martedì 20 agosto 2024

Ciò che la teoria Austriaca del ciclo economico non prevede

L'articolo di oggi vuole proporre ai lettori una critica costruttiva ai temi che spesso vengono portati alla loro attenzione su queste pagine. Come tutte le teorie, infatti, esistono sempre margini di crescita ed evoluzione, quindi bisogna riconoscere i propri limiti e lavorare su di essi per fornire un aggiornamento del lavoro di coloro che sono venuti prima di noi. Mi dispiace dirlo, ma da questo punto di vista il Mises Institute non ha fatto molto per portare a un nuovo livello la teoria Austriaca del ciclo economico. Per quanto i suoi sforzi divulgativi abbiano permesso di far conoscere a un pubblico più ampio di persone il messaggio e la metodologia della Scuola Austriaca, è stato fatto poco in ambito della ricerca. A mio giudizio, l'evoluzione della teoria Austriaca del ciclo economico dovrebbe includere, e quindi studiare, nelle sue analisi il sistema bancario ombra e i movimenti geopolitici: per come la storia economica è cambiata nel tempo, questi due fattori rischiano di rendere monca la spiegazione che si vuole dare oggigiorno ai cicli economici. Perché, ad esempio, per quanto si possa concordare che il rialzo dei tassi sia la strada giusta da perseguire in questo momento storico post-tassi a zero, la maggior parte degli Austriaci fallisce nel comprendere come gli Stati Uniti siano in una posizione di vantaggio rispetto al resto delle economie del mondo. Nel mio piccolo ho voluto dare un contributo in tal senso permettendo ai lettori di comprendere l'importanza della cosiddetta attività bancaria ombra e dei movimenti geopolitici. Effettuando studi comparati, una maggiore consapevolezza e visione sono arrivati grazie alla Eurodollar University di Jeff Snyder, che, a detta del sottoscritto, è l'anello mancante di cui deficita il Mises Institute per fare poi il salto di qualità. Se l'economia è dinamismo, lo è anche la conoscenza, la cui dispersione, come diceva Hayek, deve essere ricollegata da una mente dinamica e non statica. Ovviamente il mio spazio divulgativo esiste proprio per questo motivo: accorciare i tempi di apprendimento di coloro che fruiscono del mio servizio. E infatti nel tag “eurodollaro” troverete tutti quegli articoli che mirano a espandere e aggiornare una teoria solida alla base, ma che necessita di alcuni aggiustamenti man mano che la storia dell'umanità va avanti.

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di Alexander William Salter

Molti economisti che hanno una visione libera del mercato monetario sono in sintonia con la teoria Austriaca del ciclo economico. Sviluppata nella prima parte del XX secolo da Ludwig von Mises e Friedrich Hayek, e ulteriormente perfezionata negli ultimi anni da Steven Horwitz e Roger Garrison, essa collega il ciclo economico al comportamento del sistema bancario centrale che inavvertitamente fa sì che i tassi d'interesse inviino segnali errati. In breve, l’argomentazione è più o meno questa: la banca centrale decide di voler espandere l’offerta di denaro, forse perché desidera ridurre la disoccupazione e/o aumentare la produzione. Nel breve periodo la politica monetaria espansiva può abbassare i tassi d'interesse di mercato a causa dell’effetto della nuova liquidità: la moneta creata ex novo viene iniettata nei mercati dei capitali aumentando l’offerta di fondi mutuabili rispetto alla domanda; questo abbassamento dei tassi d'interesse, però, non avviene perché c’è stato un reale aumento della quantità di risparmio reale, è puramente un effetto monetario. Gli investitori rispondono al calo dei tassi d'interesse aumentando gli investimenti; i consumatori rispondono accendendo più prestiti. Questi comportamenti sono incoerenti: poiché il risparmio reale non è aumentato, non ci sono le risorse per soddisfare i desideri sia dei consumatori che degli investitori, i quali si disallineano a causa dell’effetto della politica monetaria espansiva sui tassi d'interesse. Alla fine qualcosa deve rompersi: i progetti d'investimento vengono liquidati, i lavoratori vengono licenziati e il boom alimentato da un aumento della spesa e degli investimenti lascia il posto a una crisi caratterizzata da un processo a tentoni in cui gli imprenditori fanno del loro meglio per riallocare i fattori di produzione verso usi realmente redditizi.

La teoria Austriaca del ciclo economico è spesso criticata perché non può spiegare la lunghezza o la dimensione del boom e del bust. Ad esempio, alcuni sostengono che non sia credibile che le oscillazioni dei tassi d'interesse di mercato (di breve periodo) possano provocare flessioni prolungate. Questa critica è fuori luogo. La teoria Austriaca del ciclo economico non è una teoria che prevede quanto durerà il boom, o quanto durerà la crisi, o quanto saranno grandi entrambi questi fattori. Essi, sebbene siano importanti e meritevoli di studio, esulano dall’ambito della teoria. La teoria Austriaca del ciclo economico è esclusivamente una teoria del boom insostenibile, una spiegazione del perché i boom alimentati dalle banche centrali devono necessariamente trasformarsi in crisi. Per spiegare la dimensione e la lunghezza del boom o del bust sono necessari ulteriori dettagli empirici. Ad esempio, la teoria Austriaca del ciclo economico può spiegare il boom e il bust più recenti nei mercati finanziari e immobiliari come risultato di una politica monetaria eccessivamente espansiva da parte della FED in seguito al crollo delle dot-com nei primi anni 2000; ciononostante non può spiegare perché il malessere si sia verificato nei mercati immobiliari e nei derivati ​​il ​​cui valore era legato ai mutui. Per spiegare perché questi particolari settori e asset sono stati così fortemente colpiti, dobbiamo discutere le politiche pubbliche che hanno incentivato l’allocazione del credito facile creato dalla FED verso l’edilizia abitativa e i mutui. Questo dettaglio istituzionale è complementare alla teoria Austriaca del ciclo economico – senza di esso non si può raccontare una storia completa della crisi finanziaria – ma non è propriamente una parte della stessa.

Come tutte le teorie, la teoria Austriaca del ciclo economico è limitata nelle sue spiegazioni e previsioni. Intende spiegare perché i boom che hanno origine in tassi d'interesse ingannevolmente bassi si trasformano poi in bust. Il fatto che la teoria Austriaca del ciclo economico non parli della durata o delle dimensioni dei boom e dei bust non è un atto d’accusa contro di essa, perché non è mai stata intesa a spiegarle in primo luogo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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