Bibliografia

venerdì 15 settembre 2023

L'evanescenza delle valute fiat e la decadenza socioeconomica della stagflazione risultante

 

 

di Francesco Simoncelli

Ludwig von Mises affermò che “l’essenza della teoria monetaria è la consapevolezza che i cambiamenti indotti dalla liquidità non influenzano né allo stesso tempo né nella stessa misura i prezzi, i saggi salariali e i tassi d'interesse”. Il punto in cui nuova moneta entra nell’economia è di grande importanza se si vuole analizzare il suo effetto perturbante sulla struttura produttiva. A differenza del QE iniziato nel 2008, in cui nuova moneta è entrata nei mercati finanziari principalmente attraverso il sistema bancario commerciale, quello avviato sin dal 2020 ha finanziato la spesa in deficit degli stati. La spesa pubblica risultante si è aggiunta ai bilanci del settore privato e delle famiglie ed è parte di una linea di politica antiproduttiva. Allo stato attuale è difficile distinguere gli strati di espansione monetaria in atto: l’espansione del credito è passata per i mercati dei prestiti, grazie ai tassi d'interesse artificialmente bassi derivanti dall’attività continua del sistema bancario centrale i cui bilanci sono raddoppiati sin dal 2020. C’è anche quella che Mises chiamava "inflazione semplice", dove il Ministero del Tesoro spende i soldi che riceve dal sistema bancario commerciale, che a sua volta li riceve da quello centrale.

Entrambi i livelli possono espandere la produzione e aumentarne i prezzi dei fattori, ma i beneficiari sono scelti da parti diverse. L’espansione del credito consente a coloro che sono più abili – ovviamente grandi aziende e mercato finanziario – di accedere a fondi mutuabili ed espandere la produzione. L’inflazione semplice avvantaggia l’attività economica dello stato e trasferisce il reddito a qualunque parte con cui voglia contrattare. Contrariamente all’opinione diffusa, la spesa fiscale non può indirizzare le risorse da obiettivi di valore inferiore a quelli di valore superiore: i servizi gestiti dal settore pubblico non operano sotto la pressione del sistema profitti/perdite, quindi per natura distruggono valore. Infatti i pagamenti dello stato sociale vengono ottenuti attraverso clientelismo piuttosto che attraverso la concorrenza di mercato.

L’inflazione è sempre un fenomeno politico, in realtà. Gli stati o la assecondano, oppure cercano di frenarla, ma una volta che iniziano a inflazionare, è un’abitudine difficile da interrompere. La questione si riduce tutta a una singola formula: “Inflate or die”. Devono continuare a inflazionare per evitare bancarotte e default; oppure interrompono la musica e mettono subito fine alla festa. In ogni caso il risultato finale è più o meno lo stesso: prima o poi sfatano le fantasie degli illusi e i loro sogni vengono infranti. I tassi d'interesse artificialmente bassi hanno indotto le persone a ricorrere in modo scriteriato ai prestiti: chi ha chiesto un prestito per avviare un'impresa, chi per scommettere sulle azioni, chi per comprare una casa, chi per le vacanze e per la TV a grande schermo, ecc. Tutti hanno le loro speranze, sogni e aspirazioni e tutti sono ora incorporati in un debito pubblico/privato da migliaia di miliardi. Ma mantenendo i tassi d'interesse troppo bassi per troppo tempo, le banche centrali hanno falsificato i costi reali e ora, con l’aumento dei tassi di interesse, diventa sempre più difficile mantenere vivi quei sogni. Alla fine, molti falliranno.

In questo momento, sulla base della relazione storica tra produzione (PIL) e debito, gli americani hanno un debito di circa $50.000 miliardi di troppo e rappresenta una minaccia e un peso: può rovinare debitori e creditori allo stesso modo, sottraendo risorse dal presente per pagare pasti già mangiati, investimenti già andati a male e abbronzature che sono già scomparse. Con sempre più tempo e denaro indirizzati al passato, meno è disponibile per il futuro; la crescita rallenta. Come ci hanno mostrato gli argentini, si può prendere in prestito per molto tempo, ma non per sempre. Alla fine il debito non può essere sostenuto e in qualche modo deve andare via: o attraverso il fuoco (inflazione) o il ghiaccio (deflazione). Ma anche se entrambi i fenomeni alla fine eliminano il debito in eccesso, sono tutt’altro che uguali.

Se la festa finisce all’improvviso, come Paul Volcker pose fine all’inflazione americana degli anni ’70, molte persone si arrabbierebbero e brontolerebbero mentre, ubriachi di liquidità, cercherebbero le chiavi della macchina. Molti non sono in condizioni di guidare, hanno esagerato con i prestiti, hanno speculato in modo troppo sconsiderato e hanno speso troppo... dovranno prendere un taxi. Alcuni correranno il rischio e finiranno in un fosso... o in prigione. No, non sarà divertente, ma almeno la maggior parte tornerà a casa sana e salva; l’economia reale ne uscirà relativamente indenne. Ma se le banche centrali lo volessero, potrebbero mettere su un altro po’ di musica e perfino tirare fuori le droghe pesanti; ciò farebbe andare le cose avanti ancora per un po’ e le persone si indebiterebbero ulteriormente. Farebbero investimenti ancora più sconsiderati, potrebbero spendere di più e la resa dei conti finale sarebbe più severa, semplicemente perché ci sarebbero più debiti inesigibili con cui fare i conti.

Ma c’è di più. Basta guardare alle economie che hanno cercato di uscire dalla trappola del debito con l’inflazione: Zimbabwe, Venezuela, Argentina, Libano, ecc. L’inflazione non ha solo cancellato il debito, ha anche distrutto le loro economie: gli investimenti a lungo termine sono stati spazzati via, non nascono nuove imprese e quelle che esistono già fanno fatica a sopravvivere, le famiglie tagliano le spese oppure spendono i loro soldi prima che perdano di potere d'acquisto.

In altre parole, l’inflazione non si limita a ridurre i prezzi degli asset, portando i ricchi giù di un livello. Come una cattiva abitudine al bere, rende difficile guadagnarsi da vivere, le persone diventano più povere e le loro vite diventano squallide.


PERCEZIONE DI POVERTÀ O POVERTÀ REALE?

Il tema di oggi non è affatto nuovo per i lettori stagionati di questo sito web, soprattutto perché nel corso del tempo, nonostante lo scetticismo dovuto alla non materializzazione del fenomeno inflattivo durante i tempi del QE, mi sono speso per descrivere il processo attraverso il quale saremmo arrivati a questo esito. Per quanto i vari giri di QE fossero indirizzati sostanzialmente al circuito finanziario, la distorsione dello spettro dei tassi d'interesse ha riguardato anche l'economia più ampia e gli effetti distorsivi si sono espansi a macchia d'olio... dapprima lentamente e poi velocemente. I prezzi folli raggiunti dal comparto azionario/obbligazionario sono stati caratterizzati da un'ingegneria finanziaria senza pari nella storia economica, alimentata da uno tsunami di finanziamenti a tassi ridicoli; per quanto il sistema bancario centrale volesse focalizzarsi esclusivamente sui salvataggi di banche e clientes nel circuito finanziario, la deformazione dei tassi d'interesse a causa delle massicce manipolazioni dell'offerta di denaro ha spinto, poco alla volta, anche la persona media ad "approfittare" dei saldi nel mercato monetario. Inutile dire che ciò ha gonfiato bolle molto più grandi di quelle precedenti. Perché? Perché agli errori del passato è stata impedita la correzione sulla scia della teoria keynesiana del "quasi boom", di un sostegno a quelle industrie "più sensibili" ai tassi d'interesse e cruciali per il buon funzionamento dell'arazzo socio-economico.

Bolla immobiliare, bolla nei prestiti auto, bolla nei prestiti agli studenti, ecc. sono solo alcuni degli esempi che si possono fare per dimostrare come il credito facile sia percolato nell'economia di Main Street. La compartimentazione dell'economia, come speravano le banche centrali, erano solo un pio desiderio: l'illusione di poter socializzare le perdite una volta che si sarebbe tirato il freno a mano e chiuso il rubinetto monetario. Non è andata così, come non ci va mai in realtà, e c'è sempre un qualcosa che va storto. È prasseologicamente normale che sia così. Le banche centrali non si sono potute tirare indietro, soprattutto negli ultimi 3 anni, e hanno raddoppiato i loro sforzi d'interventismo per puntellare in qualche modo il caos finanziario che avevano scatenato coi precedenti cicli di svalutazione monetaria. La correzione che si profilava sui mercati sarebbe stata devastante, ma il salvataggio ha comportato un prezzo nascosto da pagare: ulteriore crowding out della struttura del capitale, mismatch di produzione e sovrabbondanze/carenze in vari settori industriali.

Per quanto l'espansione dello stato sociale sia stata visibile a tutti come mezzo attraverso il quale offrire sollievo dalla crisi sanitaria, prima, e da quella ambientale, poi, è la stortura prolungata nell'allocazione del capitale che ha creato criticità sequenziali nell'economia. E che adesso sta impedendo alle banche centrali di poter contare sulla socializzazione delle perdite per attutire l'impatto dello sgonfiamento delle bolle e del rialzo dei tassi. È tale deformazione, strutturale ormai e non più temporanea, che sta garantendo un'inflazione dei prezzi persistente e un impoverimento generale diffuso. Le dislocazioni nell'allocazione del capitale sono superiori alla perdita di potere d'acquisto del denaro, il quale è un sintomo di questa malattia più grande. Bear Stearns e la stessa Lehman Brothers sarebbero dovute essere delle lezioni propedeutiche a tal proposito. La perdita di potere d'acquisto del denaro è una canalizzazione dei risparmi reali verso quelle entità che si desidera salvare da una correzione di mercato, ma quando anni di distorsione dei tassi hanno praticamente azzerato la capacità di creare un bacino sano di ricchezza reale allora l'esito di una tale pratica è sterile: la socializzazione delle perdite affligge tutti indistintamente.

Ciò che rimane da fare per i pianificatori centrali è saccheggiare tutto il saccheggiabile, non più col sotterfugio ma col comando/controllo; non più con la persuasione, bensì con la violenza plateale. Continuare sulla tabella di marcia della socializzazione delle perdite cercando di limitare i danni anche al sistema clientelare imbastito nel corso degli anni e che ha garantito loro, attraverso privilegi monopolistici, la sopravvivenza fino a oggi. Il saccheggio che ne consegue non degrada solo l'ambiente economico, ma quello sociale e culturale anche. La corruzione dei costumi e delle tradizioni cui assistiamo oggi non è altro che il risultato di una nevrosi indotta da un contesto economico che impedisce l'espressione genuina delle motivazioni prasseologiche da parte degli individui; domanda e offerta non s'incontrano, a tutti i livelli, e ne consegue un'esponenziale insoddisfazione. Ma cerchiamo di capire meglio quest'ultimo punto prendendo come esempio l'Italia.

Per cosa si spendono sostanzialmente i soldi di mese in mese? Affitto, mutuo, cibo, utenze, istruzione, manutenzioni varie. Queste sono le categorie fondamentali, ma l’indice dei prezzi al consumo comprende molte più voci, alcune che non acquistate e altre che salgono di prezzo molto meno di altre. Ciononostante sono le categorie sopraccitate che consumano la maggior parte del reddito delle famiglie e, negli ultimi tre anni in particolare, sono salite sempre più in alto. Osservando le voci per le quali si spendono effettivamente i soldi, troviamo aumenti compresi tra il 20 e il 30%; diciamo, per amor di semplificazione, che la media è del 25%. Se poi prendiamo in considerazione il reddito disponibile reale delle famiglie italiane, ovvero il reddito al netto delle spese aggiustate all’inflazione, non solo è rimasto pressoché stagnante negli ultimi tre anni ma addirittura negli ultimi 13 anni! Bonus e stimoli fiscali sembrano grandiosi quando erogati, ma col tempo il loro effetto svanisce e rappresentano essenzialmente una finzione. Quindi le richieste di reddito sono aumentate del 25% in media mentre i soldi necessari per la mera sussistenza non hanno tenuto il passo. Un disastro per il tenore di vita, soprattutto della classe media. In breve, siamo stati derubati.

Le ragioni causali sono molteplici, ma riconducibili principalmente all’aumento gigantesco dell’offerta di denaro alimentato dalla BCE, cosa che ha divorato il valore dell'euro con un certo ritardo temporale. Oltre a ciò le catene di approvvigionamento sono state (volutamente) dissestate, il settore industriale è stato piallato, la libertà commerciale è stata annientata e i mercati del lavoro sono stati sconvolti. Confrontiamo il presente, adesso, con quello che tutti riconoscono come il grande disastro inflazionistico del periodo postbellico, ovvero la grande inflazione dal 1978 al 1982. Erano i tempi in cui la FED e lo stato stavano saccheggiando la popolazione come mai era accaduto prima di quel momento, prosciugavano il valore dei risparmi e del capitale e imponevano un riorganizzazione della vita sociale. Alla fine di quel periodo la famiglia media passò dal vivere con un unico reddito ad avene due. All’epoca veniva definita emancipazione delle donne ma, guardando indietro, possiamo vedere che si trattava chiaramente di propaganda per coprire un disastro economico: la discriminazione di genere sul posto di lavoro non era stata un grosso problema per gran parte del XX secolo e a metà degli anni ’20, se si considerano le donne non sposate senza figli dopo i 18 anni, il tasso di occupazione nelle città era generalmente dell’80%. Queste donne lasciavano il mondo del lavoro dopo il matrimonio per concentrarsi sui figli e sulla famiglia, mentre gli uomini avevano l'obbligo di provvedere a tutto.

La grande inflazione degli anni '80 cambiò tutto e le famiglie dovevano avere due redditi per vivere bene invece di uno, il che significa che un partner doveva andare in ufficio piuttosto che occuparsi della casa. Senza contare che in questo modo si è proceduto ad aumentare l'offerta di manodopera e ad abbassare artificialmente i compensi della forza lavoro. Uno scacco matto di matrice keynesiana alla classe media. Il fatto che i pianificatori centrali siano riusciti a spacciarla per una sorta di nuova libertà (per le donne) è sintomo di quanto possano essere pervasive e intrusive le bugie dell'establishment pur di sopravvivere un giorno in più alla propria natura prona al suicidio economico. Com'è oggi rispetto ad allora? In tre anni abbiamo visto il valore dell'euro scendere del 25% in termini di ciò per cui si spendono i soldi quotidianamente, mentre i redditi sono rimasti praticamente al palo. Durante la grande inflazione degli anni '80 questo identico fenomeno si verificò nell’arco di circa cinque anni anziché dieci come ai nostri tempi. In altre parole, i furti di massa di oggi avvengono il 50% più lentamente rispetto al passato, ma avvengono comunque. È meglio essere travolti da un autoarticolato lentamente o velocemente? Si muore in entrambi i casi. Che cosa importa se si perde gran parte del proprio reddito in cinque o dieci anni? Per la classe dirigente ha valore solo in termini di misura in cui la popolazione si lamenta e una popolazione saccheggiata lentamente – come la rana bollita – è molto probabile che si lamenti meno. Tuttavia la fine è la stessa.

La grande inflazione degli anni '80 ha cambiato radicalmente la vita delle persone: cosa farà invece l’attuale giro di furti a questa generazione? Gli indizi non sono incoraggianti: demoralizzazione, cattiva salute, mancanza di ambizione, abuso di sostanze stupefacenti e disperazione. È possibile invertire la situazione? Sì, ma non sarà facile. Richiederà enormi cambiamenti nella sfera pubblica come mai visto prima e nessun candidato politico, a nessun livello, sarà intenzionato a ridurre il debito, contenere il sistema bancario centrale, indebolire la burocrazia amministrativa, ridurre il carico fiscale e lasciare che la classe media prosperi di nuovo. Infatti un suo miglioramento crescente e incessante non ha bisogno di punti di riferimento al di fuori di essa stessa, non ha bisogno di uno stato sociale; ha solo bisogno che la classe dirigente la lasci in pace. Questo indipendentismo, oltre a essere imprevedibile, restringe automaticamente la sfera d'influenza dello stato, la sua espansione e, soprattutto, crea attrito nei confronti dell'approvazione delle sue spese. L'eutanasia della classe media significa più criminalità, più anomia culturale, più sfiducia, più rabbia sociale. In sintesi, significa il percorso di minor resistenza verso una società dipendente nei confronti dell'apparato di pianificazione centrale la cui unica via di sopravvivenza è divorare e distruggere tutto ciò che tocca.


CONTRAZIONE DELL'OFFERTA

L'espansione dell'apparato burocratico-statale è un'arma a doppio taglio, in realtà. Sebbene venga alimentato dal consenso della popolazione che vive in modo incrementale attraverso le elargizioni dello stato sociale, ciò porta a un'inevitabile contrazione del bacino della ricchezza reale cosa che a sua volta porta a un crescente impoverimento generalizzato. Più le persone finiscono per gravitare intorno all'apparato statale, meno ricchezza reale producono e più finiscono per parassitare quella esistente. Per non parlare del fatto che i prezzi non torneranno mai ai livelli precedenti, andando a formare una nuova linea di base che viene solo modificata più in alto. A tal proposito è didattico pensare per un momento al fantomatico target del 2% riguardo il tasso d'inflazione, spacciato come un parametro che dovesse essere raggiunto dal basso verso l'alto, non il contrario.

Quando l'interventismo non può distruggere più l'ambiente esterno, inizia ad autodistruggersi. In quest'era infatti sono stati ridotte allo status di zimbello sia il keynesismo che il monetarismo. La paura della deflazione s'è dimostrata solo l'ennesima giustificazione atta a fornire propellente a uno stuolo di pianificatori monetari centrali, il cui unico compito è solo preservare lo status quo a qualunque costo. La deliberata confusione creata attorno al tema dell’inflazione è servita solo come cavallo di Troia per convogliare energie e risparmi verso un'entità inefficiente, spendacciona e bancarottiera. Molti, purtroppo, soccombono al richiamo dei presunti pasti gratis. In altre parole, l’inflazione ha un modo di perpetuarsi proprio come la dipendenza dall’eroina, perché le persone continueranno a desiderare sempre di più ciò che le sta avvelenando. Basti pensare, ad esempio, al tumulto che s'è scatenato sulla scia della (temporanea) sospensione del reddito di cittadinanza.

E mentre l'apparato burocratico-statale cattura sempre più risorse di capitale, manodopera e accattoni verso di sé, dall'altro lato abbiamo una contrazione dell'offerta delle imprese produttive. Infatti le entrate fiscali non mancano a causa della fantomatica evasione fiscale, ma perché fallimenti e bancarotte sono a livelli record. Lo stesso accade negli USA, dove nei primi sei mesi di quest'anno 340 grandi imprese hanno chiuso i battenti, rappresentando un record degli ultimi 13 anni; in tutto, nei primi sei mesi del 2023, 2973 imprese statunitensi hanno portato le carte in tribunale, in aumento del 68% rispetto all'anno scorso. E per quanto riguarda l'Italia in particolare? Leggiamo cosa dice l'Espresso:

[...] secondo l’Osservatorio Cerved nel 2015 le imprese fallite erano oltre 82 mila. Oggi, su un milione e 600 mila aziende attive, Confcommercio stima 120 mila realtà a rischio fallimento nel 2023. [...] Nel 2022 le richieste di aiuto sono aumentate del 45 per cento rispetto all’anno precedente: 23 mila e 500 contro 16 mila e 300. [...] «La legge salvasuicidi sembra essere caduta in disgrazia pure lei e se ne parla davvero poco. I dati relativi ai suicidi sono fermi dal 2019. A essere sovraindebitati sono soprattutto le persone fisiche per quanto riguarda le grandi città come Roma, Milano e Napoli. In Lombardia, Emilia Romagna e Nord-Est risultano più esposti i piccoli imprenditori legati ai settori delle costruzioni, della manodopera e dell’indotto in generale. Al Sud le criticità interessano molti imprenditori agricoli». Qualche consiglio per non restare impantanati nelle sabbie mobili della burocrazia e della sopravvivenza? «Non regalare soldi a pioggia e incentivare nelle scuole l’educazione finanziaria. Il nostro paese è fanalino di coda in tema di cultura imprenditoriale», conclude Bertollo.

Inutile dire che la contrazione del credito gioca un ruolo importante in questa situazione drammatica, dato che il settore bancario commerciale sta diventando sempre più cauto nell'elargizione di prestiti. Perché? Perché i crediti incagliati si stanno moltiplicando e di conseguenza ciò spinge ancora di più le banche a tirare i remi del credito in barca. È una questione di tempo prima che tale condizione venga estesa anche alle carte di credito, come invece sta già accadendo negli Stati Uniti. Questo sviluppo, a sua volta, andrà a riverberarsi sui consumi, i quali si contrarranno mettendo ancora più pressione sulle imprese. Sulla scia di questa evoluzione ci si aspetterebbe che i prezzi in generale calino, invece non sarà così perché non dobbiamo dimenticarci della misallocation del capitale e della rottura delle supply chain: ci sarà, quindi, una corsa verso i vari beni e servizi la cui offerta non riuscirà a stare al passo con la domanda. Infatti, sebbene i prezzi del gas siano rallentati negli ultimi mesi, ciò è stato dovuto alla bancarotta di aziende. Ironia della sorte, la carta stampata esultava farneticando di vittoria della pianificazione statale; ora i prezzi risalgono e l'offerta è menomata. Non solo, c'è anche la Francia che imporrà un limite ai prezzi di circa 5000 beni alimentari; limite ai prezzi vuol dire sostanzialmente scoraggiarne la produzione. Nella feroce tempesta inflazionistica e dell'allocazione errata del capitale la Germania è l'altro esempio per eccellenza che descrive l'esito nefasto dei due fenomeni economici sopraccitati.

Se in Europa si ferma il cuore industriale pulsante, allora tutte le chiacchiere riguardo "riprese economiche" fantasiose ed esultanze sull'aumento del PIL sono solo teatro per raggirare ancora di più le vittime del furto inflazionistico. Ecco, la Germania rappresenta l'esempio ideale di come una nazione forte e fiera possa essere ridotta sul lastrico dalle linee di politica socialiste. Dalle scelte energetiche folli a uno stato sociale invadente, tutto ciò che è stato descritto finora in questo saggio ha come prova empirica la discesa nella povertà della Germania.

E questo, inutile dirlo, crea a macchia d'olio sfiducia e diffidenza nei confronti dei partner commerciali e dei loro investimenti. Pezzo dopo pezzo l'esperimento comunista dell'Unione Europea sta cadendo in frantumi sotto il peso delle sue stesse contraddizioni, avendo adottato il copione marxista come testo per la propria sopravvivenza. E non poteva essere altrimenti.

Ma la contrazione dell'offerta non riguarda solo gli aspetti economici, ingloba anche la sfera socio-culturale. Dipendere dallo stato alimenta una mentalità passiva nei confronti di tutte quelle cose che più possono interessare il benessere socio-culturale delle persone: a che servono le autorità altrimenti? In questo senso le città scivolano nel degrado, perché non si tende più a salvaguardare direttamente il territorio, come propria responsabilità, ma a delegare la questione a "chi sta più in alto". Un esempio a tal proposito è quello di quell'uomo che, per fini utilitaristici, ha riparato una buca di fronte casa aiutando così, indirettamente, anche altri che sarebbero passati di lì con le automobili. Il risultato è stata una multa e nessun sostegno da parte del vicinato (forse a parole, ma non basta). Il disinnamoramento nei confronti del territorio porta al menefreghismo riguardo la decadenza che si impossessa delle strade, del decoro urbano, della pulizia, ecc. È un circolo vizioso che relega sempre di più le persone all'interno delle quattro mura domestiche e le disincentiva a intervenire personalmente nel momento in cui si potrebbero aggiustare le cose. La responsabilità individuale viene ridotta al lumicino, l'interesse è solo quello di prendere lo stipendio a fine mese, viene smorzata ogni passione nei confronti del proprio lavoro e la macchina pubblica nel frattempo erode platealmente ogni briciolo di ricchezza rimasta.


CONCLUSIONE

Su queste pagine avete potuto leggere con grande anticipo cosa sarebbe arrivato sulla scia della sconsideratezza monetaria rappresentata dai vari giri di QE: inflazione dei prezzi. Avevo la palla di vetro? No. Una volta che si comprendono le meccaniche alla base del funzionamento dell'azione umana come insegnate dalla Scuola Austriaca d'economia, è possibile individuare processi ed evoluzioni. Infatti coloro che chiedono a gran voce la realizzazione nell'immediato di determinate previsioni non capiscono come si sviluppano i processi. Perché? Perché non capiscono il tumultuoso meccanismo dell'azione umana, fatto di apparenti contraddizioni ma di una linea di fondo inesorabile. Ecco che quindi i vari moniti che si sono susseguiti nel tempo hanno trovato fondamento dopo un certo lasso di tempo, ma hanno altresì permesso ai cosiddetti "smart money" di prepararsi per tempo e a costi inferiori rispetto ai "ritardatari". Lo stesso lo possiamo dire riguardo la spiegazione dietro alla mia previsione di un rialzo dei tassi da parte della FED, come minimo, a un 6%.

Ora si parla tanto di "de-dollarizzazione", ma non di "de-euroizzazione" il che la dice lunga sulla vera notizia tra le due. L'UE è a corto di garanzie fisiche a copertura della sua montagna di debiti, che la schiaccerà, e la perdita d'influenza coloniale in Africa ne è la prova. Gli Stati Uniti rappresentano un'ottima fuga per il capitale finanziario, mentre i BRICS (con le nuove aggiunte) stanno accaparrando reti commerciali fisiche/strategiche e giacimenti di commodity offrendo un'alternativa al precedente monopolio di istituti coloniali come l'FMI. Condonare parte dei precedenti debiti delle nazioni in via di sviluppo rappresenta il modo in cui stanno acquistando influenza in Africa e altrove. Nel mezzo rimane l'Europa, privata del capitale finanziario, energetico e fisico che, contorcendosi come stanno facendo Francia e Germania nel disperato tentativo di allargare lo schema Ponzi europeo, cerca annaspando di evitare il suo tragico ruolo: protagonista del Grande Default.

Infatti abbiamo visto come l’eccesso di debito sia un errore del passato: il sistema bancario centrale ha lasciato il tasso di riferimento troppo basso per troppo tempo con il risultato di un debito eccessivo. Cercare di risolverlo con l’inflazione mina il futuro. I prezzi instabili danneggiano l’intera economia, i salari reali non riescono a tenere il passo, gli investimenti nelle industrie che creano ricchezza a lungo termine scompaiono, i tassi di crescita diminuiscono, la classe media si contrae e le persone diventano più povere. Ma sappiamo anche che lasciare morire la bolla del debito (deflazione) colpisce particolarmente i ricchi e i potenti. Sono loro che possiedono gli asset finanziari e quando i prezzi scendono, perdono ricchezza.

In un modo o nell’altro, il fardello rappresentato dal debito in eccesso è destinato ad andare all'altro mondo: può succedere rapidamente, con un default, oppure lentamente attraverso l'inflazione. Nel 1971 il debito delle famiglie, delle imprese e del governo era tenuto a bada dall'ancoraggio lasco che le valute nazionali ancora avevano con l'oro, poi però le cose sono cambiate e le valute sono diventate “scoperte”. L'azzardo morale che ne seguì fu senza precedenti per l'epoca. All’inizio degli anni ’80 Paul Volcker, negli Stati Uniti, cercò di rimettere il dollaro in carreggiata e ne ripristinò la fiducia facendo arrivare i tassi d'interesse al 20%: l’inflazione dei prezzi venne domata e le azioni erano ai prezzi più bassi di sempre. Nel 1983 il tasso di inflazione negli Stati Uniti era sceso al 3%, un livello inferiore a quello attuale. Fu un lavoro veloce ed ebbe successo, l’economia americana prosperò nei due decenni successivi. Una mossa simile oggi farebbe piangere lacrime amare ai mercati finanziari.

Inflazione? Deflazione? Si tratta sostanzialmente di decisioni politiche ed esse vengono prese dai pianificatori centrali. E la mia ipotesi è che non saranno loro a versare lacrime; non saranno i loro soldi a morire. Sceglieranno invece la panacea che gli stati arrivati al capolinea scelgono sempre nel corso dei secoli: l’inflazione. Sarà quindi la classe media a pagare di più per il latte, il formaggio, le case e le automobili. Loro piangeranno le lacrime amare, le persone i cui risparmi sono stati derubati dai tassi d'interesse artificialmente bassi, i cui salari non sono andati da nessuna parte per mezzo secolo, i cui posti di lavoro sono stati spediti in Cina, i cui valori fondamentali sono stati derisi dalle élite, i cui portafogli sono praticamente vuoti. Saranno loro a pagare prezzi al consumo più alti per sostenere il sistema socioeconomico marcio delle élite, marciume che, come un veleno, si diffonde al parassita all'ospite.


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1 commento:

  1. Una delle critiche al rialzo dei tassi da parte della BCE è che l'ha fatto "troppo velocemente". Forse non è chiara una cosa, proviamo a ribadirla quindi. La BCE sta seguendo la FED per dare l'impressione che abbia ancora il controllo della situazione, per far vedere che ha spazio di manovra col rialzo dei tassi senza causa re "ufficialmente" una recessione. La FED, con l'emancipazione dal settaggio centralizzato dei tassi sin dallo scorso anno, sta prosciugando il mercato a riserva frazionaria degli eurodollari. Questo singolo punto sta creando un nervosismo di una tale portata dalla Lagarde in giù che ogni rialzo dei tassi viene preceduto da "ex voto" alla Madonna di turno.


    Powell ha sganciato la FED dall'oneroso compito di salvare il mondo, soprattutto l'Europa, e adesso i guai dei presunti pasti gratis che i tecnocrati europei credevano sarebbero durati per anni stanno venendo al pettine. Quantificare il livello di disperazione è facile: basti vedere i mancati pagamenti alla Tunisia riguardo gli accordi presi in merito all'immigrazione, o le rate del PNRR che non arriveranno mai. L'era dei tassi a zero è finita e non tornerà più, così come il lassismo monetario sfrenato forte del fatto che sarebbe venuto qualcun altro a salvare la baracca (la FED). L'Euribor è una barzelletta e la bancarotta dell'UE è sotto gli occhi di tutti.

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