Sono passati poco più di due mesi dal quarto halving, con il prezzo di Bitcoin più o meno in flessione e il sentiment piuttosto sottotono nonostante il fatto che in termini di periodi immediatamente successivi all'halving siamo completamente in linea con i cicli precedenti.
Bitcoin sta andando bene. Nessun calo pazzesco, nessun salto pazzesco; e ciò non sorprende. Solo in termini di modelli, la crescita reale di solito non inizia prima di sei mesi. Se la situazione macro lo consente e BTC segue una traiettoria all'interno del range storico, un bitcoin varrà sei cifre nel 2024. Vediamo come andrà a finire.
Confrontando i movimenti precedenti post-halving con il punto in cui ci troviamo ora, siamo ancora sulla buona strada per un tipico rialzo che durerà 12-24 mesi.
Quanto in alto?
È sempre inutile anche solo fare ipotesi quando si tratta di Bitcoin: ho detto che a questo punto un prezzo a sei cifre è più o meno definito; arriveremo a sette in questo ciclo? È davvero difficile da dire.
Ecoinometrics lo colloca tra $140.000 e $4.500.000 – è una fascia così ampia da sembrare inutile a prima vista, ma quello che penso che sia lui che io stiamo dicendo è che con ogni probabilità raggiungeremo le sei cifre (e probabilmente otterremo un buon calo dal 20% al 30% nel momento in cui ci arriverà), e poi è nell'ambito delle possibilità raggiungere la settima entro la fine del ciclo, cosa che cercherò di capire nel terzo-quarto trimestre del 2025.
I fattori trainanti di questo ciclo sono le istituzioni e gli operatori non al dettaglio che entrano in un mercato in cui c’è sempre meno BTC.
L'halving, infatti, ha ridotto la nuova emissione di bitcoin da 900 al giorno a 450. Inoltre la percentuale di bitcoin già esistenti che è stata trattenuta nei wallet per oltre tre anni è in costante aumento da più di tre anni.
Infatti se guardate il grafico delle onde HODL (pubblicato da HIVE), noterete che il numero di trattenute a lungo termine sta aumentando in tutti gli intervalli di tempo a lungo termine:
• 3 – 5 anni
• 5 – 7 anni
• dai 7 ai 10 anni
• Anche gli HODLer da più di dieci anni stanno HODLando forte
L’ultimo inverno delle criptovalute ha avuto luogo durante una rara contrazione dell’offerta di denaro M2 e un relativo calo del suo ritmo di crescita. Bitcoin ha poi toccato il fondo ed è tornato al rialzo, con M2 ancora in calo.
È stato di buon auspicio, perché in genere è la narrativa della “stampante monetaria fuori giri” che per certi versi semplifica il processo decisionale di acquisto di molte persone. Con Bitcoin che ha addirittura raggiunto nuovi massimi storici prima del quarto halving, sembra che siamo pronti per una mossa esplosiva verso l'alto una volta che le cose finalmente prenderanno il via.
E ora il tasso di crescita di M2 si è invertito e sta tornando indietro – con Mark Wilson di Goldman che si chiede se siamo in una “congiuntura monetaria simile al 1995 o al 2011”.
Ciò che apparentemente spinge i prezzi degli asset più in alto dell’inflazione monetaria vera e propria è la liquidità.
E sembra che ci siano tutte le condizioni affinché la liquidità possa risalire.
Il ciclo del debito, il ciclo elettorale e tutti i tipi di pressioni sistemiche sul sistema finanziario si stanno allineando per fornire un’ulteriore spinta a questo ciclo (e potrebbe essere la madre di tutte le spinte).
La conseguenza di primo ordine del ciclo della liquidità (o forse, più precisamente, il suo elemento motore) sono i bilanci delle banche centrali, che continuano a espandersi e, per quanto ne so, non torneranno mai ai livelli pre-pandemia, per non parlare di dove erano prima della crisi finanziaria globale.
Raoul Pal sostiene spesso che durante la crisi finanziaria globale, le banche centrali del mondo abbiano stretto un accordo per assorbire tutto il debito inesigibile nei propri bilanci e, da quel momento in poi, questi ultimi hanno continuato ad assorbire eventuali oscillazioni di velocità nell'economia globale.
Ecco perché i multipli PE delle azioni rimangono a livelli vertiginosi e perché cose come il value investing non funzionano più.
Zoltan Pozsar è giunto alla stessa conclusione, anche se da un punto di vista diverso, affermando che il value investing è morto “perché le obbligazioni non offrono più valore”.
Secondo lui, finché gli investitori obbligazionari non imporranno la disciplina sui mercati obbligazionari (richiedendo una sorta di “margine di sicurezza”) – e quindi finché le banche centrali non garantiranno il sostegno ai mercati del debito (vedi discorso sul bilancio sopra) – i prezzi degli asset continueranno a salire. Nessuno sconto, nessuna valutazione errata del valore, nessun margine di sicurezza: solo premi per il rischio, sempre, mentre la disciplina viene gettata a mare.
(Sì, spesso mi descrivo come un value investor, ma alla fine ho iniziato a capire che “il sistema” non permetterà mai più che i mercati finanziari si sfilaccino al punto in cui non esiste più valore. Succede, ma è raro – e degno di nota è anche che l’unico posto in cui sembra trovarlo, di tanto in tanto, è nelle criptovalute, quando scopriamo azioni trattate al di sotto del valore mark-to-market rispetto agl iasset digitali.)
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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