lunedì 9 ottobre 2023

Orwell denunciò la codardia di giornalisti e intellettuali

 

 

di Barry Brownstein

George Orwell aveva poche speranze sul fatto che le bugie dei dittatori potessero essere smascherate da una stampa libera. Il suo saggio La libertà di stampa doveva essere la prefazione a La fattoria degli animali, ma fu pubblicato solo nel 1972. Orwell rivelò che il Ministero dell'informazione del Regno Unito (creato durante la seconda guerra mondiale) consigliò all'editore di Orwell di non pubblicare La fattoria degli animali perché sarebbe potuto offensivo nei confronti dei “sovietici”.

La tesi di Orwell era che i giornalisti, non tanto lo stato, sono i peggiori censori:

Il principale pericolo per la libertà di pensiero e di parola in questo momento non è l’interferenza diretta del Ministero dell’Interno o di qualsiasi organismo ufficiale. Se gli editori si sforzano di tenere fuori stampa alcuni argomenti, non è perché hanno paura delle persecuzioni, ma perché hanno paura dell’opinione pubblica. In questo Paese la codardia intellettuale è il peggior nemico che uno scrittore o un giornalista deve affrontare.

I giornalisti codardi di oggi hanno nascosto storie come il laptop di Hunter Biden, i dubbi sull’efficienza delle mascherine e dei lockdown, i profili di sicurezza discutibili dei vaccini, le preoccupazioni che i vaccini non impedissero la trasmissione della malattia, le domande sulla linea di politica degli Stati Uniti in Ucraina e le sfide all’ortodossia del riscaldamento globale.

Sebbene l’amministrazione Biden abbia usato i social media per censurare la gente comune, non era tenuta a censurare i giornalisti. Orwell scrisse: “Le idee impopolari possono essere messe a tacere e i fatti scomodi tenuti nascosti, senza bisogno di alcun divieto ufficiale”.

In ogni dato momento esiste un’ortodossia, un insieme di idee che presume che tutte le persone benpensanti l'accetteranno senza fare domande. Non è proprio proibito dire questa, quella, o quell'altra cosa, ma non è “fatto” dirlo [...]. Chi sfida l'ortodossia imperante si ritrova messo a tacere con sorprendente efficacia. Un'opinione veramente fuori moda non trova quasi mai un giusto ascolto, né nella stampa generalista né nei periodici degli intellettuali.

Nel paragrafo successivo Orwell dipinge un ritratto del nostro tempo. Mentre leggete, sostituite la “Russia sovietica” con vaccini, interventi chirurgici per gli adolescenti che vogliono cambiare genere, energia verde, ecc.:

In questo momento ciò che l’ortodossia prevalente richiede è un’ammirazione acritica per la Russia sovietica. Tutti lo sanno, quasi tutti agiscono di conseguenza. Qualsiasi critica seria al regime sovietico, qualsiasi divulgazione di fatti che il governo sovietico preferirebbe tenere nascosti, è praticamente impubblicabile. E questa cospirazione nazionale per adulare il nostro alleato ha luogo, curiosamente, in un contesto di genuina tolleranza intellettuale. Perché anche se non ti è permesso criticare il governo sovietico, sei almeno ragionevolmente libero di criticare il nostro.

Orwell non fu sorpreso “dal servilismo con cui la maggior parte dell’intellighenzia inglese ha digerito e ripetuto la propaganda russa”, anche se non avevano “alcuna pressione diretta per falsificare le proprie opinioni”.

Il potere di Big Pharma era già un problema quasi ottant’anni fa. Orwell osservò: “Certi argomenti non possono essere discussi a causa di ‘interessi acquisiti’. Il caso più noto è il racket dei brevetti medicinali”.

Nonostante avesse già allora lanciato l’allarme, Orwell aggiunse una precisazione al suo sostegno alla libertà di parola:

Se la libertà intellettuale, che senza dubbio è stata uno dei segni distintivi della civiltà occidentale, significa qualcosa, sicuramente significa che ognuno avrà il diritto di dire e di stampare ciò che crede essere la verità, purché non danneggi il resto della comunità in un modo abbastanza inequivocabile.

Oggi il danno alla relativa comunità viene utilizzato come arma da Google e altri per censurare legittime differenze di opinione.

Proprio come Hayek ci avvertì nel suo libro La strada verso la schiavitù, Orwell fece la stessa cosa: “È solo, o almeno è principalmente, l’intellighenzia letteraria e scientifica, proprio le persone che dovrebbero essere i guardiani della libertà, che stanno cominciando a disprezzarla, in teoria come in pratica.”

Oggi gli autoritari affermano di difendere la democrazia, ma lo fanno con mezzi illiberali. Orwell analizzò queste tattiche e sottolineò “una tendenza diffusa a sostenere che si può difendere la democrazia solo con metodi totalitari. Se si ama la democrazia, si sostiene, bisogna schiacciare i suoi nemici con qualunque mezzo”.

Tra i nemici da annientare c'erano “coloro che ‘oggettivamente’ la mettono in pericolo diffondendo dottrine errate”. Anche i censori di oggi utilizzano questo argomento di disinformazione.

Peggio ancora, Orwell spiegò che gli intellettuali giustificarono le purghe di Stalin sostenendo che “le opinioni eretiche delle vittime [...] danneggiavano ‘oggettivamente’ il regime e quindi era giusto non solo massacrarle ma screditarle con false accuse”.

Questo non è un saggio per avanzare accuse nei confronti di operatori sanitari, autori di libri e accademici. Ma se credete che gli intellettuali si oppongano alle “false accuse” solo perché svolgono una buona causa, Orwell direbbe che vi sbagliate.

Orwell osservò che il grande entusiasmo per la Russia stalinista era “solo un sintomo dell'indebolimento generale della tradizione liberale occidentale. Se incoraggiate metodi totalitari, potrebbe arrivare il momento in cui verranno usati contro di voi invece che a vostro favore”.

Qualsiasi adozione tribale di una “ortodossia” è problematica. Orwell disse: “Il nemico è la mente del grammofono, indipendentemente dal fatto che si sia d’accordo o meno con il disco che viene riprodotto”.

Può la civiltà occidentale sopravvivere all’illiberalismo descritto da Orwell? Lui stesso aveva i suoi dubbi:

La libertà intellettuale è una tradizione profondamente radicata senza la quale la nostra caratteristica cultura occidentale difficilmente potrebbe esistere. Da quella tradizione molti dei nostri intellettuali si stanno visibilmente allontanando. Hanno accettato il principio secondo cui un libro dovrebbe essere pubblicato o soppresso, lodato o condannato, non in base ai suoi meriti ma in base a come soffia il vento della politica. E altri che in realtà non sostengono questo punto di vista, vi acconsentono per pura codardia.

Orwell scrisse: “Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alle persone ciò che non vogliono sentire”. Oggi giornalisti e intellettuali ci dicono che la libertà di espressione non è essenziale; anziché essere una condizione attraverso la quale la civiltà progredisce, la libertà di espressione è una minaccia per la “democrazia”. Con tali convinzioni, ammoniva Orwell, stiamo creando la nostra stessa distopia.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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