venerdì 9 agosto 2024

Ludwig von Mises e la teoria Austriaca della moneta, dell'attività bancaria e del ciclo economico — Parte #1

 

 

di Richard Ebeling

Cento anni fa, nel 1924, l’economista austriaco Ludwig von Mises pubblicò un’edizione riveduta in lingua tedesca del suo libro del 1912, Theorie des Geldes und der Unlaufsmittel. Novant’anni fa, nel 1934, venne pubblicata un’edizione in lingua inglese dal titolo, The Theory of Money and Credit. Nel corso di più di un secolo dalla prima pubblicazione del libro di Mises, le circostanze politiche e istituzionali di gran parte del mondo hanno attraversato cambiamenti significativi, eppure le analisi e le intuizioni teoriche e politiche nel suo libro hanno resistito alla prova del tempo.

Quando fu pubblicata la prima edizione, i principali Paesi del mondo, inclusa la patria Austro-ungarica di Mises, avevano sistemi monetari basati sul gold standard. Nel 1912, due anni prima dell’inizio della prima guerra mondiale, molti europei e nordamericani vivevano ancora negli ultimi bagliori dell’epoca classico-liberale del diciannovesimo secolo. Gli stati erano ancora relativamente limitati in termini di dimensioni e portata; le tasse erano piuttosto basse, accompagnate da modesti livelli di spesa pubblica. Quegli stessi stati, in generale, rispettavano per lo più un’ampia gamma di libertà civili e personali. La libertà di commercio e di impresa era lo standard normativo, anche se alcuni di questi, soprattutto la Germania imperiale, avevano reintrodotto varie barriere protezionistiche e stavano intervenendo in una serie di attività economiche nazionali. Eppure, allo stesso tempo, il vasto impero britannico era amministrato come una zona di libero scambio che accoglieva acquirenti, venditori e investitori con pochi o nessun limite basato sulla loro nazionalità.


Il sistema monetario prima e dopo la Prima Guerra Mondiale

Le banche centrali dei Paesi europei (gli Stati Uniti non avrebbero avuto una banca centrale fino al 1914) seguivano tutte le “regole” del gold standard. Le banconote e i depositi bancari erano visti e trattati come “sostituti del denaro”, cioè diritti sul denaro “reale” costituito da oro e argento. Le manipolazioni monetarie discrezionali da parte delle autorità bancarie centrali erano generalmente disapprovate e non eccessivamente praticate. Se i prezzi in generale aumentavano in modo significativo per un periodo di tempo, di solito era dovuto ad aumenti dell’offerta mondiale di oro, non al risultato di inflazione della moneta cartacea. Tuttavia le motivazioni e gli appelli a politiche monetarie “attiviste” erano sempre più finalizzati a scopi di “politica sociale”.

Quando nel 1924 apparve la seconda edizione tedesca rivista di Theory of Money and Credit, il mondo era un luogo radicalmente diverso da com'era nel 1912. Molti dei Paesi sopraccitati avevano attraversato i quattro anni della prima guerra mondiale (1914 – 1918) e alcuni si erano disintegrati politicamente, con la scomparsa degli imperi tedesco, russo e austro-ungarico. Le istituzioni liberali prebelliche e le convinzioni riguardanti la libertà personale ed economica erano state indebolite, se non distrutte. Il riscatto dell’oro per le valute cartacee era stato abrogato nel 1914, così gli stati avrebbero potuto ricorrere alle stampanti monetarie per coprire le loro enormi spese di guerra.

Nell’immediato dopoguerra, all’inizio degli anni ’20, si verificarono iperinflazioni in luoghi come Germania, Austria e Russia. Furono fatti tentativi per ripristinare valute coperte sull’oro, ormai ombre del sistema monetario prebellico. Inoltre le dittature erano arrivate al potere sotto forma di comunismo ispirato da Marx in Russia e sotto forma di fascismo in Italia (che coniò il termine “totalitarismo” per esprimere la sua concezione del ruolo e potere dello stato). Un assortimento di regimi autoritari salì al potere in numerosi altri Paesi.

Dieci anni dopo, nel 1934, quando in Gran Bretagna fu pubblicata l’edizione in lingua inglese di Theory of Money and Credit, il mondo era cambiato ancora di più. I principali Paesi industriali erano alle prese con la Grande Depressione in seguito al crollo del mercato azionario dell’ottobre 1929, con l’aumento della disoccupazione e il calo della produzione negli Stati Uniti e in Germania, anche se la gravità della depressione toccò anche Gran Bretagna, Francia e molti altri posti. Il gold standard era stato abbandonato, de jure o de facto, praticamente ovunque, sostituendo la moneta cartacea come strumento politico per cercare di “combattere” la depressione.

Inoltre, nel 1933, Hitler e il partito nazista erano saliti al potere in Germania, con il controllo dittatoriale rapidamente imposto su tutti gli aspetti della vita e della società tedesca. Negli Stati Uniti Franklin Roosevelt era diventato presidente e presto avrebbe imposto la propria versione di un sistema economico di tipo fascista sotto forma di pianificazione economica centralizzata tramite il New Deal (che si concluse parzialmente con una serie di decisioni della Corte Suprema nel 1935 e nel 1936 la quale dichiarò incostituzionali alcuni programmi del New Deal).


Principi economici e teoria della moneta

Nella prefazione all’edizione inglese del 1934, Mises disse che le circostanze istituzionali monetarie e bancarie erano certamente cambiate rispetto ai tempi in cui erano apparse durante la prima e la seconda edizione del suo libro nel 1912 e nel 1924, rispettivamente.

Sono trascorsi dieci anni dalla pubblicazione della seconda edizione tedesca del presente libro. Durante questo periodo l’apparato esterno della valuta e i problemi bancari del mondo sono stati completamente alterati [...] [ma] in mezzo a questo flusso, l’apparato teorico che ci permette di affrontare queste questioni rimane inalterato. Infatti il valore dell’economia sta nel permetterci di riconoscere il vero significato dei problemi, spogliandoli delle loro rifiniture accidentali. Di solito non è necessaria una conoscenza molto approfondita dell’economia per cogliere gli effetti immediati di una misura [politica]; ma compito dell’economia è predire gli effetti più remoti e così permetterci di evitare atti come il tentativo di rimediare ad alcuni mali presenti seminando i semi di un male molto più grande nel futuro.

Gli economisti avevano analizzato intensamente la teoria monetaria e bancaria e le questioni politiche sin dalla metà del XVIII secolo. Alcuni di loro furono tra gli economisti più famosi del loro tempo, tra cui David Hume, Adam Smith, David Ricardo, John Stuart Mill e altri come Jean-Baptiste Say, Henry Thornton, Nassau Senior e John E. Cairnes, per citarne solo alcuni di quelli importanti.

Ma praticamente tutti loro hanno costruito le loro idee sulla teoria “classica” del valore-lavoro, cioè che il valore di qualsiasi bene – inclusa una merce come l’oro o l’argento – è derivato dai costi di produzione riducibili alla quantità di tempo e impegno impiegati nell’estrazione delle risorse e nella fabbricazione del bene finito.

Dopo l’emergere della teoria soggettiva del valore, in particolare con la pubblicazione di Principi di economia di Carl Menger (1871) e la seguente elaborazione da parte dei suoi seguaci “austriaci”, Friedrich von Wieser e Eugen von Böhm-Bawerk negli anni 1880 e 1890, la teoria del valore-lavoro venne sostituita dalla teoria del valore soggettivo (marginale). In definitiva, il valore di qualsiasi bene deriva dalla sua “utilità” nel soddisfare un bisogno o un desiderio umano. L’“utilità” di ogni particolare unità di un bene era basata sui bisogni che soddisfaceva in ordine decrescente di importanza.

I mezzi di produzione (terra, risorse, lavoro, capitale) ricevono il loro valore dalla loro utilità “indiretta” nel consentire la produzione di un bene finito che poi porta alla soddisfazione di un consumo desiderato. A sua volta il valore marginale di qualsiasi unità specifica di tali mezzi di produzione è derivato dal valore dell'unità marginale del bene finale rispetto alla sua utilità in una linea di produzione alternativa.

Menger aveva spiegato l'origine della moneta come mezzo di scambio nel suo Principi di economia (1871) e nelle sue Investigazioni sui metodi delle scienze sociali (1883). Dimostrò che il denaro non era una creatura o una creazione dello stato; emerge “spontaneamente” mentre le persone tentano di superare le difficoltà dello scambio diretto. Nella sua famosa monografia “Money” (1892), Menger estese la sua analisi cercando di analizzare la domanda di denaro negli scambi in base alla sua valutazione marginale.


L'origine del denaro e il suo valore nel tempo

Ma in realtà fu solo con Theory of Money and Credit di Mises che si è avuta un’esposizione particolarmente approfondita e soddisfacente sulla domanda di denaro e sul suo potere d’acquisto, o valore, nel mercato. Mises adottò la teoria di Menger sull'origine del denaro: gli individui in cerca di opportunità di guadagno possono scoprire che mentre Sam ha ciò che Bill vuole, quest'ultimo non possiede ciò che Sam prenderebbe in cambio. Anche se si verifica ciò che gli economisti chiamano una doppia coincidenza dei desideri (ciascuno ha ciò che l’altro desidera), le caratteristiche dei beni in questione possono precludere la loro divisione in importi relativi dato che uno o entrambi perderebbero le qualità desiderate (ad esempio, dividere un cavallo a metà pone fine alla sua utilità per cavalcare o trainare un carro).

Nel corso del tempo gli individui scoprono che alcuni beni hanno più valore in termini di domanda diffusa o relativa facilità di divisibilità senza perdere le qualità desiderate, o comodità di essere trasportati, o durabilità delle loro qualità e caratteristiche nel tempo. Quei beni che storicamente hanno dimostrato le maggiori combinazioni di tali attributi hanno avuto la tendenza a essere utilizzati più frequentemente come mezzo di scambio, fino a quando solo uno o due sono diventati più ampiamente utilizzati (fino a diventare denaro).

Il denaro, quindi, diventa sempre più frequente da una parte di ogni scambio. Le persone scambiano il bene che possiedono con una somma di denaro, quindi usano quest'ultima per acquistare tutti gli altri beni che desiderano. Di conseguenza la merce utilizzata come denaro trae il suo valore di mercato da due fonti: dalla sua utilità originaria come merce utilizzata per il consumo, o la produzione, e dalla sua utilità aggiuntiva come mezzo di scambio. Con il passare del tempo la sua utilità e il suo valore come mezzo di scambio potrebbero oscurare e forse alla fine sostituire completamente la sua utilità e valore come bene di consumo o di produzione.

Quindi il suo valore primario, o addirittura singolare, è semplicemente quello di mezzo di scambio scelto dal mercato. Il suo uso continuato si basa sulla sua istituzionalizzazione sociale come moneta e sulle stime delle persone del suo valore nelle transazioni. Seguire a ritroso il valore del denaro rintraccerebbe il giorno in cui quella merce venne usata per la prima volta come denaro, il giorno prima del quale era semplicemente considerata utile e preziosa come bene di consumo o di produzione. Mentre la storicità della moneta spiega come e perché aveva un valore ai fini dello scambio nel passato, il suo valore è determinato dalle valutazioni soggettive (marginali) delle persone. L'analisi di Mises sul valore del denaro nel tempo è diventata nota come Teorema della Regressione.


Il significato del valore della moneta e il calcolo economico

Un’altra caratteristica particolare del denaro sul mercato è che, a differenza di altri beni acquistati e venduti, non ha un prezzo unico. Con la moneta da un lato di ogni scambio, tutti i beni e i servizi scambiati tendono ad avere un prezzo, il rispettivo prezzo monetario: quante unità di denaro servono per comprare o vendere un cappello, o acquistare una casa, o pagare un pasto in un ristorante, ecc. La moneta diventa l’unità di conto, con i valori relativi di tutti i beni espressi nell’unico comun denominatore dei rispettivi prezzi monetari. Ciò rende possibile e facilita il “calcolo economico”, la valutazione dei valori relativi dei singoli beni e delle combinazioni di beni allo scopo di determinare il “più costoso” e “meno costoso” oltre a profitti/perdite.

A causa della posizione unica della moneta nel nesso dello scambio, essa ha tanti prezzi quanti sono i beni con i quali viene scambiata. Questo perché il denaro resta l’unico bene scambiabile direttamente con tutto il resto offerto sul mercato. La moneta può essere pensata come il fulcro di una ruota, in cui ciascuno dei raggi è il bene individuale rispetto al quale viene scambiata la moneta. Se poi ci chiediamo qual è il valore, o il potere d’acquisto generale, della moneta, la risposta è la matrice, o insieme, o rete di prezzi relativi tra la moneta e tutti gli altri beni rispetto ai quali viene scambiata.

Mises era critico nei confronti dei tentativi ormai comuni di “misurare” il valore del denaro attraverso la costruzione di indici di prezzo, come l’indice dei prezzi al consumo (IPC). Ciascun indice di questo tipo comporta la creazione di un “paniere” selezionato di beni considerati rappresentativi delle abitudini di acquisto di una famiglia e a cui vengono assegnati “pesi” (cioè gli importi relativi di ciascuno in base alla regolarità con cui vengono acquistati), in questo modo si vuole determinare il costo di acquisto di quel “paniere” in un dato periodo di tempo. Se il costo del paniere aumenta (diminuisce) in un certo periodo, si dice che il valore dell’unità monetaria è diminuito (aumentato) di una certa percentuale e che la società ha sperimentato un’inflazione dei prezzi (deflazione dei prezzi) nell’arco di quel periodo di tempo.

Comprendere il motivo della critica di Mises nei confronti dei tentativi di misurare i cambiamenti nel valore o nel potere d'acquisto del denaro, ci porta a prendere in considerazione un aspetto cruciale della sua intera teoria su come i cambiamenti monetari influenzano il processo di mercato. L’attenzione su un unico numero per un insieme medio e riepilogativo di singoli beni e dei loro prezzi in quel “paniere”, crea facilmente l’impressione che i cambiamenti nel potere d’acquisto del denaro avvengano in modo uniforme e apparentemente simultaneo.

Mises aderiva a quella che viene generalmente definita Teoria quantitativa della moneta: a parità di condizioni, qualsiasi aumento o diminuzione generale del valore o del potere d’acquisto della moneta ha la sua base in un cambiamento nella quantità totale di moneta nell’economia, o in un cambiamento nella volontà delle persone di detenerne una certa quantità per facilitare le transazioni desiderate in un certo periodo di tempo (spesso indicato come “velocità” del denaro, ovvero il numero di volte in cui una determinata quantità di denaro “gira” per facilitare un dato numero di transazioni in un certo periodo di tempo).

Mises sosteneva che se i prezzi aumentassero (diminuissero) simultaneamente e proporzionalmente, cioè nello stesso tempo e nella stessa percentuale, i cambiamenti monetari non avrebbero effetti “reali” (o al limite ne avrebbero pochi) sui prezzi relativi, sui salari, sulla produzione e sulle relazioni di output. Ad esempio, supponiamo che il prezzo di un paio di scarpe sia di $10 e che il prezzo di un cappello sia di $20; il loro rapporto di prezzo relativo sarebbe pari a due paia di scarpe scambiate per un cappello. Se un aumento del 10% della quantità di moneta comportasse un aumento proporzionale del prezzo delle scarpe a $11 e del prezzo di un cappello a $22, il rapporto di prezzo relativo tra scarpe e cappelli sarebbe ancora di due paia di scarpe per un cappello, anche se in termini assoluti il ​​prezzo di entrambi sarebbe più alto. I cambiamenti monetari sarebbero “neutri” nei loro effetti sulle relazioni “reali” tra prezzi e beni sul mercato.


La non neutralità dei cambiamenti monetari

Tuttavia questo non era il modo in cui i cambiamenti nella quantità di moneta influiscono e influenzano i prezzi o le relative offerte di beni nel processo di mercato. La moneta, invece, è “non neutrale” nei suoi effetti. Mises, ovviamente, non fu il primo economista a sottolinearlo. Richard Cantillon (1680–1734) attirò l’attenzione su questo aspetto nel suo Saggio sulla natura del commercio in generale  (1755), così come fece David Hume (1711–1776) nel suo famoso saggio “Of Money” (1752). Un'analisi particolarmente dettagliata degli effetti non neutrali della moneta fu fornita da John E. Cairnes (1823–1875) nei suoi saggi sull'impatto delle nuove scoperte auree in Australia sui prezzi globali: Essays in Political Economy (1873).

Ma Mises fece della non neutralità della moneta il fulcro della sua analisi in The Theory of Money and Credit e nelle sue successive esposizioni in Monetary Stabilization and Cyclical Policy (1928), nonché in Human Action, A Treatise on Economics (1949). Non esiste un “helicopter money” che fa cadere soldi dal cielo ed essi raggiungono le tasche di ciascun membro della società nello stesso momento e nella stessa quantità. Quantità nuove o aggiuntive di denaro vengono introdotte o “iniettate” nel mercato in alcuni punti particolari, nelle tasche di alcuni individui prima che in quelle di altri.

Supponiamo che ci sia un aumento nell’offerta di oro, come ha analizzato Cairnes nel caso delle scoperte di oro in Australia. L'oro appena estratto apparve per primo nelle tasche dei cercatori che lo portarono nelle città costiere dell'Australia. È stato utilizzato per aumentare la domanda per la varietà di beni e servizi particolari che i minatori desideravano acquistare, con i prezzi di questi beni che aumentavano per primi a fronte di una maggiore domanda monetaria per loro.

Per soddisfare la nuova domanda, una parte dell’oro appena scoperto fu esportato in Gran Bretagna e in altri Paesi europei in cambio di maggiori forniture di manufatti richiesti da quelle città australiane, con i prezzi europei che aumentavano a loro volta e in una certa sequenza. Per espandere la produzione di quei beni di esportazione e soddisfare le maggiori richieste dei consumatori che ora avevano i mezzi finanziari per aumentare la propria domanda di beni desiderati, parte dell’oro aggiuntivo nelle mani degli europei fu esportato in altre parti del mondo in cambio di maggiori forniture di risorse e materie prime nel tentativo di aumentare l’offerta di manufatti. I prezzi delle risorse, delle materie prime e dei beni iniziarono a salire in una certa sequenza in altre parti del mondo per soddisfare la nuova domanda.

Lentamente, ma inesorabilmente, le scoperte di oro in Australia influenzarono i prezzi globali, prima nelle zone costiere australiane, poi in varie parti d’Europa, seguite dall’aumento dei prezzi in altri angoli del mondo. Molti, se non tutti, i prezzi alla fine subirono un impatto in tutto il mondo, sosteneva Cairnes, ma in una particolare sequenza temporale che rifletteva chi intascava per primo, secondo e terzo le nuove scorte di oro e l’effetto modellato che ciò aveva su prezzi relativi, salari, profitti e produzioni. L’effetto finale di questo processo fu un “livello” dei prezzi generalmente più elevato nell’economia mondiale, ma ciò non avvenne né simultaneamente né proporzionalmente.

Se si segue la “microeconomia” dell’effetto “macroeconomico” dei cambiamenti nella quantità di moneta, non vi è alcun modo in cui i prezzi in generale possano aumentare se non attraverso il processo sequenziale attraverso il quale nuove quantità di moneta vengono introdotte nelle mani di un certo gruppo di persone, poi in quelle di un altro gruppo, seguite da quelle di un altro e un altro ancora. È solo allora che, attraverso la crescente domanda prima di alcuni beni, poi di altri beni e poi di altri ancora, i prezzi in generale saliranno cumulativamente secondo uno schema disomogeneo e sequenziale.


I punti dell'iniezione monetaria e il loro impatto non neutrale

Mises sottolineò che non esiste un processo rigido e meccanico, perché tutto dipende dalle circostanze storiche e istituzionali di come viene introdotto il cambiamento nella quantità di moneta. La sequenza sopra delineata con un aumento delle forniture di oro “iniettate” nell’economia globale attraverso, in un primo momento, i modelli di spesa dei minatori d’oro australiani, sarà diversa da un sistema di moneta fiat in cui la valuta cartacea viene stampata e utilizzata da uno stato per coprire, ad esempio, le spese di guerra.

Come spiegò Mises, in questo scenario alternativo, il nuovo denaro entra nell’economia come una maggiore domanda di armamenti militari e materiale bellico di accompagnamento. La domanda e i prezzi dei prodotti bellici tenderanno ad aumentare per primi. I loro margini di profitto aumentano all’inizio, seguiti dai salari e dai prezzi dei fattori di produzione necessari per soddisfare le maggiori richieste per la guerra. I ricavi e i redditi relativi più elevati di coloro che lavorano e sono coinvolti nelle produzioni legate alla guerra aumentano la loro domanda di moneta per altri beni desiderati, determinando aumenti in un altro insieme di prezzi e così via finché i prezzi in generale nell’economia salgono.

Un altro elemento in questo processo monetario non neutrale, sosteneva Mises, era l’inevitabile modificazione e ridistribuzione del reddito e della ricchezza. Il fatto stesso che alcune domande, prezzi e salari aumentino prima di altri migliora necessariamente la posizione di reddito di alcuni nella società e riduce i redditi reali di altri. Coloro che sperimentano prezzi e salari più elevati per i loro beni e servizi nelle prime fasi di questa sequenza temporale hanno redditi monetari più elevati da spendere prima che molti dei prezzi dei beni che desiderano aumentino di conseguenza; hanno più soldi da spendere per beni i cui prezzi non sono ancora aumentati o perolmeno non tanto quanto i loro. Ciò rappresenta un aumento reale del loro reddito, almeno finché i prezzi di ciò che vendono continuano a aumentare prima dei prezzi dei beni e dei servizi che poi acquistano.

Agli altri nella società non va altrettanto bene. Data la sequenza temporale in cui le domande e i prezzi dei vari beni aumentano durante l’espansione monetaria, gli individui e i gruppi d'individui che sperimentano prezzi più alti per ciò che acquistano regolarmente rispetto a ciò che vendono subiscono un calo dei loro redditi reali. Questi membri della società perdono durante il processo inflazionistico monetario, mentre quelli appartenenti ai primi gruppi ci guadagnano. Coloro che percepiscono redditi fissi o pensioni sono le vittime più evidenti dell’inflazione monetaria.


Le deflazioni monetarie sono ugualmente non neutrali nei loro effetti

Mises era altrettanto chiaro sul fatto che le contrazioni monetarie, o processi “deflazionistici”, erano altrettanto non neutrali nei loro effetti su prezzi, salari, profitti e redditi:

L’apprezzamento monetario [calo dei prezzi], così come il deprezzamento monetario [l’aumento dei prezzi], non avviene improvvisamente e in modo uniforme in tutta la comunità, ma di regola inizia dalle singole classi e si diffonde gradualmente [...]. I primi tra coloro che devono accontentarsi di prezzi più bassi rispetto a prima per le merci che vendono, mentre devono ancora pagare prezzi più alti di prima per le merci che acquistano, sono quelli che sono danneggiati dall'aumento del valore del denaro. Ma quelli che per ultimi hanno dovuto ridurre i prezzi delle merci che vendono, e nel frattempo hanno potuto approfittare del calo dei prezzi di altre cose, sono quelli che traggono profitto dal cambiamento.

Questo è il motivo per cui Mises considerava inutile e controproducente cercare di compensare gli effetti di una precedente inflazione monetaria facendola seguire da una deflazione monetaria. Essa porta semplicemente con sé effetti non neutrali diversi e che non compensano in alcun modo le perdite che particolari individui hanno subito durante l’inflazione monetaria:

[Alcuni] suggeriscono metodi per annullare i cambiamenti nel potere d’acquisto del denaro; se c'è stata un'inflazione desiderano sgonfiarla nella stessa misura e viceversa. Non si rendono conto che con questo procedimento non annullano le conseguenze sociali del primo cambiamento, ma vi aggiungono le conseguenze sociali di un nuovo cambiamento. Se un essere umano è rimasto ferito perché investito da un'automobile, non è rimedio lasciare che l'auto lo investa nella direzione opposta.

Mises scrisse che il modo in cui le espansioni (o contrazioni) monetarie si fanno strada attraverso il mercato dipende dalle particolari circostanze istituzionali e storiche in cui avviene il cambiamento monetario. Ma, di fatto, l’assetto istituzionale monetario e bancario di quando Mises pubblicò e revisionò The Theory of Money and Credit e scrisse le sue esposizioni successive, è rimasto più o meno lo stesso: le espansioni monetarie e creditizie avvengono attraverso sistemi bancari supervisionati e fondamentalmente controllati dalle banche centrali.

Preso in considerazione questo assetto istituzionale dei moderni sistemi monetari e bancari, Mises applicò la sua teoria della non neutralità della moneta per comprendere e analizzare i processi attraverso i quali si verificano inflazioni e recessioni e  cicli di boom/bust. E, inoltre, quali cambiamenti istituzionali dovrebbero essere introdotti se le cause e le conseguenze del ciclo economico venissero eliminate o almeno notevolmente ridotte.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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