Bibliografia

lunedì 10 luglio 2023

La crisi della sterlina è proprio dietro l'angolo!

 

 

di Alasdair Macleod

Questo articolo indica quei fattori che spingono verso l'alto i rendimenti dei Gilt inglesi ed è probabile che portino a una crisi della sterlina, poiché stanno crescendo le vendite estere. Prima che i tassi d'interesse iniziassero a salire, gli acquirenti stranieri avevano goduto di prezzi più elevati dei Gilt che hanno più che compensato le perdite sulla sterlina. Le cose non stanno più così.

Invece c'è una crescente disaffezione per la performance della Banca d'Inghilterra e forse la consapevolezza che un'elezione tra soli 18 mesi introdurrà un rischio politico.

Questo articolo spiega le conseguenze della negazione della Legge di Say, nota anche come Legge dei mercati, e del perseguimento di linee di politica sui tassi d'interesse usate come mezzo per controllare l'inflazione. Inoltre sarà la crescente carenza di credito bancario a far salire i tassi d'interesse e i rendimenti obbligazionari, non le linee di politica delle banche centrali.

Questi sono fattori che influenzano tutte le valute alleate del dollaro. La differenza tra il dollaro e la sterlina non è tanto da ricercarsi nelle differenze politiche, ma nei livelli inferiori di fiducia estera nella sterlina come valuta di riserva in tempi incerti.


Introduzione

Delle quattro principali valute dell'alleanza occidentale, solo una condivide le sue caratteristiche economiche sottostanti con una delle altre. A questo proposito, la sterlina è il dollaro dei poveri. Mentre i titoli finanziari si sono concentrati sul dollaro, la sterlina è stata messa da parte. Ma ora questo fenomeno sta cambiando.

Dopo un periodo in cui il rendimento del decennale britannico era significativamente inferiore a quello dell'equivalente statunitense, il rendimento del primo sta ora accelerando, come mostra il grafico qui sotto.

Vale la pena osservare che il repentino aumento del rendimento dei Gilt li riporta ai livelli di quando il mercato reagì male al momento del bilancio dell'amministrazione Truss, la cui reazione creò una crisi per i fondi pensione costringendoli a liquidare i Gilt per soddisfare le richieste di margine. Il ritorno dei rendimenti a quei livelli è quindi un monito da non ignorare. Ma invece dei fondi pensione britannici in crisi, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione agli investitori internazionali, che si pensa abbiano investito circa £200 miliardi in Gilt sin dal 2018, ma che si stanno già trasformando in venditori.

Questa perdita di appetito estero per i Gilt ha attualmente un'eco nei titoli del Tesoro USA. Convenzionalmente gli investitori considerano i bond del Tesoro USA come l'investimento privo di rischio rispetto al quale tutti gli altri sono misurati in base ai premi sui rendimenti. Ma ciò vale solo in tempi di crisi, quando una combinazione di ricerca di rendimenti e fuga verso il dollaro riflettono una sete di sicurezza. Altre volte le linee di politica riguardo i tassi d'interesse delle singole banche centrali possono dominare il prezzo delle obbligazioni.

Per completare il confronto tra i rendimenti obbligazionari nel Regno Unito e negli Stati Uniti dobbiamo quindi considerare anche le variazioni del tasso di cambio sterlina/dollaro. Questo è il nostro prossimo grafico.

Prima dell'ultima crisi bancaria e finanziaria nel 2008, la sterlina si era fortemente rafforzata rispetto al dollaro. Quando arrivò la crisi, la sterlina perse tutti i guadagni realizzati sin dal 2000 quando raggiunse un picco di oltre $2, tornando quindi a $1,4. Ora che ci troviamo nelle fasi iniziali di un'altra crisi bancaria e finanziaria, in condizioni potenzialmente simili ci poniamo una domanda sul corso futuro della sterlina.

Prima della crisi sanitaria del 2020, i detentori internazionali di sterline e titoli in sterline avevano pazientemente assorbito una combinazione di rendimenti obbligazionari inferiori e valori monetari in lieve calo rispetto all'alternativa "priva di rischio" degli Stati Uniti. Da allora, mentre la sterlina ha continuato a scendere, lo sconto sul rendimento dei Gilt rispetto ai titoli del Tesoro USA ha iniziato a ridursi e da gennaio di quest'anno si è trasformato in un premio in forte aumento. Il minimo che si possa dire su questa svolta degli eventi è che qualunque ragione avessero i detentori stranieri di Gilt per "aiutare" le autorità britanniche negli ultimi anni, ora è svanita.

Per completare l'evidenza grafica, dobbiamo ora osservare lo stato disastroso delle finanze del governo degli Stati Uniti osservando come i suoi costi di prestito stiano ora aumentando senza controllo.

Chiaramente il governo degli Stati Uniti è impantanato in una trappola del debito, per cui anche se il ritmo della spesa pubblica rallentasse, la spesa per interessi lo spingerà sempre più verso l'insolvenza. Non si tratta di sapere se ciò accadrà, ma semplicemente di quando, a meno che non si possa avanzare un'argomentazione coerente a favore di tassi d'interesse significativamente più bassi.

Ci sono ulteriori elementi di questa trappola del debito che devono essere osservati. Il credito delle banche commerciali è nelle prime fasi di una contrazione. Senza una massiccia espansione monetaria da parte della FED, matematicamente ciò può solo portare a una contrazione del PIL. I costi dello stato sociale negli Stati Uniti aumenteranno e di conseguenza e le entrate fiscali diminuiranno. Inoltre, creando una carenza di liquidità disponibile, la contrazione del credito bancario aumenterà i costi d'indebitamento per le imprese e i consumatori americani, perché le banche richiederanno margini di prestito più elevati. E questo è qualcosa che va oltre il controllo della FED, pertanto, con la prospettiva di tassi d'interesse ancora più elevati, il costo dei prestiti del governo degli Stati Uniti aumenterà di conseguenza.

La trappola del debito del Regno Unito differisce nella sua composizione da quella degli Stati Uniti, ma non è meno mortale. Dato che la scadenza media è più lunga, il problema degli interessi sul debito del governo del Regno Unito potrebbe non essere così urgente e, rispetto al PIL, il debito pubblico totale è inferiore a quello degli Stati Uniti. Ma nonostante questi aspetti positivi, bisogna fare i conti con il livello più alto della curva dei rendimenti complessiva.

Il grafico successivo mostra come negli ultimi decenni sia aumentato l'indebitamento totale del governo del Regno Unito, insieme al PIL nominale.

La cifra per il 2022 è ora simile al PIL, ma quest'ultimo include anche la spesa pubblica, che al 44,6% del totale lascia una base del settore privato pari a solo il 55,4% del PIL per finanziare la spesa pubblica. Inoltre l'aumento del debito pubblico ha senza dubbio contribuito in modo determinante all'aumento del PIL, mascherando un'economia stagnante del settore privato.

In termini di sentimento del mercato, essere il parente povero del dollaro significa che sia i rendimenti della sterlina che quelli dei Gilt sono altamente vulnerabili a tassi d'interesse costantemente elevati. Questo è il messaggio che ci sta dando l'improvviso aumento dei rendimenti dei Gilt: ci vuole un po' più di tempo per vincere l'inflazione e le finanze pubbliche britanniche sono in grave declino.


Perché l'IPC continua a salire durante una recessione

Oggi gli economisti credono che una recessione rappresenti un crollo della domanda e che un eccesso di produzione invenduta porti a un calo dei prezzi. E il calo dei prezzi poi scoraggia ulteriormente i consumatori persuadendoli a rinviare i loro acquisti. Temono inoltre che una recessione possa facilmente trasformarsi in una catastrofica perdita di fiducia dei consumatori. Ciò ha portato i neo-keynesiani a credere nel cosiddetto Paradosso del risparmio, secondo cui quest'ultimo viene considerato indesiderabile. È quindi diventata una funzione dello stato stimolare e mantenere i consumi in queste circostanze attraverso la spesa in deficit.

Queste convinzioni economiche sbagliate, e in definitiva distruttive, derivano dal rifiuto da parte di Keynes della Legge di Say. Jean-Baptiste Say capì che produciamo per consumare e il denaro, o il credito, è il mezzo con cui trasformiamo la nostra produzione specializzata in consumo. Il rigetto da parte di Keynes della Legge di Say, sulla base del fatto che se fosse stata vera non ci sarebbero stati ostacoli alla piena occupazione, era fallace, un inganno linguistico; così come il suo rifiuto del Paradosso di Gibson (di cui parleremo più avanti), ha portato a errori fondamentali nelle linee di politica sui tassi d'interesse. Fu necessario sostituire i fatti con la fantasia per costruire il castello di carte della macroeconomia keynesiana; e il Tesoro del Regno Unito e la Banca d'Inghilterra basano tutte le loro linee di politica su questa favola.

La descrizione della divisione del lavoro da parte di Say — un fatto incontestabile — ci permette di capire le condizioni che portano a un aumento della disoccupazione, le quali sono sempre ignorate dai politici poiché la loro attenzione è focalizzata sulla crisi economica. Tali condizioni portano a un calo sia della produzione che del consumo, questo perché i disoccupati non producono più. In senso lato, questo è innegabilmente vero, anche se alcuni beni e servizi saranno meno colpiti di altri. Il punto è che un eccesso generale, che è il pericolo temuto dai politici, non può verificarsi.

La convinzione negli ambienti ufficiali espressa dal Cancelliere dello Scacchiere la scorsa settimana, che una recessione “ridurrà l'inflazione e quindi dovrebbe essere accolta con favore”, si rivelerà un errore con conseguenze significative. Produzione e consumo tenderanno a diminuire in tandem come dimostrato dalla Legge di Say e quindi l'IPC non scenderà a causa del calo dei consumi come ha affermato il Cancelliere. Per l'evidenza empirica basta chiedersi quali sono le condizioni economiche reali in ogni iperinflazione e perché nei difficili anni '70 fu necessario che la Banca d'Inghilterra alzasse i tassi d'interesse al 15%. Perché l'inflazione dei prezzi al consumo salì al 25% e perché fu necessario per Paul Volcker rialzasse il tasso di riferimento della FED a quasi il 20% nel 1980?

Di conseguenza le recessioni hanno poco o nulla a che fare con il livello generale dei prezzi. Sono alimentate da altri fattori che hanno più a che fare con i cambiamenti nel potere d'acquisto del credito, soprattutto quando è disancorato dal denaro sonante. L'apparente ignoranza intenzionale da parte delle autorità britanniche riguardo i fattori che determinano il potere d'acquisto di una valuta fiat, invia segnali div endita ai detentori stranieri di sterline, abbassando ulteriormente il suo potere d'acquisto sia in termini di materie prime che sui mercati dei cambi. La cosiddetta inflazione ha meno a che fare con l'espansione degli obblighi di credito della Banca d'Inghilterra, anche se questa è senza dubbio un elemento importante, ma più a che fare con la perdita di fiducia nella valuta da parte di chi la usa.

Possiamo quindi affermare che questi fattori cominceranno a indebolire la sterlina e che il suo potere d'acquisto continuerà a diminuire, probabilmente ad un ritmo accelerato. L'outlook rimarrà un trend di tassi d'interesse più elevati, le cui conseguenze economiche sono tutte negative per il potere d'acquisto della sterlina.

Spinti da politiche macroeconomiche neo-keynesiane simili, Stati Uniti, Europa e Giappone condividono tutti la stessa tendenza, anche se inizialmente forse non in modo così feroce. Credendo che la Legge di Say sia stata categoricamente respinta, gli investitori devono ancora comprendere appieno il pericolo che l'intero sistema monetario fiat possa essere sull'orlo del fallimento. Tutto ciò che ammettono finora è che nel caso del Regno Unito, l'IPC si sta dimostrando più vischioso del previsto e che è alimentato da carenze di manodopera, scioperi nel settore pubblico e fallimenti inspiegabili delle linee di politica fiscali e monetarie. Ma questo atteggiamento potrebbe cambiare...


Le falle nelle linee di politica fiscali

Le linee di politica economiche del governo del Regno Unito sono pienamente allineate con il pensiero di gruppo mondiale tra i suoi pari. I politici cercano conforto nel fatto che le loro linee di politica siano quelle giuste grazie a forum mondiali come il G7, il G20 e organismi sovranazionali come FMI e OCSE. In questo modo il settore privato viene considerato come una fonte di entrate fiscali piuttosto che come un motore del progresso economico. E dove c'è il progresso economico, esso viene rivendicato dalla spesa pubblica, spesso attraverso partenariati pubblico-privato che promuovono attività e tecnologie privilegiate.

C'è poca o nessuna comprensione del vero valore dell'economia del laissez-faire, con i burocrati ostinatamente keynesiani nelle loro convinzioni. Non c'è nulla d'insolito in tutto questo, come illustra il dibattito mondiale sulla gestione economica da parte dello stato. Sostenuto pubblicamente dall'FMI, l'approccio è sempre quello di aumentare le tasse, mai di ridurre la spesa pubblica, anzi di aumentarla per stimolare la produzione e la domanda nel settore privato.

Quando lo scorso autunno Liz Truss e il suo Cancelliere hanno cercato di enfatizzare linee di politica incentrate sul libero mercato, sono stati prontamente criticati, non solo dalle istituzioni di Westminster e Whitehall, ma dalla comunità degli investitori istruita e regolamentata dallo stato. Anche allora la linea di politica non era quella di contenere o ridurre la spesa pubblica, ma solo di stimolare il settore privato ad aumentare le entrate fiscali. È stato il disavanzo di bilancio preliminare a spaventare i burocrati, poco convinti dalla promessa di futuri benefici in termini di entrate per l'erario.

Il Primo Ministro sta ora incoraggiando i supermercati a mettere limiti ai prezzi dei prodotti alimentari essenziali. Quando un governo dice “incoraggiare” tende a nascondere la minaccia “altrimenti regolamenteremo”. E ora, secondo un titolo del Daily Telegraph, i ministri stanno pianificando un piano riguardo i prezzi alimentari.

È lo stesso errore commesso da ogni governo che affronta la svalutazione della moneta, dall'imperatore romano Diocleziano duemila anni fa fino ai giorni nostri. Ma se non c'è alcun profitto dalla vendita di qualcosa, non sarà venduto. Gli alimenti essenziali diventeranno scarsi.

Le prime fasi di uno stato che ricorre al controllo dei prezzi non rassicureranno gli investitori e i depositanti stranieri che detengono saldi in sterline. La crescente disaffezione degli elettori diciotto mesi prima delle prossime elezioni generali, che potrebbe portare a un governo laburista capace di raddoppiare politiche economiche fallimentari, è un'ulteriore causa di preoccupazione per il valore futuro della sterlina.


Politiche monetarie: l'evidenza empirica dietro il loro fallimento

La Banca d'Inghilterra è stata oggetto di notevoli critiche per la sua incapacità di controllare l'inflazione e di gestire i tassi d' interesse. Tuttavia, mentre i critici si ritrovano per le mani un bersaglio facile, sono per lo più fuorviati nelle loro analisi.

Il più grande malinteso, condiviso da tutti i decisori della politica monetaria e da quasi tutti gli investitori, riguarda il ruolo dei tassi d'interesse. Presumono che essi rappresentino il "prezzo" del denaro, che possano essere utilizzati per regolare la domanda di credito e che siano interamente sotto il controllo della banca centrale. Affinché ciò sia vero anche solo a metà, dovrebbe esserci una chiara correlazione tra le variazioni dei tassi d'interesse e le variazioni del livello generale dei prezzi. Non è mai stato così, come osservò lo stesso Keynes quando parlò del Paradosso di Gibson. Era un paradosso perché Keynes non poteva spiegarlo e, non avendolo spiegato, scelse d'ignorarlo. Entrambi i rami della macroeconomia, keynesiana e monetarista, hanno ignorato da allora l'evidenza che non esiste alcuna correlazione tra i tassi d'interesse e il tasso d'inflazione.

La spiegazione è semplice: i tassi d'interesse sono impostati da un equilibrio tra ciò che le imprese sono disposte a pagare quando sono alla ricerca di capitale per progetti redditizi e i risparmiatori che devono essere incoraggiati a posticipare il loro consumo. L'ipotesi di Keynes era il contrario: che fossero i risparmiatori usurai a chiedere tassi elevati derubando così il produttore onesto.

Ai tempi del denaro sano/onesto, quando un risparmiatore era fiducioso che una valuta avrebbe mantenuto il suo potere d'acquisto per tutta la durata del prestito, esso chiedeva semplicemente un risarcimento per la temporanea perdita di utilizzo della valuta stessa. Non dimentichiamoci anche il rischio che i fondi potessero non essere restituiti, quello che chiamiamo rischio di credito. In altre parole, il valore futuro del denaro e del credito è sempre stato valutato con uno sconto rispetto a quello presente.

Durante il gold standard britannico del diciannovesimo secolo, i tassi d'interesse erano diventati notevolmente stabili, nonostante la massiccia espansione del credito delle banche commerciali nel corso del tempo. Finché le banconote della Banca d'Inghilterra potevano essere scambiate con monete d'oro, il loro valore veniva mantenuto indipendentemente dalla quantità in circolazione. All'inizio del secolo le fluttuazioni del livello generale dei prezzi erano dovute alle conseguenze del ciclo del credito bancario, che portava a fallimenti bancari, e alla mancanza di un adeguato sistema di compensazione al di là delle banche di Londra, che comprendeva solo la Banca d'Inghilterra. In seguito al perfezionamento della compensazione e allo sviluppo di mercati del credito efficienti, i prezzi si stabilizzarono notevolmente nonostante le crisi bancarie della seconda metà di quel secolo.

Ma ora abitiamo in un mondo di valute fiat. Laddove hanno alternative, i risparmiatori sono cauti nel prestare una valuta in deprezzamento, al di là dell'accesso immediato ad essa, senza un compenso aggiuntivo per la potenziale perdita del suo potere d'acquisto nel periodo di un prestito.

La situazione è diversa per un'impresa in cerca di capitali. Nel calcolare la remunerazione del capitale investito, un imprenditore deve tener conto di tutti i costi compresi gli interessi, il tempo impiegato dall'investimento iniziale alla produzione e il valore finale delle vendite. È obbligato a fare riferimento ai valori del presente per le sue eventuali vendite e costi, cosa che rappresenterebbe un approccio corretto in un gold standard. Questo, però, diventa una questione di lana caprina in un mondo dominato dalle valute fiat. È probabile che egli baserà le sue previsioni sui dati ufficiali, sia per quanto riguarda i costi che per il valore finale delle vendite, ma è esattamente questo che determina se un tasso d'interesse è economico per il suo investimento o meno, e può essere pronto ad aumentare le sue stime a tal proposito pur di procedere.

Dovrebbe risultare chiaro da quanto detto che l'impostazione dei tassi d'interesse non è una funzione di un'agenzia governativa: quest'ultima può agitare le mani al vento quanto vuole, ma se i risparmiatori non ottengono un risarcimento per la perdita del potere d'acquisto, la perdita del possesso e il rischio di controparte, spenderanno e non risparmieranno. Questo è il solido background teorico per comprendere la vera funzione dei tassi d'interesse: rappresentano il valore futuro e scontato di una valuta scoperta.

In pratica, il sistema bancario commerciale opera come intermediario tra risparmiatori e mutuatari. Le banche sono commercianti di credito, creando sia credito che obblighi corrispondenti. Inizialmente prendono il posto dei risparmiatori, ma per mantenere le passività di deposito devono pagare interessi su obbligazioni con qualsiasi elemento temporale. È quindi un dato di fatto che i tassi d'interesse sono influenzati dalle linee di politica delle banche commerciali, le quali variando nel tempo hanno assunto natura ciclica. A volte le banche competono tra loro per l'attività di prestito, sopprimendo i tassi d'interesse al di sotto di quello che sarebbero altrimenti, e altre volte sono riluttanti a prestare, facendolo solo a tassi più alti.

Ancora una volta, possiamo vedere che i tassi d'interesse non sono sotto il controllo di funzionari governativi, essendo stabiliti da considerazioni commerciali tra le banche, i loro mutuatari e i loro depositanti. È questa realtà che ora sta guidando le prospettive riguardo i tassi d'interesse, non le aspettative ufficiali sull'inflazione.

Dopo essere state influenzate negativamente dalle politiche ufficiali sui tassi d'interesse che ne hanno ridotto i margini di prestito, le banche commerciali hanno aumentato la loro leva finanziaria a livelli insoliti. Ora che i tassi d'interesse sono in aumento, inizialmente i loro margini di profitto sono aumentati, ma anche i rischi di prestito dato che i calcoli aziendali dei mutuatari sono stati gravemente compromessi. Di conseguenza le banche stanno ora cercando di contenere i rischi di prestito riducendo la loro esposizione di bilancio, portando a una carenza di credito.

La scarsità di credito produce sempre un elemento di disagio tra i mutuatari. Se vogliono sopravvivere, sono costretti a ridurre la loro domanda di credito ed è raro ciò può essere fatto immediatamente; senza contare che la coorte dei mutuatari richiederà più credito quando gli effetti di una stretta creditizia iniziano a farsi sentire. Le scorte invendute che necessitano di finanziamenti cominciano ad accumularsi nell'economia non finanziaria, mentre nel settore finanziario l'aumento dei rendimenti obbligazionari e il calo del valore dei titoli non solo contribuiscono alle perdite in bilancio, ma minano anche i valori delle garanzie. La riduzione del credito bancario in questa direzione comporta una riduzione delle attività speculative.

La conseguenza è prevedibile: se il credito può essere ottenuto, sarà a tassi d'interesse più elevati. E il rischio, di cui gli storici dell'economia sono ben consapevoli, è che la contrazione del credito bancario possa accelerare, portandosi dietro il valore delle garanzie.

La prima progressione degli eventi verso questo pericolo viene ora osservata in più giurisdizioni, con un'ampia contrazione delle statistiche sull'offerta di denaro: M2 e M3 sono prevalentemente costituiti da depositi bancari, i quali riflettono l'altro lato dei prestiti bancari. Ma i problemi per le banche troppo indebitate sono solo all'inizio, dato che, oltre al patrimonio netto, i depositi bancari sono solo una delle fonti di finanziamento dei loro bilanci. Un altro sono i prestiti tra le banche stesse, che nel breve termine si stanno espandendo per colmare parte del vuoto lasciato dalla contrazione dei depositi. In Gran Bretagna la differenza è che i prestiti costano a una banca oltre il 5%, mentre i depositi dei clienti attualmente costano il 2% o meno. In altre parole, il costo del finanziamento di una banca sta ora aumentando, comprimendo di conseguenza i propri margini di credito. Questo è un ulteriore fattore che spinge i tassi di prestito ancora più in alto.

L'ultima volta che abbiamo sperimentato queste condizioni è stato alla fine del 1973, quando la compressione dei margini bancari portò a una vera e propria crisi bancaria nel credito immobiliare. Diverse banche specializzate in quel settore andarono in bancarotta e i prezzi delle azioni delle società immobiliari crollarono.

Questa volta è probabile che il finanziamento dei mutui residenziali sarà una vittima, minando le società edilizie. Ma non divaghiamo: il dramma per il governo inglese, la nostra principale considerazione rispetto al fallimento delle politiche monetarie, è stata la sua incapacità d'indebitarsi, culminata poi in una crisi tre anni dopo.

Ci sono alcune somiglianze con gli eventi che si stanno sviluppando oggi. Il governo inglese aveva un grande deficit fiscale e un crescente debito pubblico, apparentemente ignaro delle potenziali conseguenze. Anche se all'epoca era un'amministrazione laburista di sinistra, i suoi persistenti deficit di bilancio erano in sintonia con quelli di oggi. Quella situazione portò a una crisi della sterlina: un suo calo e una crescente mancanza di fiducia estera nei confronti delle finanze pubbliche inglesi. Anche le istituzioni nazionali persero la fiducia nel mercato dei Gilt. La Banca d'Inghilterra fu costretta a rialzare i tassi al 15% nell'ottobre 1976, ma ciò era ancora insufficiente per convincere i fondi pensione e le compagnie assicurative ad acquistare i Gilt.

Questi problemi vennero risolti solo con un intervento esterno sotto forma di un salvataggio da parte del FMI da $3,8 miliardi, una somma enorme per quei tempi, accompagnata da vincoli di spesa. Successivamente la scoperta e lo sviluppo di giacimenti petroliferi nel Mare del Nord in un momento di aumento dei prezzi del petrolio vennero in soccorso della sterlina. Oggi la sterlina non ha ancora bisogno di un salvataggio internazionale, ma con altre principali valute in una posizione analoga, un pacchetto di salvataggio simile a quello del 1976 potrebbe non essere disponibile. E il petrolio del Mare del Nord non solo è esaurito, ma è fuori questione a causa delle linee di politica sul cambiamento climatico.

Le calamità economiche degli anni '70 spinsero verso l'alto i costi d'indebitamento del governo inglese, portando all'emissione di tre Gilt con cedole del 15%, 15¼% e 15½%. Non si può sapere a quanto dovranno arrivare le cedole, a meno che il governo inglese non affronti seriamente i suoi problemi di spesa, e anche questo potrebbe non essere sufficiente. Al fine di stabilizzare una situazione in deterioramento, l'intero sistema di illusioni keynesiane dovrà essere scartato. Poi approvare leggi in modo che la spesa obbligatoria possa essere ridotta, un ritorno ai mercati liberi e, infine, il credito in sterline legato in modo credibile all'oro.

Questi eventi non emergono senza che una grave crisi li costringa ad accadere. Fino ad allora il Regno Unito dovrà affrontare una situazione in rapido deterioramento, sia a livello mondiale che nazionale. I più sensibili a queste condizioni di sviluppo sono i detentori stranieri di sterline. L'unico fattore potenzialmente positivo è che le istituzioni nazionali sono grandi detentori di valute estere e che, se lo desiderano, possono assorbire quantità sostanziali di liquidazioni estere di sterline. Invece è improbabile che le banche e le banche ombra di Londra abbiano appetito per sterline e obbligazioni in sterline in un momento di liquidazione estera.


Le conseguenze per la ricchezza dei britannici

Sta diventando sempre più evidente che la politica monetaria di separare il valore del credito dal denaro giuridico (oro) sta ora portando a una grave crisi per le valute dell'alleanza occidentale. I sistemi bancari commerciali sono terribilmente sovraindebitati e devono salvare ciò che possono per i loro azionisti. E a causa del quantitative easing, le banche centrali su cui facciamo affidamento per sostenere le banche commerciali sono tutte tecnicamente fallite, perché su base mark-to-market le loro partecipazioni obbligazionarie spazzano via il patrimonio netto.

L'egemonia del dollaro è ora su un pendio scivoloso, insieme a tutte le valute degli alleati dell'America. Le loro banche centrali sono legate a un pensiero di gruppo comune: la paura di fare qualcosa di diverso. In questo saggio ho sottolineato solo due idee sbagliate. La prima è l'abbandono della Legge di Say che porta quasi tutti a pensare che ci sarà un eccesso generale a causa della contrazione dei bilanci bancari. Ma un eccesso generale è impossibile ed è per questo che il livello generale dei prezzi non scenderà in conseguenza del fallimento della produzione, e perché i tassi d'interesse non scenderanno come previsto invece a livello ufficiale.

La seconda è la convinzione che i tassi d'interesse rappresentino il "prezzo" del credito e possano essere utilizzati per gestire l'inflazione dei prezzi. Al contrario, riflettono il valore temporale della perdita d'accesso al credito, il rischio di controparte e, nel caso delle valute fiat, un'aspettativa di perdita del potere d'acquisto. Insieme queste idee sbagliate porteranno a un aumento dei tassi d'interesse, molto più alto di quanto attualmente scontato nei mercati e con gravi conseguenze per tutti i valori degli asset.

Il problema è particolarmente grave per i detentori di asset denominati in sterline. Ci si può aspettare che i detentori stranieri siano i primi a percepire che la valuta inglese e i Gilt sono significativamente sopravvalutati in queste condizioni. Entrambi sono più esposti a una perdita di fiducia rispetto al dollaro e ai titoli di stato statunitensi, cosa che si riflette già in un aumento dei rendimenti dei Gilt rispetto ai loro omologhi negli Stati Uniti.

Non ci sono dubbi sul fatto che gli investitori britannici saranno gravemente danneggiati dall'aumento dei tassi d'interesse. Queste condizioni in evoluzione sono estremamente ribassiste per i valori degli asset finanziari del Regno Unito e i valori degli immobili residenziali, pilastro della classe media, sono attualmente in un limbo, proni al calo poiché i finanziamenti ipotecari vengono progressivamente ritirati dal mercato, i tassi sui mutui aumentano e i detentori sovraindebitati restano indietro con i pagamenti.

Per i britannici il sistema del credito in sterline è sull'orlo di una crisi che probabilmente sarà anche peggiore di quella della stagflazione degli anni '70. L'oro passò da £15 l'oncia nel 1970 a £288 nel gennaio 1980. Il precedente è chiaro: per sfuggire alle conseguenze del crollo del credito, l'oro fisico è una delle soluzioni.

Esso è ancora denaro giuridico e le sovrane d'oro hanno corso legale, nonostante tutta la propaganda keynesiana. Se la sterlina scendesse rispetto al dollaro a un ritmo simile a quello visto durante la crisi della Lehman, scenderebbe del 12,3%. E se l'oro mantenesse il suo livello attuale rispetto al dollaro, ciò ne aumenterebbe il prezzo in sterline da £1580 a £1800.

È una tragedia che la Gran Bretagna abbia venduto la maggior parte del suo oro all'inizio di questo secolo, lasciando solo 310 tonnellate nelle riserve. Per coprire completamente l'emissione di banconote pari a £81 miliardi sono necessarie 1.571 tonnellate. Con solo il 20% di copertura, le riserve auree del governo del Regno Unito non sono sufficienti per ripristinare un gold standard credibile. Oltre a riformare le politiche economiche come detto sopra, o la sterlina dovrebbe scendere in modo da avere almeno il 40% di copertura, oppure il valore dell'oro espresso in sterline dovrebbe salire bem oltre il doppio del livello attuale. E poi, qualsiasi ulteriore emissione di banconote dovrebbe essere copertura aurea uno a uno.

Ma prima dovrebbe verificarsi una crisi del credito di tale gravità per screditare completamente la macroeconomia e l'intervento statalista. Solo allora la classe politica otterrà un mandato pubblico per smantellare del tutto i precetti del governo moderno. Il cuore di tutto questo è comprendere gli errori della persistente svalutazione monetaria e attuare le necessarie riforme di conseguenza. Fino a quel giorno, il britannico medio dovrebbe costruire un fortino personale costituito da denaro sano/onesto, perché il suo ripristino a livello ufficiale è molto, molto lontano.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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