venerdì 28 giugno 2024

Teoria Austriaca del ciclo economico e geopolitico

 

 

di Francesco Simoncelli

Quando si parla di teoria Austriaca del ciclo economico, non si tratta solo di un esercizio accademico, ma è anche uno strumento pratico che ci aiuta ad anticipare e a prepararci alle fluttuazioni economiche e geopolitiche. Non solo si possono navigare meglio i mercati finanziari e riconoscere i segnali di un’imminente recessione, ma è anche possibile intuire quale sarà la risposta dei governi in ambito nazionale e internazionale. La Scuola Austriaca è l’unica scuola di pensiero che fornisce una spiegazione reale ai bust: presuppone che i cicli economici siano dovuti a una manipolazione dei tassi d'interesse combinata a un aumento dell’offerta di denaro, situazione che porta a un’errata allocazione delle risorse economiche scarse. Questo gioco non avviene solo alla luce del sole, ovvero nelle linee di politica ufficiali delle banche centrali, ma anche nell'ombra laddove gli effetti si camuffano e pare non abbiano una chiara spiegazione. Inutile dire, quindi, che tutto ciò ha un'enorme importanza a livello geopolitico, non solo economico.

Quando i tassi d'interesse vengono abbassati artificialmente, gli investitori sono indotti in errore effettuando investimenti insostenibili. Il boom risultante non si basa su una reale domanda dei consumatori o sulla disponibilità di risorse, cosa che porta a un inevitabile crollo. Tassi d'interesse artificialmente bassi, combinati con la stampa di denaro, distorcono il ritmo naturale del mercato, provocando un effetto a catena che incide sull’occupazione, sulla produzione e sul risparmio.


LE ORIGINI DELLA TEORIA AUSTRIACA DEL CICLO ECONOMICO

Le origini della teoria Austriaca del ciclo economico risalgono all’inizio del XX secolo, con gli economisti Ludwig von Mises e Friedrich Hayek in prima linea a sfidare le teorie economiche prevalenti del loro tempo sostenendo che la pianificazione centrale e l’interventismo fossero i colpevoli dell’instabilità economica. Il loro lavoro gettò le basi per quella che sarebbe diventata una critica all’economia keynesiana. Mentre i loro contemporanei seguivano in gran parte un approccio collettivista, l’enfasi della Scuola Austriaca sulla scelta individuale e sulle dinamiche di mercato offriva un approccio alternativo. Mises e Hayek furono in realtà alcuni dei pochi economisti a prevedere la Grande Depressione americana prima che accadesse; trent’anni dopo Murray Rothbard spiegò in dettaglio come ebbe origine: le politiche interventiste di Herbert Hoover furono responsabili della sua lunga durata e della sua intensità. Sebbene da allora queste idee abbiano influenzato alcuni economisti e politici in tutto il mondo, sono a malapena menzionate nelle attuali discussioni sul ciclo economico. Tutti sanno cosa è andato storto e dove lo stato deve intervenire in modo più proattivo, pochissimi esprimono l’idea di ridimensionare tale intervento.

Alimentare cicli economici immettendo denaro nell’economia e mantenendo i tassi d'interesse artificialmente bassi impoverisce le società. Si potrebbe dire che noi, come genere umano, abbiamo compiuto progressi incredibili su molti fronti negli ultimi cinquant’anni, tuttavia confrontare le condizioni attuali con quelle di cinquant’anni fa è errato; confrontarle come sono adesso con le condizioni come avrebbero potuto essere è il modo corretto. I mercati hanno migliorato il benessere anche con tali pressioni negative, ciononostante alcuni aspetti significativi della vita sono stati compromessi: i nostri nonni, ad esempio, erano in grado di acquistare una casa od ottenere un'istruzione universitaria senza contrarre debiti impagabili. Finché la popolazione verrà influenzate affinché continui a orientarsi al breve termine, i pianificatori centrali continueranno a stampare denaro. Nonostante ci siano rare eccezioni, essi non guardano oltre il prossimo ciclo elettorale e le persone con un’alta preferenza temporale sono rese felici concentrandosi sul presente e ignorando il futuro. Quando, però, si manifestano inevitabilmente le conseguenze a lungo termine, vengono attribuite ad altri eventi e oscurate da problemi che richiedono soluzioni con priorità più elevate.

Come si applica la teoria Austriaca del ciclo economico alla vita di tutti i giorni? Ci insegna a essere scettici nei confronti delle situazioni economiche “troppo belle per essere vere”. Incoraggia decisioni finanziarie prudenti, evitando le insidie ​​di una spesa sfrenata alimentata dal credito facile, situazione che porta a crisi finanziarie personali che rispecchiano i crolli economici su scala superiore. Inoltre questa consapevolezza può essere applicata alla vita in generale: abbassare la propria preferenza temporale e iniziare a prestare maggiore attenzione alle conseguenze a lungo termine. Anche dal punto di vista finanziario ci sono modi per trarre profitto dalla comprensione della teoria Austriaca del ciclo economico: se i boom sono artificiali allora bisogna investire di conseguenza, gestendo il rischio e disinvestendo da asset sopravvalutati. Investire strategicamente e a lungo termine invece di comportarsi come un trader principiante e iperattivo.

In sintesi la teoria Austriaca del ciclo economico offre un promemoria che fa riflettere sui pericoli dell’interventismo economico; comprendendo e applicando i suoi principi, si può sperare in un futuro economico più stabile, sia a livello personale che mondiale.


LA GARANZIA COLLATERALE PER LE CONDIZIONI DI “QUASI BOOM”

Comprendere le meccaniche di base riguardo ai cicli economici non basta, perché poi la realtà presenta una situazione diversa in cui i pianificatori centrali si affannano per tenere in piedi quell'architettura fatta di interventismo la quale scricchiola sempre di più man mano che gli errori economici si accumulano nel tempo. Ovviamente non sono stupidi, ci sono vantaggi nel perorare questa linea di politica: è un gioco a somma zero dove i contribuenti perdono e i pianificatori centrali vincono. Dal punto di vista teorico viene chiamata condizione di “quasi boom”, dove vengono messi in piedi stimoli fiscali e/o monetari per impedire una correzione severa dei mercati. Sono le proverbiale politiche anti-cicliche per “salvaguardare” la salute dell'economia nel suo complesso e non sprofondare in una depressione. Come ci ricorda lo stesso Rothbard nel libro summenzionato, la semantica in economia venne cambiata sulla scia della Grande Depressione per creare uno spauracchio ad hoc e giustificare il continuo intervento dello stato. Infatti, nel caso in cui si dovesse sperimentare una recessione, allora si accendono tutte le sirene per chiamare in causa i pianificatori centrali affinché intervengano e impediscano che la recessione peggiori e diventi una depressione.

In realtà la “gravità” di una recessione è data dalla quantità di errori economici accumulati nel tempo e quanto essi siano stati ignoranti in precedenza. Chiaramente non è una condizione che si protrae all'infinito, visto che finisce per erodere qualsiasi tipo di crescita latente. Più si rimanda la correzione, più essa sarà pervasiva e dura. Questa, ad esempio, è la lezione della depressione dimenticata del 1920. Fu Keynes a coniare il termine “quasi boom” proprio per fornire credito alla sua teoria intenta a giustificare un intervento “eccezionale” quando necessario: lo stimolo fiscale diventava una necessità in caso di recessione, cosa da controbilanciare una volta passata la tempesta, ma ovviamente oggi questa parte è stata comodamente dimenticata dati i livelli di imbastardimento economico che abbiamo raggiunto. L'interventismo ormai è perenne, pervasivo e onnipresente. Non può essere altrimenti, dato che l'impalcatura clientelare che è stata costruita nel tempo rischia di crollare in caso di inversione anche minima. Sulla scia di questi fatti, la proverbiale torta economica non cresce più e, per quanto le autorità blaterino di volerla aumentare e quindi di crescita economica, in realtà l'unica cosa che possono fare è ridistribuire quella esistente.

Inutile dire che la burocrazia, la macchina dei consensi per eccellenza, è quella che ne deve inglobare di più e visto che non è in grado di creare nuova ricchezza reale, il consumo di quella esistente non ha sostituzione. Ne rimane sempre di meno e la “percezione” di povertà aumenta. Questo, in sostanza, è ciò che alimenta il debito pubblico e, in Italia in particolare, è ormai fuori controllo. Parlerò delle strategie d'uscita da questo caos pianificato nella prossima sezione, ora è importante focalizzare l'attenzione su quali spalle ricade l'onere di sostenere questo peso crescente. Sì, sulla classe media.

Oltre a procrastinare la correzione degli errori economici, cosa che richiederebbe un ridimensionamento delle capacità e della pervasività delle azioni dei pianificatori centrali, deviare ricchezza reale da chi la produce serve a creare un ambiente economico sottomesso al controllo. E più è necessario capillarizzare tale controllo, più risorse devono essere sottratte. Ecco che, ad esempio, l'aumento delle temperature può rappresentare un “pericolo” non solo per la salute umana ma anche per la democrazia, di conseguenza bisogna spendere in tecnologie acerbe anche se ciò rappresenta uno spreco e chiunque metta in discussione questa linea d'azione diventa esso stesso un “pericolo” per la democrazia. È straordinario, poi, assistere alla pantomima europea dell'apertura del processo d'infrazione per spese eccessive. Ma questi cortocircuiti sono naturali visto che il fine ultimo è il saccheggio della ricchezza reale latente nel continente e la spoliazione di ciò che rimane dell'industria europea. Infatti quando è in gioco il destino stesso delle élite, allora tutto è lecito affinché esse possano combattere una guerra contro fazioni avverse e possano continuare a essere finanziate. È un delicato equilibrio tra mantenere in piedi lo status quo e perseguire la propria causa.

Pensate all'articolo di Bloomberg sull'idrogeno in Germania: funziona solo su carta. Un esperimento simile nel Regno Unito è stato annullato quando sono emersi malumori tra le persone dopo aver appreso che avrebbero dovuto sostituire forni e stufe con nuovi apparecchi a idrogeno. Senza contare il processo di combustione dell'idrogeno per produrre elettricità: vi è una perdita di energia del 70% nella conversione dall’idrogeno in ammoniaca e poi nuovamente in idrogeno per bruciarlo. Non ha alcun senso pratico, ciononostante la Germania sta spendendo $20 miliardi per rendere le centrali elettriche “pronte per l’idrogeno”. Ma questi soldi in realtà non sono buttati, bensì “investiti” nella narrativa e nell'architettura più grande del controllo capillare... a scapito, però, della creazione della ricchezza reale e in particolar modo dell'industria europea che è stata praticamente smantellata. Non c'è da sorprendersi, altresì, che la produttività è al palo così come gli stipendi.

Per quanto possa essere difficile definire la “classe media”, è relativamente facile inquadrare chi è accomunato da cosa se prendiamo come parametro di riferimento lo sbarcare il lunario:

Sempre più italiani hanno le tasche vuote. E le spese ne risentono

I risparmi degli italiani? Finiscono in spese impreviste. E la metà non riesce a mettere niente da parte

Affitti più cari, sale il peso sui redditi dei dipendenti: fino al 46% nei capoluoghi

I salari in Italia sono fermi da 20 anni

In un Paese prospero il successo della classe media e di quella alta corre parallelo: se la ricchezza della classe superiore crescesse del 10%, allora quella della classe media cresce all’incirca della stessa quantità. Distribuita su una porzione molto più ampia della popolazione, certo, infatti si tratta di un aumento pro capite minore, ciononostante rappresenta una quantità di ricchezza simile. La cosiddetta torta economica cresce... cosa succede invece quando quest'ultima non cresce più e vengono ridistribuiti i pezzi esistenti? In primo luogo i prezzi (soprattutto quelli delle case) aumentano ben oltre la capacità della maggior parte degli italiani di diventare proprietari. Ma non si tratta solo delle case: come abbiamo visto ci sono anche l’affitto, le bollette, il cibo, la benzina, l’assicurazione auto, l’assistenza all’infanzia, ecc. che oggi costano dal 15% al ​​40% in più rispetto a tre anni fa. In secondo luogo i tassi d'interesse più alti hanno reso il debito sempre più costoso, soprattutto i debiti a tasso variabile (come carte di credito e mutui). Basti dire che un’economia in crescita e un’economia prospera non sono la stessa cosa, infatti su queste pagine è già stata spiegata la differenza tra PIL e crescita economica reale. E la contrazione dell’offerta di buoni posti di lavoro è un perfetto esempio della differenza. Se si considera anche la crescita economica anemica, si ottiene la ricetta per il secondo peggiore scenario economico: la stagflazione. Credetemi, una recessione è una buona notizia quando l’altra scelta è un “decennio perduto” tra inflazione persistente, stagnazione economica e alta disoccupazione.


LA LEGGE DI GRESHAM APPLICATA ALL'IMPRENDITORIA

La Legge di Gresham afferma che la moneta cattiva scaccia quella buona e funziona più o meno così: in un’economia di mercato circola una moneta sopravvalutata che ha un valore reale inferiore, mentre quella sottovalutata con lo stesso valore nominale, ma il cui metallo ha più valore, viene accumulata e quindi scompare dalla circolazione. Le persone spostano la moneta buona fuori da un’economia per un uso futuro, mentre quella cattiva circola e diventa un bene economico comune. Cosa c’entra la Legge di Gresham con l’imprenditorialità e la cattiva politica economica? Cosa succede quando quest'ultima scaccia gli imprenditori che creano valore? Diventa impossibile scoprire nuovi processi, prodotti e servizi in grado di costruire l’offerta e consentire alla tecnologia di servire le persone, evoluzioni che possono realizzarsi solo in un’economia non ostacolata. Sappiamo che i buoni imprenditori prosperano quando sono liberi di usare il proprio intelletto e le proprie risorse personali; i cattivi imprenditori entrano in scena quando emergono cattive linee di politica, andando a scacciare coloro che creano più valore, i quali se ne andranno altrove.

Senza la libertà giuridica di contrarre e utilizzare la proprietà personale in quanto tale, l’essenza stessa dell’individualità della persona viene distrutta. Ciò allontana quegli imprenditori che altrimenti avrebbero cercato di usare il proprio intelletto per fare del bene ad altre persone.

I costi economici derivanti dall’espulsione dei buoni imprenditori faranno lievitare i prezzi dei prodotti, dei servizi e dei costi di produzione; faranno poi diminuire il valore e la soddisfazione del consumatore e produrranno invariabilmente cose di qualità inferiore. A causa del sentimento anti-libero mercato e delle regolamentazioni soffocanti, i consumatori danno involontariamente carta bianca ai cattivi imprenditori e a tutto ciò che ne consegue; si abituano a offerte poco brillanti e i bravi imprenditori vengono allontanati.

Cacciare questi ultimi con cattive politiche economiche crea un beneficio concentrato per pochi e costi per molti. Ma chi sono i cattivi imprenditori? Sono quelle persone che decidono di non essere più imprenditori, che non calcolano più profitti o perdite in base alle condizioni di mercato e che non hanno empatia o attenzione per il consumatore. Cercheranno i favori dello stato o lo useranno per creare condizioni di monopolio per sé stessi, scaricando costi aggiuntivi sui potenziali concorrenti e scacciando così i buoni imprenditori.

Questa erosione, lenta ma inesorabile, serve sostanzialmente a canalizzare le risorse economiche in alto, creando quindi una netta spaccatura a livello di scala sociale: povertà diffusa e ammanicati in crescita. Il mercato diventa una lotta drawiniana, ma non perché esso è intrinsecamente prono a questo esito, bensì perché c'è una guerra in atto e le fazioni in lotta implementano diverse strategie per cercare di prevalere. Quella europea, in particolar modo, schiera i risparmi dei contribuenti europei come modo per resistere al logoramento che arriva sia da Est che da Ovest. E qui si inserisce il contesto geopolitico che si evolve in tandem con il contesto economico.


LA TEORIA AUSTRIACA DEL CICLO GEOPOLITICO

Quando le condizione economiche si deteriorano, ciò coinvolge tutti gli attori di mercato compresi i pianificatori centrali. “Dove non passano le merci, passano gli eserciti” sosteneva Bastiat e da quando il mondo ha visto invertire il processo di globalizzazione, espansosi fino al 2017, a deteriorarsi sono stati anche i rapporti bilaterali tra nazioni. La guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti, in particolar modo, sta sfociando in una serie di escalation il cui esito che si profila all'orizzonte assume sempre di più quello di un conflitto armato. Anche l'Europa non è da meno.

Ma l'analisi di queste evoluzioni, per quanto interessanti, non arrivano al nocciolo della questione. E qual è? La manipolazione coordinata dei tassi d'interesse nei tredici anni dal 2009 al 2022. Qual era l'obiettivo? Mantenere liquido il mercato dell'eurodollaro a scapito degli Stati Uniti. Anche qui, finché il bacino della ricchezza reale era in espansione e ha permesso agli Stati Uniti di reggere il colpo, nessuno ha prestato attenzione alla trasformazione di suddetto mercato: da cinghia di trasmissione per gli affari internazionali a strumento per sifonare ricchezza reale dagli Stati Uniti. Senza eurodollaro non esisterebbe alcuna City di Londra, dato che è stato suddetto mercato a farla esplodere, in senso positivo, negli anni '60. Così come ha permesso all'Europa di riprendersi in fretta e, soprattutto, meglio dal secondo dopoguerra. Il lato negativo della medaglia è che l'eurodollaro ha finito per impedire agli Stati Uniti di perseguire la propria politica monetaria, dato che la percezione che la FED fosse la banca centrale del mondo non era dovuto tanto al dollaro in quanto valuta di riserva mondiale quanto all'indicizzazione dei debiti globali al LIBOR. Ogni volta, quindi, che la FED doveva abbassare o rialzare i tassi doveva farlo cercando d'intuire come andasse il mercato dell'eurodollaro, rischiando di scatenare crisi per niente dovute a fattori interni. È così che il resto del mondo godeva di un pasto gratis a scapito degli USA.

Dal 2022, però, le cose sono cambiate visto che è entrato pienamente in vigore il SOFR e il LIBOR verrà definitivamente dismesso il prossimo settembre. Adesso sul mercato del SOFR vengono trattati i futures relativi a tal mercato, non più i futures sull'eurodollaro; ora il costo del dollaro a livello internazionale dipende dal suo costo interno, negli Stati Uniti, non più da come veniva trattato a livello di mercati globali attraverso la City di Londra. Questo a sua volta significava che qualora fossero emerse crisi dall'altra parte del globo (a Singapore, in Germania, a Londra, a Bruxellese, ecc.), le ripercussioni si sarebbero riverberate sul LIBOR e per estensione sul mercato statunitense, anche se quest'ultimo poteva non essere la fonte di guai economici. Di conseguenza se la FED avesse voluto tenere alti i tassi per lasciare che una correzione dagli errori economici facesse il suo corso, le sarebbe stato impedito da questo meccanismo infernale: i tassi dei mutui, delle carte di credito e di tutti gli altri debiti indicizzati attraverso il LIBOR sarebbero schizzati ben più in alto rispetto al livello statunitense, forzando quindi la mano alla FED a operare un taglio dei tassi nonostante non ce n'era bisogno a livello interno.

In sintesi, è stato questo stesso meccanismo che ha portato alla crisi del 2008 e ai successivi 10 anni di tassi d'interesse a zero. Addirittura in Europa abbiamo avuto tassi negativi, con asset per l'ammontare di $15.000 miliardi con cedole negative. La finzione che l'euro fosse una valuta più stabile del dollaro è tutta qui. E per quanto i differenziali obbligazionari europei siano ancora superiori a quelli statunitensi, con lo spread treasuries/bund a +185 punti base circa, bisogna tenere a mente che questi asset fino a due anni fa erano trattati sotto lo zero e questo significa che hanno creato degli enormi buchi di bilancio in quelle banche che li hanno usati per sfruttare la leva e fornire liquidità al sistema finanziario. Ovviamente non bisogna intendere questa situazione come un bene assoluto per il sistema bancario statunitense e un male assoluto per quello europeo, anche il primo ha i suoi guai da risolvere e non è esente da pesanti correzioni; ciononostante ha dalla sua la Federal Reserve, il cui meccanismo d'azione è diverso da quello della BCE ad esempio.

La leva finanziaria che aveva caratterizzato il mercato degli eurodollari si sta invertendo e lo sta facendo rapidamente, e senza la capacità di costringere, come in passato, la FED ad abbassare fino a zero i tassi l'Europa non avrà altra scelta se non andare in default. La domanda successiva è: come? Il default può essere dichiarato apertamente, con la concreta possibilità che nessuno più si fidi di te, oppure si può scatenare una guerra contro la Russia o il Medio Oriente, tirarci dentro, obtorto collo, gli Stati Uniti affinché spendano talmente tanto da continuare a pompare liquidità nei mercati e scaricare gran parte degli oneri del default sui perdenti. In quest'ultimo caso il default sarebbe parziale, con successiva emissione di Consol di britannica memoria per compensare coloro che subiranno l'haircut sul debito sovrano. Ecco perché entrambe le parti nella guerra in Ucraina parlano di minaccia esistenziale quando sono chiamati a commentare le azioni dei rivali e parlano di un assetto mondiale che sta cambiando. Ecco perché non ci sarà de-escalation.

Ed ecco perché si insisterà sulla cosiddetta integrazione fiscale. Oltre alle obbligazioni SURE, ricordate che il PNRR prevede che la parte definita “a fondo perduto” (per lo stato) venga rimborsata tramite tassazione diretta della Commissione europea sull'Italia.

I disperati qui sono gli europei, i quali sono più esposti al mercato ombra statunitense rispetto ai player americani stessi dato che, dovendo navigare in mercati con rendimenti ridicoli, dovevano pur sempre generare come minimo un 8% netto sugli investimenti (es. fondi pensione) e l'unico modo per farlo era gozzovigliare con la leva finanziaria. Inoltre è questo lo stesso motivo per cui, nel 2021, Powell ha dovuto affrontare enormi difficoltà prima di poter essere rieletto come governatore della Federal Reserve. Francia, Germania, Olanda e soprattutto Inghilterra, insieme a tutti gli altri colonialisti europei, considerano e hanno sempre considerato gli USA come una colonia europea, di conseguenza non si sono mai fatti scrupoli a influenzare pesantemente le politiche oltreoceano. I mercati finanziari erano il guinzaglio e più precisamente il LIBOR; ora che è stato staccato si può parlare di vera indipendenza statunitense dalle vecchie colonie. Senza contare che suddetti colonialisti hanno sempre disprezzato tutte quelle altre nazioni che hanno resistito al loro ficcanasare, in particolare la Russia. Sono le élite europee quelle che influenzano la politica americana e lo fanno da 200 anni a questa parte; le cosiddette “influenze cinesi”, per quanto possano esserci, sono trascurabili se paragonate a quelle europee. Obama ad esempio è sempre stato un loro pupazzo, così come l'attuale presidente americano è un pupazzo di Obama.

La storia è testimone di molte volte in cui il rapporto di sudditanza di Stati Uniti nei confronti dell'Inghilterra s'è palesato: Woodrow Wilson che di colpo ricalca la politica estera inglese, il governatore Strong che para le spalle a Norman nel 1925 ricalcando la politica monetaria inglese aprendo le porte alla successiva Grande Depressione degli anni '30, ecc. La conseguenza inintezionale con questo assetto: il dollaro è stato reso critico per il funzionamento della finanza globale e adesso che il LIBOR viene smantellato l'unica fonte di garanzie collaterali credibili e liquide è rappresentato dall'offerta di titoli di stato statunitensi. I titoli europei, tra l'altro buttati fuori dal mercato pronti contro termine degli Stati Uniti già nel 2019, non li vuole nessuno e non sono considerati affatto liquidi; a tutti gli effetti sono i titoli di stato americani a essere la vera valuta al giorno d'oggi, la cinghia di trasmissione grazie alla quale si può accedere alle varie strutture che ancora permettono la leva, o accendere prestiti, oppure porre suddetti asset come garanzia per creare poi altri strumenti derivati (es. CDO). L'unica garanzia collaterale su cui l'Europa poteva contare era l'energia a basso costo proveniente dalla Russia, ma data la semplicità con cui vi ha rinunciato è sintomatico di quanto sia preoccupante la propria situazione finanziaria, soprattutto a livello di credibilità di un debito pubblico impagabile, invendibile e spogliato di ogni credibilità. È un caso, quindi, che sia proprio l'Europa a spingere per un futuro privo di idrocarburi? Un tentativo maldestro di mettere una toppa alla sua mancanza di energia a basso costo.

Il lavoro tassato, in realtà, è solo la seconda derivata, in termini matematici, rispetto alla prima derivata che è il costo dell'energia quando si parla di garanzie collaterali e oggi l'Europa ha perso la sua capacità di avere a disposizione la possibilità di esercitare influenza sul costo di questa classe di asset critica.

Il disaccoppiamento della Russia è proceduto a passi sempre più spediti sin dal 2015 e ha raggiunto picchi alti durante l'operazione di sabotaggio del Nord Stream da parte dell'intelligence inglese e polacca, coadiuvata dai neoconservatori americani che hanno una visione mackinderiana della geopolitica. Ricordatevi sempre un punto importante: i confini nazionali sono un'illusione, servono solamente a tenere “unito” il bestiame da tassare. Sono un recinto, mentre gli allevatori stipulano contratti (o per usare un linguaggio più formale “costituzioni”) per appaltarne l'uso e, durante periodi di conflitto come questo, scremarne un po' per inviare messaggi. Si tratta di fazioni che lottano tra di loro oppure trovano accordi tra di loro, ciclicamente. Il ciclo economico, in questo contesto, è solo un altro strumento attraverso il quale esercitare una leva sugli avversari. Questo , a sua volta, significa che un'elezioni di Trump potrebbe essere un modo per ritrovare uno spiraglio di ordine e prosperità anche per il resto del mondo? Non lo so, le possibilità sono buone che possa accadere ma non ho una risposta migliore di questa. Chiaramente staremmo parlando sempre di una fazione che persegue il controllo del bestiame sottostante, ciononostante sarebbe una situazione di gran lunga migliore rispetto a quella attuale con l'accoppiata Biden-Obama.

Come minimo è conscio, lui insieme al gruppo di cui è promotore, della minaccia rappresentata dai globalisti in Europa e all'ONU, di conseguenza non mi sorprenderebbe se, qualora eletto, appoggiasse figure come Orban o altri leader di nazioni desiderose di lasciare l'UE. Infatti negli Stati Uniti è stata avviata una contro-rivoluzione ed è iniziata con la FED nel 2022.

L'unico modo in cui l'UE può avere ancora possibilità di vittoria è il caso in cui gli Stati Uniti vengano impantanati in nuova guerra. Il progetto originale di questi narcisisti era quello di scalare gli USA e poi muovere tutti i soldi in Cina. Sono come delle locuste: infestano un campo e lo ripuliscono fino all'osso; nella realtà scaricano vagonate di soldi in un posto, s'insediano in posizioni chiave, divorano gli asset principali e poi si spostano in nuovo posto. Stesso copione visto in Africa, Medio Oriente. Perché ora, potreste chiedere? Perché non nel 2010 sulla scia della Grande crisi finanziaria? Perché lo spazio di manovra nel bilancio delle banche centrali è finito, la leva finanziaria è stata talmente tanto sfruttata d'aver saturato i bilanci di tutte le entità finanziarie. Da qui la necessità della FED di ridurla e contrarre il proprio bilancio, a differenza della BCE, che sfruttando una presunta superiorità dell'euro, avrebbe potuto approfittare di una situazione in cui una linea di politica coordinata tra le banche centrali avrebbe optato per un default parziale. Infatti è esattamente questo il potere unico degli Stati Uniti: aver onorato ogni singola cedola obbligazionaria negli ultimi 50 anni. Rompere questa fiducia avrebbe significato “Game over” per lo zio Sam.

Per quanto le riserve di liquidità estere abbiano disinvestito dal dollaro, i titoli di stato americani rappresentano ancora una classe di asset credibile e liquida in virtù di suddetto fatto storico. A Powell e alla fazione dietro di lui sta bene che il dollaro smetta di essere la valuta di riserva mondiale, dato che ha portato solo guai alla nazione. Ecco perché gli Stati Uniti stanno anche attivamente promuovendo Bitcoin: una potenziale valute di saldo internazionale non controllata da nessuno. Ciononostante l'euro non è in grado di ricoprire questo ruolo: non ha collaterale e ha praticamente devastato il proprio mercato obbligazionario con i tassi negativi. Nel frattempo la Cina rimane a guardare, cercando di gestire al meglio possibile la sua bolla immobiliare e resistere ai venti contrari che si sprigionano da Ovest. Infatti, come ricordato spesso, i BRICS non hanno niente a che fare con una nuova valuta di saldo internazionale, bensì hanno tutto a che fare con alleanze strategiche e zone d'influenza ridisegnate. La cinesizzazione del resto del mondo dipende tutto da un singolo e cruciale fattore: la capacità degli Stati Uniti di cosnervare la loro credibilità finanziaria e creditizia. Per quanto possa essere paradossale, anche la Russia spera che le cose vadano così perché non credo voglia essere per sempre la “pompa di benzina” della Cina, un rapporto di sudditanza forzato dalla circostanze.

È una race to the bottom e l'Europa spera di finire ultima, così quando tutto sarà distrutto essa possa ricostruire più veloce degli altri, attirando capitali finanziari e umani, in modo da poter dettare le regole.


CONCLUSIONE

La teoria Austriaca del ciclo economico è una bussola per orientarsi negli aspetti economici che riguardano la propria vita sociale e finanziaria; la teoria Austriaca del ciclo geopolitico è invece una bussola più grande posizionata sulla precedente. In sintesi, è questo il copione: collassare un sistema arrivato alla data di scadenza e conservare denaro e influenza sulle altre fazioni concorrenti. Non pensiate che i pianificatori centrali siano stupidi o facciano cose stupide. La domanda corretta da porsi è la seguente: hanno un piano? Per quanto vetusto è lo stesso di quello già visto durante la Seconda guerra mondiale: distruggere e ricostruire per ricreare nuovo spazio di manovra nei bilanci. Allora andò così: l'Europa spostò i proprio capitali negli USA, venne pompata l'industria bellica con la quale distruggere le città europee e falciare la popolazione mondiale, e infine venne pompata l'industria della ricostruzione attraverso il Piano Marshall da cui vennero gettate le basi dell'eurodollaro e della scalata agli Stati Uniti. Stesso copione era pronto per la Cina, solo che Xi, una volta ricevuti i capitali, ha alzato il dito medio: “Grazie per i soldi, adesso quella è la porta”. Ecco perché solo di recente Xi e la Cina sono diventati “il male” agli occhi della stampa generalista e, ad esempio, l'Italia è uscita dalla Belt & Road Initiative.



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