Questo spazio divulgativo è nato, tra le altre cose, per offrire una visione tecnica, dettagliata e approfondita riguardo un campo specifico, spesso fuorviato e bistrattato dalla stampa finanziaria generalista: le dinamiche economiche alla base della società. La lettura degli eventi attraverso gli insegnamenti della Scuola Austriaca e, per estensione, del metodo prasseologico rappresentano quella marcia in più che mi permettono di unire i proverbiali puntini tra i vari livelli (es. politico, economico, geopolitico), in modo da analizzare e trovare chiavi di lettura meno sciatte e superficiali di quelle che si possono leggere invece sul mainstream. Se infatti si segue solamente la stampa finanziaria generalista, avrete un’idea molto distorta di ciò che sta realmente accadendo dato che essa è più propensa a diffondere idee sbagliate piuttosto che a eliminarle. Lo scudo classico a difesa di questa linea di condotta è che essa è tenuta a "riportare" le notizie e non criticarle, di conseguenza la cattiva economia vince su quella sostenibile, sana e onesta e i pianificatori centrali ottengono un free ride con cui continuare la loro opera di deformazione. Pensate, ad esempio, alla faccenda del superbonus: quando gli stimoli fiscali inevitabilmente falliscono, le entrate scendono al di sotto delle stime, la crescita si deteriora e il debito aumenta vertiginosamente, i neo-keynesiani diranno che è necessario non deprimere "troppo" la spesa pubblica. Oppure pensate al trimestre "anti inflazione": esso sarà inevitabilmente seguito dal trimestre "doppia inflazione", visto che i consumatori dovranno poi ripagare le sovvenzioni promesse dal governo all'industria coinvolta. Oppure pensate al solito piagnucolare dei capitalisti clientelari: il rialzo dei tassi ha messo fine all'azzardo morale dell'ingegneria finanziaria che ha permesso alle grandi aziende di sfruttare la NIRP e truccare i bilanci.
Più nello specifico, pensate alle recenti esternazioni di Tajani che hanno trovato alto riverbero sulla stampa finanziaria mainstream riguardo il rialzo dei tassi e la probabilità di una recessione (come se non ci fossimo già). Per quanto riguarda quest'ultima, quello che non capiscono i keynesiani, data la loro negazione della Legge di Say, è che la recessione non rappresenta una spirale deflazionistica a causa del denaro fiat. Contrazione del credito e contrazione dell'offerta di beni non faranno scendere né i tassi d'interesse (es. spostamento dalle maturità a lungo a quelle a breve), né l'inflazione dei prezzi (es. denaro a pioggia dello stato sociale, stretta monetaria blanda, inventari scoperti, logistica sconquassata) nel futuro prossimo. Infatti più continuano a essere pressanti le forze interventiste, tanto più si farà stringente la morsa della recessione affinché vengano corretti gli errori economici del passato. Ma ciò che viene convenientemente ignorato è il tema dei tassi d'interesse, accusando che essi siano stati rialzati troppo e troppo in fretta. Senza scomodare la storia di Paul Volcker, nessuno punta il dito sull'unico fatto che conta davvero: i tassi d'interesse sono stati portati al livello più basso degli ultimi 5.000 anni. La chiave per comprendere il debito è rendersi conto che i tassi ultra-bassi (per gentile concessione della BCE) hanno indotto i mutuatari ad assumere più debito di quello che potessero sostenere e nel momento in cui sono tornati a livelli più normali, cosa che sicuramente continuerà ad accadere, i problemi si moltiplicheranno.
Fino a due anni fa l'Italia finanziava l'emissione di debito pubblico a 10 anni a un tasso straordinariamente basso, quasi allo 0%. Ora siamo andati oltre il 4% e il Ministero del Tesoro dovrà rifinanziare miliardi di vecchio debito, più quello nuovo, nei prossimi 12 mesi. Questa abbuffata di prestiti da parte dello stato italiano continuerà a tenere alti i tassi d' interesse, anche se l’inflazione dei prezzi dovesse scendere. Non solo ma garantisce inoltre che il capitale d'investimento andrà allo stato piuttosto che alle imprese private che creano ricchezza. Il tempo, il lavoro, l'energia e il capitale disponibile sotto tutte le sue varie forme è una risorsa finita: se viene utilizzato per costruire fabbriche e aggiungere servizi, aumenta la nostra ricchezza; ma se viene consumato o sprecato in “investimenti senza sbocchi” è semplicemente perso.
Gli “investimenti senza sbocchi” sono ciò che i pianificatori centrali fanno meglio di chiunque altro: guerre, armi, spionaggio, lotta alla povertà e alla droga, incoraggiare le persone a non lavorare, agenzie per questo, dipartimenti per quello, ecc. Le risorse vengono sprecate, i tassi di crescita diminuiscono e ci sono meno prodotti e servizi da acquistare, mentre la loro domanda sale. Risultato: inflazione dei prezzi. Sì, cari lettori, i prezzi possono salire in entrambi i modi: aumento della domanda o calo dell’offerta. E i pianificatori centrali si stanno impegnando affinché si verifichino entrambi.
RIPULIRE GLI ERRORI
Questa in realtà è una questione che va letta in maniera duplice: in modo teorico e in modo pratico. Prendiamo in considerazione dapprima il modo teorico: il sistema bancario centrale è la radice di tutte le distorsioni economiche ne richiedono una correzione quanto più veloce possibile. A tal proposito, ciò che è accaduto prima del 2017 in particolar modo, rappresenta un ammasso informe di errori economici che devono essere inevitabilmente corretti. Le manipolazioni e la "gestione attiva" da parte della FED sono interventi che non dovrebbero esistere in un'economia di mercato genuina e sostenibile. I vari giri di QE infatti incarnano l'essenza di suddetta deformazione, ma si potrebbe tornare indietro fino agli anni '30.
Passando al modo pratico, abbiamo di fronte un mondo in cui bande criminali si contendono il privilegio di sfruttare, a livello fisico ed energetico, la classe sottostante. L'assuefazione di quest'ultima ai pasti gratis rappresenta il guinzaglio che garantisce, a ogni tornata elettorale ad esempio, di misurare il grado di dipendenza dall'oppio dei popoli: lo stato sociale. Sventolando questo feticcio le persone cedono volontariamente la loro energia e i loro sforzi, nonché i loro risparmi, a mantenere in piedi questo tipo di lotta a livello di élite. Capita anche che alcune bande si alleino con altre per minimizzare i conflitti e dividere il bottino, ma anche che ci siano inganni dietro questi patti. In sostanza è quello che accaduto dal 2020 in poi, dove la fazione "europea" (a timbro WEF) voleva fare le scarpe a quella statunitense. Perché? Perché, come hanno dimostrato gli anni Obama in particolar modo, gli USA erano diventati il salvadanaio del mondo e ogni casino socioeconomico veniva usato per tirare la giacchetta dell'Eccles Building affinché salvasse capre e cavoli nonostante i guai non avessero origine strettamente negli USA. I vari giri di QE, dopo il primo, avevano questo scopo (soprattutto il secondo). Ora, dato il livello di assuefazione da parte della popolazione nei confronti dell'autorità statale e i piani distopici delle bande criminali europee, l'unica entità in grado di contrastare questo delirio è solo un membro paritario di queste bande criminali: la FED. Anch'essa è nel business dell'estrazione di risorse fisiche ed energetiche alla popolazione statunitense, come ogni banca centrale, ma, con la bonifica del mercato degli eurodollari, è il modo migliore per impedire un futuro peggiore di quello attuale.
Parafrasando Herbert Stein, quando qualcosa non può più andare avanti, tende a fermarsi. I mercati dei capitali sono stati talmente distorti che non rendono più segnali economici genuini. Il business s'era sostanzialmente concentrato nell'ingegneria finanziaria e il risultato era ricchezza nominale non reale. Il risultato, questo, di "decostruttori" alla stregue di Bernanke e Yellen il cui compito era esattamente quello di portare gli USA a non essere più un riferimento mondiali per i mercati finanziari a vantaggio, invece, dell'Europa. Invertire questa tendenza era necessario, soprattutto per il sistema bancario commerciale statunitense, il quale detiene ancora una certa capillarità e influenza a livello territoriale (altrimenti Trump sarebbe finito da tempo) ed è il motivo per cui negli USA non ci sarà mai una CBDC. FedNow, infatti, è tutt'altro che un'infrastruttura per una CBDC. Se le grandi banche statunitensi non si fossero frapposte tra gli USA e i piani del Grande Reset per essi, a quest'ora avremmo visto una distopia più strabordante di quanto accaduto finora. L'effetto collaterale, se così vogliamo chiamarlo, di questa strategia ha arginato questa deriva totale di comando/controllo anche in Europa, perché manca la leva attraverso la quale finanziare progetti talmente centralizzati e artificiali. In passato questa leva era il mercato degli eurodollari, al quale si poteva attingere senza riserve e creare dollari ombra che non avevano controparte (numerica) negli Stati Uniti. Sostanzialmente la FED si trovava più dollari in circolazione mondiale di quelli che aveva creato effettivamente; questa era, detta in parole povere, Bretton Woods 2: analoga alla prima solo che il petrodollaro rappresentava la cinghia di trasmissione piuttosto che l'oro. Ed ecco perché adesso si parla di una terza versione con le varie giurisdizioni mondiali che cercano la loro soluzione a questo cambiamento epocale nel sistema monetario. Come ha anche sottolineato due anni fa Zoltan Pozsar, la "fine" del petrodollaro non significa la fine del dollaro. È in atto una trasformazione, così come è sempre stato; così come la recessione non significa la "fine di tutto", perché c'è vita dopo il default, allo stesso modo lo scacchiere mondiale di sta riposizionando in base a nuovi equilibri di potere.
Shahid BOLSEN: "Il progetto dei BRICS è stato pianificato per decenni dall'élite finanziaria globale"
— DETOXEDInfo 🇮🇹 🇬🇧 🇪🇸 (@Detoxedinfo) August 26, 2023
📬 Ringraziamo M.Cristina Bassi di https://t.co/9rtkzN3zLo per la segnalazione!
In questo video possiamo ascoltare un interessante punto di vista alternativo sui BRICS e sul… pic.twitter.com/AbFXJGBsWe
Questo a sua volta significa che bisognerà passare attraverso le forche caudine di una recessione ripulente, data la quantità di errori economici accumulati soprattutto negli ultimi 15 anni. E Powell, sin dallo scorso anno a Jackson Hole, è stato chiaro su questo punto: i mercati dei capitali devono essere ricostruiti e sarà necessario passare attraverso una crisi. La sta cercando attivamente. Questo significa che ci sarà dolore economico per la popolazione statunitense; è inevitabile che sia così. Allo stesso tempo, però, cercherà di attutirla a spese di qualcun altro: il cosiddetto atterraggio morbido, infatti, è a spese dell'Europa dalla quale sta risucchiando capitale finanziario. E, come ci conferma anche Bloomberg, per il momento ci sta riuscendo.
EFFETTO RITARDO
Uno dei temi più cari alla Scuola Austriaca, e che la rende un corpus teorico superiore a tutte le altre scuole di pensiero economico, è lo studio del tempo. O per meglio dire, l'inserimento di questa variabile all'interno delle analisi proposte. Visto che il punto di partenza rimane l'azione umana, essa si svolge in una funzione in cui la componente rappresentata dal tempo è cruciale. Perché? Perché è tanto il capitale più scarso che esiste al mondo quanto la variabile più difficile da calcolare. Ecco perché le altre scuole di pensiero economiche scartano la componente tempo dai loro calcoli: altrimenti dovrebbero ammettere che tutti calcoli matematici su cui basano la presunta scientificità delle loro tesi sono un esercizio di onanismo intellettuale. Non fraintendetemi, la matematica è uno strumento utile all'interno dello studio catallattico dei vari fenomeni economici, ma non è fondamentale; non è la protagonista. Infatti se si studia il tempo attraverso una concezione matematica ci si perde in una serie infinita di probabilità che anche lo studioso più tenace etichetterebbe come esercizio inutile. Un vicolo cieco, insomma; di conseguenza si fa riferimento alle probabilità, un escamotage statistico per tenere fuori dalla porta il fattore tempo. Se invece si studia quest'ultimo attraverso l'analisi prasseologica, ovvero attraverso l'alveo dell'azione umana, ecco che i risultati sono più chiari, precisi e coerenti.
Prendiamo ad esempio la situazione economica attuale: nonostante il rialzo dei tassi d'interesse l’attività economica pare non essere debole, o ci sono poche difficoltà tra i mutuatari. Può sembrare strano che tassi più alti non si stiano rivelando problematici per un’economia con un livello di indebitamento molto alto. Infatti spesso si verifica un ritardo tra il rialzo dei tassi d'interesse e la debolezza economica. Le variazioni dei tassi d'interesse hanno un impatto solo sui nuovi mutuatari, compresi quelli con debito in scadenza che devono rinnovarlo, di conseguenza tassi più alti non influiscono su coloro che hanno un debito a tasso fisso non in scadenza. L’effetto ritardo si verifica a causa del tempo necessario affinché la nuova emissione di debito abbia un peso sufficiente sull’economia da rallentarla. Visto che la letteratura statistica riguardo la BCE è poca data la sua nascita alquanto recente, meglio prendere come riferimento il tasso d'interesse di riferimento negli Stati Uniti. Il ritardo medio tra l’aumento finale di quest'ultimo e le recessioni è stato di circa 11 mesi. L’ultimo rialzo della FED è avvenuto a luglio 2023 e supponendo che si tratti dell’ultimo per questo ciclo, potrebbe essere necessario aspettare fino a giugno 2024 prima che si verifichi (ufficialmente) una recessione.
Questo cosiddetto effetto ritardo è ancora più pronunciato quando i tassi sono rimasti molto bassi per periodi prolungati prima dei successivi rialzi dei tassi. Esaminiamo debito aziendale e debito dei consumatori per apprezzare l’attuale effetto ritardo e valutare meglio quando farà capolino (sarà escluso da questa analisi il debito pubblico, perché, data la sua natura antitetica al calcolo economico, coloro che lo gestiscono non sono sensibili ai segnali di mercato). In generale, i tassi d'interesse più alti stanno aiutando i mutuatari aziendali. Come mostra il grafico seguente, i pagamenti netti di interessi per le società statunitensi sono diminuiti mentre il tasso di riferimento della FED è salito in modo significativo. Dato che negli anni precedenti molte aziende hanno acceso ingenti prestiti a tassi molto bassi e i proventi rimangono nei conti di deposito guadagnando più degli interessi sul debito, al tetto questi ultimi risultano ridotti.
Il grafico seguente mostra che tale circostanza è comune quando la FED rialza i tassi. I cerchi rossi evidenziano quattro casi in cui i costi degli interessi in percentuale dei profitti sono diminuiti mentre la FED stava rialzando i tassi. I cerchi gialli mostrano, inoltre, che le spese per interessi sono rimaste indietro ma sono aumentate dopo che la FED ha concluso il suo ciclo di rialzo dei tassi.
Questo è l'effetto ritardo. La maggior parte delle aziende distribuisce il proprio debito, quindi solo una piccola somma matura ogni anno; pertanto potrebbe volerci del tempo prima che il debito più costoso sostituisca il debito in scadenza ancora più economico. Il tweet qui sotto mostra che questo momento si sta avvicinando rapidamente.
The US Corporate Debt Maturity Wall
— Ayesha Tariq, CFA (@AyeshaTariq) August 7, 2023
$230bn ($525bn Annualized) of Corporate Debt Matures in the Remainder of 2023
$790bn matures in 2024
$1,070bn matures in 2025 pic.twitter.com/UHafNCKndv
Il grafico seguente mostra cosa accadrà alle spese per interessi aziendali nel tempo se i tassi rimarranno, eventualmente, ai livelli attuali: triplicheranno!
Per quanto riguarda gli individui, poi, l'impatto è simile a quello delle aziende. Gli acquisti marginali a credito comportano l'inclusione nei calcoli di tassi d'interesse più alti. Attualmente i tassi ipotecari sono ben oltre il 7%, circa il 4% in più rispetto ai minimi visti nel 2022, e solo coloro che acquistano nuove case sono interessati dai nuovi tassi ipotecari, e non sono molti tali acquirenti. Infatti le vendite di case sono a livelli visti l’ultima volta durante la fase più profonda della crisi finanziaria. A differenza delle case, le automobili non hanno una durata di conservazione così lunga. Secondo uno studio condotto da ISH Markit, la durata media del possesso di un’auto è di circa 79 mesi, o poco più di 6,5 anni, pertanto circa il 15% dei proprietari di automobili dovrà pagare in contanti o prendere in prestito a tassi d'interesse più alti. I tassi di interesse sulle carte di credito variano mensilmente, pertanto i titolari che non pagano l'intero saldo mensile sono immediatamente colpiti da tassi più alti. Il tasso d'interesse medio delle carte di credito è del 21%, in aumento di oltre il 6% da quando la FED ha iniziato a rialzare i tassi.
Ed è giusto aggiungere che le prospettive per gli individui sono più fosche di quel che sembra e devono lavorare di più per arrivare a fine mese, dato che la tassa nascosta dell'inflazione dei prezzi erode i loro risparmi e i loro salari. Naturalmente la scusa è dire che senza la spesa pubblica le cose sarebbero state ben peggiori, ma questa è una tipica sciocchezza controfattuale: per quanto media generalisti e funzionari statali si siano sbracciati per affermare che gli stimoli fiscali erano tutti orientati a rafforzare la crescita economica, la realtà è che la (presunta) ripresa è più debole rispetto al trend storico, la crescita dei salari reali è negativa e il debito complessivo è molto più elevato. In termini di rendimento del capitale investito, la sequenza di stimoli fiscali ha avuto un effetto iniziale stimolante solo per poi sbiadire nel giro di una manciata di mesi o settimane. Lo stesso vale per gli stimoli monetari. Questa è la natura della Legge dei rendimenti decrescenti: per quanto si possa stimolare centralmente un'economia, i risultati incoraggianti iniziali finiscono, col tempo, per essere soverchiati dai costi legati al crowding out delle risorse economiche scarse. Per capire in modo semplice, ecco un esempio numerico esplicativo: per ogni (diciamo) 10 in stimoli, se ne pagheranno successivamente 30 di ritorno. Per quanto si possano aggirare le leggi economiche, non si sfugge da esse. E adesso, per quanto stati e banche centrali possano presentarsi nuovamente come "la soluzione", questa volta la capacità di aumentare i deficit non c’è.
È evidente, infatti, che si sia raggiunto il punto di saturazione del debito, in cui i nuovi pacchetti di stimolo non generano alcun effetto moltiplicatore ma impoveriscono le persone finché il successivo pacchetto di stimolo non peggiora ulteriormente le cose. Inutile ricordare che il progresso deriva dal risparmio e dagli investimenti prudenti, non dalla spesa pubblica e dal conseguente debito.
Nel contesto aziendale e individuale, quindi, quando i tassi d'interesse vengono mantenuti bassi per lunghi periodi, il tasso medio ponderato per ogni tipo di prestito viene abbassato. Quanto più a lungo perdura questa situazione, tanto più i mutuatari ne beneficiano. Inoltre meno mutuatari saranno immediatamente colpiti dall’aumento dei tassi d'interesse. I tassi ipotecari ridicolmente bassi nel 2020 e nel 2021 e i tassi magri prima della crisi sanitaria hanno consentito alla grande maggioranza dei mutuatari di estendere il proprio debito ed evitare, per un certo periodo di tempo, l’effetto correttivo dei tassi d'interesse più alti. Con il passare del tempo, però, il debito societario e quello al consumo maturano, le persone hanno bisogno di nuove automobili o case, e si manifesta la dura realtà di tassi d'interesse più alti. L’effetto ritardo è sostanzialmente una bomba a orologeria: ogni giorno che passa un altro mutuatario avverte l’impatto di tassi d'interesse più alti. L’impatto finanziario è lento ma in costante aumento.
L'AZIONE UMANA È IL CROGIOLO DEI FENOMENI ECONOMICI
Le persone fanno "cose": costruiscono le case, scelgono la propria musica, inventano, innovano, trovano i propri compagni. Spesso hanno poca consapevolezza di quel che fanno, o del perché lo stanno facendo, e attraverso la combinazione e la ricombinazione le cose si uniscono; non secondo un disegno, ma per caso. Alcune cose sopravvivono, altre no. In entrambi i casi, le persone non hanno bisogno della guida dei pianificatori centrali. Il principio secondo cui le cose si evolvono, per azione umana ma non per progettazione umana, descrive il denaro, la tecnologia, la cultura, i geni e persino la moralità. Sono tutti il prodotto di un mix fatto dagli “uomini”, ma nessuna mente umana li controlla o li comprende.
Se la schiavitù fosse ancora redditizia, non sarebbe affatto sparita. È stata la rivoluzione industriale a disfarla, non Lincoln, Harriet Beecher Stowe, o William T. Sherman. Immaginate per un momento che la schiavitù fosse ancora di moda. Uno potrebbe imbrigliare una squadra di schiavi su un carro e farsi trasportare verso la meta desiderata. In realtà ci sarebbe bisogno di diversi carri, molti dei quali solo per fornire cibo, acqua e vestiti agli schiavi. Con una tale disposizione, e aiutati da una frusta, uno potrebbe attraversare montagne, pianure e valli nella propria portantina, issata sulle spalle degli schiavi. Oppure, approfittando della rivoluzione industriale, uno potrebbe salire sulla proprio autovettura e arrivare a destinazione in molto poco tempo godendo di un viaggio confortevole. Chi bisogna ringraziare per questo meraviglioso miglioramento? Chi ha progettato la rivoluzione industriale? Henry Ford? Andrew Carnegie? O Thomas Newcomen?
Newcomen è considerato il primo ad aver convertito il calore in energia cinetica utile, ma lui stava semplicemente cercando un modo per alimentare una pompa e tenere l'acqua fuori dalle miniere. Valvole, pistoni, benzina... ma chi ha inventato il ferro da lui utilizzato? La ruota? Chi ha scoperto il fuoco? L'evoluzione ci ha dato il nostro mondo, ma non è un mondo che qualcuno ha progettato o creato. Invece tutti noi aggiungiamo (o sottraiamo) cose; poco a poco, e poi con improvvise e occasionali esplosioni tecnologiche.
Gli imprenditori trovano un modello redditizio, o falliscono nel cercarlo. Gli investitori collocano attentamente i propri soldi, sperando di ottenere un rendimento decente, e continuano a investire i propri soldi finché non sono esauriti. Politici e pianificatori centrali, invece, con le loro macchinazioni dietro le quinte inciampano in bugie ed errori, costringendo o incitando le persone a fare cose che non dovrebbero fare, distorcendo il presente e ritardando il progresso. Per quanto s'impegnino con le loro trame, esse non saranno mai superiore all'azione umana, la quale troverà sempre il percorso di minor resistenza per permettere agli individui d'emanciparsi dal fardello sempiterno dell'insoddisfazione cronica. Il desiderio è l'elemento motore che spinge le persone ad agire e sempre sarà così finché esisterà l'essere umano, facendo quindi emergere soluzioni a situazioni insopportabili e soprattutto insostenibili. L'incentivo economico rimane la chiave di volta per capire l'azione umana e con essa il motivo per cui il mondo in cui viviamo è un gioco di specchi: percezioni non realtà fattuale. L'azione umana, in quanto fenomeno apodittico, è impossibile da imbrigliare a livello centralizzato: essa spingerà contro i muri che la costringono man mano che i desideri insoddisfatti cresceranno di magnitudine. È questo sostanzialmente il motivo per cui l'apparato statale, per quanta burocrazia possa assoldare, non sarà mai in grado di operare un calcolo economico in accordo con i segnali di mercato. Questo a sua volta si tradurrà in allocazione errata delle risorse economiche scarse e un loro spreco. Esaurirne il bacino equivale a un margine d'azione da parte dei pianificatori centrali sempre più ristretto fino ad arrivare a un punto critico in cui something gotta give: oggi questo punto è incarnato egregiamente dal dilemma Inflate or die.
Come descritto in precedenza, la cosiddetta race to the bottom in cui sono concorrenti le varie banche centrali del mondo (gareggiando a nome delle bande criminali che rappresentano), vedrà vincitore chi arriverà ultimo. Gli Stati Uniti sono meglio posizionati a oggi e molto probabilmente saranno loro a sbaragliare gli avversari, mentre la Cina cercherà di aggirare i propri guai finanziari espandendo il suo raggio d'azione all'Europa in quel famigerato desiderio che è l'Eurasia. Insomma, come in ogni schema Ponzi che si rispetti, aggiungere più membri al proprio schema piramidale affinché possa andare avanti ancora un giorno in più. Chi rischia davvero di arrivare primo nella gara sopraccitata, e quindi perdere, è esattamente l'Unione Europea e il comparto bancario alla deriva; non è un caso, infatti, che il principe Mohammed Bin Salman abbia dichiarato di recente che l'Arabia Saudita è destinata a diventare la nuova Europa. Nel frattempo l'azione umana fa il suo corso, lasciandosi alle spalle i poteri dietro le quinte e ribellandosi ai modelli di prigionia imposti coattamente: in tal senso, Bitcoin rappresenta la quintessenza di questa verità prasseologica.
CONCLUSIONE
Ci vuole tempo affinché l’aumento dei costi del credito e del capitale abbia un impatto sull’economia nel suo complesso. Infatti l’effetto economico dell’aumento degli oneri finanziari si materializzerà gradualmente nel tempo, a piccoli passi. I mutuatari hanno un determinato profilo di scadenza del debito e ciò significa che non tutto il loro totale sarà dovuto nello stesso momento, con scadenze scaglionate nel corso degli anni. Di conseguenza solo una parte del portafoglio prestiti di un’impresa dovrà essere rifinanziato a tassi d'interesse più elevati nel 2023. Nel corso del tempo, tuttavia, i costi del credito aumentano, poiché una parte crescente del debito dev'essere rifinanziata a tassi d'interesse più alti. Nel corso di questa evoluzione iniziano i problemi e le cose cominciano a diventare complicate: i costi del credito maggiorati riducono i profitti delle imprese, mentre l’aumento dei tassi d' interesse frena la domanda di beni e servizi. Condizioni tipiche, queste, in cui l’economia rallenta... a livello ufficiale, perché ufficiosamente i guai economici sono cominciati ben prima.
In uno scenario del genere gli stati potrebbero aumentare il proprio deficit e cercare di respingere la recessione stimolando la domanda complessiva. Inutile dire che si tratta di un’impresa più rischiosa di quanto accaduto in passato, dato che il debito pubblico è già molto elevato in parecchie giurisdizioni e i costi di finanziamento relativi sono elevati. Gli investitori potrebbero facilmente mettere in discussione l’efficacia di una tale manovra e preoccuparsi dell’affidabilità creditizia degli stati, con conseguenze potenzialmente disastrose. Anche se sembra prematuro per i "profeti di sventura" prevedere una recessione e una correzione severa del mercato azionario, dovrebbe essere come minimo chiaro che “non sta andando tutto bene”.
Gli Stati Uniti, essendosi emancipati dalla coordinated central banking policy e dall'impostazione di un tasso d'interesse congiunto col mercato europeo, si trovano in una posizione di vantaggio rispetto al resto del mondo per mettere una pezza su un mercato interno martoriato da anni di tassi artificialmente bassi e conseguenti mercati dei capitali disfunzionali. La loro preparazione alla recessione prevede risucchiare capitale finanziario all'estero, soprattutto dall'Europa, per deviare l'attenzione dai loro guai economici e finanziari. Molto probabilmente avranno successo in ciò e questo rappresenterà la fine dell'Unione Europea così come la conosciamo. Ma per quanto gli USA possano guadagnare tempo, però, hanno di fronte un gigantesco elefante nella stanza che ci ricorda il motivo per cui l'azione umana vince sempre alla fine di tutti i giochi: le incombenti passività non finanziate nei programmi di previdenza sociale, Medicare e Medicaid. Nonostante le cifre spaventose e le proiezioni del Congressional Budget Office, questi problemi di bilancio e di finanziamento dei diritti sociali vengono ampiamente ignorati. Infatti il fondo fiduciario della previdenza sociale è dato per insolvente entro il 2033 e il fondo fiduciario del Medicare è dato per insolvente entro il 2031. Senza contare che gli interessi sul debito federale aumenteranno da circa il 15% delle entrate federali totali nel 2023 al 20% nel 2033 e al 40% nel 2053.
La "fine" del dollaro, quindi, è una certezza. Ma badate bene, cari lettori, con fine non bisogna intendere il nulla, bensì la trasformazione dell'attuale strumento scoperto in qualcosa di diverso. Un ritorno alla copertura o attraverso cedole dei titoli di stato parzialmente redimibili in oro, oppure con Bitcoin. La de-dollarizzazione di cui tanto si parla oggigiorno non è altro che un tentativo (maldestro a giudizio del sottoscritto) al fotofinish nella sopraccitata race to the bottom affinché i concorrenti dello zio Sam possano in qualche modo avvantaggiarsi in questa fase di transizione.
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