a causa della sensibilità alla perdita di reputazione dei loro mezzi fiduciari, dato che nessuno sarebbe costretto ad accettare. Nel corso del tempo gli abitanti dei Paesi capitalistici imparerebbero a distinguere tra banche buone e cattive [...]. La gestione di banche solventi e altamente rispettate, le uniche banche i cui mezzi fiduciari godrebbero della fiducia generale, incarnerebbe un esercizio di apprendimento dalle esperienze passate.

Una linea di politica fatta di moderazione e prudenza da parte di banche rispettate e affermate costringerebbe i dirigenti più irresponsabili di altre banche a fare lo stesso [...] perché l'espansione del credito circolante non può mai essere l'atto di una singola banca, né di un gruppo di singole banche [...]. Se esistessero fianco a fianco diverse banche capaci di emettere denaro, ciascuna con uguali diritti, e se alcune di esse cercassero di espandere il volume del credito circolante mentre altre non modificassero la loro condotta, allora a ogni compensazione bancaria i saldi a vista apparirebbero regolarmente a favore delle banche conservatrici. Di fronte al rimborso delle cambiali e al ritiro dei saldi di cassa, le banche sconsiderate sarebbero costrette a limitare la portata delle loro emissioni [...]. Può darsi che una soluzione definitiva al problema [dell'ingiustificata espansione monetaria] possa essere raggiunta solo attraverso l'istituzione di un sistema bancario completamente libero.


Banche centrali ed espansione monetaria

Tuttavia non era così che si erano sviluppati i sistemi bancari in Europa o in Nord America. È vero che nel diciannovesimo secolo, dopo le precedenti esperienze con le inflazioni causate dagli stati o dalle loro banche centrali, furono stabilite nuove regole in base alle quali molte delle principali banche centrali avrebbero gestito i loro sistemi secondo le regole del gold standard, ciononostante rimasero sistemi monetari monopolistici controllati centralmente.

Gli stati e le loro banche centrali avrebbero periodicamente supervisionato le espansioni dei mezzi fiduciari e l'abbassamento artificiale dei tassi d'interesse attraverso i sistemi bancari sotto il loro controllo. Ciò avrebbe preparato il terreno per i tipi di boom e bust che Wicksell aveva delineato in Interest and Prices. Questa situazione fu esacerbata nel ventesimo secolo quando le banche centrali vennero sollevate dal gold standard dai rispettivi governi, senza più il controllo e la paura di perdere le riserve auree alla base del sistema monetario di un Paese.

L'aspetto aggiuntivo del processo wickselliano, fatto poi evolvere da Mises, era un focus sul modo non neutrale in cui le espansioni monetarie e creditizie distorcevano la struttura dei prezzi e le allocazioni/uso di capitale e lavoro. Un abbassamento artificiale del tasso d'interesse monetario al di sotto del tasso “naturale” fa sì che il denaro e il credito passino prima nelle mani dei mutuatari che utilizzano il nuovo denaro a loro disposizione per intraprendere progetti d'investimento per i quali le quantità di risorse reali per completarli e sostenerli si riveleranno insufficienti nel lungo periodo.

Essi effettuano ordini ai fornitori di beni strumentali e alle imprese di costruzione per avviare o espandere progetti d'investimento e assumono lavoratori per assisterli. Le risorse, il lavoro e il capitale per queste iniziative sono attratti attraverso l'offerta di salari più elevati.

Se questi fattori di produzione venissero, invece, reindirizzati verso quei settori che richiedono più tempo a causa di aumenti nelle preferenze di risparmio delle persone (e quindi una diminuzione implicita delle preferenze per i beni di consumo), l'aumento della domanda di input nella produzione di beni d'investimento sarebbe controbilanciato da una diminuzione della domanda di beni di consumo. Le variazioni nei prezzi relativi e nei salari e le riallocazioni di input da alcune aree del mercato ad altre porterebbero al necessario equilibrio: nel tempo i maggiori risparmi e le attività d'investimento completate porterebbero a un miglioramento e a un aumento delle forniture di beni di consumo che rappresenterebbero la “ricompensa” futura per il consumo posticipato nel presente.


Espansione monetaria e cattiva allocazione delle risorse

Invece le autorità monetarie nel sistema bancario centrale aumentano le riserve di prestito delle banche (acquistando titoli di stato che il governo del Paese emette per coprire la spesa in deficit), il che espande la loro capacità di estendere ulteriori prestiti a mutuatari interessati a tassi d'interesse più bassi.

I mutuatari competono per sottrarre risorse, manodopera e capitale, offrendo prezzi più elevati, dai loro impieghi nei settori dei beni di consumo. Malgrado ciò non ci sono corrispondenti diminuzioni nei prezzi dei beni di consumo o nei prezzi degli input in queste parti del mercato, poiché non c'è stata alcuna diminuzione nella domanda dei consumatori. Si può presumere che coloro che vengono attratti nei settori dei beni d'investimento abbiano le stesse preferenze di consumo-risparmio che avevano prima dei loro nuovi impieghi. Utilizzano i loro redditi più elevati per richiedere le stesse proporzioni di beni di consumo di prima, pertanto i prezzi nei mercati dei beni di consumo e dei fattori complementari aumentano. Questi prezzi e salari più alti nei settori dei beni di consumo dell'economia agiscono come una “calamita” per attrarre lavoratori e risorse dai mercati dei beni d'investimento e riportarli alla produzione di beni di consumo.

Se l'espansione monetaria, con i conseguenti tassi d'interesse più bassi e un maggiore indebitamento per gli investimenti, fosse un atto “una tantum” della banca centrale, i prezzi e i salari nonché gli usi di risorse, lavoro e capitale si ristabilirebbero dopo un breve periodo di tempo in quel modello che riflette le preferenze di base dei percettori di reddito. Dal punto di vista storico, però, le autorità nelle banche centrali, una volta avviata un'espansione monetaria e un abbassamento artificiale dei tassi d'interesse, li portano avanti nel tempo iniettando nuovi fondi nel sistema bancario commerciale.

I prezzi continuano a salire seguendo la sequenza temporale in cui viene introdotto il denaro creato ex novo, speso prima in attività d'investimento, seguito dall'aumento dei redditi degli input e poi dall'aumento della domanda di denaro per beni e servizi di consumo. Si verifica un tiro alla fune con i produttori di beni d'investimento e i produttori di beni di consumo che competono tra loro nel tentativo di tirare i fattori di produzione in una direzione e poi nell'altra.

Se il castello di carte “contorto” deve essere mantenuto indefinitamente, le autorità nelle banche centrali accelereranno il ritmo di espansione monetaria; nella sequenza temporale dell'aumento dei prezzi, le “iniezioni” saranno abbastanza grandi da mantenere i prezzi dei beni di produzione al di sopra dei prezzi dei beni di consumo. Altrimenti se i prezzi dei beni di consumo inizieranno a salire a un ritmo più veloce rispetto ai prezzi dei beni di produzione, i modelli d'investimento indotti dal denaro creato ex novo si riveleranno insostenibili e s'innescherà la fase di recessione del ciclo economico. A meno che le autorità monetarie non consentano all'inflazione di andare completamente fuori controllo, con una conseguente iperinflazione, essa deve essere interrotta o rallentata, punto in cui la recessione non può più essere evitata.


La stabilizzazione del livello dei prezzi ha destabilizzato il processo di mercato

Negli anni '20 la Federal Reserve tentò di mantenere un “livello dei prezzi” stabilizzato in un'economia in crescita, con aumenti di produttività ed efficienze dei costi che altrimenti avrebbero portato a una diminuzione dei prezzi al consumo (avvantaggiando la popolazione con prezzi dei beni inferiori e miglioramenti degli standard di vita). Invece aumentò l'offerta di denaro nel tentativo di contrastare questa benigna deflazione dei prezzi e, di conseguenza, creò un'inflazione dei prezzi mantenendoli più alti di quanto sarebbero stati altrimenti.

Sotto la superficie di un “livello dei prezzi” relativamente stabile, la politica monetaria della banca centrale aveva messo in moto una distorsione e uno squilibrio tra risparmi e investimenti che inevitabilmente dovevano concludersi con una recessione. Ma quest'ultima divenne la Grande depressione solo perché interventi statali di vario genere impedirono al processo di mercato di realizzare un sano riequilibrio tra domanda/offerta e prezzi che avrebbe riportato la piena occupazione senza il disastro economico degli anni '30.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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