Perfino John Maynard Keynes, che era un funzionario del Tesoro britannico a Versailles, poteva vedere che il Trattato di pace cartaginese confezionato lì avrebbe solo seminato i semi del collasso economico in Germania e in gran parte dell’Europa dilaniata.
Nel suo famoso trattato, Le conseguenze economiche della pace, Keynes giustamente previde il disastro imminente:
Il Trattato non comprende disposizioni per la riabilitazione economica dell’Europa, nulla per trasformare le potenze centrali sconfitte in buoni vicini, nulla per stabilizzare i nuovi stati europei, nulla per rivendicare la Russia; né promuove in alcun modo un patto di solidarietà tra gli stessi Alleati; a Parigi non fu raggiunto alcun accordo per risanare le finanze disordinate di Francia e Italia, o per aggiustare i sistemi del Vecchio e del Nuovo Mondo.
Il Consiglio dei Quattro non prestò attenzione a questi problemi, preoccupandosi di altri: Clemenceau pensava a schiacciare la vita economica del suo nemico, Lloyd George pensava a concludere un accordo e portare a casa qualcosa che sarebbe stato accettabile per una settimana, il Presidente (Wilson) pensava a seminare ingiustizie. È un fatto straordinario che i problemi economici di un’Europa affamata e disintegrata davanti ai loro occhi siano stati l’unica questione su cui era impossibile suscitare l’interesse dei Quattro. La riparazione fu la loro principale escursione nel campo economico, e la risolsero come un problema di teologia, di politica, di chiacchiere elettorali; sotto ogni punto di vista fuorché quello dell'avvenire economico degli Stati di cui maneggiavano il destino.
Si dà il caso che lo stesso Adolf Hitler, in seguito, convalidò ampiamente la profezia di Keynes. Scrivendo nel Mein Kampf, egli rese assolutamente chiaro che l’ingiusto trattato di Versailles era la chiave per mobilitare la nazione tedesca:
Che uso si potrebbe fare del Trattato di Versailles? [...] Ciascuno dei punti di quel trattato potrebbe essere marchiato nelle menti e nei cuori del popolo tedesco, affinché infiammino le anime dei sessanta milioni di uomini e donne con un sentimento di rabbia e vergogna; e un torrente di fuoco sgorgherà come da una fornace, e da esso si forgerà una volontà d'acciaio, col grido comune: “Imbracceremo di nuovo le armi!”
Quindi Woodrow Wilson avrebbe molto di cui rispondere, perché è il padre della pace cartaginese che distrusse il mondo a Versailles. Ma la questione è molto più grande della follia di Wilson di trascinare gli Stati Uniti in guerra nell’aprile 1917.
Le sue ragioni per averlo fatto sono ancora più importanti: i 14 punti di Wilson e il suo slogan “rendere il mondo sicuro per la democrazia” erano essenzialmente la versione originale della cosiddetta Nazione Indispensabile.
Ironicamente, il concetto strampalato che innescò l’intera serie di eventi del XX secolo, e che poi diede vita all’Impero americano, viene ora utilizzata per giustificare il continuo disordine e caos che ha scatenato nel mondo.
Di conseguenza la “colpa” di Wilson è una macchia enorme, che si estende alla maggior parte delle guerre del XX secolo. Questo perché l’ingresso del tutto ingiustificato dell’America in una guerra che era già finita prolungò la catastrofe del Vecchio Mondo per decenni successivi.
Così facendo, favorì dapprima l’ondata millenaria di totalitarismo in Germania e Russia, e da lì la follia della Nazione Indispensabile che continua a tormentare il mondo intero.
La Grande Guerra: la follia dell'Europa
In questo contesto è essenziale ricordare che la Grande Guerra non rappresentava nulla per cui valesse la pena morire e non implicava alcun principio riconoscibile di miglioramento umano; non si trattava di una necessità di breve periodo che inavvertitamente diede origine a un male successivo e più grande.
Tra i personaggi che sconvolsero il mondo nell'estate del 1914 c'erano molti cattivi, ma nessun buono. Lo scoppio della Grande Guerra, infatti, fu una calamità evitabile derivante da una cacofonia di incompetenza politica, codardia, avarizia e sciocchezza.
In parte si può incolpare il pomposo e impetuoso Kaiser Guglielmo per aver preparato il terreno con il suo sciocco congedo di Bismarck nel 1890; il mancato rinnovo del trattato di riassicurazione russo poco dopo (che costrinse lo zar ad allearsi con la Francia); la sua donchisciottesca costruzione della Marina tedesca dopo la fine del secolo (che spinse gran parte dell'opinione inglese contro la Germania).
Allo stesso modo si possono incolpare i francesi per essersi legati a un trattato di guerra che poteva essere innescato dagli intrighi di una decadente corte di San Pietroburgo, dove lo zar rivendicava ancora i diritti divini e la zarina governava dietro le quinte su consiglio di Rasputin.
Si può incolpare il ministro degli Esteri russo, Sazonov, per le sue manie di grandezza che avevano incoraggiato le provocazioni della Serbia nei confronti dell'Austria dopo Sarajevo; e potete anche castigare il vacillante imperatore Francesco Giuseppe per aver mantenuto il potere durante il suo 67° anno sul trono, lasciando così il suo impero fatiscente vulnerabile agli impulsi suicidi del partito della guerra capeggiato dal generale Conrad.
Allo stesso modo si può incriminare l'ambiguo Cancelliere tedesco, Bethmann-Hollweg, per aver permesso agli austriaci di credere che il Kaiser appoggiasse la loro dichiarazione di guerra alla Serbia; e mettere alla berlina Winston Churchill e il partito della guerra di Londra per non aver riconosciuto che l'invasione del Piano Schlieffen attraverso il Belgio non rappresentava una minaccia per l'Inghilterra, ma un'inevitabile difesa tedesca contro una guerra su due fronti nel continente.
Ma soprattutto non si può parlare di difesa della democrazia, di rivendicazione del liberalismo, o di contrasto all'autocrazia e al militarismo prussiano.
Il Partito della guerra inglese, capeggiato da personaggi del calibro di Churchill e del generale Kitchener, era incentrato sulla gloria dell’impero, non sulla rivendicazione della democrazia.
Quindi anche lo scopo principale della Francia era la spinta revanscista per recuperare l'Alsazia-Lorena. Quest'ultimo è stato per 600 anni un territorio principalmente di lingua tedesca fino a quando fu conquistato da Luigi XIV nel XVII secolo, e poi riacquistato con la forza dalla Germania dopo l'umiliante sconfitta dei francesi nel 1870-1871.
In ogni caso, l’autocrazia tedesca era già allo stremo, come testimoniato dall’avvento dell’assicurazione sociale universale e dall’elezione di una maggioranza liberalsocialista al Reichstag alla vigilia della guerra; e il crogiolo delle nazionalità austro-ungarica, balcanica e ottomana sarebbe scoppiato in interminabili conflitti regionali e frammentazione nazionalista, indipendentemente da chi avesse vinto la Grande Guerra.
In breve, non era in gioco nulla in quanto a principi o moralità superiore.
Nessuna minaccia per la sicurezza della patria americana
La guerra non rappresentava alcuna minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. E ciò presuppone, ovviamente, che il pericolo non fossero le potenze dell’Intesa, ma la Germania e i suoi alleati.
Fin dall’inizio non vi era alcuna possibilità che la Germania e i suoi alleati potessero minacciare l’America e ciò divenne assolutamente vero nell’aprile del 1917, quando Wilson gettò l’America in guerra.
Infatti, nel giro di poche settimane, dopo il fallimento dell’offensiva del Piano Schlieffen l’11 settembre 1914, l’esercito tedesco fu costretto in una sanguinosa e fallimentare guerra su due fronti. Ciò ne garantì l’inesorabile fine e l’assoluta incapacità, in termini di finanze e manodopera, di guardare anche solo strabicamente l’America dalla sponda dell'Atlantico.
Allo stesso modo, dopo la battaglia dello Jutland nel maggio 1916, la grande flotta tedesca fu imbottigliata nei suoi porti di origine, dove divenne un’inerte flottiglia d’acciaio che non rappresentava alcuna minaccia per la costa americana a 4.000 miglia di distanza.
Come per il resto delle potenze centrali, gli imperi ottomano e asburgico avevano già appuntamento con la pattumiera della storia. Né bisognava preoccuparsi di una possibile minaccia da parte del quarto membro degli Imperi Centrali , vale a dire la Bulgaria.
Al di là dell’assenza di qualsiasi minaccia alla sicurezza nazionale da parte della Germania e degli Imperi Centrali, i due pretesti di Wilson per dichiarare guerra alla Germania – la guerra sottomarina e il telegramma Zimmerman – non erano nemmeno la metà di ciò che gli storici sostengono che fossero.
Per quanto riguarda il primo punto del casus belli di Wilson – la cosiddetta libertà dei mari e i diritti di navigazione neutrali – la storia è palesemente semplice: nel novembre 1914 l’Inghilterra dichiarò il Mare del Nord “zona di guerra”.
Così facendo minacciò la navigazione neutrale con micidiali mine marine; dichiarò che tutto ciò che poteva essere utile all'esercito tedesco – direttamente o indirettamente – costituiva contrabbando e doveva essere sequestrato o distrutto; annunciò che il conseguente blocco dei porti tedeschi era progettato per sottometterlo attraverso la fame.
Per rappresaglia, pochi mesi dopo, la Germania annunciò la sua politica di guerra sottomarina intesa a frenare il flusso di cibo, materie prime e armamenti verso l’Inghilterra. Era il disperato tentativo di una potenza terrestre contro lo schiacciante blocco marittimo imposto dall'Inghilterra.
Di conseguenza esisteva uno stato di guerra totale nelle acque del Nord Europa. I tradizionali “diritti” dei neutrali divennero rapidamente irrilevanti e furono ignorati da entrambe le parti.
Infatti armando le navi mercantili e stivando munizioni sulle navi passeggeri, l’Inghilterra fu palesemente ipocrita e del tutto sprezzante riguardo al conseguente pericolo per civili innocenti. Ciò fu tragicamente esemplificato dai 4,3 milioni di cartucce di fucile e da centinaia di tonnellate di altre munizioni trasportate nello scafo del Lusitania, quando fu affondato da un sottomarino tedesco al largo delle coste irlandesi nel maggio 1915.
Allo stesso modo il ricorso della Germania alla cosiddetta “guerra sottomarina senza restrizioni” nel febbraio 1917 fu brutale e stupido, ma arrivò in risposta alla pressione politica interna durante quello che in Germania era noto come “inverno della rapa”. A quel punto il Paese stava letteralmente morendo di fame a causa del blocco inglese.
Prima di dimettersi per principio nel giugno 1915, il segretario William Jennings Bryan aveva capito bene come stessero le cose: se fosse stato meno diplomatico e avesse riformulato il suo famoso discorso alla convention democratica del 1896, avrebbe detto che i ragazzi americani non avrebbero mai dovuto essere crocifissi sulla croce della nave Cunard. Soprattutto non in modo che alcune migliaia di ricchi plutocrati potessero esercitare un presunto “diritto” a crogiolarsi nel lusso mentre li mettevano consapevolmente in pericolo.
Quanto al telegramma Zimmerman, non fu mai recapitato in Messico. In realtà si trattava solo di un comunicato diplomatico interno inviato da Berlino all’ambasciatore tedesco a Washington, il quale aveva lavorato duramente per mantenere il suo Paese fuori dalla guerra contro gli Stati Uniti.
Si dà il caso che quella bozza di comunicato fu intercettata dai servizi segreti britannici nel febbraio 1917 e rimasero in silenzio per più di un mese, aspettando il momento opportuno per istigare l’America all’isteria bellica.
Contrariamente a quanto riportato dai libri di storia tradizionali, la cosiddetta bomba di Zimmerman era in realtà l’opposto di ciò che si dice che fosse: piuttosto che una minaccia di aggressione contro la patria americana, si trattava in realtà di una riflessione del Ministero degli Esteri sull'avvicinamento al presidente messicano riguardo ad un'alleanza e alla restituzione dei territori nel caso in cui gli Stati Uniti fossero entrati per la prima volta in guerra contro la Germania.
Ed esattamente perché un’azione difensiva del genere, di fronte a un potenziale attacco, doveva apparire tanto sorprendente – per non parlare di un valido casus belli?
Dopotutto l’Intesa (Inghilterra, Francia e Russia) non aveva forse corrotto l’Italia affinché scendesse in guerra con la promessa di grandi porzioni dell’Austria? Gli sventurati romeni non si unirono forse all'Intesa quando gli fu promessa la Transilvania?
I greci non contrattavano all’infinito sui territori turchi che avrebbero ottenuto se si fossero uniti agli alleati? Lawrence d'Arabia non corruppe lo sceriffo della Mecca con la promessa che vaste terre arabe sarebbero state sottratte ai turchi?
Perché, allora, i tedeschi – se costretti alla guerra da Washington – non avrebbero dovuto promettere il ritorno del Texas al Messico in cambio dell’adesione alla sua causa?
Perché la Grande Guerra era effettivamente finita quando Wilson intervenne
In ogni caso, alla fine del 1916 la “guerra breve” era ormai da tempo un’illusione sbiadita. Ciò che esisteva a quel punto era uno stallo militare, un reciproco esaurimento politico e un imminente fallimento finanziario tra tutti i belligeranti europei.
A dire il vero l’Europa aveva quasi ottenuto la sua “guerra breve” quando l’offensiva tedesca del “Piano Schlieffen” portò i suoi eserciti entro 30 miglia da Parigi durante le prime settimane di guerra. L’offensiva, però, s'impantanò sul fiume Marna a metà settembre 1914. Nel giro di tre mesi, poi, si era formato il fronte occidentale e si era coagulato in sangue e fango. Ben presto divenne uno spaventoso corridoio di 400 miglia di carneficine insensate, massacri indicibili e incessante stupidità militare che si estendeva dalla costa delle Fiandre e poi attraverso il Belgio e la Francia settentrionale fino alla frontiera svizzera.
I quattro anni successivi videro una linea ondulata di trincee, intrecci di filo spinato, tunnel, postazioni di artiglieria e terra bruciata che raramente si spostava per più di poche miglia in entrambe le direzioni e che alla fine causò più di 7 milioni di vittime sul lato alleato e quasi 5 milioni da parte tedesca.
Se c'era ancora un qualche dubbio sul fatto che l'intervento catastrofico di Wilson trasformò una guerra di logoramento, stallo e infine reciproco esaurimento in una vittoria di Pirro per gli alleati, esso fu chiarito da quattro sviluppi nel corso del 1916 che precedettero la dichiarazione di guerra degli Stati Uniti.
Il primo: i tedeschi puntarono tutto su una massiccia offensiva destinata a invadere le fortezze francesi di Verdun. Questi storici bastioni sul confine nord-orientale della Francia esistevano fin dall'epoca romana ed erano stati rinforzati dopo l'umiliante sconfitta della Francia nella guerra franco-prussiana del 1870.
Ma nonostante la mobilitazione di 100 divisioni, la più grande campagna di bombardamento di artiglieria mai registrata fino ad allora, e le ripetute offensive di fanteria da febbraio a novembre 1916 che provocarono oltre 400.000 vittime tedesche, l’offensiva di Verdun fallì.
Il secondo: l'offensiva britannica e francese conosciuta come la Seconda Battaglia della Somme. Quest'ultima iniziò con sbarramenti di artiglieria il primo luglio 1916 e poi per tre mesi mandò ondate di fanteria nelle fauci delle mitragliatrici e dell'artiglieria tedesche. Si concluse con un fallimento colossale, ma solo dopo più di 600.000 vittime inglesi e francesi, tra cui un quarto di milione di morti.
Tra questi massacri, la situazione di stallo fu rafforzata dalla già citata resa dei conti navale nello Jutland. Quella battaglia costò agli inglesi molte più navi affondate e marinai annegati rispetto ai tedeschi, ma costrinse anche i tedeschi a ritirare la loro flotta in porto e a non sfidare mai più la Royal Navy in combattimenti in mare aperto.
Alla fine del 1916 i generali tedeschi che avevano distrutto gli eserciti russi in Oriente con solo una piccola frazione di un nono dell’esercito tedesco – i generali Hindenburg e Ludendorff – ricevettero il comando dell’intero sforzo bellico.
Cambiarono radicalmente la strategia di guerra della Germania, riconoscendo che la crescente superiorità degli alleati in termini di manodopera, dovuta alla leva britannica del 1916 e alla mobilitazione di forze da tutto il Commonwealth, rendeva quasi impossibile una svolta nell'offensiva tedesca.
Il risultato fu la Linea Hindenburg, una meraviglia militare di straordinaria inespugnabilità difensiva. Consisteva in uno schieramento a scacchiera di mitraglieri temprati e forze di manovra piuttosto che di fanteria in prima linea e anche di un intricato labirinto di tunnel altamente ingegnerizzati, rifugi profondi, collegamenti ferroviari, artiglieria pesante e riserve flessibili nelle retrovie.
Fu anche rinforzata dal trasferimento degli eserciti orientali della Germania sul fronte occidentale nel 1917: 200 divisioni e 4 milioni di uomini sulla linea Hindenburg.
Inutile dire che questo fantastico insieme di capacità difensive precludeva ogni speranza di vittoria dell’Intesa. Nel 1917 non erano rimasti abbastanza uomini in età di leva in Francia e Inghilterra per superare la Linea Hindenburg, la quale, a sua volta, era stata progettata per dissanguare gli eserciti alleati guidati da macellai come il generale britannico Haig e il generale francese Joffre.
Così, con la disintegrazione dell’esercito russo a est e lo stallo a tempo indeterminato a ovest all’inizio del 1917, era solo questione di mesi prima che si verificassero ammutinamenti tra le linee francesi, demoralizzazione a Londra, fame e privazioni di massa in Germania e bancarotta ovunque; tutte queste cose, prese insieme, avrebbero portato a una pace per sfinimento e a una rivolta politica a livello europeo contro i guerrafondai.
L'intervento di Wilson trasformò quindi uno stallo impossibile in una vittoria ingiustificata per l'Intesa. Era solo questione di tempo prima che la mobilitazione senza precedenti di uomini e materiali da parte di Washington durante il 1917 si riversasse sui campi di battaglia della Francia e cambiasse le sorti della guerra l’anno successivo.
Quindi la crociata di Wilson non ha rimodellato il mondo, ma ha radicalmente ridefinito i contorni della storia del XX secolo, dando origine alla vittoria dell’Intesa e al disastro di Versailles e scatenando, successivamente, l’aberrazione millenaria del totalitarismo nazista e stalinista che ne derivò.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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👉 Qui il link alla Prima Parte: https://www.francescosimoncelli.com/2023/11/woodrow-wilson-colui-che-apri-le-porte.html
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