mercoledì 3 luglio 2024

La sconfitta di Macron non è la fine, è solo l'inizio

Il socialismo ignora sempre il calcolo economico e la necessità di promuovere una crescita economica e una ricchezza reali. Quando il mantenimento di uno stato ipertrofico e la ridistribuzione diventano gli unici obiettivi, l’economia ristagna e tutti finiscono in una spirale di povertà. La Francia è in stagnazione economica da decenni; non ha avuto un bilancio in pareggio dalla fine degli anni ’70 e il malcontento è ormai la norma. Le imprese e i contribuenti si sono stancati del progressivo drenaggio fiscale e il sistema di sussidi statali non ha fatto altro che generare gruppi di persone dipendenti e arrabbiati che si sentono abbandonati e faticano a comprendere la propria situazione. Il tanto acclamato stato sociale ha fallito perché i sussidi e la spesa pubblica hanno ignorato il calcolo economico, rendendo il Paese un incubo per i creatori di ricchezza reale e per coloro che cercano una rete sociale che offra opportunità. La Francia ha dimostrato che la promessa di una redistribuzione socialista crea solo stagnazione economica. La lezione che possiamo imparare qui è che il socialismo non funziona mai e una volta che i risultati disastrosi sono evidenti, è quasi impossibile correggere il problema di fondo. La Francia, infatti, rappresenta un enorme problema nell’Eurozona e la BCE non può nasconderlo, ma non è la sola in questa condizione. È solo la punta dell’iceberg, visto che il Fondo Next Generation EU e la Commissione europea stanno attualmente nascondendo guai strutturali ben peggiori in Spagna, Italia e in altri Paesi dell’area Euro.

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di Tom Luongo

Dire che ho aspettato sulle spine per l'ultimo anno o giù di lì è un eufemismo. Sono sicuro di non essere l'unico.

Questo finto mondo della cricca di Davos in cui il grasso è bello, l’accidia è una virtù e la pedofilia è l’apice dell’amore umano, dovrebbe rendervi un po’ preoccupati.

Quando alziamo lo sguardo e vediamo che tutto ciò che è bello viene sistematicamente sovvertito, sminuito o semplicemente vandalizzato, è difficile mantenere viva la propria compassione, anche se fosse giustificata... cosa che non è.

Oggi torno a scrivere dopo più di un mese e siamo a un paio di giorni dalla sconfitta dell'acerrimo globalista Emmanuel Macron da parte sia di Marine Le Pen che da una litigiosa coalizione di sinistra.

In vista del ballottaggio di questo fine settimana è abbastanza ovvio che il partito di Macron, En Marche, sarà relegato nella pattumiera della storia. Macron era un finto populista vendutoci dalla cricca di Davos quasi dieci anni fa per smorzare l’ascesa della Le Pen.

E questa volta non importa davvero quale barriera politica mettano in campo i vari comunisti in Francia per congelare la maggioranza del Fronte Nazionale nel Parlamento francese. La marea si è rivoltata contro di loro.

Proprio come è successo nel Regno Unito, negli Stati Uniti, nei Paesi Bassi, in Italia e nel resto del cosiddetto Occidente post-illuminista.

Tale idea, il “post-illuminismo”, secondo cui abbiamo iniziato a rifiutare Dio a favore della modernità e della supremazia della ragione umana in base alla vastità della nostra ignoranza su come funziona l’Universo, è la chiave per capire ciò che sta accadendo.

E nel momento in cui ho iniziato a scrivere di Macron sono rimasto colpito dal ricordo di Notre Dame in fiamme.

La chiesa era in fiamme e gli sciacalli ragliavano per quanto fosse bello.

Ciò è accaduto sotto il governo di Macron e per questo ha pianto lacrime di coccodrillo, come fanno tutti i furfanti marxisti come lui.

Anche perché non possono che avere il facsimile delle emozioni, visto che secondo loro viviamo tutti in una simulazione.

All’epoca lo definivo “Simbolo di una cultura fallimentare”, ma è molto più di questo. L'incendio di Notre Dame, deliberato o meno, è stato emblematico di quanto i nostri custodi fossero negligenti nel preservare il nostro passato.

Talmente ossessionati dalla loro patetica modernità che per decenni hanno espropriato quasi tutta la ricchezza della Francia per elevare l’indolenza e trascurare la bellezza, diventando allo stesso tempo apertamente ostili alla propria storia. Il loro disprezzo per quest'ultima era plateale, mentre la loro rabbia verso la religione sopraffaceva la loro umanità.

C'è di peggio: i discendenti di coloro che costruirono Notre Dame stanno applaudendo perché è stato inculcato loro, tramite l'istruzione marxista, l'odio per la religione in tutte le sue forme.

Sono stati immunizzati contro qualsiasi sentimento che non sia disprezzo per sé stessi e la propria storia.

La storia è storia. Non ha un ordine del giorno. Esiste, nel bene e nel male, per ricordarci che chi siamo oggi è la somma totale di chi eravamo allora.

I marxisti credono nella creazione di un uomo senza storia, senza connessione con il suo passato per trasformarlo nel Nuovo Uomo Sovietico.

Discutete con me su questi temi per tutto il tempo che volete cari accoliti di Bernie, Corbyn e Richard Wolff , questo è il punto di questa assurdità postmoderna francese secondo cui “la vita è una simulazione”. È semplicemente una scusa per giustificare l'invidia intrinseca al centro di tutto il pensiero marxista.

Significava qualcosa per milioni di persone, se non miliardi.

Quell'incendio è stato davvero un momento in cui hanno distrutto qualcosa di bello, anche se l'incendio fosse stato un incidente.

Notre Dame era sicuramente una cosa da invidiare. Un luogo di straordinaria bellezza e realizzazione; una cosa che vale la pena preservare attraverso i secoli. Ovviamente doveva essere distrutto.

Il disprezzo di Macron e dei suoi compagni di viaggio nei confronti di chiunque non fosse d’accordo con il Commintern era palese allora.

Anche se pensano che non dovremmo avere una storia, dimenticano che abbiamo ricordi.

Quindi oggi non dovremmo essere sorpresi se guardiamo a quanto accaduto alle urne francesi.

Macron e la cricca di Davos faranno tutto il possibile per far finta di avere ancora il controllo in Francia. Potrebbe addirittura riuscire a salvarsi. Così facendo potrebbe anche distruggere ciò che resta della Francia, sacrificandola sull'altare dell'Unione Europea, ma per cosa?

Un’alleanza instabile tenuta insieme dai rimproveri di una vampira tedesca come Ursula Von der Leyen? Per quanto tempo pensate che i francesi passeranno dai gilet gialli alla ghigliottina?

L'ultima volta che ho controllato questa è una parte della loro storia che anche Macron sta cercando di negare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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martedì 2 luglio 2024

La proprietà privata deriva dalla scarsità, non dalla legge

 

 

di Joakim Book

La proprietà è un principio economico chiave affinché i mercati possano funzionare e gli attori di mercato possano vivere in armonia tra di essi. Ma come per tante cose nell’era moderna, si applica la  scena (e il meme che l'accompagna) del film del 1987, La storia fantastica: “Continui a usare quella parola; non penso che significhi quello che tu pensi significhi”.

Per il marxista proprietà significa accaparramento ingiusto di risorse. La maggior parte degli americani pensa alle proprie case. Per Murray Rothbard e molti altri libertari che riflettevano profondamente sulla natura della società, la proprietà significa civiltà e “implica il diritto di trovare e trasformare le risorse: produrre ciò che sussiste e fa avanzare la vita”.

I diritti di proprietà mediano la decisione sociale su come utilizzare le risorse per le quali esistono fini concorrenti. In altre parole, gli esseri umani utilizzano l’uso dei diritti di proprietà per determinare quale pezzo di terra od oggetto può essere utilizzato da chi, in quale momento e per quale scopo. Invece di avere un sistema elaborato per individuare il fine collettivo più vitale e quali mezzi possono essere utilizzati per raggiungerlo, decentralizziamo la decisione lasciando che ciascun proprietario di arance, case o macchinari decida come e quando maneggiarli. Dato che alcune risorse hanno usi rivali e concorrenti, la società utilizza la “proprietà” come meccanismo per esternalizzare il processo decisionale su tali risorse.

La scarsità, come sosteneva Lionel Robbins, è il problema fondamentale da cui nasce l’economia.

Tutto questo mi viene in mente mentre guardo la miniserie The Playlist, un documentario sull'ascesa del servizio di streaming musicale Spotify. Si basa sul libro Spotify Inifrån e contiene numerose riflessioni di alto livello sul valore economico, sulla scarsità e sulla proprietà. Il conflitto centrale che attraversa la miniserie (e l’industria che Spotify ha sconvolto) riguarda la natura della proprietà, vale a dire la proprietà intellettuale. Valutare come essa non sia proprietà ci informa quindi su cosa comporta il concetto.

Una scena è particolarmente rivelatrice. Il personaggio del programmatore Andreas si lamenta della monetizzazione del suo software; ciò che lui e il suo team avevano costruito avrebbe dovuto essere diverso, offrire musica a chiunque gratuitamente, invece di diventare l'ennesimo business capitalistico con pagamenti e altri ostacoli finanziari.

Poi, dopo una svolta tecnica, esclama con orgoglio che “abbiamo presentato la domanda di brevetto questa mattina”, senza rendersi conto che così finì per giocare secondo le stesse regole economicamente analfabete che aveva denunciato in precedenza.

I brevetti sono un modo di usare la legge per monopolizzare una risorsa altrimenti gratuita e replicabile. La tecnica dei file audio MP3 ha scardinato l’industria del diritto d’autore, scrive Knut Svanholm, un bitcoiner con un profondo fascino per l’economia Austriaca (di cui vale la pena leggere il libro sulla prasseologia). In, Bitcoin: Everything Divided by 21 Million, scrive:

I file audio sono diventati improvvisamente condivisibili tra gli utenti di Internet perché erano diventati piccoli. Era caduto un domino che presto avrebbe reso obsoleta l’intera industria discografica. E non solo quest'ultima, ma l’intera industria dell’intrattenimento. Qualsiasi file informatico poteva essere condiviso gratuitamente con chiunque sulla Terra tramite Internet.

I file informatici, come la musica registrata, sono diventati non rivali e – a parte alcuni colossi aziendali e i loro sforzi di lobbying – infinitamente copiabili e non escludibili. I file, quindi, non sono proprietà poiché non sono scarsi.

L’incapacità fisica ed economica (ma non legale!) di escludere gli utenti da parte dei creatori di ricette, di invenzioni, di musica o di altre cose rese non scarse dalla tecnologia, è il principio stesso che rende la proprietà intellettuale una non proprietà.

Ludwig von Mises, sebbene un po’ ambivalente sull’argomento, capì che l'erronea etichetta di suddetto termine riguardava la mancata comprensione della “inesauribilità dei servizi, i quali non sono scarsi e non c’è bisogno di economizzarne l'impiego”. Innovazioni e altre ricette, scrisse in Human Action

sono beni gratuiti in quanto la loro capacità di produrre effetti definiti è illimitata. Possono diventare beni economici solo se sono monopolizzati e il loro utilizzo è limitato [...]. [I brevetti] sono considerati privilegi, vestigia del periodo rudimentale della loro evoluzione, quando la tutela giuridica veniva accordata agli autori e agli inventori solo in virtù di un privilegio eccezionale concesso dalle autorità. Sono ambigui, perché sono redditizi solo se consentono di vendere a prezzi di monopolio.

Se pensate ancora che ci siano dei meriti nelle leggi sulla proprietà intellettuale, per analogia, immaginate un contesto diverso. Un'insegnante di matematica inizia a spiegare ai suoi alunni di quinta elementare che esiste una relazione universale tra la lunghezza della base, l'altezza e l'ipotenusa di un triangolo rettangolo. Dopo la lezione, mentre gli studenti annoiati escono dall'aula, l'insegnante si dirige all'ufficio amministrativo, compila il modulo standard sui diritti d'autore e chiede il bonifico scolastico alla Fondazione Pitagorica.

Ciò non può che sembrare assurdo per la maggior parte degli osservatori. Nessuno può possedere il Teorema di Pitagora nello stesso modo in cui possediamo camicie, case o vigneti. Anche se ci fosse un creatore conosciuto (non Pitagora), è ben oltre ogni ragionevole scadenza affinché il materiale protetto da diritto d'autore diventi di pubblico dominio. Ma perché no? Qual è la differenza tra il Teorema di Pitagora e, ad esempio, la musica di Taylor Swift?

Solitamente vengono avanzate due argomentazioni. In primo luogo, se non premiamo i creatori, sia nel campo della musica, dell'arte o dell'innovazione, smetteranno di creare. Osservando qualsiasi creatore al lavoro, ciò è errato; inoltre non vi è alcuna prova che i brevetti aumentino le innovazioni o la produttività. La maggior parte delle opere d'arte storiche, della narrativa, delle innovazioni o della musica sono state realizzate da lavoratori comuni o da appassionati, a volte con il sostegno di ricchi mecenati.

In secondo luogo, diversi personaggi dell’industria musicale nella saga di Spotify invocano ripetutamente l’appello a una giustizia compensativa per il proprio lavoro: perché non dovrei avere il diritto a un compenso per il mio lavoro, proprio come tutti gli altri che lavorano e ricevono uno stipendio? Per una mera questione economica: no, non dovresti. Le transazioni economiche e i diritti di proprietà che utilizziamo sono intrinsecamente legati alla scarsità. Non valutiamo né scambiamo ossigeno, complimenti o la ricetta dello stufato di carne di vostra nonna, non perché non siano preziosi ma perché non sono scarsi. Il vostro “lavoro” musicale è più simile a queste cose piuttosto che ai contratti di lavoro. L'uso di beni immateriali non escludibili e non rivali da parte di una persona non impedisce a un'altra di usarli. Non meritate un compenso finanziario per il vostro duro lavoro respiratorio, né per essere una brava persona con gli altri; meritate un compenso economico quando utilizzate risorse scarse per generare valore per gli altri (per quanto riguarda la generosità e i doni – e l’interessante adozione da parte dei bitcoiner del rapporto “valore per un valore” – ci sono molti altri trattati economici che affrontano questi temi).

La proprietà è legata alla fisicità del mondo, derivante direttamente dalla scarsità delle cose. L’umanità starebbe meglio se si astenesse dall’imporre pagamenti artificiali e finalizzati alla ricerca di rendita su idee non rivali e intangibili.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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lunedì 1 luglio 2024

La fallacia di Montaigne

 

 

di Mark Thornton

Con il mondo che si muove sempre più nella direzione del protezionismo commerciale e della guerra, vale la pena ricordare l’origine degli errori su cui si basano questi movimenti.

A Michel Montaigne, politico e scrittore del XVI secolo, viene attribuita la visione illogica secondo cui il commercio e lo scambio fanno sì che una persona vinca e l’altra perda. Oggi questa visione è chiamata “pensiero a somma zero”. L’errore è alla base delle linee di politica commerciali protezionistiche dell’ex-presidente Donald Trump e delle linee di politica commerciali protezionistiche del presidente Joe Biden, nonché di tutta una serie di linee di politica governative irrazionali, dalla “protezione dei posti di lavoro” alla guerra.

Montaigne visse ai tempi d’oro del re Luigi XIV, del ministro dell’economia francese Jean Baptiste Colbert e del periodo d’oro del mercantilismo, un miscuglio di protezionismo, colonialismo, schiavitù e ascesa del potere statale centrale. In quanto “filosofo”, Montaigne era uno scettico che non credeva nel potere della ragione e della logica umana, nella possibilità della verità, nella bontà della natura o nell’esistenza di qualsiasi tipo di Dio. Nonostante la sua “filosofia”, credeva nelle apparenze della religione e nel monopolio della Chiesa cattolica, nonché nel potere completo e illimitato dello stato.

Senza accesso alla ragione umana e senza speranza di scoprire la verità sulla natura dell'essere umano, come ci si potrebbe opporre a qualcosa nell'ordine esistente delle cose? L'obbedienza cieca era la sua regola. A quanto pare lo status quo è sempre perfetto e non potremmo mai sapere nient’altro.

Non sorprende che fosse anche un convinto machiavellico. Mentre tutti possiamo vedere che la menzogna e l’inganno sono una parte normale e deplorevole della politica e dello stato, Montaigne vedeva tali vizi in una luce positiva come “il filo che tiene insieme la nostra società” e come “veleni per preservare la nostra salute”.

Considerava le interazioni volontarie quotidiane delle persone come battaglie mortali e morali, e il commercio tra le nazioni come atti di guerra. Il suo scritto più famoso, il Saggio numero 22, è provocatoriamente intitolato “La situazione difficile di un essere umano è il vantaggio di un altro”. Non importa se la conclusione filosofica più ovvia e più generalizzabile sia quella in cui dallo scambio emergono vantaggi e benefici reciproci.

Nell'errore di Montaigne l'impresario di pompe funebri trae un vantaggio a spese delle persone che muoiono, il contadino trae vantaggio dagli affamati, i medici traggono vantaggio dai malati e i sarti traggono vantaggio da coloro che sono nudi.

Montaigne e il suo errore fanno un grande salto illogico rispetto a due fatti: nessuno di questi uomini d’affari crea problemi come la fame e la morte, e invece aiutano le persone ad affrontare o risolverli. Non è una somma zero tra vincitori e vinti; entrambe le parti traggono beneficio, guadagno, profitto e sono soddisfatte da tali scambi.

Il mondo “cane mangia cane” di Montaigne è in realtà un mondo di cooperazione diffusa e di reciproco vantaggio.

Al grande economista austriaco Ludwig von Mises viene spesso attribuito il merito di aver etichettato il pensiero a somma zero come il “dogma o errore di Montaigne”. Egli spiegò l’errore in termini “non filosofici” in modo che tutti potessero facilmente comprenderlo:

Ciò che produce il profitto di un essere umano nel corso degli affari all'interno di una società di mercato senza ostacoli, non è la condizione e l'angoscia del suo concittadino bensì il fatto che egli allevia o rimuove completamente ciò che causa il sentimento di disagio in quest'ultimo. Ciò che fa male al malato è la peste, non il medico che cura la malattia. Il guadagno del medico non è il risultato delle epidemie, ma dell'aiuto che offre alle persone colpite. La fonte ultima dei profitti è sempre la previsione delle condizioni future. Coloro che riescono meglio degli altri ad anticipare gli eventi futuri e ad adattare le proprie attività alla futura situazione del mercato ne traggono profitto, perché sono in grado di soddisfare i bisogni più urgenti della popolazione.

La sua logica è molto convincente in termini di rapporti quotidiani, ciononostante è importante ricordare che Mises era più preoccupato per l’errore di Montaigne a livello internazionale, dove le parole illogiche possono rapidamente trasformarsi in guerre.

Rimproverando Voltaire, Mises scrisse: “L'affermazione secondo cui il vantaggio di un essere umano è il danno di un altro è valida per quanto riguarda la rapina, la guerra e il saccheggio. Il bottino del ladro è il danno della vittima derubata, ma la guerra e il commercio sono due cose diverse”.

Lo spirito di conquista applicato al commercio è stato abbracciato dai leader politici e i loro sostenitori hanno impedito un ordine mondiale veramente pacifico e prospero. “È mostruoso che l'imperatore Napoleone III abbia scritto: 'La quantità di merci che un Paese esporta è sempre direttamente proporzionale al numero di proiettili che può scaricare sui suoi nemici ogni volta che il suo onore e la sua dignità lo richiedono'”. Le argomentazioni a favore del protezionismo di vario tipo sono spesso allettanti, infatti l’inganno e l’offuscamento sono risultati telefonati quando c'è da guadagnarci per coloro che sfruttano una posizione di privilegio governativa. Le allusioni al patriottismo, ai lavori ben pagati e agli stranieri che fanno il doppio gioco possono essere subdoli, ciononostante efficaci nel convincere e fuorviare le persone.

La soluzione inizia con il nostro impegno personale nei confronti dell’ideologia liberale della pace e di un libero mercato.

Con entrambi i candidati alla presidenza degli Stati Uniti saldamente attaccati al dogma di Montaigne, non dobbiamo illuderci riguardo al risultato, ma piuttosto dovremmo prepararci a seguire il consiglio di Mises: “Svelare le fonti della popolarità di questa (fallacia) e altre illusioni ed errori simili”.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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