Bibliografia

mercoledì 21 agosto 2024

Lo stato non deve essere il vostro punto di riferimento

 

 

di Jeffrey Tucker

Qualche giorno fa ho avuto il piacere di trascorrere due ore ascoltando le idee e le preoccupazioni di una socialista, una sostenitrice di Bernie Sanders ovviamente. Ho cercato di non ribattere, bensì di ascoltare e imparare. Purtroppo non c'era molto che trovassi stimolante o nuovo, ma ho comunque cercato di capire.

Il suo soliloquio iniziava con le solite lamentele nei confronti dei ricchi: milionari e miliardari non dovrebbero esistere.

Ok, mi sono leggermente tirato indietro. Non dovremmo sperare che tutti diventino ricchi invece di colpire coloro che hanno successo?

Non secondo lei. Si sono arricchiti perché erano destinati a diventarlo in virtù dell’istruzione, della razza, del genere e delle connessioni sociali – e queste sono ben lungi dall’essere equamente distribuite nella società attuale. Inoltre, a causa di qualche teoria economica fantasiosa (e in definitiva fallace), i loro guadagni vanno a scapito degli altri.

La società ideale, insisteva, sarebbe quella in cui tutti iniziano dallo stesso punto di partenza. Se le persone hanno successo per merito, va bene, ma poi dovrebbero condividere la loro ricchezza con coloro che non hanno avuto successo perché non ancora uguali. In altre parole, l’obiettivo qui è una società in cui non vi siano privilegi dovuti alla nascita ed eventuali risultati ottenuti dopo di essa devono essere ridistribuiti.

L’idea è quella di eguagliare le opportunità al fine di realizzare risultati uguali: tutto ciò che esiste tra opportunità e risultato è puramente artificiale, da questo punto di vista, e dovrebbe essere mitigato dalla politica statale.

Non è mai esistito un sistema del genere, ma la speranza è eterna. Non è nemmeno chiaro come si possa creare un mondo del genere. Se si potesse isolare la geografia, ad esempio, come variabile con una significativa probabilità di determinare risultati di successo nella vita, sarebbe impossibile persino distribuirla in modo uniforme e solo per ragioni fisiche.

Questa prospettiva è egemonica sotto ogni aspetto: influenzerebbe tutto e tutti in ogni aspetto della vita. Forse a lei sta bene, ma cionondimeno solleva diversi quesiti.

Probabilmente non ha molto senso demolire nel dettaglio il piano economico del socialismo, dato che questo è stato realizzato milioni di volte. Un problema fondamentale che il socialismo non ha mai risolto è la necessità che qualsiasi società non primitiva, in crescita e in cambiamento, produca nuova ricchezza. Questo problema occupa i temi dell’economia da mezzo millennio ed esistono buone risposte: la divisione del lavoro, l’accumulo del capitale, il mercato dei capitali, la sicurezza della proprietà privata, regole stabili, tolleranza per la creatività, attività competitive, e così via.

Il socialismo è ossessionato solo dalla ricchezza esistente senza voler affrontare il problema della necessità di crearne di nuova per nutrire tutti. C’è una ragione per cui ogni regime che ha governato in nome del socialismo ha fallito in questo senso: non esiste sostituto per le forze di mercato.

Ma in realtà, da questa conversazione, ho avuto la netta impressione che la sua visione del socialismo non riguardasse la pianificazione economica; si trattava di alimentare un’ideologia nutrita dalla rabbia per l’ingiustizia sociale percepita, il tutto opportunamente riassunto nella parola capitalismo pronunciata con un ringhio.

Sono rimasto colpito anche dal puro materialismo della sua visione socialista. In qualche modo tutto si riduce a chi possiede cosa e quanto possiede e controlla, come se questa fosse l'essenza stessa della vita.

Questa prospettiva trascura completamente, tra gli altri fattori, le enormi complicazioni legate ai cambiamenti del ciclo della vita. I giovani a scuola sono in genere al verde e profondamente indebitati con la speranza che questa istruzione possa aumentare i loro guadagni nel tempo. Nel valutare la loro ricchezza materiale in previsione della grande perequazione, sottrarremo fondi dal barista in fondo alla strada, che ha risparmiato e lesinato tutta la sua vita, e li daremo al povero studente del MIT?

Forse la vostra risposta è No, ma in tal caso: perché? Questa è una situazione complicata, una delle milioni e miliardi di situazioni complicate. Chi determinerà esattamente cosa è e cosa non è una questione vitale?

Avevo la sensazione che la sua prospettiva materialista trascurasse le lotte importanti della vita che non hanno a che fare con il denaro in quanto tale, ma più con lo spirito, la fiducia, la determinazione, il carattere e i valori in generale. Questi fattori sono presenti in tutte le persone, ricche o povere. Anche i genitori benestanti devono affrontare problemi (forse ancora più problemi) nel garantire che i loro figli diventino brave persone con buoni valori. Spesso ciò richiede che siano i genitori stessi a privare materialmente i propri figli, il che è una delle decisioni più difficili che un padre o una madre possa prendere.

Non c’è motivo per avere empatia per questo tipo di problemi? Eppure sono reali per tutti, ricchi o poveri.

La verità è che gli aspetti non materiali della gestione della vita sono importanti tanto quanto quelli materiali, se non di più. Un materialismo deterministico è assurdamente riduzionista, poiché appiattisce ogni altra complicazione della vita stessa. Anche se si potesse dividere matematicamente ed equamente tutta la ricchezza esistente, non c’è modo di eguagliare il modo in cui ogni individuo affronta le sfide della vita senza cancellare la volontà umana. Finché le persone saranno libere di agire e di scegliere, la ricchezza tornerà a essere diseguale in un lampo, e quindi sarà necessario ridistribuirla ancora una volta.

E questo ci porta al vero punto: la mentalità socialista presuppone l’esistenza di un organo decisionale potente, saggio e giusto al vertice della società, che abbia la capacità e la competenza per prendere decisioni radicali su ciò che le persone possiedono, cosa fanno, cosa è giusto e cosa è equo. Lasciando da parte ogni altro problema del socialismo (come ad esempio il modo in cui può gestire razionalmente un processo economico o raggiungere la perfetta uguaglianza materiale), rimane quello enorme del potere. Come contenerlo e controllarlo una volta creato?

Ecco l’aspetto più mistificante della mentalità socialista: il suo enorme atto di fede nel presumere che lo stato diventerà magicamente un rappresentante della mente compassionevole del sognatore socialista. Ma lo stato non è il vostro delegato, non è mai successo; non esiste alcun piano per far sì che lo stato lo diventi. E tal problema non sembra affatto entrare nella mente del pensatore utopico.

Il che è profondamente irresponsabile.

A dire il vero, però, il problema dello stato come punto di riferimento nella mente di un intellettuale non è limitato ai socialisti. Vale anche per i collettivisti di destra che immaginano una società organizzata attorno a una visione nazionalista, un'ideologia razzista, un'agenda di patriottismo e conformità universali. Oppure pensiamo al teocrate: una religione per tutti. Anche questo tizio immagina lo stato come un punto di riferimento della propria posizione teologica e spirituale. Vuole la salvezza eterna per il mondo e per questo presume che lo stato debba perseguirla.

Ciò che sorprende in questa prospettiva, ampiamente condivisa nella nostra cultura politica, è che non c’è uno straccio di prova, né storica né teorica, che si possa forzare lo stato a conformarsi alla propria visione filosofica. Ciononostante nessuna presunzione è più profondamente radicata nei dibattiti politici quotidiani del nostro tempo.

Ecco quello che direi alla mia nuova amica socialista: le tue intenzioni sono radicate in qualcosa di generalmente ben intenzionato, un'estensione del tuo caro cuore e della tua mente intelligente. Di questo non ho dubbi. Ma il modo giusto per agire in base ai tuoi valori è su piccola scala, attraverso mezzi volontari, coerenti con compassione e cura per le persone colpite dalla tua ideologia. Provaci, ma fai attenzione: l’umiltà richiede che tu riconosca che la violenza dello stato scatena nel mondo forze che non puoi controllare. Sei pronta ad assumerti la responsabilità di tutti i risultati, qualunque essi siano? In caso contrario, trova un modo più pacifico per realizzare le tue aspirazioni.

Lo dirò in modo semplice: il liberalismo è una società, un mondo, di sperimentazione dal basso verso l’alto che afferma la legittimità della volontà umana individuale. Solo un modello di libertà radicato in un senso di scoperta infinita è pienamente coerente con i diritti umani. Si dà il caso che generi anche la più grande prosperità materiale mai conosciuta sul pianeta. Non osiamo discostarci da esso, tanto meno sostituirlo con una visione preconfezionata di come dovrebbe essere la società. Non conosciamo le risposte per tutti; le conosciamo a malapena per noi stessi.

Questo è esattamente il motivo per cui la libertà è importante.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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2 commenti:

  1. Per il cittadino e le piccole e medie imprese è meglio il Socialismo o il Neo Liberismo : https://www.youtube.com/watch?v=pDMfsvWvRxw&t=120s

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    1. Nessuno dei due: https://www.francescosimoncelli.com/2016/02/perche-gli-austriaci-non-sono.html
      Inoltre il socialismo è esso stesso prevaricazione dei più deboli, visto che usa mezzi violenti per ridistribuire la ricchezza esistente. Da qui si scopre che le tasse e la spesa pubblica in realtà non sono il problema principale, bensì la fuga degli imprenditori e la soppressione della creatività. Il resto sono chiacchiere di vuole arrivare alle leve di potere per spingere il proprio gruppo d'interesse.

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