lunedì 30 settembre 2024

Creare lavori e migliorare le vite: il ritorno della manifattura statunitense

L'articolo di oggi, per quanto prenda in considerazione un esempio a livello micro, è didattico alla luce della deriva totalitaria che sta avvenendo in Europa. Mi riferisco in particolar modo al piano Draghi per permettere all'UE di sopravvivere alle sfide che sta ponendo il presente e porrà il futuro. Visto che questo Paese non ha affatto una stampa che fa il suo lavoro, dato che dovrebbe inchiodare questo personaggio alle menzogne che ha diffuso durante il suo anno di carica in veste di primo ministro italiano (soprattutto dal punto di vista sanitario), tocca a spazi come quelli del sottoscritto fare le pulci a dichiarazioni e relazioni prodotte da gente del genere. Come imprenditore di sé stesso, Draghi ha avuto enorme successo; la bolla della sua infallibilità è stata gonfiata attraverso il “capitale servile” che impiegato eseguendo gli ordini che provenivano dall'alto. In questo senso è un asset accademico che verrà sfruttato fino in fondo dai tecnocrati europei. Non sorprende, quindi, che quando i nodi vengono al pettine e cadono le maschere, ciò che si vede è il vero volto sia dell'Europa che di questi personaggi alfieri del “liberismo”: promulgatori della libertà a chiacchiere, fautori del socialismo nei fatti. La proposta di un ingigantimento della spesa pubblica comune, come si legge nel link di sopra, è la classica pistola fumante a supporto della mia tesi. Le maschere di libertà di commercio, libertà di circolazione, sobrietà fiscale e tutte le altre bugie che hanno creato il mostro totalitario dell'Unione Europea sono infine cadute. Diversamente dallo spirito americano di libertà d'impresa e libertà individuale a sostegno di una crescita economica sostenibile e duratura, ancora flebilmente presente, lo spirito europeo è marcio fino al midollo e non ha mai avuto intenzione di trasformare in realtà le illusioni di libertà sagacemente spacciate a livello di narrativa ufficiale. Una facciata putrida che adesso deve trovare il modo di ritardare il più possibile il suo inevitabile sfacelo.

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di Maggie Miller

Nel cuore di Riviera Beach, Florida, un'azienda chiamata K12 Print sta ridefinendo il significato di fare impresa in America. Non si tratta solo di profitti e produttività per John DiDonato, amministratore delegato e fondatore. Sebbene il successo finanziario faccia parte dell'equazione, la sua missione è quella di aiutare a far rivivere un pilastro fondamentale dell'economia americana: la manifattura. La visione di DiDonato per K12 Print è radicata nella convinzione che la manifattura possa essere un catalizzatore per il cambiamento, non solo per l'azienda, ma per il Paese e le sue comunità.

C'è un dibattito in corso sul cosiddetto onshoring, specialmente in seguito alla crisi sanitaria, da quando la supply chain globale è stata interrotta. Le aziende lo stanno prendendo in considerazione, ma non vedono la strada da seguire; K12 Print la conosce e la segue investendo nel capitale umano.

“Non si dovrebbe trascurare una zona imprenditoriale”, consiglia DiDonato, “per i benefici fiscali che si potrebbero trovare, ma soprattutto per la comunità, una affamata di opportunità”.

Aprire un'attività in una zona industriale non è stata solo una decisione aziendale per DiDonato, è stata una mossa strategica per dare nuova vita alla produzione americana e, per estensione, alla comunità locale di Riviera Beach. Ha visto il potenziale nell'istituire una base manifatturiera dove era più necessaria, offrendo lavoro e formazione ai residenti e rivitalizzando l'economia locale.

“Pensavo che, crescendo, l'azienda avrebbe potuto cambiare la città”.

Per DiDonato il declino della produzione manifatturiera americana non è solo un problema economico, è un problema sociale. Crede che la delocalizzazione dei lavori manifatturieri abbia eroso le fondamenta della classe media americana e limitato le opportunità per molti giovani, in particolare quelli nei centri urbani. Secondo DiDonato la produzione manifatturiera è fondamentale per creare ricchezza e mantenere un'economia sana.

“La produzione manifatturiera è l'unica cosa che crea ricchezza. Per avere un'economia sana, c'è bisogno di una solida base manifatturiera. Abbiamo esternalizzato talmente tanto la nostra che sta influenzando l'economia in generale e le opportunità disponibili per i giovani, specialmente nei centri urbani”.

DiDonato indica Paesi come la Cina che si sono concentrati molto sulle competenze manifatturiere e commerciali, con conseguente rapida crescita economica e opportunità di lavoro. Gli Stati Uniti, d'altro canto, hanno assistito a un declino nel loro settore manifatturiero. Secondo l'US Joint Economic Committee da gennaio 2000 gli Stati Uniti hanno perso oltre un quarto di tutti i posti di lavoro manifatturieri nazionali, un calo di oltre 4,7 milioni. DiDonato ritiene che questo sia un fattore importante nelle sfide economiche affrontate da molte comunità americane oggi.

“Quando ero giovane ho imparato a fare le cose realizzandole. Non è qualcosa che si può insegnare in classe. Se continuiamo a delocalizzare la nostra produzione, non solo i posti di lavoro se ne vanno, ma anche la tecnologia e l'innovazione. Dobbiamo riportare la produzione in America in modo che i nostri figli possano essere in prima linea nel creare e costruire cose nuove”.

La filosofia aziendale di K12 Print è radicata nella passione per la redenzione e nella consapevolezza che gli errori fanno parte della vita. Il comproprietario di DiDonato, Jim Wahlberg, ha sentito su di sé gli effetti della redenzione e cerca modi per offrire la stessa esperienza agli altri: “Siamo tutti soggetti alla redenzione. Ci vogliono amore, misericordia e determinazione per fare tutto il necessario e continuare ad andare avanti”.

“Ci sono circostanze negative, ma non ci sono cattivi. La maggior parte dei nostri figli in America ha solo bisogno di un'opportunità”, ha detto DiDonato.

Ritiene inoltre che ci sia un posto prezioso per le competenze pratiche nell'economia moderna. Mentre le aziende in tutto il Paese hanno lottato per riempire i posti vacanti, K12 Print ha trovato il successo pensando fuori dagli schemi: la chiave sta nell'offrire una formazione pratica che prepari i dipendenti alle esigenze del lavoro manifatturiero, indipendentemente dal loro background educativo.

Questo approccio si estende anche a quelle persone con precedenti penali. DiDonato crede nel dare alle persone che hanno scontato la loro pena una seconda possibilità e ricostruire le loro vite. Non crede che le conseguenze degli errori passati debbano perseguitare qualcuno per sempre, a patto che sia disposto a lavorare sodo e a cogliere le opportunità che gli vengono date.

Angel Peña, dipendente di lunga data di K12 Print, è una testimonianza di questa filosofia. Per Peña, K12 Print è stato più di un semplice lavoro: è stata una seconda possibilità di vita. “Ero un ragazzino testardo, sono cresciuto nel sistema di affidamento e ho preso decisioni sbagliate. Molte persone mi hanno chiuso le porte, perché ero un criminale. K12 Print invece mi ha guardato come si guarda una persona qualsiasi, non solo come il mio passato. Mi hanno dato speranza e un futuro”.

Ci sono molti modi per investire nella comunità e K12 Print ritiene che l'investimento debba andare oltre l'attuale forza lavoro. Si impegna a rompere il ciclo della povertà investendo nei giovani svantaggiati. DiDonato prende una parte dei profitti dell'azienda e li reindirizza in iniziative locali, come il Boys and Girls Club, fornendo risorse di trasporto e tecnologia per aiutare i giovani della comunità. Questo investimento fa parte della sua strategia più ampia per creare un ambiente più inclusivo e di supporto per le generazioni future.

“Investendo nuovamente nella comunità, non stiamo solo aiutando le singole persone; stiamo aiutando a costruire una società più pacifica e di maggior successo. Se riusciamo a raggiungere più dirigenti che arrivano a pensarla come noi, allora potremo davvero fare la differenza. È importante che i nostri leader capiscano che i giovani, specialmente quelli nei centri urbani, non sono cattivi, hanno solo bisogno di opportunità e di persone a cui importa di loro”.

La visione di DiDonato per K12 Print è di speranza e azione pratica. Avviando la sua attività a Riviera Beach e concentrandosi sui talenti locali, non sta solo facendo funzionare le cose in America, ma le sta rendendo importanti. Questo è ciò che significa Made in America.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 27 settembre 2024

I cambiamenti nella curva dei rendimenti offrono segnali agli azionisti — Parte #1

 

 

di Michael Lebowitz

Il livello dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA e la relativa forma mutevole della curva dei rendimenti forniscono agli investitori un feedback importante in merito alle aspettative del mercato per quanto riguarda crescita economica, inflazione e politica monetaria. Di recente i rendimenti a breve e lungo termine sono scesi, con le scadenze a breve termine in testa. I cambiamenti determinano quello che i trader obbligazionari chiamano uno spostamento della curva dei rendimenti in bull steepening. Lo spostamento è dovuto all'indebolimento delle condizioni economiche, alla moderazione dell'inflazione e alla crescente probabilità che la FED continui ad abbassare i tassi.

La curva dei rendimenti è un indicatore essenziale che gli investitori obbligazionari seguono attentamente, mentre invece molti investitori azionari non la seguono nonostante l'importanza dei rendimenti obbligazionari rispetto a quelli azionari. In questa serie in due parti iniziamo con una discussione introduttiva sui quattro tipi di spostamenti della curva dei rendimenti e su cosa comportano da una prospettiva economica e di inflazione.

Nella seconda parte forniremo una prospettiva quantitativa su cosa potrebbe significare un continuo rialzo dei prezzi per i rendimenti dei principali indici azionari, insieme a vari settori e fattori.


Cronologia della curva dei rendimenti

Il grafico qui sotto riporta i rendimenti del decennale e del biennale statunitensi e la differenza tra i due titoli. Quest'ultima è chiamata differenziale 10/2 anni. Come avrete notato, la curva dei rendimenti ha un andamento ripetitivo che è correlato al ciclo economico.

In genere la curva dei rendimenti si inclina rapidamente verso l'alto (la differenza tra i rendimenti a 10 anni e a 2 anni aumenta) dopo una recessione. Durante la maggior parte delle espansioni economiche la curva si appiattisce (la differenza diminuisce). La curva dei rendimenti spesso si inverte (il rendimento a 10 anni è inferiore a quello a 2 anni) verso la fine dell'espansione.

Uno degli indicatori di recessione più accurati si verifica quando una curva dei rendimenti invertita si inclina, riportandola in territorio positivo. Infine la curva dei rendimenti sale rapidamente quando la FED abbassa i tassi per stimolare l'attività economica e combattere una recessione.


Il nascente Bull steepening

Il recente indebolimento riguardo dati sul lavoro e attività economica, insieme alla moderazione dell'inflazione, hanno convinto i mercati che la FED intraprenderà una serie di tagli dei tassi a partire da settembre. Inoltre Jerome Powell ha praticamente dato loro il via libera, stando al suo discorso a Jackson Hole: È giunto il momento che la politica si adegui. La direzione di marcia è chiara e i tempi e il ritmo dei tagli dei tassi dipenderanno dai dati in entrata, dalle prospettive in evoluzione e dall'equilibrio dei rischi”.

I rendimenti obbligazionari sono in calo, con quelli a breve termine che sono scesi di più. È difficile vederlo nel grafico sopra, ma il recente rally nel mercato obbligazionario ha causato la salita della curva dei rendimenti (azzurro chiaro) da -46 punti base a metà giugno a -1 oggi. Ora è sul punto di uscita dall'inversione e di conseguenza vicina a inviare un avviso di recessione.

Questo tipo di movimento nei rendimenti obbligazionari a lungo e breve termine è comunemente definito bull steepening. Le parole bull o bullish si riferiscono al fatto che i rendimenti obbligazionari stanno calando e, di conseguenza, i prezzi delle obbligazioni stanno salendo. Steepening si riferisce alla forma della curva dei rendimenti, in inclinazione verso l'alto, sebbene sia ancora negativa.

Nella seconda parte di questa serie valuteremo i precedenti cicli di bull steepening e quantificheremo cosa hanno significato per i rendimenti azionari. Tuttavia, per familiarizzarvi meglio con le curve dei rendimenti, vale la pena discutere i quattro principali tipi di spostamenti della curva dei rendimenti e cosa spesso presagiscono.


Bull steepening

Un bull o bullish steepening si verifica quando tutti i rendimenti scendono, ma le scadenze più brevi scendono più di quelle più a lungo termine. Nel nostro esempio ipotetico di seguito, il biennale scende dal 3,35% all'1,50%, mentre i decennali scendono dal 3,80% al 2,80%. Di conseguenza la curva dei rendimenti si inclina dello 0,85%.

Nella maggior parte dei casi un bull steepening trade deriva da trader che prevedono una politica monetaria più accomodante a causa di una pronunciata debolezza economica e di una crescente probabilità di recessione. Dato che le obbligazioni a scadenza più breve sono più correlate al tasso di riferimento della banca centrale rispetto alle obbligazioni a scadenza più lunga, ha senso che scendano più rapidamente quando emergono tali aspettative.

Il recente bull steepening è stato da manuale. Il tasso di disoccupazione è salito dal 3,7% al 4,3% quest'anno e, in generale, molti indicatori economici indicano una crescita più lenta. Inoltre l'inflazione sembra essere di nuovo in calo, dando alla FED maggiore sicurezza nell'abbassare i tassi. Powell a Jackson Hole: Sono sempre più convinto che l'inflazione sia sulla strada giusta per tornare al 2%.


Bear steepening

Come suggerisce il nome bear steepening, i rendimenti per le scadenze a breve e lungo termine salgono, con questi ultimi, però, che salgono più dei primi. Nel grafico qui sotto il rendimento del titolo obbligazionario a due anni aumenta dal 3,35% al ​​4,10% e quello a dieci anni sale dal 3,80% al 5,10%. Il risultato è uno spostamento verso l'alto della curva dei rendimenti dallo 0,45% all'1,00%.

Nel 2020 e nel 2021 la curva dei rendimenti si è spostata in questo modo. All'epoca la FED ha abbassato i tassi a zero e ha fatto enormi QE. I rendimenti obbligazionari hanno iniziato a salire in previsione di una ripresa dell'attività economica e delle crescenti preoccupazioni inflazionistiche dovute a massicci stimoli fiscali e monetari. I rendimenti a breve termine non si sono mossi quanto quelli a lungo termine. Ciò è accaduto perché la FED si è impegnata a mantenere il tasso di riferimento molto basso per combattere la crisi sanitaria.

Verso la fine del 2023 il bear steepening si è ripresentato poiché l'economia ha continuato a correre al di sopra del suo ritmo naturale nonostante il tasso di riferimento al 5%. I tassi d'interesse più alti non stavano influenzando l'economia e l'inflazione aveva smesso di scendere. Il mercato ha pensato che la FED avrebbe dovuto rialzare ulteriormente i tassi. Tuttavia la domanda di investimenti nel mercato monetario era insaziabile a causa dei grossi saldi di cassa e del mercato monetario, cosa ha contribuito a tenere sotto controllo i tassi a breve termine. All'estremità destra della curva gli investitori sono stati costretti ad assorbire una sostanziale emissione di debito del Tesoro statunitense, di conseguenza hanno richiesto un rendimento extra. Questo è definito un premio a termine crescente.


Bull flattening

Un bull flattening comporta un calo dei rendimenti obbligazionari a breve e lungo termine, con questi ultimi che scendono di più. Il grafico qui sotto mostra i rendimenti a due anni in calo dello 0,70% e i rendimenti a dieci anni in calo dell'1,00%. Il risultato è un appiattimento della curva dello 0,30%.

I bull flattening tendono a essere il risultato di un relativo ottimismo economico. Il mercato è incoraggiato perché è probabile che l'inflazione scenda, ma non è eccessivamente preoccupato che un'inflazione più bassa sia dovuta a una domanda in calo. Pertanto gli investitori non si aspettano molto per quanto riguarda i tagli dei tassi da parte della FED.

Al contrario il mercato potrebbe essere preoccupato per l'economia, ma se il tasso di riferimento è a zero o quasi, non c'è spazio affinché la parte sinistra della curva dei rendimenti scenda. Il 2016 è un buon esempio. Il tasso di riferimento della FED era già a zero e l'economia si stava indebolendo, con l'inflazione che rimaneva al di sotto dell'obiettivo al 2%. Le obbligazioni a lungo termine si sono mosse al ribasso insieme all'inflazione e alle prospettive economiche, ma le obbligazioni a breve termine sono rimaste bloccate dato che la FED che non voleva abbassare i tassi al di sotto dello zero.

Il grafico qui sotto, per gentile concessione di Deutsche Bank, mostra che il valore in dollari delle obbligazioni globali a rendimento negativo era aumentato notevolmente nel 2016. Nonostante le tendenze internazionali, i rendimenti statunitensi sono rimasti ampiamente sopra lo zero percento.


Bear flattening

In un bear-flattening i rendimenti salgono lungo tutta la curva, con le scadenze più brevi che salgono di più. Il biennale sale dal 3,35% al ​​4,40% nel grafico qui sotto; il decennale sale dal 3,80% al 4,20%. Nel processo la curva si appiattisce e si inverte dallo 0,45% allo -0,20%.


Riepilogo

Ora è giunto il momento di concentrarsi sullo spostamento  in atto della curva dei rendimenti.

Cosa potrebbe significare un bull steepening per vari indici azionari, settori e fattori?

Ecco un suggerimento: il mercato azionario sembra amare l'idea che la FED abbassi i tassi, ma quando accade il risultato non è spesso amichevole per gli investitori azionari.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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👉 Qui il link alla Seconda Parte:


giovedì 26 settembre 2024

Bitcoin e l'enigma energetico del futuro

 

 

di Mike Hobart

Se il commercio è considerato la linfa vitale di un'economia, allora sicuramente l'energia è l'essenza della vita stessa. Senza energia il commercio non ha fondamenta su cui reggersi. Ciononostante alcuni sembrano intenzionati a diminuire la capacità del mondo di generare questa stessa essenza vitale, mentre altri si stanno svegliando e affrontando la cosa.


Tante grazie ai criteri ESG per i guai scatenati

Il 7 agosto dell'anno scorso l'agenzia di rating S&P Global ha annunciato che non avrebbe più utilizzato i criteri ESG per determinare la qualità del credito delle società quotate. Un portavoce di S&P Global ha anche affermato (citato da Bloomberg) che la loro decisione di “non fare più affidamento sui criteri ESG nei rating del credito” non influirà sulle filosofie dell'azienda verso gli obiettivi ESG, o sul modo in cui l'organizzazione valuta l'affidabilità creditizia di un'azienda.

Tutto questo è avvenuto dopo anni di campagne di pubbliche relazioni contro petrolio e gas, con sforzi concertati per tentare di ostacolarne le operazioni di produzione e lavorazione. Solo il tempo ci dirà a cosa porterà questa svolta nei confronti dei criteri ESG e della mania per le emissioni e il loro impatto sul cambiamento climatico.

C'è una cosa che non posso fare a meno di dirvi...

È incredibile quanto non si possa non vedere l'irrazionalità di una cosa, ignorando dati e logica, finché il fallimento e i guai non ci guardano in faccia. Se c'è un lato positivo in tutta questa storia è che ci stiamo ancora aggrappando alla nostra umanità. Questa capacità di fare errori grossolani, che producono conseguenze disastrose, dimostra che (almeno finora) non ci siamo ancora trasformati in cyborg.

Ora non solo dobbiamo annullare tutti i danni che sono stati inflitti al petrolio e al gas nella discussione pubblica, ma dobbiamo anche spiegare quanto siano importanti gli idrocarburi per la produzione di energie rinnovabili e perché una carenza di oro nero è un male per tutti e ha impatti significativi su tutte le forme di energia.


Acque agitate per petrolio e nucleare

Ciò che davvero conferma questo punto è la relazione di Goehring & Rozencwajg del 31 maggio 2023. La produzione di petrolio convenzionale non-OPEC è notevolmente diminuita, mentre la produzione non convenzionale non-OPEC (che sostanzialmente significa US Shale) si è bloccata. Il problema è che, secondo Goehring & Rozencwajg, il bacino del Permiano ha rappresentato il 75% di tutta la crescita dell'offerta non convenzionale sin dal 2016: dei 7,4 milioni di barili al giorno il Permiano ne ha forniti 5,4.

“Beh, Mike, questo vale solo per la produzione non-OPEC. Stai facendo sembrare che sia tutto un disastro, ci sono ancora i produttori OPEC”. Sì, avete ragione. Tuttavia Goehring & Rozencwajg sono dell'opinione che la produzione OPEC sia diventata negativa, un'opinione che ho sentito da più fonti diverse e che condivido (prendetela con le pinze). Questo ci fornisce due motivi per essere preoccupati riguardo i numeri della produzione:

  1. Se la maggior parte della crescita dell'offerta globale è dovuta all'espansione nel Permiano, e ora è passata, ciò suggerisce che domanda e offerta continueranno a invertirsi. Come spiegano Goehring & Rozencwajg, si prevedeva che la domanda di petrolio sarebbe diminuita dopo il 2019 e invece è tornata a ruggire con violenza. E questa non è solo una situazione di “ritorno alla normalità”, la domanda continua a espandersi e ciò significa che i prezzi dell'energia dovrebbero esplodere in uno scenario del genere, portandosi dietro anche i costi di tutto il resto. Ergo: il ritorno dell'inflazione. Preparatevi.

  2. Se la crescita dell'offerta si blocca solo sul lato non-OPEC dell'equazione, ciò metterà l'America in una situazione non proprio simpatica. La nostra produzione di petrolio ci ha dato autosufficienza e se non fossimo più in grado di ampliare l'accesso alla nostra fornitura di petrolio, ciò ci azzopperebbe come nazione. E se capite qualcosa di politica (e commercio) ogni vantaggio a vostra disposizione è cruciale quando le cose arrivano al tavolo delle trattative. Per fortuna gli Stati Uniti hanno ancora bacini su cui appoggiarsi tra California, Alaska, Louisiana, ecc. Tuttavia questi sono molto più piccoli di quelli in Texas e tutti insieme suggeriscono, secondo i miei calcoli approssimativi, circa 20-25 miliardi di barili di produzione potenziale.

Questa considerazioni hanno implicazioni su tutto, ma non solo sui prezzi di beni come il cibo o la benzina alla pompa, anche sull'espansione di tutte le fonti energetiche, sia rinnovabili che di idrocarburi. I pannelli solari e le turbine eoliche richiedono input di idrocarburi, per non parlare delle loro batterie. Lo stesso vale per la produzione di infrastrutture di trasmissione, ovvero ciò che porta l'elettricità alle nostre case e alle nostre aziende. Ciò complica ulteriormente il dibattito sulla diversificazione delle fonti energetiche, poiché l'eolico e il solare hanno un problema: producono le loro maggiori quantità di energia al di fuori della finestra di picco della domanda. Questa domanda in genere si riversa tra le 14:00 e le 20:00, quando le famiglie e gli individui tornano a casa a fine giornata e accendono i sistemi di aria condizionata centralizzati, le TV, i computer, i dispositivi di ricarica, i videogiochi e vari elettrodomestici.

Anche il nucleare non esce da questa conversazione senza subire qualche colpo. I reattori richiedono un investimento iniziale significativo, non solo in capitale ma anche in terra e acqua. Sebbene i reattori possano non richiedere quasi la stessa quantità di spazio delle loro controparti solari ed eoliche, è comunque preferibile costruirli vicino a fonti d'acqua: la produzione di energia non deriva dalle radiazioni delle barre di combustibile stesse, ma le radiazioni riscaldano l'acqua e generano vapore, cosa che fa girare le pale delle turbine ed esse generano l'elettricità. Oh, e quell'acqua aiuta con la dissipazione del calore. Quindi sì, vorrete un lago o un fiume nelle vicinanze per quel reattore... e costruire un bacino artificiale è un'impresa che la maggior parte preferirebbe evitare.


Entra in scena il mining di Bitcoin

È qui che entra in gioco Bitcoin. I reattori nucleari possono essere limitati nella fattibilità del progetto, poiché le loro posizioni possono essere piuttosto distanti da comunità e città. Ciò significa che tali operazioni richiederebbero significativi investimenti nelle infrastrutture di trasmissione per “collegarsi” alla rete e fornire energia. Ciò significa anche che potrebbe volerci del tempo e che potrebbero essere investite molte centinaia di milioni di dollari prima che il progetto sia in grado di generare un ritorno, se l'ambiente ideale non è disponibile.

I miner di Bitcoin sono in una posizione unica per questa precisa situazione. Mentre un progetto di reattore è in attesa che l'infrastruttura di trasmissione sia completata e connessa, si potrebbe collaborare con i miner per “trasferire” e aumentare le loro operazioni fornendo una domanda praticamente immediata. Ancora meglio, la generazione nucleare è costante e la domanda di energia del mining di Bitcoin è costante, quando le operazioni sono gestite correttamente e le attrezzature sono sottoposte a manutenzione sono richiesti pochissimi tempi di inattività da entrambe le parti di questa equazione.

Ciò fornisce una via per una rapida monetizzazione dei progetti nucleari futuri. Le cose migliorano ancora di più quando la rete viene collegata direttamente a chi genera l'energia; i miner possono essere selezionati come partner che forniscono una domanda costante e fungono da bilanciatori di carico (come hanno fatto Riot e Marathon in Texas). I miner sono nell'effettivo mercenari della domanda di energia.

CleanSpark (CLSK) è un ottimo esempio del successo per un progetto nucleare già avviato che incorpora il mining di Bitcoin come potenziamento del servizio. Di recente il team di CLSK ha rilasciato una relazione sui guadagni, vantando grandi rendimenti sulla produzione dell'asset Bitcoin, e sul suo progetto di espansione che si tradurrà in un ampliamento del 77% dell'hashrate portandolo (prevedibilmente) a 16 EH/s.

Per coloro che non sono esperti nella terminologia del mining, “hashrate” si riferisce al numero di tentativi che una macchina per il mining esegue affinchè riesca a scoprire la soluzione necessaria per minare il blocco corrente. La stragrande maggioranza dei miner utilizza pool di mining, un servizio che consente a un numero qualsiasi di organizzazioni o individui di dedicare le proprie risorse (hashrate) per coordinare gli sforzi e minare il blocco successivo. Poiché questi servizi aggregano tanto hashrate e la probabilità di ricevere la “ricompensa” è maggiore rispetto al lavoro puramente individuale, tali pool funzionano dividendo i rendimenti in base alla % di lavoro svolto da ciascun partecipante. Si tratta di un flusso di reddito relativamente costante per i miner collegati a queste pool.

Un altro aspetto interessante dell'ultima conferenza stampa di CleanSpark sono stati i numeri riportati sui costi energetici totali, i quali ammontano a soli $0,041 kWh, ovvero una riduzione dell'11% rispetto al trimestre precedente. CLSK attribuisce questa riduzione dei costi alla sua “strategia di gestione attiva dell'energia”. Non so cosa potrebbe essere in termini tecnici, ma immagino che sia una strategia che bilancia il carico per le città in cui opera. Essa ridurrebbe il costo dell'energia non consumando durante le ore di punta della domanda, consentendo anche di ridurre i prezzi dell'energia per la comunità durante tali periodi.

CleanSpark è arrivata persino a migliorare ulteriormente la qualità della vita della comunità con cui ha stretto una partnership in Georgia. Matt Schultz, vice presidente di CleanSpark, ha detto che il budget di Washington, Georgia è aumentato da $16 milioni a $30 milioni basandosi esclusivamente sulle attività commerciali di CleanSpark.


Mining eolico e solare

C'è poco che si può dire in questo contesto. Queste fonti di energia sono in grado di trarre vantaggio dall'incorporazione del mining di Bitcoin in un modo molto simile al nucleare. La differenza è che, piuttosto che rispondere strettamente alla domanda, queste energie rinnovabili devono essere in grado di generare entrate al di fuori della finestra di picco della domanda. Quando la vostra finestra di picco della domanda non corrisponde a quella richiesta in generale, è necessario reperire strategie aggiuntive per generare entrate e coprire il delta. Il mining di Bitcoin copre questo delta e può andare offline in risposta a qualsiasi richiesta da parte della rete, consentendo alle operazioni eoliche e solari di continuare a generare entrate al di fuori della finestra di picco della domanda.


Conclusione

Dobbiamo affrontare i fatti qui: il mondo sta cambiando e ci stiamo dirigendo verso una serie di difficoltà e complicazioni che richiederanno un aggiornamento degli incentivi all'energia. Credo che il mining di Bitcoin ci possa aiutare in modi che cambieranno l'America e il mondo in meglio. Esso fornisce una strategia di monetizzazione per tutte le forme di generazione di energia, inclusi petrolio e gas. Non mi interessa se vi definite un “bitcoiner”, non mi sono mai interessato di tribalismo o dogmi. Ciò che mi interessa è il progresso sociale e la spinta verso un futuro di energia economica e abbondante.

È un mondo che mi è stato promesso da bambino ed è un mondo che merita di essere realizzato. Potrebbe non essere una soluzione “perfetta” ai vostri occhi, ma è una soluzione migliore rispetto a tutto ciò che viene offerto al momento.

Con questa strategia si genera più energia, si migliorano le condizioni del mondo e si fanno anche un po' di soldi nel frattempo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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mercoledì 25 settembre 2024

La madre di tutte le bolle immobiliari

 

 

di David Stockman

I dati sui prezzi delle case hanno gridato: “Ma quale raffreddamento dell'inflazione?” L'indice Case-Schiller di giugno ha raggiunto il massimo storico e è salito del +6,5% rispetto all'anno scorso, mentre il salario medio è aumentato di circa la metà, al +3,7% su base annua.

Tuttavia il periodo annuale fino a giugno è stato solo l'ultimo inning di una partita che i lavoratori dipendenti stanno perdendo da diversi decenni. Ciò è dovuto alle linee di politica della banca centrale che gonfiano gli asset a tassi molto più rapidi del prezzo dei salari, dei beni e dei servizi quotidiani.

I burocrati non sanno nemmeno quanto velocemente stiano aumentando i prezzi delle case, perché si rifiutano ostinatamente di dare credito ai dati del settore privato sui prezzi delle case residenziali. Ma come mostrato dalla linea viola nel grafico qui sotto, la quale raffigura l'indice Zillow dei prezzi delle case (che comprende residenze unifamiliari, condomini e cooperative), il prezzo medio negli Stati Uniti è aumentato da $124.000 a gennaio 2000 a $362.500 a luglio 2024.

Si tratta di un aumento del 194%. Durante lo stesso periodo di 24 anni, l'indice dei prezzi al consumo per gli immobili è aumentato solo del 110% e la versione del deflatore PCE dei prezzi degli immobili è aumentata ancora di meno. In breve, i prezzi delle case nel mondo reale sono aumentati di 2 volte il livello rappresentato dai “dati in entrata” per i quali sbavano gli idioti nell'Eccles Building.

Naturalmente a Wall Street diranno che in questo modo si mescolano le mele con le arance: prezzi degli asset contro costi dei servizi di affitto. Ma in un lasso di tempo di 24 anni non così tanto, questo perché a lungo termine gli affitti riflettono il valore attuale scontato dei flussi di reddito da locazione meno i costi operativi.

Di conseguenza il fatto che la linea blu (prezzo degli immobili nell'IPC) sia aumentata di appena la metà del prezzo dell'asset indicizzato da Zillow (linea viola) suggerisce che il BLS è all'opera coi suoi soliti magheggi: sosttostimare i prezzi del mondo reale.

Infatti l'indice OER (owners' equivalent rent) nell'IPC è a dir poco assurdo. Si basa su un sondaggio condotto su alcune migliaia di proprietari di case a cui viene chiesto a quanto affitterebbero il loro castello se, presumibilmente, decidessero di piantare una tenda sul marciapiede e diventare palazzinari.

Esiste un semplice test per dimostrare l'assurdità del bias riguardo allo sgonfiamento dell'inflazione dei prezzi: basta prendere il tasso dei mutui trentennali e l'indice Zillow negli ultimi 24 anni, supponendo un acquisto standard con un saldo immediato del 20% del costo della casa. I costi annuali del mutuo vengono quindi confrontati con il valore annuo del salario medio di un operaio (linea blu).

Poiché quest'ultimo è aumentato solo del 119% negli ultimi 24 anni, è evidente che la linea di politica pro-inflazione della banca centrale è tutt'altro che imparziale. Il salario medio annuo, l'indice Zillow Home e il tasso del mutuo trentennale a gennaio 2000 erano rispettivamente $124.000, $24.600 e 8,23%; a luglio 2024 questi valori erano rispettivamente $52.830, $363.000 e 6,78%.

Se si ipotizza un rapporto prestito/valore dell'80% in entrambi i casi, si ottiene quanto segue:

• Gennaio 2000: costo annuo del mutuo $2.990, pari al 12% dello stipendio medio annuo.

• Luglio 2024: costo annuo del mutuo $19.925, ovvero il 38% dello stipendio medio annuo.

Proprio così. La tanto decantata linea di politica pro-inflazione al 2,00% all'anno era un'illusione. Il proprietario medio si è visto consegnare la sua testa finanziaria in un cesto, poiché il costo degli interessi di un mutuo standard su una casa a prezzo medio è passato da un ottavo del suo stipendio lordo a quasi due quinti.

Indice Zillow dei prezzi delle case, salari medi e prezzi degli immobili nell'IPC, dal 2000 al 2024

La presunta frizzantezza dell'economia americana, poi, raggiungerà presto un altro traguardo: $50.000 miliardi per quanto riguarda il valore di mercato degli immobili residenziali occupati dai proprietari. Al momento questa cifra (linea viola nel grafico qui sotto) è di $46.000 miliardi (primo trimestre 2024), quasi il doppio del suo livello pre-crisi ($24.000 miliardi) nel quarto trimestre 2006. È anche 8 volte il suo livello di quando Greenspan prese il timone della FED ($5.600 miliardi) nel secondo trimestre 1987 e un sorprendente 51 volte ($900 miliardi) di quando Nickson fece il suo annuncio a Camp David nell'agosto 1971.

Inutile dire che né i redditi delle famiglie, né l'economia statunitense nel suo complesso sono cresciuti a livelli simili. Ad esempio, il PIL nominale è aumentato di 24 volte dal secondo trimestre del 1971, ovvero meno della metà rispetto all'aumento dei valori immobiliari. Di conseguenza il valore delle abitazioni occupate dai proprietari rispetto al PIL è aumentato costantemente negli ultimi 50 anni.

Valore di mercato degli immobili occupati dai proprietari in % del PIL dal 1971:

• Secondo trimestre 1971: 79%

• Secondo trimestre 1987: 117%

• Quarto trimestre 2006: 172%

• Primo trimestre 2024: 175%

Valore di mercato degli immobili occupati dai proprietari e % del PIL, dal 1970 al 2024

Ecco il punto: l'economia statunitense era decisamente sana nel 1971. Durante i 18 anni tra il 1953 e il 1971 il reddito familiare mediano reale è aumentato da $38.400 a $62.700, o di un robusto 2,8% annuo. Quindi il fatto che l'edilizia residenziale rappresentasse solo il 79% del PIL all'epoca non era indicativo di una grave carenza o di un malfunzionamento strutturale dell'economia statunitense.

Infatti quando si nota che il reddito familiare mediano reale è aumentato solo dello 0,8% annuo durante il più recente periodo di 18 anni, o solo del 29% rispetto al tasso 1953-1971, si potrebbe concludere che sarebbe stato saggio lasciare le cose come stavano. Non solo l'economia di Main Street prosperava, ma lo stava facendo con tassi d'interesse onesti grazie alla linea di politica della FED che era vincolata dal gold exchange standard di Breton Woods e anche dalla filosofia del denaro sano/onesto che prevaleva nell'Eccles Building durante l'era di William McChesney Martin.

Come mostrato di seguito, il tasso di riferimento del decennale statunitense durante il lasso di tempo sopraccitato superava il tasso d'inflazione IPC di oltre 200 punti base, fatta eccezione per i brevi periodi di recessione. Tuttavia l'economia statunitense prosperava, gli standard di vita reali aumentavano costantemente e il mercato immobiliare residenziale era letteralmente in boom.

Rendimento aggiustato all'inflazione dei titoli del Tesoro USA a 10 anni, dal 1953 al 1971

Il periodo successivo tra il 1971 e il 1987 fu scosso prima dall'inflazione a due cifre degli anni '70 e poi dai tassi d'interesse nominali brutalmente elevati che derivarono dalla Cura Volcker durante la prima metà degli anni '80. Ma nel 1986 l'inflazione al consumo era tornata sotto il 2% e si stava dirigendo ancora più in basso, aprendo così la strada alla normalizzazione dei tassi d'interesse in un'economia a bassa inflazione.

Ma il nuovo presidente della FED, Alan Greenspan, aveva altro in mente: l'idea che la “disinflazione” in contrapposizione alla non inflazione fosse un'opzione migliore per il governo federale e anche che la FED potesse migliorare la performance dell'economia di Main Street tramite quella che lui chiamava la dottrina del cosiddetto “effetto ricchezza”. Se la FED avesse mantenuto Wall Street felice e gli indici azionari in forte crescita, la maggiore ricchezza tra le famiglie avrebbe acceso gli spiriti animali capitalisti, alimentando così una maggiore spesa, investimenti, crescita, posti di lavoro e redditi.

Nonostante il messaggio opaco di Greenspan, quello che stava facendo in realtà equivaleva a una bufala monetaria. Iniziò un'era in cui i tassi d'interesse reali sarebbero stati spinti costantemente e artificialmente più in basso fino allo zero e al di sotto, sulla base della teoria che tassi ben al di sotto di quelli che sarebbero prevalsi in condizioni di domanda e offerta oneste avrebbero suscitato un livello maggiore di crescita economica e prosperità.

Naturalmente non è andata così, perché tassi d'interesse inferiori al mercato causano solo un accumulo di debito superiore alla norma sia nel settore pubblico che in quello privato, insieme a distorsioni economiche e investimenti improduttivi, speculazioni insostenibili a Wall Street e, nella migliore delle ipotesi, lo scambio di una maggiore attività economica oggi con una riduzione della stessa e un maggiore servizio del debito domani.

Il tasso del decennale statunitense aggiustato all'inflazione ha marciato in discesa per i successivi tre decenni, finendo in territorio fortemente negativo all'inizio degli anni 2020. Gli effetti negativi sono stati diffusi in tutta l'economia e in questo caso turbo-alimentati dalle profonde preferenze fiscali per i mutui immobiliari. Quindi l'afflusso di debito a basso costo nel mercato immobiliare residenziale è stato massiccio e sostenuto.

Non c'è mistero sul perché: la legge economica dice che quando si sovvenziona qualcosa in modo consistente, se ne ottiene di più. E i sussidi impliciti della FED raffigurati nel grafico qui sotto erano davvero ingenti.

Rendimento aggiustato all'inflazione del tasso del decennale statunitense, dal 1987 al 2024

Inutile dire che la legge economica ha avuto la meglio sul mercato dei mutui residenziali. Il debito ipotecario delle famiglie (linea nera) era pari a $325 miliardi, ovvero appena il 50% del reddito familiare (linea viola) nel 1971. Ma al culmine della corsa ai prestiti subprime nel 2008-2009, il debito ipotecario era aumentato di 33 volte, arrivando a quasi $11.000 miliardi.

Di conseguenza l'onere del debito ipotecario è salito al 170% del reddito familiare prima di diminuire modestamente sin dal 2009. Ma il punto è che la severa repressione dei tassi d'interesse durante suddetto periodo ha causato una corsa agli armamenti finanziari nel mercato immobiliare residenziale, con un debito sempre maggiore che ha spinto i prezzi delle case sempre più in alto.

In breve, non è stato il libero mercato o il PIL in costante crescita a far passare i valori delle abitazioni residenziali dal 79% del PIL nel 1971 al 175% del PIL attuale. Al contrario, è stata un'ondata di inflazione dei prezzi delle case alimentata dal credito fiat, un torrente finanziario che ha regalato grandi guadagni inaspettati agli acquirenti del periodo precedente (es. i baby boomer) mentre ha progressivamente escluso i nuovi arrivati ​​e le famiglie con problemi di reddito e di credito dal cosiddetto sogno americano.

Infatti lo tsunami dell'inflazione immobiliare non è stato affatto un benefattore per la classe media. Uno studio basato sui sondaggi periodici della FED sulle finanze dei consumatori ha mostrato che tra il 2010 e il 2020 le famiglie con redditi elevati, definite come quelle con un reddito medio di $180.000, hanno visto i loro investimenti immobiliari aumentare da $4.500 miliardi a $10.300 miliardi. Si è trattato di un aumento del 130% in appena un decennio!

Al contrario, il valore degli investimenti immobiliari detenuti dalle famiglie a basso reddito, definite come aventi un reddito medio di $29.000, è salito da $4.460 miliardi a $4.790 miliardi. Si tratta di un aumento insignificante di appena il 3,5%, il che equivale a una perdita a due cifre se si considera l'aumento del 19% dell'indice dei prezzi al consumo nello stesso periodo di 10 anni.

Debito ipotecario delle famiglie e % del mutuo sul reddito da lavoro dipendente, dal 1971 al 2009

Di sicuro i dirigenti della FED non stavano cercando di ridistribuire la ricchezza ai vertici della scala economica, anche se è quello che è successo. La teoria della repressione dei tassi d'interesse era che avrebbe alimentato un livello di spesa e investimento più elevato di quanto non sarebbe altrimenti accaduto, e in particolar modo nel settore dell'edilizia residenziale.

Inutile dire che non è andata così. I completamenti degli alloggi residenziali pro capite e gli investimenti in alloggi residenziali in % del PIL sono andati inesorabilmente verso il basso da quando Nixon ha tirato il tappeto dell'oro da sotto il dollaro e ha scatenato la Federal Reserve per imporre la pianificazione monetaria centrale all'economia di Main Street.

Come raffigurato dalla linea nera nel grafico qui sotto, ad esempio, gli investimenti in edilizia residenziale in percentuale del PIL sono scesi dal 5,7% nel 1972 a solo il 3,9% nel 2023. L'unica deviazione da questa costante tendenza al ribasso si è verificata nel 2003-2006, vale a dire l'intervallo durante il quale è stato alimentato il disastro dei mutui subprime e dell'inflazione dei prezzi delle case.

Infatti il grafico qui sotto abbinato al primo sopra, in relazione a quasi $50.000 miliardi in valore di immobili occupati da proprietari di case, vi dice tutto quello che dovete sapere sulla follia delle banche centrali keynesiane: il denaro artificialmente a buon mercato non stimola livelli più elevati di produzione reale e reddito, gonfia solamente gli asset esistenti nei mercati secondari.

A sua volta l'inflazione sistematica e incessante dei prezzi degli asset esistenti conferisce guadagni e perdite inattese in modo del tutto arbitrario, ma con l'effetto perverso di ridistribuire la ricchezza ai vertici della scala economica. L'intero modello di repressione finanziaria è quindi non solo inutile e inefficace, ma anche profondamente iniquo.

Unità abitative private pro capite completate e investimenti residenziali in % del PIL, dal 1972 al 2023


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 24 settembre 2024

Perché i clientelisti amano i tassi artificialmente bassi

 

 

di Artis Shepherd

Nella nostra economia pianificata burocraticamente, la prosperità finanziaria dipende sempre di più da quanto ci si può posizionare vicino alla stampante monetaria. Comprendere questo fatto significa identificare il collegamento tra questa “prosperità” e il denaro fiat. Poiché creare denaro dal nulla non alimenta maggiore produzione, e nemmeno fa aumentare la ricchezza reale, non esiste un collegamento diretto con la prosperità; deve essere indiretto e in effetti lo è.

Il deficit pubblico persistente e la politica pro-inflazione del sistema bancario centrale richiedono una continua creazione di denaro. Esso entra nell'economia in modo non uniforme, a vantaggio di coloro che lo ricevono per primi e che possono spenderlo o investirlo ai prezzi correnti. Man mano che fluisce in settori o asset specifici, i prezzi salgono. I primi che lo ricevono guadagnano, mentre gli altri affrontano un calo relativo della ricchezza. Sebbene i salari possano eventualmente aumentare, lo fanno in misura minore e in ritardo rispetto agli aumenti dei prezzi, consolidando lo svantaggio economico per chi lo riceve per ultimo.

Come risultato del processo di cui sopra, che descrive come funziona oggi l'economia, sono molti coloro il cui obiettivo primario è quello di avvicinarsi alla stampante monetaria. Questi cercatori di rendite traggono vantaggio non dal merito e dal raggiungimento di risultati produttivi, ma dalle manovre politiche nelle posizioni giuste, in modo da essere tra i primi che ricevono il denaro creato ex novo.

Quando la banca centrale abbassa i tassi d'interesse crea nuova moneta. Ciò avviene generalmente tramite operazioni di mercato aperto, in cui la banca centrale acquista titoli da un gruppo selezionato di banche commerciali, aumentando così le riserve e di conseguenza il credito nell'economia tramite prestiti e altri meccanismi. Forzare i tassi d'interesse verso il basso è simile alla creazione di nuova moneta dal nulla ed è un meccanismo che viene sfruttato da chi la riceve per primo.


Distorsione finanziaria

I burocrati, compresi quelli nel sistema bancario centrale, sanno bene che esiste una relazione diretta tra i tassi d'interesse e il valore dei beni capitali.

Per questi asset i tassi d'interesse prevalenti e futuri sono input chiave per calcolarne il valore. Si consideri il Dividend Discount Model, un'equazione utilizzata negli investimenti e nella finanza aziendale per ricavare il valore attuale di un'attività che produce reddito. L'equazione è abbastanza semplice: P = D/kg

Dove:

P è il prezzo, o valore, dell'asset

D è il dividendo del primo anno, o flusso di cassa

k è il tasso di sconto, il costo prevalente del capitale

g è il tasso di crescita di D

Se il tasso di sconto è del 10% e il tasso di crescita è del 2%, un flusso di cassa annuale a partire da $100 vale $1.250 oggi. Supponiamo che questo flusso di cassa provenga dagli utili di un'azienda, i cui dettagli non contano.

Supponiamo inoltre che, il giorno dopo il nostro calcolo iniziale, tutto ciò che riguarda quest'attività (il team di gestione, la linea di prodotti, la tecnologia, ecc.) rimanga lo stesso, ma la banca centrale sorprende i mercati tagliando i tassi d'interesse in modo tale che il tasso di sconto scenda dal 10% al 7%. Ricalcolando con queste nuove informazioni, l'attività ora vale $2.000, un aumento del 67% rispetto al giorno precedente.

È importante notare che il ritmo degli aumenti nelle valutazioni degli asset (vale a dire, la seconda derivata dei prezzi degli asset) accelera man mano che i tassi di riferimento si abbassano. Nel nostro esempio il valore dell'asset è aumentato di colpo del 67% quando il tasso di sconto è sceso del 3%.

E se scendesse di nuovo del 3%, dal 7% al 4%? In tal caso, il valore dell'asset aumenterebbe da $2.000 a $5.000, un ulteriore balzo del 150% basato su nessun cambiamento nei fondamentali dell'azienda. È questa dinamica che caratterizza i prezzi parabolici degli asset, compresi i recenti picchi durante l'era ZIRP.

Si noti che i tassi stessi non devono nemmeno cambiare per influenzare i valori degli asset. Gli aumenti dei prezzi degli asset possono derivare dalle aspettative di tassi di interesse più bassi, da qui il continuo clamore delle banche centrali a favore di tassi più bassi in modo da stimolare i prezzi degli asset e il volume delle transazioni. Quest'ultimo punto è centrale quando i burocrati gonfiano le bolle degli asset usando tassi di interesse artificialmente bassi. I mercati finanziari e gli intermediari in situazioni simili guadagnano commissioni ogni volta che si muove denaro e poche cose lo muovono come i tassi bassi.


I tassi artificialmente bassi sono i criteri “DEI” nei mercati dei capitali

In un libero mercato una delle sfide principali per gli imprenditori è l'allocazione del capitale, ovvero dove e come investire. Per utilizzare il capitale in modo efficiente, dev'essere distribuito in aree che forniscono rendimenti maggiori rispetto al suo costo prevalente. Dev'essere fatto ripetutamente, su lunghi periodi di tempo, pertanto un acuto senso degli affari deve combinarsi con una bassa preferenza temporale per avere successo. Come sottoprodotto di questa dinamica, le aree più produttive di un'economia ricevono una quantità appropriata di capitale e quelle meno produttive vengono evitate.

I tassi d'interesse artificialmente bassi, invece, riducono il costo del capitale e la sua allocazione viene distorta: le aree precedentemente non redditizie diventano marginalmente redditizie e ricevono capitale che altrimenti non riceverebbero. Le aree che sono marginalmente redditizie solo a causa dei tassi bassi non sono imprese intrinsecamente produttive e quindi attraggono persone con capacità inferiori piuttosto che imprenditori qualificati. In parole povere, i tassi artificialmente bassi sovvenzionano l'incompetenza.

Fonte

Per avere una prova di questo fenomeno basta guardare al mercato degli investimenti in appartamenti negli ultimi anni, ma esistono molti casi simili, tra cui veicoli elettrici, tecnologie serialmente non redditizie e varie truffe sulle criptovalute.


“I quattro cavalieri dell'apocalisse del denaro a buon mercato”

I tassi d'interesse artificialmente bassi portano a investimenti improduttivi, bolle, finanziarizzazionesocietà zombi, tutte cose che oggi sono molto diffuse. Tuttavia le banche centrali e la nostra classe politica sono intenzionate a continuare così, segnalando a gran voce imminenti tagli dei tassi nonostante i prezzi degli asset siano a livelli record in molte categorie, tra cui azioni, obbligazioni e immobili.

Per coloro che non hanno accesso politico, che non raccolgono i benefici dei tassi artificialmente bassi, sappiate che la distruzione della vostra ricchezza porta direttamente all'aumento della ricchezza per coloro che invece ce l'hanno questo accesso. Per i burocrati e la classe clientelare questa è una caratteristica prediletta quando abbiamo a che fare col denaro fiat. Come ha sottolineato Michael Burry: “La linea di politica dei tassi a zero ha infranto il contratto sociale con quelle generazioni di lavoratori che hanno risparmiato per la pensione, facendo scoprire loro che i propri risparmi non erano minimamente sufficienti”.

Un tempo risparmio, duro lavoro e responsabilità personale erano sufficienti per garantire una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia. Ormai non è più così. Abbassare artificialmente i tassi d'interesse, creando denaro dal nulla nel processo, non può produrre ricchezza, può solo ridistribuirla dalle tue tasche a quelle dei clientes.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 23 settembre 2024

I tagli ai tassi non porteranno a nulla

 

 

di David Stockman

Ecco il risultato della linea di politica pro-inflazione da quando è stato adottato ufficialmente l'obiettivo d'inflazione al 2,00%. Secondo il nostro fidato IPC “16% trimmed mean”, il livello dei prezzi è aumentato del +41% sin dal 2012 e stava ancora salendo a un ritmo annuo del 3,31% lo scorso luglio.

Di conseguenza, dato che ogni dollaro guadagnato o risparmiato nel 2012 vale oggi solo 70 centesimi, la domanda ricorrente è: perché mai si dovrebbe anche solo pensare di aprire il rubinetto del denaro, esponendo così i lavoratori dipendenti e i risparmiatori a un ulteriore prolungamento del furto di potere d'acquisto evidente nel grafico qui sotto?

Per non parlare poi di un'altra esplosione come quella recente che, con il suo picco al 7%, ha fatto deprezzare il potere d'acquisto del dollaro del 50% ogni nove anni.

Variazione annua dell'indice dei prezzi al consumo “16% trimmed mean”, da gennaio 2012 a luglio 2024

C'è solo una ragione per un nuovo giro di tagli dei tassi, che ora è praticamente garantito: Wall Street ha ripetutamente minacciato di scatenare una crisi isterica se la FED non delizierà presto trader e speculatori con una nuova dose di credito a basso costo e multipli PE ancora più alti nelle valutazioni estreme già incorporate nel mercato azionario.

Quindi Wall Street batte i tamburi per i tagli dei tassi sostenendo che sono a beneficio della famiglia media e sono necessari per impedire che l'economia di Main Street precipiti nel flagello della recessione o peggio.

Ma con l'economia statunitense ora gravata da quasi $100.000 miliardi in debito pubblico e privato, come diavolo potrebbero essere anche lontanamente appropriati dei tassi d'interesse più bassi? Dopo tutto, una loro riduzione indotta dalla banca centrale è progettata per far sì che famiglie, aziende e governo accumulino ancora più debito sui loro bilanci già traballanti.

Si consideri l'aumento della leva finanziaria nel settore non finanziario dal 1994. Allora, quando la dottrina degli effetti ricchezza di Greenspan era appena iniziata, il debito delle imprese non finanziarie era pari al 75% della produzione a valore aggiunto. Oggi quel rapporto è molto più alto, al 105%.

È ovvio che questo grande aumento del rapporto di leva non ha finanziato l'approvvigionamento di asset produttivi, ma è finita per la maggiore in riacquisti di azioni, Fusioni & Acquisizioni sopravvalutati e altri schemi di ingegneria finanziaria che hanno arricchito Wall Street.

Debito delle imprese non finanziarie in % del valore aggiunto prodotto, 1994-2022

Lo stesso vale per i presunti benefici per il settore dell'edilizia abitativa. Il livello di completamento delle unità abitative pro capite (linea viola) nel 2023, anche dopo la stampa di denaro per la pandemia, era ancora inferiore del 37% rispetto al 1987.

Al contrario l'indice dei prezzi delle abitazioni (linea nera) è aumentato di un sorprendente 345% durante lo stesso periodo di 36 anni. Di nuovo, i tassi d'interesse più bassi fanno molto di più per stimolare i prezzi degli asset esistenti rispetto alla produzione reale, ai posti di lavoro e al reddito.

Completamento pro capite degli immobili rispetto ai loro prezzi, dal 1987 al 2023

Ciò che è successo dopo 37 anni di repressione finanziaria, costi del debito falsificati e ricorrenti salvataggi del mercato azionario, è che Wall Street si è trasformata in un casinò a tutto campo. Con decine di migliaia di miliardi di capitalizzazione di mercato in gioco, abbondano favole fasulle sui presunti benefici nei confronti di Main Street.

In questo momento storico, con quasi $100.000 miliardi in debito totale che rappresentano un record del 360% del PIL, non dovrebbero esserci letteralmente voci per tassi d'interesse più bassi e ancora più debito. Dopo tutto, la narrativa ufficiale di quest'ultimo è lo stimolo di livelli più elevati di investimento nei settori residenziale e commerciale nell'economia di Main Street.

Ma questo punto è sempre stata un'illusione, fatta eccezione per l'insostenibile e breve boom delle azioni tecnologiche alla fine degli anni '90. Infatti è così evidente, come si evince dal grafico qui sotto, che è possibile solo una conclusione: gli speculatori di Wall Street hanno corrotto così tanto la narrazione del mercato finanziario che, come la Regina di Alice nel Paese delle Meraviglie, i nostri banchieri centrali ora credono a sei cose impossibili prima di colazione o almeno prima dell'apertura del mercato azionario alle 9:30 del mattino.

Investimenti aziendali netti in % del PIL reale, dal 1978 al 2022

Per quanto riguarda il settore delle famiglie, l'idea stessa che i consumatori abbiano bisogno di più debiti è assurda. Durante il periodo di massimo splendore della prosperità di Main Street negli anni '50, il rapporto debito/PIL delle famiglie era pari solo al 28%. Dal 1971, e soprattutto dal 1987, è salito costantemente alle stelle: dopo essere quasi quadruplicato fino a un picco del 97% nel 2008, era ancora al 71% nel 2023.

L'aumento dei mutui delle famiglie, delle carte di credito, dei prestiti per auto e di altri debiti hanno causato, a loro volta, un aumento quasi sincronizzato della quota spesa per consumi personali del PIL. Rispetto alla sua quota del 58,1% del PIL nel 1953, la spesa per consumi personali ha raggiunto il 69,2% del PIL al picco recente nel 2022.

È ovvio che anche una minima conoscenza della storia economica e della logica degli investimenti e della crescita direbbe che, quando si tratta dell'incessante crescita del PIL dovuto alla spesa per consumi personali, non c'è paragone! 

Per l'amor del cielo, il sistema bancario centrale dovrebbe essere neutrale tra debitori e risparmiatori, ma quando si tratta del settore delle famiglie ha letteralmente massacrato i risparmiatori per diversi decenni.

In breve, ciò che manca disperatamente sono tassi di risparmio e di investimento più elevati, il che significa che un'altra tornata di debiti a basso costo per i mutuatari di Main Street e un rinnovo dei tassi di interesse punitivi sui risparmi dei conti bancari sono l'ultima cosa che dovrebbe essere presa in considerazione.

Il grafico qui sotto riflette come la FED abbia generato il peggio di entrambi i mondi. Da un lato ha spinto i tassi di risparmio delle famiglie e i risparmi del settore aziendale (vale a dire gli utili non distribuiti) a livelli minimi, mentre, dall'altro, la spesa pubblica è salita inesorabilmente alle stelle.

Il netto tra i due parametri ciò che resta per l'investimento in produttività e crescita, oltre al reinvestimento delle attuali quote a compensazione del consumo dello stock di capitale (vale a dire deprezzamento e ammortamento). Come è palesemente evidente nel grafico qui sotto, ciò che resta è un drastico calo dal 7% al 12% del PIL dei tassi di risparmio prevalenti durante l'apogeo della prosperità di Main Street.

I tiepidi progressi nella riduzione del tasso dell'IPC sono sostanzialmente irrilevanti. I tassi d'interesse più bassi non stimoleranno più investimenti e sicuramente amplieranno il deficit tra risparmi e investimenti privati ​​che affligge l'economia di Main Street.

Tasso di risparmio netto degli Stati Uniti, dal 1953 al 2023

Nonostante l'impatto deleterio dei tagli dei tassi e dei rendimenti infimi sui trend di investimento a lungo termine, come da grafici sopra, il mantra di Wall Street continua a sostenere che i tagli dei tassi sono ora necessari per impedire all'economia di precipitare in recessione. Ma anche questa affermazione è fasulla.

Ecco cosa è successo durante il periodo della Grande Recessione: la FED ha iniziato a tagliare il suo tasso di riferimento (linea gialla) nel terzo trimestre del 2007 e un anno dopo, nel quarto trimestre del 2008, lo aveva ridotto sostanzialmente a 10 punti base. Ciò equivaleva a un abbassamento del 98% e alla sequenza di tagli dei tassi più radicale e rapida nell'intera storia della FED.

Nel 2008 l'economia statunitense era così satura di distorsioni, squilibri e debito in eccesso che una purga recessiva e un riequilibrio erano inevitabili. Dopo essere leggermente salito per i successivi tre trimestri, il PIL reale (linea rossa) ha invertito la rotta nel terzo trimestre del 2008 e non ha toccato il fondo fino al secondo trimestre del 2009. Nonostante due anni di tagli radicali dei tassi d'interesse mai attuati, alla fine del marzo 20120 il PIL reale era ancora al di sotto del suo livello nel secondo trimestre del 2007.

Nel caso dell'occupazione non agricola (linea viola), l'impatto dei tagli dei tassi è stato ancora più tiepido e ritardato. Il numero di posti di lavoro è calato drasticamente, quasi in sincronia con il crollo del tasso di riferimento nel terzo trimestre del 2009. Dopo 18 mesi di ZIRP, il numero di buste paga non agricole era ancora del 6% al di sotto del suo livello di giugno 2007.

In breve, nel contesto dell'attuale economia statunitense sepolta nel debito, i tagli dei tassi non generano ciò che si dice. Anche se innescano un'impennata ruggente nel casinò del mercato azionario, difficilmente interrompono la contrazione nell'economia di Main Street.

Indice del tasso di riferimento, PIL reale e occupazione non agricola, dal secondo trimestre del 2007 al secondo trimestre del 2010

In conclusione, l'attuale rinnovato impulso di Wall Street per l'ennesimo giro di tagli ai tassi d'interesse ci ricorda il famoso sketch del Saturday Night Live in cui un produttore musicale leggendario continuava a interrompere una sessione di registrazione in studio chiedendo alla band di essere “più squillanti”.

Questo è il mantra implacabile di Wall Street oggi: ha la febbre dell'avidità e urla a gran voce “Altri tagli! Altri tagli!”.

Ma questo renderà sicuramente la musica economica ancora più cacofonica.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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venerdì 20 settembre 2024

Alla fine del percorso insostenibile

 

 

di Francesco Simoncelli

Nell'annuncio della BCE della scorsa settimana sono stati a malapena notati un paio di dettagli contraddittori. La BCE è impegnata, a prescindere da tutto, ad avere un obiettivo per l'inflazione al 2%. Raggiungibile come? Dal basso verso l'alto. Invece adesso, magicamente, è un obiettivo da raggiungere dall'alto verso il basso senza che nessun pianificatore centrale abbia addotto alcuna spiegazione a riguardo. Bernanke, nel suo libro The Courage to Act, ha praticamente creato l'impalcatura accademica per la ZIRP e la NIRP, adesso, però, non c'è nessuno che ha il “coraggio” di farsi avanti per spiegarci com'è possibile che si debba fare il contrario quando era la “deflazione” la fonte di tutti i guai economici. Ma questo, cari lettori, è solo teatro. Le sciocchezze sui dati della scorsa settimana includevano le previsioni di una maggiore crescita del PIL e di un ammorbidimento ulteriore dell'inflazione l'anno prossimo. Non ha senso promettere adesso tassi di prestito più bassi, poiché l''inflazione è ancora al di sopra dell'obiettivo ufficiale. Senza scomodare la percezione comune di quando “si va a fare la spesa”, o la cavalcata dell'indice IPC, o la semplice cumulazione dell'effetto dell'inflazione dei prezzi che sebbene rallenti nel tempo non indietreggia (o per meglio dire sale più lentamente), basta dare un'occhiata alla misura che fino al 2020 era la più sbandierata dai banchieri centrali per giustificare la loro linea di politica anti-deflazione: la misura di base dell'inflazione dei prezzi, quella che esclude dal computo cibo ed energia. L'ultima misurazione la pone al 2,8%.

La cosa importante, quindi, è continuare a far fluire il denaro; tutto il resto è una recita. I tassi d'inflazione annui sono stati in media del 6% negli ultimi tre anni e del 3% negli ultimi dieci anni. Non c'è traccia di un'inflazione del 2% che la BCE afferma di cercare; tale obiettivo è solo una finzione.


RAGGIRATI DAI NUMERI

I numeri dell'inflazione e del PIL sono semplicemente “inventati”. “Aggiustato all'inflazione” è una di quelle espressioni come “stavamo solo eseguendo degli ordini”; può nascondere una montagna di menzogne. Negli ultimi due anni abbiamo spesso confrontato l'inflazione del periodo '22-'23 con quella degli anni '70. Ci è stato detto che il tasso d'inflazione odierno ha raggiunto il picco del 10% nel 2022 e poi è sceso rapidamente, ma se misurassimo gli aumenti dei prezzi odierni come facevano negli anni '70, vedreste che la nostra inflazione è peggiore di quanto non fosse allora. State pensando quello che sto pensando anche io? Se la lettura dell'inflazione è fasulla, lo è anche quella del PIL, e lo è anche l'intero quadro finanziario.

Cominciamo con la misura dell'inflazione stessa. Secondo l'ISTAT, ad esempio, il cibo è aumentato (a un ritmo annuo) del 4,8% nell'ultimo anno; i servizi sono aumentati del 3,3% e gli affitti sono aumentati del 3%. Tra rate di mutui più elevate e prezzi delle case più alti, poi, questi numeri sembrano quasi sconfessare le difficoltà generali e percepite da chi deve far quadrare i conti a fine mese, il che è solo la prova che, sebbene i numeri possano non mentire intenzionalmente, se li torturate abbastanza diranno tutto ciò che volete che dicano. E se si usasse il metodo di calcolo degli anni '80, l'intero quadro economico diventerebbe improvvisamente cupo: aggiustare all'inflazione il PIL nominale, quindi, risulterebbe in una crescita negativa spaventosa. E che dire del mercato azionario? Quando si ottiene un “guadagno”, o un “profitto”, dalle azioni, si pensa di stare meglio e ora tutti pensano che il mercato azionario si sia “ripreso” dopo i ribassi nel 2022. Ma è così? Una stima ragionevole è che i prezzi al consumo siano più alti (come minimo) del 25% rispetto al picco del Dow Jones nel 2021. Se così fosse il Dow dovrebbe arrivare a 45.000 solo per andare in pareggio.

Conviene guardare all'oro per cercare di mettere ordine in tutta questa storia. Dal suo picco alla fine del 2021 a oggi il Dow è salito di quasi 4.000 punti, ma aggiustato al prezzo dell'oro è ancora in calo di quasi il 10%. Indietro? Avanti? In che direzione stiamo andando?

Un'altra curiosità della storia della crescita del PIL è il ruolo dei deficit fiscali. Se lo stato spende soldi, anche se sprecati in armi, l'ammontare è incluso come avanzamento nel PIL. Quindi più si spende, più alto è il PIL... almeno nel breve periodo. I deficit sono particolarmente importanti: se lo stato incassa 100 in entrate fiscali e li spende, rimuove quei soldi dall'economia. Nessun aumento netto del PIL. Ma se prende in prestito i soldi, la spesa extra viene conteggiata come se “uscisse dal nulla” e viene aggiunta al totale. Non c'è alcun prelievo compensativo nell'economia dei consumatori, quindi il PIL sale.

L'anno scorso il deficit pubblico italiano è stato del 7% del PIL. Erano soldi che sono stati spesi, ma non raccolti dalle tasse. Devono essere andati da qualche parte, quindi ecco una semplice domanda: come si è potuto pompare un ulteriore 7% (del PIL) nell'economia, con quasi €100 miliardi aggiunti al debito pubblico, ma ottenere solo un aumento dell'1% del PIL?

Cosa è successo all'altro 6%? Dove sono finiti i €135 miliardi mancanti? Dove sono andati a finire i soldi?

Ciò significa che l'economia reale, non statale, si sta contraendo a un ritmo così allarmante da spazzare via gran parte delle nuove immissioni di denaro? Oppure questi numeri sono così “falsati” da essere privi di significato?


INSOSTENIBILE A OGNI LIVELLO

Spendere per il semplice scopo di spendere, sostanzialmente era questo lo scopo dietro i vari programmi di QE attivati dalla BCE e dal resto del caravanserraglio delle banche centrali. L'azzardo morale derivante è stato dirottato nel mercato finanziario, andando a gonfiare gli asset finanziari delle varie industrie che in questo modo hanno potuto aprire a giri sempre più rischiosi di ingegneria finanziaria. Questo ha fatto in modo che i numeri finanziari salissero, permettendo di conseguenza a suddette aziende di assumere personale. Ma tutto questo processo non era basato su una situazione sostenibile di allocazione di capitale, bensì sull'imputazione che questa manna sarebbe durata per sempre. Peccato che fosse una tantum, peccato che abbia causato supply shock a ripetizione, peccato che abbia saturato i bilanci delle aziende... peccato, in conclusione, che fosse tutta una illusione. La considerazione dell'economia “nominale” è diventata il nuovo dio da pregare.

Ora, però, la cruda realtà di quella “reale” sta facendo pagare lo scotto di tutte quelle distorsioni e deformazioni che si sono moltiplicate nel tempo. Il settore automobilistico è solo la punta dell'iceberg di un doloroso processo di normalizzazione che, diversamente dal presunto “effetto ricchezza” alimentato dalle politiche delle banche centrali, parte dal basso e va verso l'alto.

Le aziende, soprattutto quelle automobilistiche, hanno poche vendite e molte perdite. Meriterebbero un valore di mercato di circa... zero. Eppure gli investitori ci vedono valore, puntando le loro scommesse su quel poco di illiquidità che riescono a racimolare grazie al rinnovato lassismo della BCE. Nel frattempo il ritmo di crescita del PIL dipende interamente dal calcolo dell'inflazione, che è incostante come l'impasto della pasta: gli statistici stendono la sfoglia e lo cuociono in forno, finché non ottengono il sapore e la consistenza desiderati. Se misurassero l'inflazione come si faceva durante gli anni ottanta, ad esempio, il PIL reale non sarebbe cresciuto affatto bensì risulterebbe sgonfiato come una torta fatta male. E, se misurate in oro, le azioni sono ancora in calo del 13,6% rispetto ai massimi del 2021. C'è qualcosa di reale, indiscutibile, di cui vale la pena preoccuparsi? Ahimè, sì: il debito. Non se ne va, anzi sta crescendo.

Ci sono molte incognite note nelle cifre del debito, ma quasi tutte portano allo stesso punto: si possono eseguire un milione di simulazioni per vedere cosa potrebbe accadere, ma in quasi tutte il “rapporto debito/PIL” si rivela instradato lungo un “percorso insostenibile”. Cosa succede quando il percorso insostenibile giunge al termine? Man mano che diventa sempre più grande (rispetto all'economia che lo sostiene) e diventa “insostenibile”, deve succedere qualcos'altro... ma cosa?

La vera domanda è se il cambiamento avviene intenzionalmente o involontariamente. La soluzione “intenzionale” è ovvia, ma irraggiungibile. Richiederebbe una chiarezza politica e una volontà che non esistono: la spesa dovrebbe essere tagliata, ma poiché chi decide è anche chi spende, e poiché i loro amici e sostenitori sono coloro che prendono i soldi, è molto improbabile che si arrivi a una soluzione volontaria. È la risoluzione “non intenzionale” che causerà il vero danno.


CONCLUSIONE

I tassi d'interesse artificialmente bassi sono un problema di per sé: distorcono il costo reale del capitale, inducendo le persone a prendere in prestito troppi soldi. Il debito aumenta portando a una crisi di qualche tipo. In parole povere, man mano che il debito cresce, aumenta anche la spesa per gli interessi. A nessuno importa davvero quanto diventerà grande, ma il costo del suo servizio dev'essere dedotto dalle entrate fiscali e ogni centesimo che bisogna pagare per gli errori di ieri è un centesimo in meno di cui possiamo godere oggi. A un certo punto ci rimarranno pochi centesimi... Da qualche parte lungo questo percorso il mercato obbligazionario si romperà, i tassi d'interesse saliranno alle stelle e il costo del debito, o dell'aggiunta di nuovo debito, sarà troppo da sopportare. Usando come proxy il differenziale di rendimento tra il decennale tedesco e quello statunitense, possiamo vedere che le criticità dell'Eurosistema sono di gran lunga peggiori di quelle statunitensi.

Per tutto questo tempo, infatti, l'obiettivo della BOE e della BCE era l'affossamento del mercato obbligazionario statunitense tramite l'eurodollaro e la trasmissione del malessere economico risultante sulle spalle dei contribuenti statunitensi. Una sorta di socializzazione delle perdite causate dall'overleveraging nel sistema bancario ombra. Con la fine del LIBOR, l'entrata in scena del SOFR e il prosciugamento della liquidità ombra dettato dal cambio di passo della FED, i nodi stanno venendo al pettine. E il sopraccitato differenziale ci spiega chi davvero è nei guai.

Il secondo taglio dei tassi da parte della BCE è un bluff, un finto tentativo di progressione rispetto alle altre banche centrali. I mercati dei cambi non vedono il bluff, ma gli obbligazionisti sì. Il piano dell'UE è sempre stato quello di evitare di tagliare qualsiasi pasto gratis che aveva precedentemente stabilito attraverso finanziamenti presumibilmente illimitati tramite l'eurodollaro. La lotta a livello di megapolitica verte tutta su questo duplice scenario: ridimensionamento, o salvezza attraverso la morte di qualcun altro. O si tagliano drasticamente i presunti pasti gratis e si sconfessa l'illusione di monopsonio dell'Europa (con la conseguente rottura dell'Unione) ragionando con freddo criterio logico su quanto sbagliato in passato, oppure si cede al panico, si stampa e si scaraventa l'intera economia mondiale in una vera e propria catastrofe inflazionistica.

Tutte le emergenze finora sperimentate, sin dalla crisi del debito greco, sono state usate come arma per forzare un mercato obbligazionario comune in Europa. L'insostenibilità della tragedia dei beni comuni richiede un nuovo livello di ridistribuzione, soprattutto adesso che i rubinetti dell'eurodollaro sono chiusi. A tal proposito, infatti, la spinta verso l'unione fiscale si è fatta sempre più pressante sin da quando le obbligazioni SURE hanno fatto capolino e i salvataggi straordinari (es. PNRR) avevano come postilla la tassazione diretta dell'UE su parte dei prestiti erogati. Anche la guerra nell'Europa orientale è stata fomentata per tale scopo: far pagare il proprio default agli altri. Ma non basta, perché un default significa sempre sfiducia, soprattutto nel mercato obbligazionario, e se tutti non remano all'unisono il bluff viene scoperto.

La Germania ha vissuto sulla sua pelle cosa significa questo processo e non vuole ripeterlo, in particolare la Bundesbank. La demolizione controllata dell'economia tedesca serve sostanzialmente a fiaccare la volontà dei banchieri centrali tedeschi affinché accettino questa “nuova normalità”. Il recente piano Draghi è solamente l'ennesimo avvertimento mafioso per integrazione fiscale e obbligazionaria.


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