lunedì 20 maggio 2024

La legislazione dell'UE ha reso Internet meno libero

 

 

di Mustafa Ekin Turan

Se usate Internet da più di un paio d’anni potreste aver notato che prima era molto più “libero”. In questo contesto ciò significa che c'era meno censura e regole meno stringenti riguardo alle violazioni del diritto d'autore su social media come YouTube e Facebook (e di conseguenza una gamma più ampia di contenuti), i motori di ricerca erano soliti mostrare risultati da siti web più piccoli, c’erano meno “fact-checker” e c’erano (nel bene e nel male) linee guida meno rigorose per una condotta accettabile. Negli ultimi dieci anni la struttura e l'ambiente di Internet hanno subito cambiamenti radicali. Ciò è accaduto in molte aree, tuttavia questo articolo si concentrerà specificamente sui cambiamenti nei social media e nei motori di ricerca. Questo articolo sottolinea come i cambiamenti nelle normative dell’Unione Europea riguardanti le piattaforme online abbiano svolto un ruolo importante nel modellare la struttura di Internet per come è oggi e che potrebbero essere all'orizzonte ulteriori cambiamenti nella linea di politica dell’UE che faranno ancor più danni.

Ora che i lettori hanno un’idea di cosa si intende per “cambiamento”, dovremmo spiegare in dettaglio quali normative UE hanno avuto un ruolo nella sua realizzazione. Il primo importante atto normativo di cui ci occuperemo è la direttiva sul diritto d'autore nel mercato unico digitale, approvata nel 2019. L'articolo 17 di questa direttiva stabilisce che le piattaforme di servizi di condivisione di contenuti online sono responsabili per i contenuti protetti da copyright pubblicati sulle loro pagine web. Per essere esenti da responsabilità, i siti web devono dimostrare di aver fatto del loro meglio per garantire che i contenuti protetti da copyright non venissero pubblicati sui loro siti, di aver collaborato rapidamente per rimuovere i contenuti se pubblicati e di aver adottato misure per assicurarsi che tali contenuti non vengano pubblicati di nuovo. Se questi siti web venissero giudicati responsabili anche per una piccola porzione dei contenuti caricati su di essi, le conseguenze finanziarie sarebbero immense. A causa di questo regolamento YouTube e molti altri siti hanno rafforzato la loro linea di politica relativa ai  contenuti protetti da copyright e da allora, a volte giustamente e a volte ingiustamente, i creatori di contenuti si sono lamentati del fatto che i loro video venivano contrassegnati per violazioni del copyright.

Un altro regolamento UE degno di nota per il nostro argomento è il Digital Services Act diventato operativo nel 2023. Il Digital Services Act è un regolamento che definisce piattaforme online e motori di ricerca quelli con più di quarantacinque milioni di utenti mensili attivi e impone oneri specifici a questi siti. L'intero atto è troppo lungo per essere discusso in questo articolo, tuttavia alcuni dei punti più degni di nota sono i seguenti:

  1. La Commissione Europea (l’organo esecutivo dell’UE) lavorerà direttamente con piattaforme online molto grandi per garantire che i loro termini di servizio siano compatibili con i requisiti relativi all’incitamento all’odio e alla disinformazione, nonché con i requisiti aggiuntivi della legge sui servizi digitali. La Commissione Europea ha anche il potere d'influenzare direttamente i termini di comportamento di questi siti web.

  2. Le piattaforme online e i motori di ricerca molto grandi hanno l’obbligo di vietare, combattere preventivamente e modificare i loro sistemi di raccomandazione per discriminare tipi diversi di contenuti, che vanno dall’incitamento all’odio e alla discriminazione a tutto ciò che potrebbe essere considerato disinformazione.

Questi punti dovrebbero preoccupare chiunque utilizzi Internet. La vaghezza di termini come “incitamento all’odio” e “disinformazione” consente all’UE di influenzare gli algoritmi di raccomandazione e i termini di servizio di questi siti web e di tenere qualsiasi contenuto che vada contro i loro “ideali” lontano dai riflettori. Anche se le questioni discusse qui fossero del tutto teoriche, sarebbe comunque prudente preoccuparsi del fatto che un’istituzione sovragovernativa centralizzata come l’UE abbia così tanto potere su Internet e sui siti web che utilizziamo ogni giorno. Come nel caso del ban di Russia Today da YouTube, dovuto ad accuse di disinformazione e avvenuto nello stesso periodo in cui l'UE ha imposto sanzioni alla Russia, possiamo vedere che considerazioni politiche possono portare, e in effetti portano, al ban dei contenuti su questi siti. Attualmente viviamo in un mondo con una quantità quasi infinita di informazioni; a causa di ciò sarebbe impossibile per chiunque, o anche per qualsiasi istituzione, vagliare tutti i dati relativi a qualsiasi questione e pervenire a una “verità” definitiva sull’argomento, e ciò presuppone che suddetta persona o istituzione sia imparziale riguardo il problema e lo affronti in buona fede, cosa che raramente accade. Tutti noi abbiamo modi di vedere il mondo che filtrano la nostra comprensione dei problemi anche quando abbiamo le migliori intenzioni, per non parlare del fatto che organismi sovranazionali come l’UE e la Commissione europea hanno incentivi politici e sono influenzati da molte lobby, il che potrebbe rendere le loro decisioni su quale sia la “verità” e quale sia la “disinformazione” errate nella migliore delle ipotesi e deliberatamente dannose nella peggiore. Tutto questo per dire che in generale nessuno di noi – nemmeno i cosiddetti esperti – può pretendere di sapere tutto su una questione da potersi pronunciare in modo definitivo su cosa sia vero e cosa sia disinformazione, ed è una cosa molto pericolosa dare a un'istituzione centralizzata il potere di costituire ciò che sia la verità.

I sostenitori di queste normative UE affermano che gli attori in malafede potrebbero utilizzare la disinformazione per ingannare le persone. Ovviamente c'è del vero in questa affermazione, tuttavia si potrebbe anche sostenere che molti utenti che creano e sostengono la propria narrativa riguardo a ciò che sta accadendo nel mondo sia di gran lunga preferibile a un’istituzione centralizzata che controlla una narrazione unificata di ciò che deve essere considerata la “verità”. Nel mio scenario anche se alcune persone vengono “ingannate” (sebbene per accertare che le persone siano state ingannate dovremmo affermare di conoscere la verità definitiva su una questione complessa e sfaccettata che può essere vista da molti punti di vista), la popolazione potrà ascoltare molte narrazioni su ciò che è accaduto e potrà prendere una decisione. Se questo porta alcune persone a farsi ingannare da attori in malafede, non accadrà mai all’intera popolazione. Alcune persone verranno “ingannate” dalla narrativa A, altre dalla narrativa B, altre ancora dalla narrativa C e così via. Tuttavia, nel caso attuale, se l’UE è o diventerà mai un attore in malafede che usa il proprio potere per sostenere la propria narrativa per scopi politici, ha il potere di controllare e influenzare ciò che l’intera popolazione sente e crede riguardo a una questione, e si tratta di uno scenario molto più pericoloso di quello che si verificherebbe se lasciassimo che venissero intraprese le cosiddette guerre dell’informazione. La concentrazione del potere è qualcosa di cui dovremmo sempre preoccuparci, soprattutto quando si tratta di potere sull’informazione poiché essa modella ciò in cui le persone credono e ciò in cui le persone credono cambia tutto.

Un’altra cosa importante da notare: sebbene sia l’UE a emanare queste normative, non cambia il fatto che esse riguardino tutti nel mondo. Dopotutto anche se qualcuno pubblica un video su YouTube dagli Stati Uniti o dalla Turchia, dovrà comunque affrontare gli stessi termini di servizio. Quasi tutti nel mondo utilizzano Google o Bing e l’UE ha potere sugli algoritmi di raccomandazione di questi motori di ricerca. Ciò significa che l’UE ha il potere su quali informazioni la maggior parte delle persone vede quando vuole imparare qualcosa da Internet. A nessuna istituzione centralizzata dovrebbe essere garantito l'esercizio di tutto questo potere.

Un’ultima questione importante è il fatto che l’UE stia investendo in nuove tecnologie come i programmi di intelligenza artificiale per “contrastare la disinformazione” e verificare la veridicità dei contenuti pubblicati online. Un esempio importante di ciò è il progetto InVID, che, secondo le informazioni che troviamo sul suo sito, è “una piattaforma di verifica della conoscenza per rilevare storie emergenti e valutare l'affidabilità di file video e contenuti degni di nota diffusi tramite i social media”. Se siete preoccupati per lo stato di Internet come spiegato in questo articolo, sappiate che questo potenziale sviluppo potrebbe portare l’UE a fare tutte le cose qui descritte in un modo ancora più “efficace” in futuro.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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