Bibliografia

venerdì 26 aprile 2024

Cos'è andato storto?

 

 

di Francesco Simoncelli

Un brutto posto è dove siamo diretti. Tanto per cominciare cerchiamo di capire come ci arriveremo. Il periodo 1950-1980 non ha rappresentato grossi grattacapi in termini di problemi economici, ma poi è arrivato il successivo periodo di 40 anni: l'arco temporale 1980-2020 avrebbe dovuto essere il periodo più ricco della nostra storia, invece s'è rivelato un grande flop. Nonostante alcune delle più grandi innovazioni tecnologiche mai realizzate, i tassi di crescita sono diminuiti, i salari reali sono rimasti stagnanti e, secondo quasi tutti i confronti e gli indicatori, le cose sono andate male. “Cosa è andato storto?” è la domanda più importante nell’economia moderna. Le banche centrali non hanno stimolato abbastanza l'economia? Gli ultimi 40 anni sono stati il teatro dei più grandi stimoli monetari mai visti. Sfortuna? Dove? Come? Nel XIII secolo la peste colpì l’Europa e sterminò circa un terzo della popolazione; il Covid è stato un lieve fastidio al confronto. Non ci sono state grandi pestilenze negli ultimi 40 anni, nessun vero disastro climatico e nessun meteorite si è schiantato sulla Terra. Allora, cosa è andato storto? Un’ipotesi: la maggior parte del progresso degli ultimi 150 anni è venuto da macchine alimentate a combustibili fossili e quella svolta potrebbe aver raggiunto un punto naturale di declino dell’utilità marginale. Avanzamenti tecnologici in termini informatici? Certo, ma hanno generato solo guadagni marginali e incrementali.

Ciononostante non spiega ancora il sopraccitato rallentamento e certamente non spiega come i guadagni, così com'è stato, siano finiti maggiormente nelle tasche delle élite. Ed è forse più che una coincidenza che suddetto periodo abbia visto anche un’impennata mozzafiato nel numero delle stesse élite: dottorandi, ingegneri e scienziati, ma anche ingegneri sociali, policymaker e politici. Tutti si sono messi all'opera per cercare di migliorare le condizioni materiali della nostra vita. Hanno fallito tutti? Oppure il peso di così tanti miglioramenti ha trascinato al ribasso l’intera economia?

Una delle caratteristiche più insidiose delle linee di politica statali è che i “miglioramenti” sono ostinatamente duri a scomparire: le guerre vanno avanti per anni – a costi sconcertanti – anche se non c’è alcun guadagno all’orizzonte. Intere carriere vengono spese per combattere la Guerra alla droga, o la Guerra alla povertà, ad esempio, senza alcuna vittoria. Agenzie, progetti, commissioni, dipartimenti... l'elenco si allunga piuttosto che restringersi. I politici annunciano la creazione di una squadra destinata a fronteggiare l'emergenza e ottiene titoli, spazi per uffici e un budget. Dopo un po' non se ne sente più parlare; diventa eterna come il peccato, mentre le luci della ribalta si spostano sulla prossima crociata.

Questa è una caratteristica dello stato e del relativo apparato burocratico. Col passare del tempo la palude di programmi inutili, scrocconi, clientelisti e di crociate idiote diventa sempre più profonda. Imprenditori, riformatori e aspiranti innovatori lottano nel fango delle normative e annegano nella melma della politica.


QUANDO LE ÈLITE AL COMANDO RAGGIUNGONO LA DATA DI SCADENZA

Le élite controllano i media e la tendenza, in ogni sistema politico stabile, è quella in cui “la casta politica” manipola le leggi e il governo in modo da aumentare la propria ricchezza e potere. Il processo viene interrotto solo da qualche evento importante che le élite non possono controllare. Guerre o rivoluzioni hanno questo effetto – spesso cambiano le persone al vertice della piramide sociale, o le uccidono. Prima della rivoluzione francese, ad esempio, l’aristocrazia si era concessa privilegi esorbitanti – inclusa l’esenzione dalle tasse – permettendole di vivere nel lusso mentre la maggior parte delle persone era sull’orlo della fame. Le élite avevano il sistema che volevano e pensavano che sarebbe durato per sempre... solo che poi hanno tagliato loro la testa.

L’altra cosa che può forzare un grande cambiamento è una crisi finanziaria. L’iperinflazione cancella il valore dei crediti esistenti, sconvolge i rapporti tra chi ha/chi non ha e distrugge le promesse e le pretese delle élite. In una democrazia, ad esempio, queste ultime possono ancora promettere ricompense agli elettori, ma ormai la realtà è evidente a tutti: “Non ci sono più i soldi... degli altri”. Senza grossi shock, le persone al comando rimangono al comando e continuano a derubare tutti gli altri. I ricchi diventano ancora più ricchi; i poveri diventano (relativamente) più poveri. E il malcontento cresce. I 40 anni, dal 1980 al 2020, che avrebbero dovuto essere i più gloriosi della storia umana, si sono trasformati in un periodo sconcertante di patetica sottoperformance.

“Che cosa è andato storto?” è la domanda sul tavolo. Eppure gli economisti mainstream non se la pongono mai, perché sollevarla metterebbe in dubbio la loro competenza. Sono stati al posto di guida negli ultimi 40 anni; il fosso in cui si trova ora l'autobus economico è quello in cui hanno contribuito anche loro a farci finire. Fanno parte della “casta politica”, o dell’élite manageriale, che ha guadagnato tanto negli ultimi 40 anni. In Argentina sono loro le persone di cui Milei vuole ridurre la ricchezza e il potere; in confronto la roccia di Sisifo dev'essere stata un gioco da ragazzi.

La storia, quindi, per quanto possa mutare fa sempre rima con sé stessa e il periodo attuale non è diverso: una guerra e una rivoluzione sono in corso e stanno cambiando le componenti al vertice. Quando la gestione di un'azienda si rivela incompetente dopo l'ultima promessa di rimettere le cose a posto, non si può far altro che cambiare la classe manageriale e sostituirla con personale competente. I dipendenti nel frattempo soffrono per la mancanza di una guida che porti stabilità e prosperità alla “grande famiglia” dell'azienda e spesso vengono chiamati a compiere sacrifici. Ovviamente di durata temporanea. Vi ricorda qualcosa? Più che essere andato storto qualcosa, potremmo dire che l'avidità, l'arrivismo e la scarsa competenza di alcuni personaggi nella sfera pubblica hanno accelerato il processo di disintegrazione socioeconomico di cui parlava Mises quando, in Planned Chaos, descrisse la deriva che intraprende la società quando il linguaggio base attraverso il quale parla viene costantemente contaminato: i prezzi.


I PREZZI: CINGHIA DI TRASMISSIONE DEL MALESSERE ECONOMICO

La manomissione delle normali fluttuazioni dei prezzi è portata avanti tramite due fattori principali. Il primo è la creazione di denaro, ovvero troppe unità monetarie rispetto ai beni disponibili. Le banche centrali di tutto il mondo hanno inondato il sistema con valuta fiat sin dalla crisi del 2008 e la crisi sanitaria del 2020 ha fatto deragliare ancor di più questa tendenza disastrosa. Gli stimoli monetari e fiscali che hanno caratterizzato quel periodo hanno rappresentato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’altra causa principale è la carenza, o l’interruzione, delle risorse chiave, tra cui petrolio ed energia. Tenete presente che la guerra in Ucraina ha tagliato fuori l’Occidente da ampie porzioni del mercato russo e la guerra a Gaza ha portato gruppi in Medio Oriente, come gli Houthi, a impedire a una moltitudine di navi mercantili e petroliere di attraversare il Mar Rosso.

Di per sé ciascuno di questi eventi sembra una piccola minaccia per le catene di approvvigionamento mondiali, ma quando si accumulano gli effetti essi diventano dannosi. Per ora il fattore più importante è l’aumento dei prezzi dell’energia, perché questa è la risorsa chiave che consente a tutta l’agricoltura e al settore manifatturiero di funzionare. Ogni volta che i prezzi del petrolio aumentano, vedrete aumentare i prezzi di tutto il resto. Questo è il motivo esatto per cui l’amministrazione Biden ha continuato a vendere sul mercato le riserve petrolifere strategiche negli ultimi due anni. Era il loro modo di abbassare i prezzi del petrolio al fine di mitigare o nascondere gli effetti maggiori dell’inflazione. Ora che tali riserve devono essere ricostruite e il petrolio acquistato (a un prezzo molto più alto), i prezzi mondiali dell'oro nero, e i prezzi al consumo in particolare, si stanno nuovamente impennando.

Finora infatti i prezzi alimentari hanno mostrato un aumento a doppia cifra e anche se l’IPC fa registrare un “rallentamento” dell’inflazione complessiva, ciò non significa che i prezzi scenderanno tanto presto. Quando i media generalisti pubblicizzano un ribasso nell'indice dei prezzi al consumo, quello che di solito non menzionano è che tale statistica rappresenta solo l’aumento dei prezzi: un IPC più basso non significa che i costi delle cose sugli scaffali scenderanno. L’inflazione dei prezzi è cumulativa. Ciò significa che l’aumento dei prezzi alimentari non scomparirà, solo che non sta aumentando tanto velocemente come prima. Non è un caso, poi, trovare articoli sul Corriere come questo in cui la colpa viene addossata principalmente “all’avidità”: le aziende fanno pagare troppo i prodotti alimentari. In altre parole, dare la colpa alle imprese e lasciare fuori del tutto banca centrale e stato. Finora non ci sono prove concrete a sostegno della cosiddetta Greedflation. Ogni azienda ha spese uniche, spese generali uniche, costi industriali unici, controllo di qualità unico e costi delle risorse unici; i profitti di un’azienda saranno diversi da quelli di un’altra azienda. Detto questo, ci sono costi universali che sono direttamente correlati all’aumento dei prezzi, indipendentemente dall’azienda, e che includono energia, manodopera e materie prime.

Il PPI è molto più alto oggi rispetto al 2020, insieme ai prezzi del petrolio e del gas. Ogni risorsa di base utilizzata dalle aziende per realizzare prodotti è aumentata di valore e quindi costa di più produrla. L’agricoltura in particolare è fortemente influenzata dai prezzi del petrolio, nonché dai prezzi dei fertilizzanti e delle attrezzature agricole, per non parlare dell’aumento dei costi della manodopera. I media generalisti vogliono farvi credere che i prezzi alti dei prodotti alimentari presto saranno un ricordo del passato e, per ingannarvi, devono convincervi che la causa è qualcosa che può essere “controllato” o “regolamentato”. Non vi è alcuna indicazione che i costi agricoli smetteranno di aumentare nel prossimo futuro, quindi ciò significa che ogni anno il cibo costerà di più rispetto all’anno precedente.

L'IPC è uno strumento per misurare gli aumenti medi dei prezzi di prodotti e servizi in un ampio spettro. Molte di queste voci non sono necessarie e quindi diluiscono l’inflazione effettiva che vediamo nelle spese quotidiane. Se dovessimo considerare la media delle necessità quotidiane, come immobili, energia, cibo, ecc., l’indice dei prezzi al consumo sarebbe molto più alto. E infatti questo punto è stato dimostrato anche empiricamente da un recente paper di Marijn Bolhuis, Judd Cramer, Karl Schulz e Larry Summers. Per quanto questa scoperta non sia niente di nuovo nell'ambiente accademico, gli autori del documento sopraccitato hanno costruito una versione alternativa dell'IPC che includesse “pagamenti degli interessi sui mutui, pagamenti degli interessi per prestiti auto e per altri consumi non immobiliari, e prezzi di leasing per veicoli”. Ciò che hanno scoperto è che la loro misura alternativa del tasso d'inflazione ha raggiunto il picco intorno al 18% nel novembre 2022 ed è rimasta notevolmente più in alto rispetto a quanto abbiano mostrato i calcoli ufficiali dell’IPC.

Gli autori di tale paper hanno mostrato che la loro misura alternativa dell’inflazione dei prezzi è in grado di spiegare perché la fiducia dei consumatori rimane bassa. Inoltre hanno mostrato che questo non è un fenomeno esclusivo degli Stati Uniti, dato che forniscono prove provenienti da 10 Paesi che le variazioni dei tassi d'interesse possono spiegare le fluttuazioni della fiducia dei consumatori che altri indicatori economici non possono spiegare. Indipendentemente dal fatto che si pensi che l’IPC debba includere i tassi d'interesse e/o i prezzi degli asset, è chiaro che i consumatori tengono conto di questi costi quando valutano il costo della vita e descrivono le loro opinioni sullo stato dell’economia.


MISMATCH DOMANDA/OFFERTA

Abbiamo ricordato di come l’inflazione dei prezzi sia principalmente il risultato dell’offerta di denaro che cresce più velocemente della domanda, ma anche la domanda e l’offerta dei beni fluttuano nel tempo il che si traduce in cambiamenti nei prezzi (relativi) e nelle quantità. Tali cambiamenti sono diventati più marcati dall'inizio dei lockdown, i quali hanno segnato un'accelerazione della de-globalizzazione e un accorciamento delle catene di approvvigionamento. Gli Stati Uniti, in particolar modo, hanno iniziato a rimpatriare a ritmo battente quelle società che in passato avevano delocalizzato altrove (soprattutto in Cina) e a incentivare l'importazione di capitali finanziari. In breve, hanno capito che la guerra finanziaria contro il resto del mondo stava entrando in una nuova fase e l'indipendenza energetica/finanziaria sarebbe diventata cruciale per ottenere un vantaggio strategico. Il periodo pre-2016, il quale aveva portato a una distensione mondiale e a un allungamento delle supply chain, è finito e con esso adesso le supply chain si stanno accorciando. Questo processo porterà inevitabilmente degli scossoni di prezzo improvvisi all'interno dei mercati finanziari mondiali, soprattutto in quello delle commodity e materie prime.

Anche qui, “Che cosa è andato storto?” In parole povere, la ZIRP delle banche centrali ha alimentato un mercato sintetico (derivati) nel settore delle commodity che ha creato (artificialmente) un'offerta illusoria a fronte di una domanda del sottostante in organica salita. Nel momento in cui il treno delle banche centrali ha staccato la spina alla linea di politica dei tassi a zero, l'offerta illusoria ha smesso d'essere tenuta in vita artificialmente e ha iniziato il suo percorso di doveroso ravvedimento con la realtà. Al contrario la domanda del sottostante ha continuato a salire in modo naturale. Inutile dire che man mano che viene a galla l'ingegneria finanziaria del passato e i player coinvolti fanno i salti mortali per non finire a gambe all'aria, ecco che i movimenti nervosi dei prezzi diventeranno una norma che ci accompagnerà nel tempo a venire.

A tal proposito, quindi, non sorprende più di tanto vedere prezzi del caffè o del cacao che schizzano alle stelle. Né sorprende vedere l'oro fare nuovi massimi. La radice di tutti i mali in questa storia è solo una: il mercato degli eurodollari. Per quanto le banche centrali abbiano la loro parte di colpe nel caos economico che si sta dipanando oggigiorno, la riserva frazionaria e la leva finanziaria cui è stato sottoposto tal mercato hanno rappresentato un danno ben peggiore. L'abuso degli eurodollari, a scapito degli Stati Uniti usati come garanzia, ha creato una selva intricata di titoli tossici che adesso vagano per i bilanci dei vari player finanziari del mondo i quali pregano (letteralmente) di non essere loro ad avere questa immondizia qualora dovessero scattare gli allarmi di una prossima criticità sistemica. Avere flussi di capitali finanziari in entrata, rimpatriare industrie strategiche, accorciare la filiera industriale, ecc., tutte queste mosse sono un vantaggio non indifferente alla proverbiale race to the bottom che stiamo vendendo. Impediscono d'avere forti contraccolpi nel momento in cui i vari vasi di vermi vengono scoperchiati. Ecco perché in Europa si sta parlando di come affrontare il “problema” dei risparmi europei che volano disperati negli Stati Uniti per trovare sicurezza. Solo che la “soluzione” proposta prevede Letta e il potenziamento dei criteri ESG.

A parte l'unica azienda olandese che è coinvolta nella filiera dei semiconduttori, l'industria europea ormai non ha niente che produca valore aggiunto. L'unica cosa che sa fare è rubarlo agli altri attraverso la regolamentazione. Ma questo a sua volta è un disincentivo a fare affari nel continente, spalancando invece le porte ai Paesi arabi, asiatici e africani. Il sintomo di questa malattia è evidente nel seguente grafico, il quale ci mostra  come l'euro abbia perso appetibilità a livello internazionale come mezzo di saldo commerciale.

Ed essendo anche un Paese importatore di materie prime, diventa ulteriormente chiaro il motivo per cui le fluttuazioni violente nel mercato delle commodity siano destinate a rimanere alte. Oltre ai meri scopi industriali qui si tratta sostanzialmente di tornare ad avere qualcosa di tangibile a fronte di un mercato finanziario che in passato ha creato talmente tante illusioni (nell'offerta) da impedire di capire a un certo punto cosa fosse vero e cosa no. Di conseguenza la narrativa a supporto della salita dell'oro, dei metalli preziosi e delle commodity in generale che li raffigura come una protezione contro l'inflazione dei prezzi, è incompatibile con quanto sta accadendo oggi e con quanto accaduto anche in passato: non abbiamo una crisi monetaria bensì una finanziaria, quindi la percezione di riserva di valore è quel fattore che sta determinando la salita degli asset sopraccitati. Altrimenti non avremo il dollaro, nonché i T-bond, che si apprezzano e che rappresentano altresì strumenti finanziari indispensabili per superare la tempesta in atto. Forse è proprio con il passaggio all'SOFR e alla conseguente contrazione del mercato dei “dollari ombra” che gli USA hanno ricoperto infine il ruolo di nazione con la valuta di riserva mondiale: adesso chiunque voglia accedere a un mercato finanziario e dei capitali liquido deve comprare dollari; adesso chi vuole proteggere la propria divisa dalle fluttuazioni violente nei mercati dei cambi deve vendere titoli di stato americani oppure usarli come collaterale per ottenere prestiti. Niente più pasti gratis dal sistema bancario ombra.

E questo ci riporta al discorso delle commodity, perché rappresentano una via di fuga da un sistema al collasso. Nonostante la spesa in deficit dello zio Sam rappresenti una criticità per il Paese a livello fiscale e di tenuta dei conti, i titoli del Tesoro sono relativamente scarsi se si osservano le cose a livello internazionale e di un sistema finanziario che per decenni ha fatto ricorsi ai finanziamenti a tassi ridicoli per operare. In assenza di questa opzione bisogna accontentarsi di qualcosa che sia tangibile e abbia usabilità nel mondo reale, non un titolo alla cui base non c'è sottostante credibile. A tal proposito anche Bitcoin rientra in questa categoria, data la certezza matematica con la quale funziona il suo protocollo e l'immutabilità della sua blockchain. Per ricordarlo, adesso gli investitori non vanno cercando una protezione contro l'inflazione dei prezzi, ma una riserva di valore credibile che permetta di avere per le mani qualcosa di concreto in un mondo finanziario che deve ripulirsi da decenni di distorsioni, contorsioni e artifici vari. Nel frattempo il comparto industriale deve anch'esso sopravvivere e data l'estensione che è arrivato nel tempo a incarnare, avrà bisogno di input la cui domanda/offerta deve riallinearsi con la realtà.

Tutto ciò è sostanzialmente alla base del rialzo marcato dei prezzi di Bitcoin, delle commodity e dei metalli preziosi. Di conseguenza, a parità di domanda, bisogna aspettarsi ulteriori squeeze nell'offerta delle commodity, come ci ricorda anche HSBC.

Infatti, dopo caffè e cacao, il prossimo candidato per un'impennata dei prezzi potrebbe essere lo stagno. Come il nichel e altre materie prime, lo stagno è soggetto a forti short squeeze e i trader lo hanno scoperto nel 2022 dopo che un evento simile ha interrotto le negoziazioni del nichel sull’LME. La riduzione dell'offerta avviene in un momento in cui le scorte di stagno sono crollate del 47% quest'anno a 4.045 tonnellate. Il prezzo spot del metallo viene scambiato con un premio rispetto al contratto futures a tre mesi, producendo una struttura nota come backwardation. Una situazione simile l'abbiamo sperimentata negli ultimi due anni con l'impennata del litio, la cui domanda, però, è stata pompata ad hoc dal chiacchiericcio Green sulle auto elettriche. Ora che la bolla di quest'ultime si sta sgonfiando, soprattutto perché i criteri ESG vengono abbandonati da Wall Street, il prezzo del litio sta subendo anch'esso una correzione.

Discorso diverso per il comparto energetico, soprattutto i combustibili fossili e l'uranio, dove quest'ultimo è il “diamante grezzo” di quello che si prospetta essere la vera energia pulita del futuro.


SOBRIETÀ FISCALE = DISINTOSSICAZIONE DIFFICILE DA ACCETTARE

La guerra tra le élite, l'azzardo morale per sopravvivere alle sconsideratezze economiche del passato, i tradimenti usando l'eurodollaro e il caos nelle catene di approvvigionamento sono tutti legati da un filo rosso che rende la spesa in deficit degli Stati Uniti l'unico parametro che tiene ancora in vita i suoi aguzzini. Ecco perché c'è stata lotta serrata e senza esclusioni di colpi affinché venisse approvato l'ultimo pacchetto di aiuti di guerra. L'amministrazione Biden, così come il Congresso degli Stati Uniti, è infiltrato da personaggi che lavorano contro la nazione e sanno quali leve muovere durante le situazioni di emergenza. Quella di oggi è una situazione di super emergenza per loro, dato che il rubinetto monetario che alimentava il flusso degli eurodollari è stato chiuso. Powell, infatti, sta forzando sobrietà monetaria alla Federal Reserve, cercando al tempo stesso di forzarla anche a livello fiscale, ma quest'ultimo è un compito di gran lunga più arduo di quello che sta portando avanti col suo “higher for longer”.

Più gli Stati Uniti vengono impantanati in un conflitto estero, più saranno costretti a spendere dal punto di vista fiscale e quindi far circolare dollari e T-bill/T-bond in giro per il mondo. L'espansione dei BRICS per permettere alla Cina di allungare l'elenco di nazioni da cui poter attingere in caso di crisi, la decrescita volontaria dell'Europa in una sorta di modalità stand-by e il saccheggio della propria classe media per sopravvivere al cambiamento epocale introdotto dal 2022 dagli USA, rappresentano una riorganizzazione dettata dalla disperazione e dal panico. Bisogna ricordare, per l'ennesima volta, che i confini nazionali servono solo a giustificare davanti alla popolazione il loro uso come “scudi umani fiscali”. A tal proposito la scuola pubblica è un'ottima fucina per il lavaggio del cervello. Sopra la loro testa c'è una cupola mafiosa che usa la popolazione come carne da cannone nei propri giochi geopolitici e come ogni cupola mafiosa che si rispetti essa è composta da clan/famiglie che possono finire in lotta tra loro.

Quindi non sorprende se a volte un personaggio pubblico o un partito politico che sembravano dalla “nostra parte” fanno inversione di marcia e abbracciano nuove idee. Le alleanze vengono strette per essere rispettate... almeno all'inizio. Poi il tempo e le circostanze dettano il passo. Il punto è che le persone che muovono i personaggi pubblici (addetti alla comunicazione) non hanno pagine su Wikipedia, né hanno bisogno di ottenere visibilità. Sono quelle stesse forze che, ad esempio, stanno lavorando per disinnescare un'escalation in Medio Oriente. Infatti la recente risposta dell'Iran all'attacco di una sua sede diplomatica in Siria da parte di Israele è il perfetto esempio di guerra asimmetrica. Le regole d'ingaggio sono cambiate, far sciamare droni è più economico, ciononostante non sono cambiate le manovre sotterranee per evitare guai più grossi a seguito di errori di valutazioni. Quando, ad esempio, venne ucciso Soleimani la rappresaglia iraniana si scagliò su truppe statunitensi di stanza in Iraq; fu un attacco mirato e senza grosso clamore. Un messaggio mafioso. Gli USA compresero, Trump in particolare, di essere stati spinti a fare un passo più lungo della gamba (molto probabilmente dallo stesso Netanyahu) e lasciarono cadere la cosa.

Oggi accade la stessa cosa con gli americani che suggeriscono a Israele di lasciar cadere la cosa, il problema però è che la carriera politica di Netanyahu è agli sgoccioli e l'unica cosa che la tiene in piedi è la sua aggressività bellica. In assenza di nemici, lui è bello che cotto. È un animale all'angolo, potremmo dire, e in quanto tale pericoloso. Per quanto l'opposizione interna al partito di Netanyahu sia un male peggiore (esseno in sintonia con la cricca di Davos), i suoi interessi personali stanno avendo la meglio sulle alleanze. Ricordate che non è un caso che lo stato d'Israele si trovi proprio lì dov'è, dato che è circondato da popoli tanto violenti quanto quello israeliano. Gli attentati terroristici sono stati perpetrati sia dai palestinesi che dagli israeliani, non c'è nessuna verginella illibata in questa storia ma tanta intromissione inglese (come al solito) a scatenare inutili vespai. Temo quindi che l'unica soluzione per Netanyahu sia quella di cercare a tutti i costi l'escalation con l'Iran e un confronto diretto, tirandoci dentro anche gli Stati Uniti che si vedrebbero conseguentemente confrontati con la Cina.

Quest'ultima, infatti, ha interessi economici in Iran e ovviamente farà il possibile per proteggere i propri asset. Interverrà direttamente a quel punto? Probabilmente no, incanalando supporto militare e finanziario in Iran attraverso la Russia. Ciononostante è una pentola a pressione che fischia rumorosamente: la risposta dell'Iran è stata necessaria per non perdere la faccia, ma al contempo testare il sistema di difesa israeliano senza offrire il fianco a un'ulteriore risposta della controparte. Ma dato il contesto storico e la carriera politica di Netanyahu in gioco (e forse non solo quella), c'è da aspettarsi che la polvere ricada a terra da qui in poi? Attualmente i mercati del petrolio stanno scontando un rallentamento delle ostilità, anche perché le guerre sono troppo costose per essere combattute con tassi alti, inflazione dei prezzi alta e prezzi dell’energia alti.

Gli stati produttori di petrolio possono continuare a rallentare la produzione e recuperare i barili perduti con prezzi più alti. Jerome Powell ha ribadito la sua posizione: non c'è alcun motivo per prendere in considerazione un taglio dei tassi in questo contesto. I mercati obbligazionari cominciano a credergli, avendo ormai scontato quasi tutti i tagli dei tassi previsti all'inizio dell'anno. Chissà che a questo punto non sorprenda tutti e prima della fine dell'anno faccia entrare in scena un nuovo rialzo dei tassi. Malgrado ciò sarà felice di mantenere il 5,5% e di continuare a ridurre il bilancio della FED, lasciando al Congresso il compito di correggere il lato fiscale dell’equazione.


CONCLUSIONE

“Cos'è andato storto?” è la domanda che ci siamo posti oggi. Come mai le persone più ricche del mondo, in quello che avrebbe dovuto essere il periodo più ricco della loro storia – 1980-2020 – hanno fatto così pochi progressi e, in realtà, sono regredite in base alla maggior parte dei parametri?

La potatura, così come nel settore botanico, è altrettanto vitale nella vita di tutti i giorni: le imprese vanno a gambe all’aria, gli investimenti falliscono, le persone vengono licenziate, le mogli chiedono il divorzio, i clienti si rivolgono al concorrente, la gente muore. Il rumore delle motoseghe è continuo e i rami non necessari, o improduttivi, vengono tagliati. In un certo senso, l’idea alla base delle politiche statali e delle banche centrali negli ultimi vent’anni e più è stata quella di spegnere le motoseghe. Il legno morto è stato sostenuto da tassi d'interesse artificialmente bassi; le cattive idee sono state finanziate con prestiti al di sotto del tasso d’inflazione; gli “investimenti” senza speranza hanno attirato miliardi di denaro. Non c'era disciplina, nessuna correzione. Con i prezzi fasulli, molto spesso non c’era modo di dire cosa fosse un buon uso del denaro e cosa no.

E l'esempio di potatura e motoseghe non è stato preso a caso. Infatti la prima cosa che viene in mente è l'Argentina, quel Paese che era il più ricco in termini di prodotto interno lordo pro capite verso la fine del diciannovesimo secolo, ma che ora si colloca al sessantatreesimo posto. Non c’è nulla di sorprendente nella spirale discendente in termini di prosperità di cui ha sofferto: è stato il risultato di un ingrandimento ipertrofico dello stato e delle sue agenzie governative. Rispetto ad altri Paesi del Sud America, le amministrazioni dell’Argentina non hanno usato il militarismo per controllare le persone, bensì il controllo burocratico. Invece di un esercito di soldati, gli argentini si trovano di fronte a un esercito di burocrati che vivono a spese del settore produttivo. In nome del cosiddetto “interesse nazionale” ciò che dovrebbe essere gestito dall’impresa privata viene invece controllato dai burocrati. L'inefficienza è diventata dilagante.

Lo stato incoraggia il collettivismo perché crea divisioni all'interno della società e crea una distinzione “amico-nemico”: Divide et impera attraverso la creazione di miti. Uno di questi è l'interventismo statale negli affari economici per aggiustare le cose, ma è ormai evidente il danno causato da questo approccio ideologico. Fortunatamente la più recente elezione di Milei potrebbe spingere l’opinione pubblica verso il libero mercato, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Egli infatti sta cercando di ridimensionare l'apparato burocratico e le sue regolamentazioni, oltre a risolvere i problemi monetari della nazione. Smantellare l’esercito di burocrati si rivelerà un compito arduo da portare a termine, perché non è in gioco solo l'interesse di questa casta, ma anche quello di molte persone che non fanno parte di tal sistema di saccheggio ma ne sono comunque vittime e, al tempo tesso, beneficiari. In questa guerra sono usati come scudi umani dai burocrati.

L’elemento più significativo del periodo 1980-2020 è stato il debito pubblico. Ogni unità monetaria è un segno di vergogna. I baby boomer volevano “qualcosa in cambio di niente” e l’hanno ottenuta lasciando il conto ai loro figli e alle loro figlie. Le generazioni più giovani pagheranno, probabilmente per tutta la vita e probabilmente sotto forma di caos finanziario, guerra e prezzi più alti per beni e servizi forniti ai loro predecessori.


Supporta Francesco Simoncelli's Freedonia lasciando una “mancia” in satoshi di bitcoin scannerizzando il QR seguente.


1 commento:

  1. Il mondo che viene immaginato dalla cricca di Davos, e per estensione applicato all'Europa, è uno in cui esiste un divario netto tra chi ha e che non ha. Un mondo in cui le classi inferiori non hanno più la possibilità di scalare la scala sociale. L'anticapitalismo spacciato come virtù era una preparazione a questo stato di cose. Chi avrà possibilità di pagare per la propria libertà, allora sarà libero; chi no dovrà stare al suo posto e cedere a ogni sorta di ricatto pur di sopravvivere. La carbon tax, la tassa di soggiorno, la tassa per entrare nelle grandi città, ecc. sono tutti elementi che formano quella tenaglia che stringe sempre di più la vita della gente comune. Una selezione socioeconomica artificiale. Ora che la stampante monetaria della BCE è stata costretta a rallentare, si agisce sul lato fiscale dell'equazione per puntellare gli enormi squilibri economici. Il risultato finale è lo stesso: salari reali più bassi e una diminuzione del potere d’acquisto dei risparmi.

    Il debito è ai massimi storici, non c'è crescita dei salari reali e una bassa disoccupazione ufficiale maschera la partecipazione al lavoro e un rapporto occupazione/popolazione inferiore agli anni precedenti. Per quanto si voglia fare moralismo sulla rettitudine fiscale, è un pio desiderio il suo raggiungimento. Da qui l'ossessione per il controllo capillare dell'UE sui suoi sottoposti: è necessario tenere fermi i buoi che si dimenano quando si dovrà porli in una situazione dolorosa... almeno inizialmente. Poi i perpetual bond, le "smart" city e i prestiti a vita faranno il resto. Lo chiamano stakeholder capitalism, ma è solo marketing per darvi l'illusione che niente sia cambiato rispetto a prima, mentre invece le pareti della propria vita si sono ristrette sempre di più. In tutti i sensi sia fisicamente che economicamente. È un lento deflusso di ricchezza reale dalle classi inferiori a quelle superiori in questo momento storico in cui i rubinetti monetari dei pasti gratis (es. eurodollaro) sono stati chiusi. Prima di dichiarare fallimento parassiteranno tutto il parassitabile.

    Non esistono, quindi, rivoluzioni, movimenti di piazza, proteste o quant'altro per fermare questa folle corsa verso il baratro. Solo la capacità individuale di fare soldi e comprarsi la libertà: https://calendly.com/fsimoncelli/consulenze

    RispondiElimina