Bibliografia

venerdì 4 agosto 2023

I fattori che determinano il valore di una valuta

 

 

di Alasdair Macleod

Ci sono due componenti nella storia dell'inflazione: il ciclo del credito bancario, che lasciato a sé stesso si autocorregge, e l'erosione a lungo termine dei valori monetari. Nell'esaminare le cause, questo articolo torna alle basi monetarie per spiegare cosa è necessario per rendere stabile il potere d'acquisto di una valuta.

Gli economisti generalmente sembrano inconsapevoli di fronte all'importanza del credito nell'economia. In un mondo di valute fiat, ritengono erroneamente denaro la valuta delle banche centrali e considerano all ostesso modo anche il credito bancario. In realtà entrambi sono credito, elemento motore di tutto, e non solo quello registrato a livello statistico ma anche nei nostri rapporti personali.

Da quando l'accordo di Bretton Woods è stato abbandonato nel 1971, la perdita dell'attaccamento del credito al denaro sano/onesto è stata rovinosa per il suo potere d'acquisto. Questi eventi sono ovviamente collegati, eppure l'aumento a lungo termine dell'offerta di denaro, o più correttamente del credito bancario, non è la ragione principale della perdita di potere d'acquisto.

In questo articolo spiego che anche in un gold standard la valuta è interamente credito e perché il segreto per stabilizzarne il valore è legare il credito all'oro, che resta pur sempre denaro giuridico.


Introduzione

Ho passato la maggior parte della mia vita lavorativa a condannare la negazione del libero mercato da parte del keynesismo e nel corso dei decenni sono passato dal non comprendere appieno perché l'intervento statalista nell'economia fosse così distruttivo all'essere in grado di denunciarlo a fondo su solide basi teoriche. Il mio viaggio ha preso ispirazione dalla Scuola Austriaca di economia e da Ludwig von Mises in particolare. Ma lo studente indagatore non dovrebbe mai dare per scontato tutto ciò che ha scritto il suo professore preferito, e poiché ho familiarizzato con la sua logica e analisi, mi trovo nella posizione d'indagare più a fondo.

Un economista imparziale che oggi respinge la macroeconomia keynesiana e il monetarismo a favore di argomenti che li confutano è pienamente consapevole che l'economia classica non ha spiegato tutto nel modo giusto. La necessità di esaminare continuamente le ipotesi venne affrontata dalla semplice accettazione del libero mercato e della divisione del lavoro, soprattutto dal motivo per cui rappresentano un vantaggio per la società. L'evidenza empirica confermò che le cose stavano così e che il socialismo nelle sue varie forme era destinato a fallire, come Mises ebbe modo di dimostrare.

Una notevole confusione deriva dal non capire come le statistiche e il ragionamento economico siano cambiati a causa del passaggio dal denaro sano/onesto alle valute fiat. Non si può mai essere sicuri che il valore di una valuta fiat in termini di merci sia stabile. Se il potere d'acquisto della valuta cambia nel tempo, allora lunghe serie di statistiche utilizzate da econometristi e macroeconomisti diventano completamente prive di significato, mentre in un sistema monetario sano/onesto possiamo essere certi che abbiano un qualche fondamento. Al centro di questo problema c'è il grado in cui una valuta diventa soggettiva nel suo valore, soprattutto quando si presume automaticamente che essa sia sempre oggettiva e che nelle transazioni la variazione di valore sia interamente da attribuire all'elemento che viene scambiato. Sulla base del fatto che il mezzo di scambio viene rapidamente speso in una singola transazione, potrebbe non avere importanza per quello scopo specifico; ciononostante è importante per il saldo non speso che le persone normalmente conservano.

Eppure gli economisti non sembrano capire questo punto e sono ipnotizzati dai loro grafici e modelli economici alimentati con informazioni superflue che non tengono e non possono tenere conto dei valori mutevoli di una valuta. I primi Austriaci formularono le loro teorie sulla base del denaro sano/onesto. E oggi molti dei loro simpatizzanti commettono abitualmente un errore simile a quello dei keynesiani, non capendo quanto siano diventati soggettivi i valori moentari e i dati distorti.

Se si afferma che il prezzo dell'oro è passato da $35 a $1900 oggi, si viene creduti; ma se si dice che nel 1970 il dollaro valeva 1/35 di oncia d'oro e che oggi vale 1/1900, e che quindi il dollaro vale solo 35/1900, ovvero l'1,8% del suo valore del 1970, si noterà una certa sorpresa sul viso del proprio interlocutore. Quando si fa notare che il dollaro ha perso quasi tutto il suo valore negli ultimi cinquant'anni, potreste incontrare esitazione ma non una comprensione delle implicazioni. E quando si spiega che l'oro è denaro giuridico oggi e lo è stato da quando la legge romana gli conferì tale status, e che il dollaro è solo credito ed è valutato come tale, si rischia di perdere completamente il proprio pubblico perché è stato sottoposto al lavaggio del cervello affinché pensasse che l'oro non sia denaro e che il dollaro lo ha sostituito. Ho anche conosciuto economisti Austriaci piegati a questa propaganda.

Pax scholae Austriacae! Non preoccupatevi, vi spiegherò tutto. Ma prima dobbiamo accettare alcune definizioni chiare ai fini di questo saggio.

• L'oro fisico, normalmente sotto forma di moneta, è denaro. Tecnicamente anche le monete d'argento e di rame sono adatte, ma per piccole transazioni. Infatti sono tutti credito nel senso che sono i proventi del proprio lavoro ancora da spendere, ma questi metalli non hanno alcun rischio di controparte e sono legalmente accettati a livello internazionale come moneta e sono quindi indipendenti da altre forme di credito nazionale. Ecco perché dobbiamo chiamare moneta d'oro per differenziarla da altre forme di credito che hanno un rischio di controparte, essendo promesse di pagamento a una data futura.

• Le banconote, che per molti hanno sostituito le monete d'oro, sono sempre credito. Anche le banconote scambiabili in monete d'oro a scelta del detentore rappresentano un credito sotto il comando dello stato, emesso dalla sua banca centrale. Il rischio di controparte può sembrare minimo, ma se non è ancorato al denaro giuridico, l'oro, il suo valore diventa totalmente dipendente dalla fiducia in chi le emette.

• Il credito bancario, sotto forma di depositi dei clienti, costituisce la maggior parte della cosiddetta massa monetaria (es. M2, M3 o M4). Il valore di tale credito è strettamente legato alle banconote in cui è denominato, con l'aggiunta del rischio di controparte per le singole banche.

• Valuta è il termine per il denaro e il credito in circolazione. Ma poiché le monete sono gettoni e nessuno spende la propria moneta d'oro se non come ultima risorsa, in questo saggio moneta farà riferimento alle due principali forme di credito: banconote e depositi bancari.

La domanda a cui si cerca una risposta è la seguente: cosa determina il potere d'acquisto della valuta?

È solo rispondendo a questa domanda che possiamo sapere come affrontare la perdita di potere d'acquisto, che nel caso del dollaro lo ha ridotto a meno del 2% del suo valore del 1970 rispetto al denaro giuridico.


Un dibattito infinito

Le vere cause della perdita di potere d'acquisto di una valuta sono state discusse da quando la scienza dell'economia è emersa come disciplina separata. E nell'Inghilterra della metà del diciannovesimo secolo il dibattito portò a due scuole di pensiero: la Scuola Valutaria favoriva un approccio basato su regole all'emissione di valuta, mentre la Scuola Bancaria cercava un approccio più flessibile. Una delle affermazioni della Scuola Valutaria era che la creazione di denaro doveva essere un monopolio di stato, il che contrastava con la filosofia del libero mercato della Scuola Austriaca. Infatti Mises criticò fortemente la Scuola storica tedesca e Georg Knapp (che scrisse la Teoria statale della moneta, pubblicato nel 1905) per aver adottato questa linea di pensiero.

A parte ciò, gran parte dell'approccio della Scuola Valutaria trovava il favore di Mises. Il dibattito tra la Scuola Valutaria e bancaria ebbe luogo al tempo del Bank Charter Act del 1844, il quale fissò successivamente i termini del modus operandi della Banca d'Inghilterra. In base a tale legge l'intero sistema bancario venne riformato, con l'emissione di banconote da parte di altre banche prima limitata e poi cessata, conferendo alla Banca d'Inghilterra il monopolio sull'emissione delle banconote. Questa fu una vittoria per la Scuola Valutaria e nella nostra ricerca per stabilire cosa porta alla svalutazione della valuta di oggi, questo rappresenta uno sviluppo importante, anche se poco compreso.

Alla radice dell'argomentazione della Scuola Valutaria c'era la consapevolezza che l'inflazione fosse causata dall'eccessiva emissione di banconote. Ciò portò i termini dell'emissione di banconote da parte della BoE ad essere interamente coperti con oro. Sebbene le circostanze storiche abbiano portato alla sospensione di questa disposizione in tre occasioni, ciò limitò l'espansione delle banconote in circolazione.[1]

Pertanto tra il 1844 e il 1900, l'emissione di banconote da parte della BoE aumentò solo da £37 milioni a £42 milioni.[2] Nel frattempo lo sviluppo del sistema bancario portò a un uso crescente di assegni in sostituzione delle banconote della Banca d'Inghilterra. Il credito bancario nell'offerta di denaro aumentò da £167 milioni a £824 milioni. Il grafico qui sotto mostra questa relazione fino alla dichiarazione di guerra nel 1914 e i livelli stimati dei prezzi al consumo e alla produzione.

L'emissione di banconote si espanse a malapena, mentre il credito bancario molto di più. L'affermazione della Scuola Valutaria, secondo cui un'espansione della valuta mina il suo potere d'acquisto, si applica all'emissione di banconote, ma non al credito bancario. E l'espansione a lungo termine del credito che non indebolisce il potere d'acquisto della valuta, sembra supportare le teorie della Scuola Bancaria.

Ma anche la Scuola Bancaria si oppose alle restrizioni sull'emissione di banconote. I suoi sostenitori sostenevano che sia le banconote che i depositi svolgessero la stessa funzione economica: “La quantità di banconote in circolazione era adeguatamente controllata dai processi ordinari della banca competitiva”. Le prove successive mostrate nel grafico sopra dimostrano che la Scuola Bancaria aveva torto.

Allo stesso tempo la Scuola Valutaria sosteneva che i depositi a vista non erano denaro (valuta) e quindi non avevano alcuna conseguenza per la politica bancaria e la prevenzione delle crisi finanziarie. È stata successivamente criticata per aver omesso di capire che i depositi bancari fungono da valuta.

È interessante notare che i decenni che seguirono la legge del 1844 mostrarono che la Scuola Valutaria aveva generalmente ragione a ignorare il credito bancario, se non altro però per ragioni sbagliate. Il credito bancario è sicuramente valuta circolante, ma il suo contributo al cambiamento del potere d'acquisto della valuta è limitato a un ciclo di autocorrezione del credito bancario che porta a boom e bust. A lungo termine, però, è la stabilità del valore della banconota legato all'oro e non il livello del credito bancario nell'economia che è importante.

Il dibattito teorico tra le due Scuole fu deviato dalla crisi del 1847, la quale portò la BoE a sospendere la convertibilità in oro su richiesta. Il governo inglese affrontò una crisi a causa dello scoppio di una bolla speculativa, con il fallimento di molte aziende. La situazione venne aggravata, o innescata, da uno scarso raccolto che a sua volta portò a un aumento delle importazioni di cibo. Il credito bancario nel 1846 era di £192 milioni, contraendosi a £167 milioni nel 1847, simile al problema che affrontiamo oggi. In altre parole, la causa fu la flessione del ciclo del credito, la quale espose i cattivi investimenti e l'eccessiva speculazione, non il gold coin standard.

Durante la crisi il bilancio della Banca d'Inghilterra rimase stabile, mostrando una stranezza contabile. Nel 1844 il suo totale di bilancio era di £82,9 milioni e nel 1847 era sceso a £59,9 milioni, discesa avvenuta per la maggiore nel 1845. A prima vista si trattava di una grave contrazione, ma nel suo bilancio la BoE aveva registrato le banconote detenute in banca sia come attivi che come passivi, le quali calarono di £24,5 milioni tra quelle date, approssimandosi al calo degli attivi totali di bilancio. Questa è una sciocchezza contabile, perché le banconote hanno valore solo quando sono in circolazione: quando sono in possesso di chi le emette, non sono altro che pezzetti di carta. Pertanto lo stato patrimoniale della BoE al netto di tale anomalia risultava di fatto ragionevolmente stabile.

Anche se la BoE agì anche come una banca normale, raccogliendo depositi, questi non erano in numero eccedente tale da sminuire la sua funzione di emissione di banconote. La corsa alle riserve auree della BoE portò a un calo di monete e lingotti da £13,7 milioni a un minimo di circa £9,9 milioni a metà aprile 1847.[3] Ciò avvenne a causa di un errore commesso dagli estensori della legge del 1844, la quale non comprendeva che la corsa alle riserve auree non proveniva da una fonte, ma da due. Avevano anticipato che solo le banconote potevano essere riscattate per monete d'oro, non rendendosi conto che gli assegni potevano essere usati anche per ritirare lingotti dalla BoE. Pertanto la legge fu erroneamente basata sull'aspettativa che una riduzione delle riserve auree sarebbe stata accompagnata da una riduzione delle banconote in circolazione.

Oltre a questo errore, l'idea che il declino delle riserve auree minacciasse il concetto della Scuola Valutaria riguardo l'emissione di banconote trascurava la realtà dei fatti: le banconote in circolazione si mantennero stabili a circa £20 milioni e, stando così le cose, la popolazione considerava le banconote della BoE coperte dall'oro come una sicurezza durante la crisi, che sicuramente era l'intenzione dei legislatori. Finché la popolazione aveva fiducia nella struttura di cambio in monete d'oro, non vedeva la necessità di detenere monete d'oro.

L'errore commesso dalla Banca d'Inghilterra, e che portò alla sospensione della Legge, fu quello di non rialzare il tasso di sconto e averlo fatto solo quando era troppo tardi. La crisi iniziò nel 1846 e così anche il drenaggio delle riserve auree della BoE, ma quest'ultima non rialzò il tasso di sconto fino al 16 gennaio dell'anno successivo, dal 3% al 3½%. La corsa alle sue riserve auree continuò e due settimane dopo il tasso di sconto venne portato al 4%. La corsa andò avanti fino a quando perse altri £3 milioni in oro e al 5% di tasso di sconto. Se la BoE l'avesse rialzato prima e in modo più aggressivo, la corsa alle sue riserve auree non sarebbe avvenuta.

La crisi del 1847, subito dopo il Bank Charter Act,fu presa dagli economisti del ventesimo secolo come prova che un gold standard rappresetasse una camicia di forza, la quale impediva una flessibilità economica, sostenendo quindi l'approccio della Scuola Bancaria. Ma abbiamo visto ciò che osserviamo esibito oggi dalle banche centrali: un'agenzia governativa che non adotta un approccio puramente commerciale alla propria attività.

Come sempre, la situazione è più complessa dei giudizi affrettati su questioni di principio. È necessaria una comprensione più profonda del ruolo del credito.


Il credito bancario è fondamentale per il nostro sistema monetario

Come affermato sopra, il credito si presenta in due forme riconoscibili. Ci sono le banconote, oggi emesse dalle banche centrali ma formalmente emesse anche dalle banche commerciali. Sono una passività di chi le emette e figurano nel bilancio di una banca centrale come tali. E poi c'è il credito bancario, passività delle banche commerciali sotto forma di depositi dei clienti, assegni o conti correnti. Ufficiosamente il credito esiste anche nel sistema bancario ombra e ulteriori crediti non vengono registrati tra individui.

Il credito tra gli individui è un fattore economico della massima importanza, eppure pochi economisti sembrano esserne consapevoli: un padre potrebbe dire a suo figlio o sua figlia che lo/a finanzierà durante gl ianni universitari e questo rappresenta il credito esteso da un genitore a un figlio; un negozio potrebbe offrire una linea di credito ai clienti stimati, consentendo loro di pagare settimanalmente o mensilmente; un muratore o un giardiniere offrirà credito ai clienti svolgendo il proprio lavoro in anticipo. È tutto credito.

I grossisti offrono ai rivenditori la possibilità di pagare le merci un mese dopo la consegna, o anche di più: questo è il credito. Quando un commerciante acquista titoli per il saldo il giorno successivo, questo è credito fino a quando non viene saldato. L'acquisto di un contratto futures a margine rappresenta un'obbligazione di credito per l'intero importo a meno che essa non venga venduta prima della scadenza. Gli esempi nella nostra vita quotidiana sono numerosi e questi accordi informali o non bancari sono vitali per il funzionamento della società, ungendo gli ingranaggi delle relazioni personali e di lavoro. Tutto questo non viene registrato nelle statistiche monetarie.

Data l'ubiquità del credito sarebbe giusto bandire del tutto le banche come commercianti di credito, dato che formalizzano accordi di credito a vantaggio del commercio e il cui credito è solo una piccola parte del totale? L'intera economia gira sul credito. Se non ci fosse, l'economia cesserebbe di esistere e se non ci fosse credito bancario, torneremmo alle condizioni feudali.

Secondo la Legge di Gresham, le persone accumulano monete d'oro invece di spendere banconote e depositi. Tutto è fatto a credito. La moneta d'oro non circola, anche in un gold standard, perché le persone si rendono conto che è denaro superiore rispetto alle banconote; funge da protezione per banconote e conti di deposito. E una popolazione fiduciosa di poter sempre scambiare banconote con monete d'oro ha poco o nessun bisogno di far circolare monete d'oro. Le banconote e i depositi bancari sono comunque molto più convenienti. Facciamo sempre riferimento alla stabilità dell'emissione di banconote della BoE durante la crisi del 1847 sopra menzionata.

Possiamo concordare che c'è poca controversia in quanto affermato finora. Quando approfondiamo l'argomento, però, ecco che sorgono i disaccordi. L'oro non dovrebbe più far parte di un sistema monetario moderno, sostengono i neo-keynesiani e la maggior parte dei monetaristi. L'espansione del credito è la fonte dell'inflazione, sostengono altri, in particolare i monetaristi e gli Austriaci.

La tradizione Austriaca è esemplificata dagli scritti di Ludwig von Mises e Friedrich von Hayek. Mises osservò gli effetti dell'inflazione in Europa dopo la prima guerra mondiale, in particolare nella sua nativa Austria. Capì perché la corona crollò e ne conosceva il rimedio. Da allora scrisse molto sul ciclo economico, o ciclo commerciale, indubbiamente causato da un ciclo di espansione del credito bancario e successiva contrazione. Ma in tutti i suoi scritti, che complessivamente superano le 7.000 pagine, menziona poco il "credito bancario". In una ricerca per parola ho contato solo sedici riferimenti. Non è nemmeno elencato nel glossario dell'edizione di Human Action per insegnanti.

MOlto conosciuta è la conferenza di Mises del maggio 1933 alla Camera di Commercio di Vienna, quando affermò che: “La causa del deprezzamento del tasso di cambio va sempre ricercata nell'inflazione e l'unico rimedio per combatterla è una restrizione dei mezzi fiduciari e del credito bancario”. Quello era uno dei sedici riferimenti al credito bancario, ma da nessuna parte nei suoi commenti, per quanto ne sappia, raccomanda un divieto totale del credito bancario, ma solo un suo contenimento.

Hayek ideò un triangolo per illustrare ai suoi studenti della London School of Economics le conseguenze di un abbassamento artificiale dei tassi d'interesse e dell'espansione del credito. È allettante per i seguaci di questi grandi uomini concludere che il credito debba essere bandito se si vuole preservare il potere d'acquisto del denaro. Ma dobbiamo riconoscere che un collasso monetario attraverso una svalutazione continua e accelerata, come quella che colpì l'Austria nel 1922, è una questione completamente diversa da un ciclo del credito bancario.

Ma è una soluzione praticabile vietare il credito bancario? Il momento per sollevare la questione è propizio, dato che siamo sull'orlo dell'ennesima recessione, questa volta di tale potenziale gravità da minacciare il futuro dell'intera struttura bancaria, dalle banche centrali in giù. Ma se l'espansione del credito bancario ha un ruolo economico che può essere giustificato, la sua sostituzione potrebbe non essere tanto vantaggiosa, in particolare se lo stato prende l'iniziativa d'istituire un sistema bancario diverso. Se dovesse accadere, possiamo essere certi che sarebbe progettato per servire lo stato più che l'economia in generale.

Alcuni neo-Austriaci avanzano una semplice proposta: la fine del credito bancario con le banche che agiscono come custodi e con i depositi che rimangono di proprietà dei depositanti, fungendo da semplici arrangiatori di finanziamenti per distribuire risparmi alle imprese richiedenti. Il mondo dei mezzi circolanti si libererebbe dal credito bancario e da tutti i problemi che esso ha creato.

Dovremmo chiederci se questo è il vero obiettivo che dobbiamo perseguire. Cicli di espansione e contrazione del credito bancario esistono da quando disponiamo di dati statistici. Risalegono al diritto romano e all'invenzione della contabilità a partita doppia, eppure siamo ancora qui e abbiamo uno standard di vita migliore rispetto ai nostri antenati. Il credito è quello che ha alimentato la rivoluzione industriale. Sebbene con un certo ritardo, l'effetto sui prezzi delle variazioni nei livelli del credito bancario anche in un gold standard ha portato a fluttuazioni significative nel livello generale dei prezzi, conseguenza dell'espansione e della successiva contrazione del credito bancario: boom e bust. Il lasso di tempo durante il quale i banchieri sembrano dimenticare le conseguenze di un'eccessiva espansione del credito per le proprie operazioni è di circa otto-dieci anni, una periodicità che è rimasta in vigore fino alla crisi della Lehman.

Nel diciannovesimo secolo la politica economica degli stati era generalmente quella di farsi gli affari propri e di lasciare che gli eventi nell'economia facessero il loro corso. È interessante notare che le fluttuazioni del livello generale dei prezzi nel Regno Unito diminuirono nel corso di quel secolo, durante il quale la tendenza sottostante del credito bancario si ampliò notevolmente grazie alla ricchezza collettiva, al commercio e al progresso tecnologico. Chiaramente la crescente sofisticazione finanziaria dei mercati del credito stava avendo un effetto benefico, in particolare a seguito del Bank Charter Act del 1844 che nella sua formulazione omise di riconoscere il potenziale del credito bancario nel destabilizzare la valuta coperta dall'oro. Questo punto viene esaminato in dettaglio più avanti in questo saggio.

In virtù di ciò, possiamo sollevare la questione se le fluttuazioni del credito bancario siano davvero il male a cui credono alcuni neo-Austriaci. Potrebbe essere che il male maggiore sia l'intervento delle banche centrali, tentativi che si sono trasformati in sforzi per gestire la domanda di credito bancario attraverso le politiche dei tassi d'interesse nei decenni successivi alla prima guerra mondiale? In tal caso una soluzione in cui non viene creato alcun credito bancario non è il rimedio; l'abolizione dei tentativi delle banche centrali di manipolare i mercati del credito avrebbe invece più senso.


La falla nell'analisi di Mises sul credito bancario

Nel suo libro, The Theory of Money and Credit, Mises tentò di distinguere tra depositi che rappresentano risparmi prestati attraverso il sistema bancario alle imprese e ciò che definì credito esteso dalle banche sotto forma di depositi a vista. Sosteneva che era l'espansione del credito circolante in eccesso rispetto ai risparmi reali disponibili a generare boom artificiali, inflazione e successivi crolli.

Il suo ragionamento era da un punto di vista puramente teorico, trascurando la posizione giuridica per sottolineare che l'eccesso di credito portava sempre a una riduzione del suo potere d'acquisto. Ciò è certamente evidente nel ciclo del credito bancario, ma la divisione artificiale del credito originato dal risparmio e ciò che non lo è non può essere stabilita.

Alla ricerca della teoria dietro l'inflazione, la descrizione di Mises del processo di creazione del credito bancario è in disaccordo con i fatti. Nel capitolo 2 della parte 3 di The Theory of Money and Credit scrisse quanto segue:

I mezzi fiduciari possono essere emessi in due modi: dalle banche e in altro modo. I supporti fiduciari bancari sono caratterizzati dal fatto di essere trattati come costituenti un debito da parte di chi li emette.

Sono iscritti come passività e chi li emette non prende in considerazione la somma emessa come un aumento dei propri redditi o capitale, ma come un aumento in dare del proprio conto, il quale dev'essere compensato da un corrispondente aumento in avere se l'intera transazione non si vuole che figuri come una perdita.

Nella sua argomentazione sull'eccesso di credito, Mises dedusse che i prestiti bancari (attivi) si originavano attraverso la creazione di depositi (passivi), il che non è corretto.

Non è così che nascono i depositi bancari.

Da quando gli orafi londinesi inventarono il sistema bancario moderno nel diciassettesimo secolo, secondo il diritto bancario, e nella pratica, le banche sono commercianti di credito, non intermediari. I prestiti vengono creati con depositi corrispondenti. Dobbiamo accettare che Mises stesse argomentando un punto separato e valido, ma dalla citazione di cui sopra commise l'errore comune di credere che funzionasse al contrario. Quello che segue è un estratto da Money creation in the modern economy, pubblicato dalla Bank of England nel suo Quarterly Review for 2014 Q1:

Le banche commerciali creano denaro, sotto forma di depositi bancari, concedendo nuovi prestiti. Quando una banca fa un prestito, ad esempio a qualcuno che accende un mutuo per comprare una casa, in genere non lo fa dando loro migliaia di sterline in banconote. Invece accredita sul loro conto bancario un deposito bancario delle dimensioni del mutuo. In quel momento viene creato nuovo denaro. Per questo alcuni economisti hanno definito i depositi bancari come “moneta stilografica”, creata con un colpo di penna dei banchieri quando approvano i prestiti.

La descrizione da parte della Banca d'Inghilterra riguardo la creazione di prestiti con depositi corrispondenti venne delineata a suo tempo da Henry Dunning Macleod, un avvocato specializzato in diritto bancario nella seconda metà del diciannovesimo secolo.[4] Il capitale è fondamentale per la pratica bancaria.

Pertanto ogni deposito è frutto di un prestito; il prestito non è il risultato di un deposito. Non può esistere alcuna distinzione pratica tra depositi a risparmio e credito creato appositamente per finanziare il credito circolante. Tutto il credito bancario viene creato dai prestiti. Quando il prestito viene prelevato dal mutuatario per pagare terzi, avviene tramite assegno, o più comunemente oggi tramite bonifico elettronico. Il pagamento esce dal deposito che corrisponde al prestito nel bilancio della banca e viene incassato in banconote o più comunemente trasferito alla banca del destinatario. Tutte le banche subiscono continuamente questi trasferimenti e alcune finiranno con un eccesso di attivi di bilancio e altre con una carenza. Questi squilibri vengono continuamente rettificati attraverso i mercati monetari.


Le falsità di oggi sull'inflazione

Le banche centrali tentano di gestire il deprezzamento delle loro valute in modo che perdano ogni anno il 2% del loro valore. Ciò dovrebbe stimolare la domanda dei consumatori e fornire un margine di sicurezza rispetto alla temuta condizione di recessione dell'attività economica. I policymaker ritengono che, gestendo il livello dei tassi d'interesse, essi possano influenzare quanto le famiglie e le aziende possano prendere in prestito. Tentano di raggiungere questo obiettivo influenzando i tassi sui prestiti applicati dalle banche e, di conseguenza, gestendo la crescita del credito bancario per garantire un tasso d'inflazione basso e stabile. L'esperienza recente, però, ha dimostrato come questa linea di politica sia fallimentare. A causa di una propensione alla soppressione dei tassi d'interesse, o di errori nella politica macroeconomica, i tassi d'interesse hanno finito per essere soppressi artificialmente per un tempo considerevole e di conseguenza hanno dovuto essere rialzati bruscamente per correggere tale errore.

Questo perchè si crede comunemente che i tassi d'interesse rappresentino il prezzo del credito. Può sembrare che sia così per i mutuatari, ma come abbiamo visto sopra la creazione di prestiti crea depositi. Per i depositanti che conservano i loro depositi, o li destinano a obbligazioni, l'interesse rappresenta lo sconto tra il possesso futuro di una valuta e il suo possesso odierno. La preferenza temporale rappresenta la perdita di utilizzo, il rischio di controparte e i cambiamenti previsti nel potere d'acquisto di una valuta prima che venga restituita al creditore. Dal punto di vista del depositante, l'interesse è una compensazione per la posticipazione del suo consumo, non un prezzo.

Per un certo periodo i detentori nazionali di una valuta possono essere costretti dallo stato ad accettare un tasso d'interesse che non li compensa adeguatamente. Il problema con questa linea di politica emerge quasi sempre dapprima sui cambi, dove depositanti internazionali e detentori di obbligazioni venderanno quella valuta la cui compensazione degli interessi è giudicata da loro inadeguata.

Oltre a travisare il ruolo dei tassi d'interesse, le banche centrali sono fuorviate da altri errori macroeconomici. Un'agenzia governativa costruisce le statistiche su cui modella l'economia e nel tempo esse diventano inevitabilmente autocompiacenti. L'obiettivo della crescita non rappresenta un progresso economico, il quale non può essere misurato ma solo osservato. L'elenco degli errori è ampio e le supposizioni dietro di essi sono diventate risibili, se non fossero così gravi.

Ma l'errore più ovvio che quasi tutti ignorano è quello di prendere l'evidenza storica e statistica come base per prevedere un futuro dinamico che dipende dall'azione umana imprevedibile. È ciò che Mises chiamava il concetto di un'economia che ruota uniformemente: “Dove si immagina che tutto continui esattamente come prima, comprese tutte le idee e gli obiettivi umani”.[5]

Un altro errore è quello dei monetaristi che collegano meccanicamente i cambiamenti nella quantità di credito con i cambiamenti nel potere d'acquisto di una valuta. Le teorie monetariste erano alla base della posizione della Scuola Valutaria negli anni 1840, prima e dopo il Bank Charter Act del 1844. Oggi i monetaristi sostengono che i cambiamenti nella quantità di credito dovrebbero informare la politica monetaria, che non era lo stesso obiettivo della Scuola Valutaria nella definizione della legge del 1844. Ma la radice della loro comprensione è rimasta immutata, nonostante il passaggio dal credito ancorato al denaro giuridico al credito ancorato al nulla. Si basa sulla seguente equazione:

Offerta di moneta X velocità = prezzi di beni e servizi X la loro quantità

Mises sottolineò gli errori in questa linea di pensiero nel suo Human Action. È vero che un aumento della quantità di credito tende a far salire i prezzi, ma l'effetto è disomogeneo. Inoltre l'anticipazione dei prezzi futuri si basa sull'esperienza più recente e la popolazione adeguerà di conseguenza il rapporto tra beni e servizi acquistati e le loro risorse di credito. Se le persone iniziano collettivamente a credere che i prezzi aumenteranno a un ritmo più elevato, allora aggiusteranno di conseguenza il rapporto tra la spesa e le proprie risorse di liquidità accelerando i propri acquisti. E se le persone comprenderanno ulteriormente che è la valuta a scendere di valore piuttosto che i prezzi a salire, la scaricheranno completamente.

Si può vedere quindi che l'equazione di scambio che tenta di bilanciarsi con un valore mitologico di velocità ignora l'elemento umano. Se in una crisi bancaria la popolazione prevede una risposta inflazionistica da parte delle autorità, si sbarazzeranno della valuta finché potranno. Diventare senza valore è il destino di ogni valuta fiat nella storia e senza dubbio sarà quello delle principali valute di oggi, a meno che le autorità non riescano a stabilizzarne il potere d'acquisto riportando il denaro giuridico nell'equazione del credito.


I fattori determinanti della stabilità dei prezzi

I fallimenti della politica economica e monetaria sono evidenti e non necessitano di ulteriori indagini. Ma nella nostra ricerca della stabilità dei prezzi, ci sono due elementi specifici da considerare: il primo è l'instabilità dei prezzi dovuta al ciclo di espansione e contrazione del credito bancario e il secondo sono le prospettive a lungo termine del potere d'acquisto del credito.

Ricordiamoci delle prove fornite dalla Gran Bretagna nel diciannovesimo secolo.

Possiamo vedere dal grafico come in un gold standard l'emissione di banconote era stabile mentre il credito bancario si espandeva. Le crisi del 1847, 1857 e 1866, che portarono alla sospensione del Bank Charter Act del 1844, si rifletterono in particolare nelle fluttuazioni del livello generale dei prezzi, ma la natura autocorrettiva del ciclo ne attenuò le conseguenze. Ciò è evidente nel grafico successivo, che rappresenta l'inflazione dei prezzi al consumo.

L'effetto del ciclo del credito bancario sui prezzi è evidente e il tasso medio registrato in quei sessant'anni è stato dello 0,3% in quanto le oscillazioni si sono annullate. Tenendo conto dell'impraticabilità di misurare effettivamente il livello generale dei prezzi e degli errori nel calcolo statistico, suddetto numero è un'inezia. Con l'entrata in vigore della legge del 1844 le oscillazioni tra inflazione e disinflazione scesero, indubbiamente coadiuvato dai miglioramenti nel sistema di compensazione.

Prima del 1775 ogni banchiere doveva conservare banconote, o in alternativa prelevarle dalla Banca d'Inghilterra con cui regolare giornalmente divergenze con altre banche. Dopo il 1775 le banche londinesi si riunirono in una stanza di compensazione per regolare le reciproche pretese invece di inviare impiegati a visitare ogni singola banca di controparte.

Le banconote erano ancora parzialmente utilizzate. Nel 1810 46 banche furono registrate come compensazione di circa £4.700.000 al giorno, di cui £220.000 saldate in banconote. Oggi sarebbero rispettivamente l'equivalente di £1,88 miliardi e £88 milioni. Nel 1854 le banche per azioni furono ammesse alla stanza di compensazione e nel 1864 la Banca d'Inghilterra entrò a far parte del sistema. Nel 1860 fu istituita anche una stanza di compensazione per le banche contadine, la quale consentiva alla rete bancaria nazionale di operare unitariamente, utilizzando il credito bancario per saldare le differenze senza l'uso di banconote e monete. Nel 1875 oltre £6 miliardi (equivalenti a £2.400 miliardi di oggi) furono scambiati quell'anno tra le banche di compensazione.

Oltre ai miglioramenti nel sistema creditizio e ai continui miglioramenti nel sistema bancario, la crescente fiducia della popolazione nel gold standard e nel sistema bancario in generale hanno senza dubbio contribuito a diminuire la volatilità del livello generale dei prezzi.


Conclusioni

Nella nostra ricerca della stabilità dei prezzi, dobbiamo distinguere tra perturbazioni dovute a fattori ciclici e quelle di lungo termine. Il denaro di solito non circola: è il credito sotto forma di banconote e depositi bancari a circolare. Per lo più si tratta di credito a favore dei depositanti, originato dalla creazione di prestiti. Mentre possiamo spiegare le conseguenze per l'economia e il potere d'acquisto della valuta, i cicli si annullano da soli in un processo schumpeteriano di distruzione creativa.

È un errore pensare di poter fare a meno del credito, figuriamoci della sua espansione. Ma quanto meno volatile è la sua espansione e contrazione ciclica, tanto meno dirompente sarà il credito bancario.

Affrontando i fattori ciclici, ad esempio rimuovendo la responsabilità limitata dai banchieri per scoraggiarli da un indebitamento di bilancio eccessivo, ci ritroveremo con la quantità di credito bancario nell'economia determinata dalla domanda. Quest'ultima deve provenire dai mercati e non può essere gestita dalle banche centrali, come gli eventi hanno dimostrato. Dal fallimento della BoE nel rialzare i tassi d'interesse in modo tempestivo durante la crisi del 1847 ad oggi, le banche centrali hanno dimostrato la loro inettitudine commerciale ed economica.

Abbiamo visto che con un gold standard il credito bancario può espandersi in modo significativo nel tempo senza indebolire il potere d'acquisto della valuta. A conferma di questa scoperta, il nostro prossimo grafico mostra il prezzo del petrolio in dollari e in oro nei ventuno anni prima dell'abbandono dell'accordo di Bretton Woods nel 1971 e successivamente.

Anche durante la relazione appena tangenziale tra il dollaro e l'oro sotto Bretton Woods, possiamo vedere che prima che l'Accordo fosse abbandonato, il prezzo del petrolio sia in dollari che in oro era notevolmente stabile. E quando l'accordo è stato abbandonato, non solo il prezzo del petrolio in dollari è salito alle stelle, ma è diventato estremamente volatile. Indubbiamente anche la volatilità notevolmente inferiore misurata in grammi d'oro è aumentata al di sopra di quanto sarebbe stato altrimenti dall'influenza dirompente della valuta di riserva che ha cercato di sostituirla.

Un altro confronto riguarda i prezzi delle case a Londra.

Ancora una volta, possiamo vedere come i prezzi delle case siano aumentati vertiginosamente nella sterlina fiat, mentre sono rimasti notevolmente stabili in oro.

La chiave per la stabilità dei prezzi a lungo termine è garantire che le banconote siano saldamente legate all'oro. Implementando accorte misure per scoraggiare gli eccessi del ciclo del credito bancario, solo allora l'intero sistema del credito potrà rispondere alle richieste economiche e il suo valore potrà mantenersi stabile nel lungo periodo con fluttuazioni ridotte al minimo nel breve.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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Note

[1] Nel 1847 l'Inghilterra dovette far fronte a uno scarso raccolto di grano e patate, cosa che portò a un'impennata delle importazioni di cibo e a un deflusso di oro. Nel 1857, a seguito dell'aumento dei prezzi delle materie prime e delle spese di trasporto causati dalla guerra di Crimea, l'ammutinamento indiano e la crisi finanziaria in America portarono al fallimento delle banche collegate a Londra. E nel 1866 fallì Overend Gurney, una banca la cui importanza per il sistema finanziario britannico era tanto significativa quanto quella di JPMorgan Chase per il sistema finanziario americano di oggi.

[2] Bank of England's Quarterly Bullettin 1969: The Bank of England note: a short history. La Banca aveva il potere di emettere banconote fino a un massimo di £14 milioni, ogni eccesso doveva essere interamente coperto dall'oro.

[3] Si veda Elements of Banking (1876) di H.D. Macleod, pp. 212.

[4] Ibid.

[5] Human Action, glossario.

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1 commento:

  1. Le conseguenze della ZIRP, ovvero la politica dei tassi a zero. Sebbene l'accoppiata Bernanke/Yellen fosse consapevole del danno che stavano arrecando alla nazione con i vari giri di QE e la deformazione della struttura del capitale negli USA tramite l'azzeramento dei tassi e la mal ponderazione del rischio, la pezza che sta cercando di metterci Powell deve pur sempre fare i conti con anni e anni di manipolazioni, distorsioni e devastazioni. E questo, inutile ricordarlo, è un caos alimentato dalla cricca di Davos.

    Ma al di là di ciò, il dolore economico che stanno affrontando, e dovranno affrontare, gli USA è equivalente al tempo in cui sono state mandate avanti le deformazioni di mercato attraverso l'interventismo delle banche centrali. È un labile equilibrio quello del cosiddetto "atterraggio morbido" che sta percorrendo Powell, perché si scontra non solo con l'economia americana ma anche con la cultura. Lo stile di vita americano, infatti, è ormai fondato sul credito, fui finanziamenti e rifinanziamenti. Non avere più accesso a questo tipo di rubinetto rappresenta uno shock culturale non indifferente per l'americano medio. Inutile dire che questa mentalità credit-driven rispetto a una "saving-driven è stata alimentata dalla comparsa del denaro fiat.

    Il termometro di quanto sia esplosiva questa situazione è dato da due fattori: il costo raggiunto dai tassi/rate dei mutui e dal ritardo/default sulle rate da pagare.

    La stretta creditizia che si prospetta è di diversi ordini superiore a quella vista del 2008 e il turbinio di eventi che ci sta portando a essa sta risucchiando un numero maggiore di strati della società americana che in precedenza non erano stati toccati nella crisi della Lehman. Questa è la portata del dolore economico che si prospetta all'orizzonte affinché vengano riassociate l'economia di Wall Street con quella di Main Street. Ciononostante almeno gli USA hanno una speranza, una possibilità di salvarsi, l'UE e l'euro invece no.

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