Bibliografia

venerdì 8 settembre 2023

Occhio alla Grande Inversione

 

 

di Alasdair Macleod

Il grafico qui sotto ci suggerisce che, diversamente dal pensiero dominante, i rendimenti dei titoli del Tesoro USA, ampiamente considerati come gli asset privi di rischio rispetto ai quali vengono misurati tutti gli altri, saliranno più in alto, senza stabilizzarsi vicino ai livelli attuali prima di scendere. I rendimenti dei titoli del Tesoro USA potrebbero facilmente raddoppiare da qui in poi e la classe politica non avrà il potere d'impedirlo. Lo stesso accadrà per i tassi d'interesse a livello mondiale.

Questo saggio conclude che l'analisi ragionata ci porta a questa inevitabile conclusione. Ciò è coerente con la fine dell’era del denaro fiat post-Bretton Woods e con il ritorno al credito coperto da valori reali.

Il crollo del valore del credito scoperto era solo una questione di tempo e ora si sta avvicinando rapidamente. È in corso una Grande Inversione ed è la conseguenza delle distorsioni monetarie che si sono accumulate sin dalla fine di Bretton Woods, cinquantadue anni fa. Non sarà una cosa da poco.

Il fattore scatenante saranno i flussi di capitale che lasceranno il dollaro, creando una crisi dei finanziamenti per il governo degli Stati Uniti. Gli stranieri, che hanno accumulato $32.000 miliardi in depositi e altri asset finanziarie denominati in dollari, non avranno più bisogno di mantenere i saldi in dollari, forse addirittura riducendoli al minimo. Inoltre i fattori economici stanno diventando fortemente negativi con l’aumento dei prezzi dell’energia in vista dell’inverno, facendo scattare trappole del debito nei governi dell’alleanza occidentale. Come potrebbero, quindi, scendere i rendimenti obbligazionari nei prossimi mesi?


È già in vista il prossimo aumento dei rendimenti obbligazionari…

Il grafico qui sopra sul rendimento del decennale USA mostra il classico mercato rialzista secondo la Teoria di Dow. Il prezzo, rappresentato dal rendimento obbligazionario, è al di sopra della media mobile ascendente a breve termine che a sua volta è al di sopra della media mobile a lungo termine, anch’essa in aumento. Dopo un primo aumento tra marzo 2020 e ottobre 2022, i rendimenti obbligazionari erano entrati in un periodo di consolidamento, trovando un supporto concreto al 3,75% dove convergevano anche le due medie mobili. E con l’aumento dei rendimenti i prezzi delle obbligazioni sono crollati, come hanno scoperto a loro spese i banchieri di Silicon Valley Bank.

I rendimenti dei titoli del Tesoro USA non sono gli unici. Tutti i bond dell’Eurozona, i Gilt del Regno Unito e i titoli di stato giapponesi presentano la stessa spaventosa condizione. I due grafici seguenti relativi ai Gilt britannici e ai bund tedeschi con scadenza a 10 anni illustrano il punto.

I rendimenti dei Gilt britannici sembrano avere uno slancio al rialzo ancora maggiore rispetto ai titoli del Tesoro statunitensi, e le forze rialziste sottostanti che alimentano i rendimenti dei bund tedeschi sono abbastanza potenti da aver creato una base per un consolidamento verso l’alto. E a Tokyo, dove la Banca del Giappone è ancora aggrappata a tassi d'interesse negativi, la sua presa sulle forze di mercato sta allentandosi, come mostrato nel primo dei due grafici seguenti.

La determinazione della Banca del Giappone a mantenere i tassi d'interesse e i rendimenti obbligazionari in territorio negativo ha minato il tasso di cambio dello yen fino al 30%. Ora che sembra stia perdendo il controllo sui rendimenti obbligazionari, il carry trade sullo yen si sta invertendo. E nella misura in cui le banche giapponesi e i fondi d'investimento insieme agli investitori internazionali hanno preso in prestito e venduto yen per investire in obbligazioni a rendimento più elevato in altre valute, questi flussi si stanno invertendo a vantaggio del tasso incrociato dello yen e a scapito dei mercati obbligazionari esteri.

Ci sono altri buoni motivi per sospettare che le prospettive per i prezzi obbligazionari non siano così favorevoli come sembra credere la maggior parte degli investitori. Chiaramente coloro che pensano, come fanno le banche centrali, che la politica monetaria funzioni e che l’inflazione viene gradualmente superata, e quindi che i tassi d'interesse sicuramente scenderanno l’anno prossimo, rimarranno scioccati. L’errore deriva dall’ignorare i flussi d'investimento internazionali e dall’autocompiacimento di proiettare nel futuro l’esperienza degli ultimi quarant’anni, presumendo al tempo stesso che gli attuali livelli dei tassi d'interesse sopprimeranno la domanda dei consumatori senza incidere sull’offerta. Ma affinché tutto ciò possa essere anche solo parzialmente vero, le valute fiat e il credito dovranno essere solidi.


Non è più una questione di economia, ma di fiducia nel denaro fiat

Le valute fiat sono intrinsecamente instabili. Dipendono interamente dalla frase spesso citata secondo cui il valore del dollaro si basa sulla “piena fiducia nello stato in quanto lo emette”, una frase che ha origine dalla “autorità di contrarre prestiti in base alla piena fiducia negli Stati Uniti, nel Congresso e nella Costituzione”. Presi alla lettera l’economia e la politica monetaria sono fattori secondari nella valutazione di una valuta fiat: se si perde la fiducia in chi la emette, la valuta sarà condannata indipendentemente dallo stato in cui versa l'economia. Questo sicuramente è ciò che ha spazzato via i regimi insignificanti tanto quanto le loro politiche monetarie.

Ma il mondo ora è stanco della fiducia in un dollaro utilizzato come arma e per esentesione in tutte le valute che lo accompagnano. Oltre all’arroganza della militarizzazione del dollaro fiat, il fattore scatenante il crollo della fiducia in esso è la politica del governo degli Stati Uniti di vietare i combustibili fossili. La saggezza strategica del presidente Nixon e di Henry Kissinger di legare il futuro del dollaro alla domanda energetica è stata annullata in un colpo solo: l’intero Consiglio di Cooperazione del Golfo, guidato dai Sauditi, ha ormai abbandonato l’accordo del 1973; il collegamento è scomparso e con esso la sicurezza futura del dollaro.

Inevitabilmente i politici delle economie non sviluppate di tutto il mondo ora si sentono liberi dalla tirannia del dollaro. Questo è il motivo per cui cercano migliori relazioni internazionali con l’asse russo e cinese. Ciò coincide con un nuovo realismo in Africa e altrove, ovvero che i giorni dei politici che si riempivano le tasche con i programmi di aiuti occidentali sono finiti. Invece la via da seguire è rappresentata da investimenti nelle infrastrutture ed è ciò che la Cina sta già fornendo.

Parte del pacchetto asiatico costituirà una migliore alternativa di pagamento al dollaro per le esportazioni di materie prime; c’è anche la promessa d'infrastrutture verticali, le quali consentiranno a questi Paesi di catturare non solo i valori delle materie prime, che credono siano soppressi dal sistema finanziario americano, ma anche una parte maggiore delle catene del valore a valle. Il capitale mondiale si allontanerà dalla storia di ieri, che è stata l’America e l’Europa, e si dirigerà verso questo nuovo territorio vergine di opportunità d'investimento.

Non c’è dubbio che la politica estera statunitense sia diventata molto sensibile ai flussi di capitale. Questa questione spiega l’attacco del presidente Trump alla tecnologia cinese e a Hong Kong durante il suo mandato. L’America non può permettersi di vedere il capitale d'investimento internazionale dirottato dall’America alla Cina e oggi il Tesoro americano sente queta pressione con gli investimenti esteri nel suo debito, in un momento in cui sono più necessari tra l'altro.

Dall’accordo di Nixon con i sauditi nel 1973, l’accumulo di dollari in mani straniere è cresciuto fino a raggiungere proporzioni enormi. Secondo i dati TIC del Tesoro americano, circa $24.500 miliardi sono investiti in asset finanziari a lungo termine, tra cui titoli del Tesoro statunitensi, obbligazioni di agenzie e società per un totale di circa $10.000 miliardi e $14.500 miliardi in azioni. Inoltre ci sono $7.500 miliardi in titoli a breve termine e depositi bancari.

Si sono accumulati in base al presupposto che la riserva e lo status egemonico del dollaro continueranno per sempre. Dato che i sauditi hanno abbandonato l’accordo di Nixon del 1973 con re Faisal, tale ipotesi non è più vera. Insieme alla Russia e agli iraniani, i sauditi cercheranno un’alternativa migliore per le loro esportazioni di energia.

E quando questo messaggio si diffonderà in modo più chiaro tra i proprietari stranieri di asset in dollari, non ci saranno dubbi che si trasformeranno in venditori. Va notato che questo attacco alla fiducia che il resto del mondo ha nei confronti del dollaro ha poco a che fare con l’economia e più con la fine dell’era delle valute fiat. È un errore pensare che i valori futuri di mercato si basino esclusivamente su modelli economici e che la domanda di dollari per regolare gli scambi possa andare avanti all'infinito.

Le condizioni economiche si aggiungono agli sviluppi geopolitici. E qui dobbiamo pensare agli anni ’70, dopo l’abbandono dell’accordo di Bretton Woods. Misurato in termini di costi energetici, il potere d’acquisto di tutte le valute che non erano più legate all’oro crollò, con un barile di petrolio WTI che salì da $3,56 a $10,11 nel gennaio 1974. La ragione era che gli esportatori di petrolio, organizzati nel cartello dell’OPEC e guidato dallo sceicco Yamani dell’Arabia Saudita, non possedevano la stessa piena fiducia nel dollaro fiat come ce l'avevano quando era ancora coperto dall'oro. L’accordo Nixon-Faisal non ebbe effetto sulla perdita di fiducia, ma almeno gli americani mantennero il controllo sul mezzo di transazione. La lezione per oggi: quegli sviluppi portarono all’impennata dei tassi d'interesse, al valore dell’oro e al crollo dei valori finanziari nel resto di quel decennio.

Questo ci riporta al grafico principale del decennale statunitense. I rendimenti sono destinati a salire se gli stranieri iniziano a smobilitare la loro posizione da $7.500 miliardi in titoli del Tesoro statunitensi in un momento in cui il fabbisogno del governo americano è in forte aumento. Sfortunatamente ci si può aspettare che anche i fattori economici sottostanti spingano al rialzo i rendimenti dei titoli del Tesoro USA.


La trappola del debito del governo americano

Il grafico seguente conferma che il debito pubblico degli Stati Uniti sta crescendo in modo esponenziale. Ancora più allarmante è il fatto che il costo degli interessi è alle stelle. Il costo medio degli interessi è in ritardo di circa il 3%, ma con le prospettive per rendimenti obbligazionari e tassi d'interesse ancora più alti di quelli odierni, il giorno in cui il costo degli interessi supererà i $2.000 miliardi non è lontano. I requisiti di finanziamento incontrollati e i costi degli interessi sono gli elementi che compongono la classica trappola del debito, la quale porta inevitabilmente al collasso di una valuta fiat.

Secondo il Congressional Budget Office, i finanziamenti per il prossimo anno fiscale fino a fine settembre dovranno coprire un deficit di bilancio di $1.571 miliardi e $1.761 miliardi l’anno successivo. Per superare la trappola del debito sarà necessario eliminare questi deficit e sostituirli con surplus sufficienti ad annullare i costi degli interessi. Quasi certamente, nel contesto attuale, tagli alla spesa dell’entità richiesta sono politicamente impossibili, soprattutto considerando che il 2024 sarà l’anno delle elezioni presidenziali. E, innescati dall’aumento dei rendimenti obbligazionari e dalla debolezza del dollaro, tra i problemi di finanziamento che si ritroverà ad affrontare il Tesoro americano ci sarà la vendita di dollari e obbligazioni sia da parte di stranieri che di residenti nazionali.

Queste sono condizioni simili a quelle affrontate dal governo britannico nel 1976, le quali portarono a un piano di salvataggio dell'FMI da $3,9 miliardi e condizionato da tagli sostanziali alla spesa pubblica. In precedenza la sterlina era scesa da $2,60 nel 1973 a $1,60 nel giugno 1976. Ritenendo che fosse scesa troppo, il Tesoro americano concesse un prestito temporaneo al governo britannico, a condizione che fosse rimborsato entro il dicembre successivo. Fu per rifinanziare questo debito che divenne necessario il piano di salvataggio dell'FMI. Fu necessario emettere Gilt con cedole fino al 15,5% per finanziare il deficit di bilancio. Indubbiamente le condizioni imposte dall'FMI contribuirono a ribaltare la situazione e il fatto che il governo britannico non avesse scelta in merito permise alla situazione di stabilizzarsi.

Le prospettive per il governo degli Stati Uniti si stanno deteriorando fino a diventare altrettanto negative, se non addirittura peggiori. Né i politici possono addurre all’elettorato la scusa che la questione è stata loro sottratta dalle mani, come potè fare il governo laburista di sinistra sotto Harold Wilson.

Almeno i cittadini britannici furono risparmiati dal crollo dei prezzi immobiliari negli anni ’70, perché i finanziamenti ipotecari erano stati precedentemente razionati e difficili da ottenere. Di conseguenza i prezzi delle case rimasero stabili durante la crisi, con tassi d'interesse in aumento a rappresentare una copertura dall’inflazione. Ciò non è vero oggi, quindi si prevede che i prezzi degli immobili residenziali negli Stati Uniti e altrove scenderanno ulteriormente, riflettendo l’aumento dei costi dei mutui per la domanda marginale. Invece la Gran Bretagna visse una crisi immobiliare alla fine del 1973, la quale mandò in bancarotta numerose banche specializzate in quel mercato. Ma anche se i centri commerciali e gli uffici in America hanno già sofferto a causa della vendita al dettaglio online e degli amministratori che lavorano da casa, un altro colpo dovuto all’aumento dei tassi d'interesse è in cantiere.

Sembra inevitabile che le forze recessive aumentino con condizioni economiche quantomeno stagnanti. Tassi d'interesse e rendimenti obbligazionari più elevati sono destinati a portare a minori entrate fiscali e maggiori costi obbligatori. Le ipotesi alla base delle previsioni dell’ufficio di bilancio del Congresso verranno sconvolte e, nel peggiore dei momenti possibili, i deficit di bilancio aumenteranno.


I sistemi bancari sono posizionati male di fronte alla Grande Inversione

Il sistema bancario dell’Occidente è cambiato radicalmente a metà degli anni ottanta, passando dal finanziamento di Main Street al finanziamento di Wall Street. L’Europa non è rimasta indietro, facilitata dall'esplosione finanziaria di Londra; la produzione su larga scala sarebbe emigrata in Asia, dove la manodopera era a buon mercato e le fabbriche potevano essere operative in pochissimo tempo, rispetto alla pianificazione e ad altre normative che portavano a tempi di consegna lunghi in America ed Europa. Invece di fornire liquidità alle imprese emigrate all’estero, le grandi banche hanno investito in asset finanziari ed è questa tendenza che ora si sta invertendo.

L’espansione degli asset finanziari è stata l’origine della successiva espansione del mercato dei lingotti a Londra, cresciuto rapidamente sulla base di un singolo carry trade: prendere in prestito e vendere oro in leasing per investire poi in titoli del Tesoro ad alto rendimento. I mercati dei derivati regolamentati si sarebbero espansi rapidamente e i derivati OTC si sarebbero moltiplicati. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, il valore nozionale dei derivati OTC è attualmente di $618.000 miliardi e gli interessi aperti nei derivati regolamentati ammontano ad altri $38.000 miliardi. La grande maggioranza sono contratti in dollari, quindi il bihlietto verde è destinato a trovarsi nel mirino della Grande Inversione. Inoltre molti di questi derivati sono obbligazioni creditizie per importi nozionali non riflessi nei bilanci bancari, che registrano solo il loro valore mark-to-market. L’esposizione delle banche è notevolmente peggiore di quanto suggeriscano i loro bilanci.

Sembra inevitabile che la combinazione tra il calo del dollaro e l’aumento dei tassi d'interesse porterà ad una sostanziale riduzione delle dimensioni di questi mercati, e gli incidenti finanziari sotto forma di fallimenti delle controparti diventeranno probabilmente la norma. Ciò avviene in un momento in cui i bilanci bancari sono fortemente indebitati e si trovano al culmine del ciclo del credito bancario. Riconoscendo i pericoli, i banchieri del Nord America e dell’Europa come gruppo sono sempre più cauti, cercando ogni opportunità per ridurre la propria esposizione al rischio. I prestiti bancari nelle principali giurisdizioni si stanno già contraendo. Ma forse la migliore indicazione del sentiment dei banchieri negli Stati Uniti si trova nei sondaggi sui prestiti e il grafico qui sotto illustra la posizione attuale.

Sembra che l’inasprimento degli standard di prestito abbia ancora molta strada da fare, che in questo caso non è ancora una risposta a una recessione ufficialmente designata (le bande ombreggiate). E possiamo essere certi che rendimenti obbligazionari e quindi tassi d'interesse più elevati spingeranno i funzionari addetti ai prestiti a una cautela ancora maggiore.

Tassi d'interesse più alti sono causati dalla stretta del credito bancario, perché la domanda di credito tende ad aumentare allo stesso tempo. Le condizioni che portano alla cautela dei banchieri sono l’aumento dei prezzi dei fattori produttivi e il rallentamento delle vendite, che per la maggior parte delle aziende porta a richiedere maggiori possibilità di scoperto. Le banche sono riluttanti a fornirli, ma quando lo fanno richiedono un tasso d'interesse più elevato per compensare l’aumento del rischio. Si crea una carenza generale di credito, la quale minaccia di far precipitare l’intera economia in una crisi.

Non solo il controllo sui tassi d'interesse viene sottratto dalle mani del sistema bancario centrale, ma tassi di prestito più elevati minano anche il valore degli asset finanziari.

La comprensione degli economisti secondo cui si tratta di un ciclo di credito bancario che porta a boom e bust, è stata confusa da una lettura errata delle cause dietro la Grande Depressione. Nei periodi favorevoli, le banche sopprimono i costi di finanziamento competendo per fare affari. Il rapporto tra attivi di bilancio e patrimonio netto si espande e finché questa leva finanziaria aggiuntiva compensa la soppressione dei margini di prestito, i profitti per gli azionisti aumentano in modo significativo. Invece di una media di sette o otto volte, il rapporto di leva finanziaria aumenta fino a dieci volte o anche di più. È questo processo che porta all’espansione del bilancio, la quale si riflette nel livello generale del credito bancario.

Il grafico seguente mostra come si sia evoluto questo rapporto di leva finanziaria nel sistema bancario statunitense dal 1990 a oggi: da 7,5 volte a quasi 13,8 volte.

Sebbene si sia trattato di una tendenza al rialzo a lungo termine, il ciclo sottostante dei prestiti bancari è visibile tra il 1990-2000, 2000-2009 e 2009-2020.

Nell’arco di un solo mese, dal 18 febbraio 2020 al 20 marzo, l’indice S&P500 è sceso di un terzo. Ciò è dovuto a una generale stretta creditizia provocata dalla riduzione delle riserve da parte della FED (conseguenza della riduzione del suo stesso bilancio), la quale ha portato a un leggero calo della leva finanziaria per le banche commerciali. Da allora c’è stata la distorsione del Covid, i tassi a zero e il massiccio QE che hanno aumentato il livello delle riserve nei bilanci bancari.

Sin dagli anni '80 i tassi d'interesse hanno registrato una tendenza al ribasso, andando a sopprimere i margini di prestito nel tempo e, in assenza d'inflazione dei prezzi al consumo, almeno ufficialmente, le banche hanno avuto la tendenza ad aumentare la propria leva finanziaria al fine di sostenere i profitti. Inoltre la cosiddetta “Greenspan put”, successivamente portata avanti da Ben Bernanke, ha portato ad un atteggiamento compiacente riguardo alla leva finanziaria e questa compiacenza è stata aggravata dalle normative di Basilea nelle iterazioni I, II e III. Dando la preferenza alle autorità di regolamentazione, gli amministratori hanno prestato meno attenzione al rischio della leva finanziaria.

Le banche statunitensi sono ora terribilmente sovraesposte a una recessione economica. A causa del forte aumento dei tassi d'interesse, i fattori che stanno ora alimentando i tentativi dei banchieri di affrontare il rischio della leva finanziaria sono più consistenti rispetto alle precedenti recessioni. Le condizioni che alimentano la riduzione del bilancio, in altre parole i prestiti bancari, diventeranno più ardue man mano che saliranno i tassi d'interesse e i rendimenti obbligazionari.

Queste flessioni del credito sono associate ai fallimenti bancari, come accadde durante e dopo il crollo di Wall Street nel 1929-1932. Tali condizioni esistono anche oggi, la differenza principale è il gold standard e l’attuale sistema monetario fiat. Invece dei rischi specifici di credito bancario derivanti dai fallimenti di singole banche dopo i ruggenti anni Venti, oggi è a rischio l’intero sistema creditizio.


Politiche monetarie sbagliate e dimensione estera

I banchieri centrali credono che i tassi d'interesse rappresentino il costo del denaro e che alzandoli o abbassandoli possano regolare la domanda e il consumo. Ed è quasi certamente vero che questo è anche il modo in cui gli investitori guardano ai tassi d'interesse.

Questo non è il modo in cui li considera invece un detentore straniero di una determinata valuta. Oltre alla preferenza temporale, ovvero la compensazione per separarsi dal possesso immediato del credito in cambio di un debito da saldare in un momento futuro, esiste il rischio di controparte e, soprattutto, l'aspettativa su quale sarà il potere d'acquisto della valuta quando il debito verrà ripagato o un’obbligazione maturerà rispetto al suo valore presente. Se la compensazione è insufficiente, la valuta è sopravvalutata.

Il tasso di cambio futuro di una valuta fiat è incerto, alimentato dalle valutazioni straniere nei confronti delle politiche monetarie presenti; ciononostante si tratta sempre di valutazioni relative tra valute concorrenti. Problemi simili si trovano ad affrontare tutte le principali valute fiat e le loro banche centrali.

Per chi si occupa di gestione degli investimenti, è un incoraggiamento a considerare il dollaro come lo standard privo di rischio per tutte le valute, da acquistare al posto di altre in tempi di crisi economica o finanziaria. La base di questa tesi è la convinzione che il dollaro sia denaro e abbia sostituito l’oro; questa è la linea di propaganda portata avanti dalle amministrazioni statunitensi dopo l’abbandono dell’accordo di Bretton Woods.

Questa propaganda è in conflitto con la realtà giuridica e ignora la differenza tra il possesso di oro, che non comporta alcun rischio di controparte, e il possesso di banconote cartacee per le quali il rischio di controparte è la “piena fiducia” nel governo degli Stati Uniti. Con l’accelerazione della Grande Inversione del sistema post-Bretton Woods, la fuga sarà meno tra il dollaro verso altre valute e più tra valute fiat e denaro giuridico, l’oro, o perlomeno credito che trae il suo valore dall’oro.

Il sistema monetario fiat che dura dal 1971 sta ora giungendo al termine; a sostituirlo ci saranno valute scambiabili con valori reali, siano essi basati sull’energia o sulle materie prime. E sempre in correlazione con un paniere di queste materie prime c’è l’oro. Oltre al suo status giuridico di moneta, l'oro è l'incarnazione pratica dei valori reali, come hanno concluso i pianificatori monetari in Russia guidati da Sergei Glazyev.


La fine della “piena fiducia” e il ritorno all’oro

Per decenni la Cina e la Russia hanno atteso con impazienza che gli scambi tra i membri, i partner di dialogo e gli associati dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai venissero regolati in un mezzo monetario diverso dal dollaro. Hanno compreso lo sgradito controllo che il dollaro, le sue organizzazioni (Banca Mondiale, FMI, ecc.) e il sistema bancario americano esercitano sulle loro sfere d'influenza in Asia e oltre. Liberarsi del dollaro è stato un processo evolutivo fino a quando l’alleanza occidentale non ha implementato le sanzioni contro la Russia, quando a marzo dello scorso anno gli Stati Uniti sono andati in default sui loro debiti nei confronti della Russia.

Per quest'ultima l’approccio evolutivo doveva essere sostituito da un approccio di necessaria aggressione. Al Forum economico internazionale di San Pietroburgo nel 2022, Putin ha detto a 14.000 delegati provenienti da 130 Paesi che il dollaro era ormai completamente utilizzato come arma e che le nazioni avrebbero dovuto ridurre la loro esposizione al dollaro e all’euro quanto più possibile. Avrebbero anche dovuto rimuovere tutto l’oro immagazzinato nei centri finanziari “ostili” e prenderlo in proprio possesso. Questi delegati erano stati allertati e avvertiti, quindi sono perfettamente consapevoli dei pericoli derivanti dalla dipendenza dal dollaro.

Putin ha anche preparato il terreno per una nuova valuta di saldo, coinvolgendo qualsiasi nazione che cercasse di proteggersi dall’egemonia del dollaro. Originariamente ideata come valuta di saldo per il commercio transfrontaliero e gli acquisti di merci tra i membri dell'Unione economica eurasiatica, è diventata anche la base per un nuovo mezzo di saldo commerciale per i membri BRICS, le altre nazioni che fanno domanda di adesione e l’organizzazione della SCO, tutti presenti al vertice di Johannesburg.

La Russia ha chiarito che la nuova valuta sarà coperta dall’oro, probabilmente un’espressione in peso. Alcuni sostengono che ciò richieda un accordo unanime da parte dei membri del BRICS, mentre i funzionari indiani affermano che non la sosterrebbero, ma la realtà è che i fornitori di petrolio ed energia – Russia, Arabia Saudita e Iran – stabiliscono i termini. Non conosciamo ancora i dettagli, ma quasi sicuramente si tratterà di una forma di credito denominata in oro a peso, liberandola completamente dal dollaro e dai tassi di cambio delle valute nazionali. Il grafico qui sotto dice tutto. Valutato in oro, il prezzo di un barile di petrolio è notevolmente stabile, essendo la volatilità tutta nel dollaro e di altre valute fiat.

Il dollaro fiat ha avuto un’influenza destabilizzante, sopprimendo il prezzo del petrolio in grammi d’oro al punto che si è dimezzato fino agli attuali 1,14 grammi al barile. Nel 1950 l’accordo di Bretton Woods garantì la stabilità monetaria coperta dalle enormi riserve auree americane (20.279 tonnellate, pari a due quinti delle scorte mondiali estratte), ma da quando venne abbandonato nel 1971, il dollaro ha perso oltre il 98% del suo valore se misurato in oro.

Per i maggiori produttori di petrolio in Asia, l’oro è denaro e i dollari sono crediti cartacei che preferirebbero non avere. Dal loro punto di vista, il prezzo del petrolio dovrebbe tornare al livello di 2,28 grammi come negli anni '50, il che implica un prezzo in dollari di circa $150. E ciò che vale per il petrolio vale anche per tutti gli altri valori delle materie prime.

Le nazioni esportatrici di materie prime potranno quindi essere saldate in crediti espressi in grammi d’oro invece che in dollari fiat. Guidate dai sauditi, per la prima volta una pletora di nazioni esportatrici di materie prime sta scoprendo che i numeri danno sicurezza e possono voltare le spalle al dollaro.

Le conseguenze per il dollaro e le altre principali valute fiat non possono essere ignorate. Con il loro default selettivo nei confronti della Russia, gli Stati Uniti hanno dato il via al proprio collasso e i russi sono stati costretti a passare all’offensiva. Riportando l’oro al centro degli scambi per la maggior parte della popolazione mondiale e del PIL su base PPP, la credibilità del credito fiat ha quasi certamente subito un colpo fatale; questo non solo per il dollaro ma per l’intero sistema monetario fiat. Si adatta alla Russia e alla Cina che hanno nascosto riserve auree, e anche all’Iran che è sospettato d'aver fatto altrettanto; fa comodo anche ai Sauditi e agli Stati del Golfo, i quali hanno sempre capito che l’oro è denaro e i dollari sono solo carta.

Ma anche altre nazioni SCO/BRICS potrebbero dover proteggere le proprie valute da questi sviluppi. Sembra ragionevole supporre che, nel concepire questa nuova valuta, la Russia abbia incorporato piani per offrire protezione a queste nazioni dalle conseguenze di un ritorno all’oro. Dato che quasi tutte queste nazioni non hanno grandi programmi di welfare, sarebbe relativamente facile per loro introdurre una solida disciplina monetaria, magari sulla base di un comitato valutario. In alternativa, possiamo essere sicuri che ci siano piani di emergenza per l’adozione di un gold standard per il rublo e anche per il renminbi cinese: quest’ultimo sarebbe una valuta particolarmente adatta per le relazioni del comitato valutario con i suoi partner commerciali.

Per ora, però, queste ultime sono solo ipotesi. Vedremo come evolveranno gli eventi dopo il vertice di Johannesburg, ma di una cosa possiamo essere certi: le vendite estere del dollaro e del debito denominato in dollari potrebbero facilmente trasformarsi in una valanga, a causa del mercato ribassista dei valori finanziari dovuto all’aumento dei rendimenti obbligazionari. Gli americani hanno solo circa $700 miliardi in valuta estera per compensare tali vendite, il resto degli investimenti statunitensi all’estero sono in forma ADR, prezzati in dollari. E la vendita di ADR non porta alla vendita di valute estere e quindi alla domanda di dollari.

Le crescenti esigenze di finanziamento del Tesoro americano entreranno in conflitto con queste vendite estere, probabilmente in quantità troppo elevate affinché le banche commerciali possano compensarle inserendo questo debito nei loro bilanci già sovraindebitati, come senza dubbio saranno costrette a fare. Ancora adesso stanno cercando disperatamente di ridurre i loro bilanci e l’unico tipo di debito che probabilmente vorranno avere è quello con scadenza a breve termine, come i bond sovrani. La trappola del debito del governo americano ci assicura che il finanziamento del deficit possa essere raggiunto solo con rendimenti obbligazionari molto più elevati, o in alternativa accelerando il ritmo dell’inflazione monetaria.


Ma l’aumento dei tassi d'interesse non è dannoso per l’oro?

Il mito secondo cui l’aumento dei tassi d'interesse per le valute fiat è dannoso per il prezzo dell’oro ha le sue origini nel carry trade degli anni ’80, quando era possibile prendere in leasing l’oro da una banca centrale a meno dell’1%, venderlo sul mercato e investire in bond del Tesoro USA con un rendimento del 6%; i profitti erano maggiori quando questo carry trade veniva effettuato a leva. Da allora i trader hanno automaticamente dato per scontato che tassi d'interesse più elevati avrebbero portato a vendere oro e ad acquistare dollari.

Il calo a lungo termine dei tassi d'interesse tra gli anni ’80 e il 2020 senza una ripresa dell’inflazione dei prezzi sembrava confermarlo, ma l’esperienza degli anni ’70, quando il livello generale dei prezzi salì in condizioni simili a quelle odierne e con esso i rendimenti obbligazionari, ci raccontano una storia divera come illustra il nostro ultimo grafico.

Il grafico va dall’agosto 1971, quando il presidente Nixon sospese l’accordo di Bretton Woods, fino al febbraio 1980, quando Paul Volcker fu costretto a rialzare i tassi d'interesse per impedire la caduta del dollaro, una linea di politica che continuò anche nel 1981. Dopo che il dollaro perse il suo ancoraggio all’oro, i fattori che spinsero al rialzo i rendimenti obbligazionari statunitensi ebbero lo stesso effetto sul prezzo in dollari dell’oro. Era un periodo d'inflazione dei prezzi galoppante; o per dirla più correttamente, un calo galoppante del potere d’acquisto del dollaro. E la correlazione fu interrotta solo da Volcker che ha rialzò i tassi d'interesse overnight al 20%.

L’errore del pensiero moderno è non capire che i tassi d'interesse sono una compensazione per la separazione dal denaro, dalla valuta o dal diritto all’accesso immediato al credito. Come sottolineato in precedenza in questo saggio, i tassi d'interesse rappresentano la valutazione del mercato riguardo il valore futuro di un mezzo di scambio, a cui gli stranieri sono particolarmente sensibili. Poiché l’oro conserva il suo potere d’acquisto nel tempo, il valore futuro riflette solo la preferenza temporale e il rischio di controparte. Il valore futuro delle valute fiat include la perdita di potere d’acquisto prevista, che non solo è più incalzante oggi rispetto a due anni fa, ma lo è sempre di più. Non esiste quindi alcuna connessione nella teoria monetaria o economica tra il rendimento dell’oro e una valuta fiat.

L’utilizzo del decennale statunitense inserisce il grafico all’inizio di questo articolo nel contesto di una valuta fiat inflazionistica. All'inizio del 1980 il suo rendimento era tre volte superiore a quello odierno. L’eliminazione di tutte le distorsioni accumulate dal sistema fiat potrebbe avere un effetto molto negativo sul dollaro e sulle altre valute fiat, di gran lunga superiore a quello sperimentato negli anni ’70. Se così fosse, sarà la madre di tutti i mercati ribassisti per gli asset finanziari; ma il vero collasso, come scoprì John Law in circostanze simili nella Francia del 1720, avvenne nella valuta.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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