Esiste solo una delle principali piattaforme social che è relativamente libera dalla censura: si tratta di X, un tempo nota come Twitter e di proprietà di Elon Musk, il quale da anni predica la libertà di parola e sacrifica miliardi di dollari in pubblicità per proteggerla. Se non ce l'abbiamo, dice, perdiamo la libertà stessa; sostiene inoltre che sia la strada migliore per trovare la verità.
La crisi scoppiata dopo l'attentato a Donald Trump ha messo alla prova questo principio. Ho pubblicato aggiornamenti regolari e non sono mai stato censurato; non sono a conoscenza di nessuno che lo sia stato. Abbiamo ricevuto aggiornamenti secondo per secondo in tempo reale; i video volavano insieme a tutte le voci immaginabili, molte false e poi corrette, accanto a “spazi” di libertà di parola in cui tutti condividevano le proprie opinioni.
Durante quel frangente Facebook e la sua suite di servizi sono rimasti in silenzio, in linea con la nuova etica di tutte queste piattaforme: censurare tutti i discorsi fino a quando non verrà approvata una narrazione ufficiale e poi consentire solo ciò che è coerente con i comunicati stampa.
Questa è l’abitudine nata dagli anni del Covid ed è rimasta: ora tutte le piattaforme evitano qualsiasi notizia nuova, tranne quelle già confermate dai media generalisti. Forse funziona nella maggior parte dei casi in cui le persone non prestano attenzione e i lettori non sanno cosa si perdono. Il problema era che durante le ore successive all'attentato, quando quasi tutti sul pianeta volevano aggiornamenti, non arrivavano comunicati stampa.
Per abitudine ho acceso quella che una volta si chiamava televisione. Le reti erano piene di teste parlanti e di giornalisti con la consueta eloquenza; ciò che mancava in tutte le trasmissioni che ho visto erano eventuali aggiornamenti concreti. Anche loro aspettavano la conferma di questo o quello prima di fornire qualsiasi informazione oltre le nozioni di base. Lasciano parlare i loro “esperti” il più a lungo possibile solo per perdere tempo prima di pubblicare nuovi annunci.
Man mano che passava il tempo ho capito una cosa: X era la fonte delle notizie, mentre i giornalisti dovevano attendere il permesso prima di leggere le battute scritte.
Nel frattempo, su X, la situazione era assolutamente convulsa. I post volavano veloci e furiosi: circolavano voci (nome e affiliazioni dell'assassino, storie di una seconda sparatoria, affermazioni secondo cui Trump sarebbe stato colpito al petto e così via), ma poco dopo sono circolate anche le smentite. La funzione chiamata “Community Notes” teneva sotto controllo le notizie false, mentre la verità gradualmente veniva a galla e succedeva argomento dopo argomento.
Si è permesso che apparissero le teorie più folli, mentre altri le confutavano con argomentazioni ragionate. I lettori potevano decidere da soli. Si poteva vedere come l'apparente caos si organizzasse gradualmente in una comunità in cerca di verifica. Gli utenti sarebbero diventati sempre più attenti a pubblicare affermazioni che non potevano essere verificate, o almeno a spiegare cosa fossero.
X da solo teneva conto di tutti i media aziendali e giornalisti ed editori ovviamente sono finiti per dipendere dai loro feed su X per capire cosa dire dopo. Con i giornali è stato lo stesso. Quando il NYT, la CNN, il WaPo e così via commettevano grossi passi falsi, gli utenti su X li denunciavano, la voce raggiungeva gli editori e il titolo o la storia cambiavano.
Alla fine X è diventato l'unico luogo in cui si poteva trovare la pienezza della verità. Nel frattempo i media del vecchio mondo distribuivano i titoli più ridicoli che si potessero immaginare. Per molte ore il New York Times, la CNN, il Washington Post e altri organi simili si sono rifiutati di dire che si trattava di un tentativo di omicidio nei confronti di Trump. I loro titoli hanno inizialmente portato a credere la gente che si trattasse di un raduno MAGA con alcuni tiratori casuali che si erano lasciati trasportare e quindi Trump era stato fatto evacuare. È successo davvero e i lettori sono rimasti indignati.
La CNN è stata probabilmente la peggiore, con il seguente titolo: “I servizi segreti portano Trump fuori dal palco mentre cade durante la manifestazione”.
Ci sono volute molte ore e ripetuti tentativi, ma alla fine i media generalisti hanno finalmente affermato che l'incidente era “in fase di indagine” come tentativo di omicidio, anche se era ovvio che si trattasse di un attentato alla sua vita a cui è sopravvissuto a malapena.
Era il tipo di ondata di sciocchezze che ha screditato ulteriormente i vecchi media aziendali proprio di fronte a un intero pianeta che ormai non crede più a nulla di ciò che dicono.
È difficile sapere perché la stampa generalista abbia agito così: era semplicemente cauta e preoccupata per la disinformazione? Se è così, come mai molti dei suoi titoli erano dello stesso tipo rifiutandosi di dire che qualcuno aveva tentato di uccidere Trump? Ha semplicemente l'abitudine di aspettare che i funzionari le dicano cosa dire? Difficile dirlo, ma il fallimento è stato evidente ed è ancora evidente agli occhi di tutti.
Ciò che risalta sopra ogni altra cosa è il modo in cui la libertà di parola su X abbia funzionato bene per scovare la vera storia, spingendo al tempo stesso la stampa generalista a correggere i suoi errori e a raccontare le cose nel modo giusto. Rabbrividisco al pensiero di come sarebbero andate le cose in assenza di questa piattaforma, la quale è diventata il punto di riferimento per tutti. La lezione più importante: la libertà di parola ha funzionato e alla grande anche.
Tutte le società occidentali sono attualmente alle prese con la questione di quanto discorso consentire su Internet. La traiettoria ormai da anni non è buona e le piattaforme una volta libere sono diventate più ingessate, più propagandistiche, più serie e più noiose, anche se X ha creato una cultura di libertà combinata con la responsabilità alimentata dalla comunità.
Questa libertà ha realizzato esattamente ciò che avrebbe dovuto realizzare, mentre le piattaforme censurate hanno mantenuto la disinformazione molto più a lungo di quanto avrebbero dovuto.
Troppo spesso la battaglia sulla libertà di parola è inquadrata come disinformazione/libertà contro fatti/verità/restrizione; si è dimostrato vero il contrario. La piattaforma gratuita si è dimostrata capace di rapide correzioni di rotta e massima agilità nell'elaborare il flusso costante di nuove informazioni. Nel frattempo i luoghi in cui la “disformazione” è stata anatemizzata hanno finito per esserne la fonte principale.
La libertà funziona. Per quanto disordinata sia, funziona meglio di qualsiasi altro sistema. Nel frattempo i governi di tutto il mondo hanno preso di mira X per distruggerlo: gli inserzionisti continuano a boicottarla e gli enti regolatori continuano a minacciarla.
Finora non ha funzionato, e grazie al cielo, altrimenti per X le ultime 24 ore sarebbero state molto diverse: nient’altro che propaganda, a parte qualche voce sparuta qua e là. E qui sta un’altra ironia: il modo in cui viene gestito X aumenta la fiducia degli utenti anziché ridurla.
La lezione dovrebbe essere ovvia: la risposta ai problemi della libertà di parola è maggiore libertà alla parola.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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