Prendere una delle parti in un conflitto bellico significa modificare le percezioni delle persone cosicché esse siano allineate agli interessi statali in gioco? Stiamo parlando pur sempre di contribuenti, i quali vedono in prima linea i loro soldi quando si tratta di spesa pubblica. Giudicherete voi, cari lettori, dopo che vi avrò portato alcuni esempi. Thomas Gibbons-Neff, corrispondente dall'Ucraina per il New York Times, ha scritto un articolo in cui descrive come gli addetti stampa ucraini e alcuni giornalisti occidentali abbiano cercato di minimizzare, giustificare o coprire l'uso dei simboli nazisti da parte dei soldati ucraini. Un passaggio specifico racconta di fotoreporter occidentali che chiedevano ai loro soggetti di rimuovere le toppe con gli emblemi nazisti prima di scattare foto, oltrepassando il limite tra documentare e la messa in scena. L'ex-editorialista del New York Times, Ben Smith, ha pubblicato un articolo in cui riportava che molti giornalisti occidentali sono diventati frustrati dal modo in cui il governo ucraino utilizza l'accesso e l'accreditamento per modellare la copertura della guerra. Ad esempio, l'esercito ucraino ha minacciato di revocare le credenziali di un fotoreporter dopo che aveva scattato foto di soldati coscritti con la forza senza la presenza o il permesso di un addetto stampa militare. In un altro esempio, una troupe della NBC News si è recata in Crimea per intervistare i residenti sulla guerra. Dopo aver riferito che la maggior parte delle persone con cui avevano parlato preferiva che la Crimea appartenesse alla Russia, il governo ucraino ha revocato le credenziali della NBC e ha confinato suddetta troupe in un hotel. Smith parla persino di Gibbons-Neff a cui è stato revocato l'accesso e le credenziali dopo aver riferito dell'uso da parte dell'Ucraina di munizioni a grappolo vietate. Ma tutto questo non è qualcosa di nuovo o insolito: il governo degli Stati Uniti ha utilizzato tattiche simili per plasmare la narrazione delle sue guerre in Afghanistan e Iraq. La maggior parte dei giornalisti lotta per trovare fonti, quindi concedendo un accesso, che può sempre essere revocato, gli stati possono sfruttare il classico stratagemma "bastone/carota" per controllare la copertura mediatica. Le nostre opinioni sulla guerra sono deformate sin dall'inizio. Inutile dire che anche la Russia applica la stessa stattica, ma sarebbe assurdo affermare che il Cremlino abbia un'influenza sull'opinione pubblica occidentale come invece ce l'hanno i vari governi occidentali. Nonostante ciò che i media generalisti o lo stato vogliano che voi pensiate, non è necessario essere aggiornati ogni giorno riguardo gli sviluppi sul campo. La vera partita si gioca altrove: nelle vostre menti.
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La guerra in Ucraina solleva dubbi sulla legittimità e sull'utilità dell'ordine internazionale "basato sulle regole" che presumibilmente governa le relazioni tra nazione. Gli Stati Uniti e la NATO hanno condannato fermamente l'invasione russa dell'Ucraina e la sua violazione del diritto e delle regole internazionali, e gli Stati Uniti sono anche preoccupati per l'ascesa economica e militare della Cina e le sue presunte intenzioni di rimodellare la l'ordine internazionale "basato sulle regole".
In generale, gli analisti politici occidentali denunciano la disintegrazione della tanto decantata architettura internazionale liberale promossa dagli Stati Uniti. Allo stesso tempo sia la Russia che la Cina respingono sia le accuse dell'Occidente che le sue regole internazionali. Tuttavia, qual è la soluzione per una cooperazione internazionale pacifica e duratura?
Pax Americana e l'ordine internazionale “basato sulle regole”
Gli Stati Uniti sono emersi dalla seconda guerra mondiale come potenza economica e militare dominante nel mondo e hanno cercato di escogitare un nuovo equilibrio di potere globale per mantenere la pace. Hanno imposto una Pax Americana, la quale si applicava principalmente in Occidente e ha tentato di contenere il comunismo durante la Guerra Fredda. L'opinione predominante in Occidente è che gli Stati Uniti abbiano sostenuto un ordine globale basato sulle regole in modo da promuovere la pace e la prosperità per più di ottant'anni.
Il nuovo ordine è stato considerato "liberale", perché gli Stati Uniti erano fondati su valori liberali. Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill esposero i principi fondamentali della cooperazione internazionale nella Carta Atlantica del 1941. Istituzioni internazionali come le Nazioni Unite — insieme alla sua autorità suprema, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite — e l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa sono stati istituiti per sostenere la pace e la sicurezza internazionale. L'Accordo di Bretton Woods, che ha creato la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, e l'Accordo generale sul commercio e i dazi sono stati istituiti per promuovere il libero scambio internazionale e la prosperità economica. Tutti aspiravano a essere globali, ma erano dominati da poteri e interessi occidentali.
I critici dell'ordine "liberale" del dopoguerra dichiarano che non era né liberale né ordinato. È emerso un ampio divario tra i nobili ideali e la costruzione del consenso sostenuti dagli Stati Uniti e la realtà storica. La coercizione, il compromesso e la politica di potere hanno fatto parte del gioco e gli Stati Uniti hanno spesso usato la forza e infranto le regole del sistema, in particolare durante il periodo successivo alla Guerra Fredda. Molti hanno considerato l'intervento militare della NATO contro la Serbia nel 1999 e l'invasione dell'Iraq guidata dagli Stati Uniti nel 2003, effettuata senza un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU, come violazioni del diritto internazionale.
Anche le azioni militari degli Stati Uniti e della NATO in Afghanistan nel 2001 e in Libia nel 2011 rimangono molto controverse. Gli sforzi per diffondere il liberalismo erano spesso illiberali, inclusi interventi militari esteri ingiustificati e l'indebolimento delle istituzioni democratiche e del libero mercato interno. I Paesi della NATO hanno infranto le regole internazionali quando era nel proprio interesse e hanno protestato quando altre potenze, in particolare Russia e Cina, hanno sfidato l'ordine internazionale "basato sulle regole".
La ricerca di un mondo multipolare
Russia e Cina contestano non solo il comportamento della NATO, ma l'esistenza stessa dell'ordine internazionale sostenuto dagli Stati Uniti. I due, insieme ad altri Paesi non allineati, stanno lavorando per un mondo multipolare in cui più Paesi avranno voce in capitolo in un nuovo ordine globale che rifletta non solo i valori e gli interessi degli Stati Uniti.
Vladimir Putin afferma che le regole internazionali sostenute dall'Occidente si applicano solo al resto del mondo mentre l'Occidente ne è esentato, come se fosse un egemone globale. Persino alcuni analisti occidentali concordano sul fatto che Putin potrebbe avere ragione quando afferma che l'Occidente impone alla Russia standard a cui l'Occidente non si attiene, una lamentela usata dalla prima per giustificare l'invasione dell'Ucraina.
La Cina nega anche le accuse statunitensi, ribattendo che gli Stati Uniti stanno promuovendo i propri interessi con il pretesto del "multilateralismo". Pechino è particolarmente infastidita dal fatto che gli Stati Uniti le stiano mettendo contro altri Paesi asiatici, in particolare Taiwan. Il Ministero degli Affari Esteri cinese ha di recente affermato che l'incontro in Giappone del G7 ha calunniato maliziosamente la Cina e interferito sfacciatamente nei suoi affari interni. La Cina ha esortato il G7 a non diventare complice degli Stati Uniti nel frenare il suo sviluppo economico.
Ancora più importante, sia la Cina che la Russia respingono il cosiddetto "ordine basato sulle regole" promosso dall'Occidente considerandola un'alternativa ingiusta al diritto internazionale. Affermano che l'ordine internazionale liberale include soft law, cioè norme e raccomandazioni di organizzazioni internazionali con lo scopo di sostituire e interpretare il diritto internazionale in linea con gli interessi occidentali.
Le regole internazionali rappresentano per lo più valori che sono indefiniti per quanto riguarda la loro applicabilità giuridica. La loro natura indeterminata, insieme alle apparenti violazioni del diritto internazionale da parte degli Stati Uniti, potrebbe anche spiegare la preferenza degli Stati Uniti per le regole internazionali piuttosto che per la legge. Gli Stati Uniti non solo si sono rifiutati di firmare numerosi importanti trattati multilaterali che costituiscono una caratteristica essenziale del diritto internazionale, ma non sono nemmeno disposti a ritenere alcuni Paesi alleati, come Israele, responsabili di presunte violazioni del diritto internazionale.
Tali opinioni non sono limitate solo a Cina e Russia o al resto dei BRICS — Brasile, India e Sud Africa — ma sono sostenute da molti altri Paesi che costituiscono il sud del mondo. Anche quasi venti Paesi tra cui Argentina, Iran, Algeria, Egitto, Arabia Saudita, Uruguay, Venezuela e Thailandia hanno chiesto di aderire ai BRICS. Trentacinque Paesi, che rappresentano metà della popolazione mondiale e un terzo del prodotto interno lordo mondiale (simile alle economie combinate degli Stati Uniti e dell'Unione europea), non hanno votato per condannare l'invasione russa dell'Ucraina alle Nazioni Unite e stanno resistendo alle sanzioni.
Sebbene la maggior parte degli esperti occidentali lodi ancora le virtù dei principi dell'ordine internazionale "basato sulle regole", ammettono anche che esso è imperfetto e ne ha eroso la legittimità in molti modi. Mentre il sud del mondo mette sempre più in discussione le intenzioni degli Stati Uniti, gli analisti ritengono che l'Occidente dovrebbe essere pronto a utilizzare il quadro dell'ordine internazionale "basato sulle regole" per costruirne più aperto e multilaterale. In diciannovemila parole il recente comunicato della riunione di Hiroshima dei capi di governo del G7 suona come un manifesto per un governo mondiale. Tuttavia, con solo il 10% della popolazione mondiale e una quota della produzione mondiale che si è gradualmente ridotta al 30%, il G7 deve adeguare le sue aspettative alla realtà e accettare che non può governare il mondo.
Cooperazione pacifica attraverso le relazioni di mercato
L'attuale conflitto politico ed economico tra gli Stati Uniti e il sud del mondo ci ricorda che il diritto e le istituzioni internazionali non possono eliminare la rivalità internazionale e i conflitti tra stati. Costrutti più ampi e più morbidi come l'ordine internazionale "liberale" del secondo dopoguerra possono essere più divisivi e inefficaci del diritto internazionale. La conciliazione della moltitudine di interessi individuali a livello mondiale è più probabile grazie a relazioni di mercato volontarie piuttosto che a soluzioni politiche e militari.
Ludwig von Mises disse che l'unico modo pacifico di cooperazione umana nella società si basa su transazioni di mercato contrattuali. Si tratta di scambi volontari nell'ambito della divisione del lavoro, nel rispetto dei diritti di proprietà, che precludono l'intervento violento nel mercato sia da parte di privati che dello stato. Non c'è costrizione e coercizione nel funzionamento del mercato in cui entrambe le parti di una transazione guadagnano con reciproca soddisfazione. Ecco perché la democrazia di mercato, dove conta ogni centesimo speso, è superiore alla democrazia politica, dove solo la maggioranza influenza in modo prepotente lo stato delle cose.
Lo stesso vale per le relazioni internazionali in cui l'intervento dello stato mina una cooperazione armoniosa. Come affermò Mises in Human Action: “Ciò che è necessario per rendere duratura la pace non sono né i trattati e le alleanze internazionali né i tribunali e le organizzazioni internazionali come la defunta Lega delle Nazioni o il suo successore, le Nazioni Unite. Se il principio dell'economia di mercato viene universalmente accettato, tali espedienti non saranno più necessari”.
Purtroppo, invece di ascoltare il consiglio di Mises, i politici mondiali stanno limitando il commercio internazionale e allontanandosi dalla prevalenza degli interessi commerciali. Spinti da preoccupazioni per la sicurezza nazionale, il disaccoppiamento e il derisking dalla Cina e da altri concorrenti mondiali rischiano di dividere nuovamente il mondo in blocchi, minando gravemente la prosperità e la cooperazione internazionale pacifica.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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Una stima a spanne fatta dal Financial Times suggerisce che il costo (finora) per aver seguito una strategia fallimentare di pacificazione nella guerra in Ucraina ha affossato le aziende europee piuttosto che danneggiare l'economia russa. Sono state danneggiate oltre 170 grandi società europee (e probabilmente distrutto centinaia di piccole/medie imprese). L'indagine prende in considerazione le relazioni annuali e sui bilanci del 2023 di 600 gruppi europei e mostra che 176 società hanno registrato svalutazioni di attività, oneri relativi ai cambi e altre spese una tantum a seguito della vendita, chiusura o riduzione delle attività russe.
RispondiEliminaIl volume aggregato delle perdite è considerato al netto degli impatti macroeconomici indiretti della guerra come l'aumento dei costi dell'energia e delle materie prime. Il settore più danneggiato è quello dell'energia. Soltanto 3 compagnie (British Petroleum, Total e Shell) hanno riportato oneri combinati per €40,6 miliardi nonostante le perdite siano state largamente compensate dall'aumento dei prezzi di petrolio e gas.
Al netto delle perdite nel settore dell' energia, il Paese più danneggiato risulta essere la Germania con oltre €20 miliardi di perdite, le quali riguardano principalmente il settore chimico, automobilistico e quello delle utenze. Rispetto agli altri Paesi europei l'Italia subisce perdite contenute, all'incirca €5 miliardi nei settori delle utenze, energia e altri. Unicredit e Intesa Sanpaolo, che continuano ad operare in Russia, hanno subito perdite di quasi €1,3 e €1,4 miliardi.