Questo saggio esamina i fattori alla base del crescente rifiuto del dollaro come mezzo di saldo commerciale da parte delle nazioni di tutto il mondo. Non temono più rappresaglie politiche o economiche da parte dell'America.
Il monopolio del dollaro è stato messo in discussione in particolare dall'Arabia Saudita, che si è spostata dalla sfera d'influenza degli Stati Uniti a quella di Cina e Russia. Di conseguenza la pace è scoppiata in tutte le terre arabe.
Ma l'aumento dei tassi d'interesse ha destabilizzato i sistemi bancari occidentali, fattore che si è aggiunto all'attrattiva di pagare in renminbi rispetto al mantenimento dei depositi bancari e degli investimenti in valute dell'alleanza occidentale, in particolare il dollaro. Gli stranieri detengono $7.000 miliardi in depositi e cambiali a breve termine e $24.500 miliardi in obbligazioni e azioni. Questi equilibri stanno eccedendo i loro bisogni.
Le prospettive sono per un'ulteriore contrazione del credito bancario statunitense, il che farà salire ancora di più i tassi d'interesse. Ci si può aspettare che altre banche falliscano. Gli stranieri sono destinati a diventare sempre più riluttanti a detenere dollari, che quindi venderanno. Pertanto la domanda ora non è di quanto scenderà il dollaro, ma con quale rapidità.
Introduzione
Sappiamo che il desiderio della Russia e della Cina, farla finita con il dollaro, si sta avverando grazie anche a fattori al di fuori del loro controllo immediato. Un numero crescente di nazioni si sta ora impegnando ad accettare i pagamenti per il commercio transfrontaliero in valute diverse dal dollaro, nonostante l'insistenza degli Stati Uniti sul fatto che l'unica valuta per la determinazione del prezzo delle materie prime, il saldo del commercio internazionale e quindi la valuta di riserva debba essere la loro.
Sappiamo anche che sin dalla seconda guerra mondiale il governo degli Stati Uniti ha agito con fermezza contro i dissidenti per rafforzare il proprio monopolio monetario. Gheddafi e Saddam Hussein proposero entrambi nuove valute per liberarsi dal dollaro e sappiamo tutti com'è finita, ma alla fine tutti i monopoli falliscono.
Quando gli Stati Uniti erano i poliziotti del mondo, pochissimi Paesi avrebbero osato sfidare il potere del dollaro. La politica estera americana era guidata dalla sua battaglia contro il comunismo, proteggendo la libertà economica per quelle nazioni nella sua sfera d'influenza, ma per le élite al potere in tutto il mondo l'America ha solo creato sfiducia e risentimento. Questa è l'eredità del cosiddetto poliziotto del mondo.
Un evento fondamentale, di cui gli occidentali si sono quasi dimenticati, è stata la crisi asiatica del 1998. La Cina crede che fosse stata pianificata dagli americani a proprio vantaggio. Ecco un estratto di un importante discorso del maggiore generale Qiao Liang, stratega dell'Esercito popolare di liberazione, al Comitato centrale del Partito comunista cinese nell'aprile 2016, quando espose quella che è diventata la versione cinese degli eventi:
Qual è stato il concetto di investimento più in voga negli anni '80? Le "tigri asiatiche". Molte persone pensavano che fosse dovuto al duro lavoro degli asiatici e alla loro intelligenza. In realtà il motivo principale era l'investimento di dollari.
Quando l'economia asiatica iniziò a prosperare, gli americani sentirono che era giunto il momento del raccolto. Così, nel 1997, dopo dieci anni di dollaro debole, gli americani ridussero l'offerta di denaro verso l'Asia e crearono un dollaro forte. Molte aziende e industrie asiatiche dovettero affrontare un'offerta di moneta insufficiente. L'intera area finì sull'orlo di una recessione e di una crisi finanziaria.
Era necessaria un'ultima goccia per far traboccare il vaso: una crisi regionale. Ci sarebbe dovuta essere una guerra come quella in Argentina? Non necessariamente. La guerra non è l'unico modo per creare una crisi regionale.
Abbiamo visto invece che un investitore finanziario chiamato “Soros” prese il suo Quantum Fund, così come oltre cento altri hedge fund nel mondo, e avviò un attacco contro l'economia più debole dell'Asia: la Thailandia. Attaccò la valuta thailandese per una settimana. Questo creò la crisi del baht e si diffuse a sud, in Malesia, Singapore, Indonesia e Filippine. Poi si spostò a nord verso Taiwan, Hong Kong, Giappone, Corea del Sud e persino Russia. La crisi finanziaria dell'Asia orientale era completamente esplosa.
Gli investitori di tutto il mondo conclusero che l'ambiente degli investimenti asiatici era andato a ramengo e ritirarono i loro soldi. La Federal Reserve rialzò i suoi tassi di riferimento e il capitale proveniente dall'Asia volò verso gli Stati Uniti, creando il secondo grande mercato rialzista negli USA.
Quando gli americani fecero soldi in abbondanza, seguirono lo stesso approccio adottato in America Latina: riprotarono in Asia i soldi guadagnati dalla crisi finanziaria asiatica per acquistare asset che, a quel punto, avevano prezzi stracciati. L'economia asiatica non aveva la capacità di reagire.
L'unico sopravvissuto a questa crisi fu la Cina.
Se Qiao avesse ragione nella sua valutazione, non è il punto: questo è ciò che crede la leadership cinese. E all'inizio del 2014 sono venuti a conoscenza dei piani statunitensi per alimentare il dissenso a Hong Kong, il che ha portato alla rivolta degli studenti. Mentre da allora l'America ha tentato più volte di provocare la Cina (es. dazi, divieti alla tecnologia, la saga di Huawei, Taiwan, ecc.), l'unica azione che quest'ultima ha intrapreso è stata quella d'imporre un maggiore controllo difensivo su Hong Kong.
La pazienza della Cina nei confronti del dollaro sembra dare i suoi frutti: non ha interferito con i piani globali dell'America, oltre a garantire a fare in modo che il continente asiatico fosse un feudo in comune con la Russia.
Ma i tentacoli economici della Cina non si limitano all'Asia. Commercia ovunque e i suoi piani commerciali e d'investimento offrono prospettive migliori per tutta l'Africa, il Sud America e persino il Messico. Se non fosse stato per paura di rappresaglie americane, il loro sostegno alla Cina e la disponibilità ad accettare in pagamento la sua valuta sarebbero già a buon punto. Ma poi l'America ha fatto un passo troppo in là sanzionando la Russia ed escludendola dallo SWIFT.
La NATO e l'UE si sono allineate con gli americani, mentre l'Asia, molto più numerosa in termini di popolazione, ha sostenuto la Russia. Gli americani hanno fatto male i loro calcoli e l'alleanza occidentale ha sofferto per l'impennata dei prezzi dell'energia, delle materie prime e del cibo. Ciò ha innescato l'aumento dei tassi d'interesse e ora la contrazione del credito, portando a una crisi bancaria iniziale con il fallimento di Silicon Valley Bank e Credit Suisse in Europa. Negli ultimi sei mesi l'indice ponderato per il commercio del dollaro è sceso dell'11%.
Non solo l'America ha ora dimostrato a tutte le nazioni non allineate che il potere del suo dollaro è sopravvalutato, ma imponendo sanzioni alla Russia ha finito per destabilizzare il proprio sistema finanziario. E ora le nazioni non allineate hanno una scelta: restare con l'America, il suo dollaro e il suo sistema finanziario screditato, o approfondire i legami con la Cina e con il suo piano economico ora in crescita.
Mentre c'è un elemento di breve termine in questa scelta, per il lungo termine la Cina offre qualcosa che l'America, la sua Banca mondiale e la sua rete regionale non possono offrire. La Banca Mondiale distribuisce un po' di beneficenza, ma qualsiasi nazione emergente in cerca di credito lo ottiene in dollari (che deve rimborsare, sostenendone così la domanda). Trattare con la Cina è diverso, poiché i suoi interessi commerciali sono in linea con quelli dei suoi partner commerciali; la Cina investe in infrastrutture direttamente o in partnership, costruendo ferrovie, autostrade e comunicazioni. La Cina può permettersi di farlo perché ha un'economia alimentata dal risparmio. Inoltre ci sono due valute, onshore e offshore, che impediscono al credito offshore di migrare onshore, pertanto le conseguenze dell'espansione del credito sull'inflazione dei prezzi al consumo sono ridotte al minimo.
Un sistema bancario traballante si sta rivelando la rovina del dollaro. Le nazioni che hanno esitato prima di passare al renminbi adesso saranno più sicure, comprendendo che le loro riserve e saldi in dollari sono a rischio. E se il sistema bancario statunitense continua a sgretolarsi, anche l'interconnessione con le altre valute dell'alleanza occidentale sarà a rischio.
Anche le banche centrali stanno rivalutando le loro linee di politica riguardo le riserve. Le abbiamo viste aumentare le loro riserve auree, una mossa analoga a vendere dollari. Secondo l'FMI, nel 2022 le riserve estere totali sono diminuite di circa $1000 miliardi, con un calo di $600 miliardi per quelle denominate in dollari. Le riserve in renminbi alla fine dell'anno scorso erano a $298 miliardi, quindi ora saranno presumibilmente aumentate.
Ma c'è davvero bisogno di riserve monetarie? L'unica tesi a sostegno è per il tasso di cambio e la gestione delle crisi. L'estensione delle linee di swap è inflazionistica ed è uno strumento utilizzato solo tra le sei principali banche centrali: la FED, la Bank of Canada, la Bank of England, la BCE, la Bank of Japan e la Swiss National Bank. È un accordo elitario che esclude le altre 149 banche centrali.
Hanno solo bisogno di liquidità per regolare il loro commercio in altre valute, pertanto un'ampia percentuale delle riserve in dollari detenute dalle banche centrali, che il FMI stima a $6.471 miliardi, sta diventando disponibile per la vendita. A ciò vanno aggiunti i dollari detenuti da attori del settore privato nel sistema bancario di corrispondenza nostro/vostro.
La fine del monopolio del petrodollaro
Per quanto ne sa la popolazione, il declino del dollaro è iniziato lo scorso dicembre, quando il presidente Biden ha visitato l'Arabia Saudita, seguito dal presidente Xi. La differenza nella loro accoglienza ha detto tutto: Biden è stato accolto con discrezione mentre Xi è stato onorato con tutta la fanfara che Muhammad bin Salman poteva manifestare. È stato in quell'incontro che i sauditi hanno accettato il pagamento del petrolio in renminbi.
Ma questi erano solo gli ultimi di una lunga serie di sviluppi. Nel 2014 un direttore di una delle maggiori raffinerie d'oro svizzere mi ha detto che stavano lavorando 24 ore su 24 per rifondere i lingotti LBMA da 400 once nel nuovo standard cinese da 99,99 chili. I lingotti provenienti dal Medio Oriente, molti dei quali sembravano usciti da depositi a lungo termine, venivano restituiti ai proprietari rifusi secondo il nuovo standard. L'unica conclusione è che nove anni fa il mondo arabo vedeva il futuro della propria ricchezza legato più alla Cina e all'Asia che agli europei e agli americani. Per coincidenza, fu allora che la Cina credeva che l'America stesse creando problemi a Hong Kong e provocando la Russia.
Un'ulteriore conferma di come stessero mutando gli scenari geopolitici è arrivata nel 2018, quando il presidente Putin e MBS si sono dati il cinque alla conferenza del G20 a Buenos Aires. Dal loro linguaggio del corpo era chiaro che c'era un'intesa tra i due leader e che stavano lavorando insieme. E nei cinque anni successivi, la determinazione dell'Europa e del Nord America a vietare completamente i combustibili fossili ha confermato la lungimiranza degli arabi che nove anni prima rifondevano i loro lingotti d'oro secondo lo standard cinese.
Promettendo di eliminare petrolio e gas in un lasso di tempo rapidamente ridotto, l'Occidente ha offerto ai due egemoni asiatici un obiettivo in comune. Russia, Iran e Arabia Saudita insieme hanno quasi tutto il petrolio a buon mercato e hanno un alto grado di controllo dei prezzi sui mercati mondiali dell'energia.
Si può affermare che l'America abbia perso la sua influenza sul Medio Oriente, proprio perché la pace è tornata nella regione. L'Arabia Saudita sta riparando le barriere con l'Iran, Assad della Siria dovrebbe visitare a breve Riyadh, il Qatar e il Bahrein stanno riprendendo le relazioni diplomatiche e il primo ciclo di colloqui di pace yemeniti si è concluso con successo. Ma l'America non ne è felice: William Burns della CIA è di recente volato a Riyadh per un incontro con MBS, presumibilmente per studiare gli sviluppi ed esaminare la situazione. Il sottomarino d'attacco nucleare USS Florida è transitato a Suez, a sostegno della Quinta Flotta e si presume sia in viaggio verso il Golfo.
L'intenzione americana è quella d'intensificare le tensioni, con la minaccia di attaccare l'Iran, il cui programma nucleare è a buon punto. Ma realisticamente gli americani sono impotenti e se decidessero di attaccare l'Iran, si farebbero anche nemici l'intera regione, come MBS ha sicuramente chiarito a William Burns.
Oltre alle questioni di sicurezza, il grosso problema riguarda le valute. Naturalmente i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo continueranno ad accettare dollari, ma l'America ora deve vedersela con una crisi bancaria e la stessa FED ha un equity negativo insieme alle altre principali banche centrali; inoltre i detentori stranieri di dollari ne hanno troppi date le future condizioni commerciali.
L'alternativa è la Cina e il renminbi
Le ultime stime ci dicono che il PIL cinese è cresciuto del 4,5% nel primo trimestre di quest'anno, trainato da una ripresa della spesa dei consumatori, con le vendite al dettaglio in crescita del 10,6% solo a marzo. E mentre l'attenzione degli analisti finanziari occidentali è solitamente rivolta principalmente all'attività dei consumatori, tutti gli altri sanno che la Cina ha un'economia alimentata dal risparmio, cosa che consente al credito di guidare gli investimenti industriali senza che i prezzi al consumo aumentino.
C'è un comprensibile timore che la domanda cinese di materie prime mantenga i prezzi alti in un momento in cui l'America e l'Europa entreranno in recessione. Inoltre c'è stata una mancanza di nuove scoperte minerarie e investimenti di capitale nell'estrazione di materie prime, il che suggerisce che l'offerta di quest'ultime e dell'energia rimarranno limitate. Tuttavia in Cina non sono ancora emerse prove statistiche che dimostrino che il credito stia alimentando la formazione di capitale.
Infatti la pausa negli investimenti di capitale complessivi è coerente con l'enfasi strategica cinese che ha spostato il suo baricentro dall'export verso l'America e l'Europa ai mercati asiatici in via di sviluppo. Inoltre, nell'attuale atmosfera geopolitica, i produttori americani stanno rivalutando i propri accordi nelle supply chain, ma quando si tratta di scegliere le valute, tutte le nazioni non allineate che riforniscono la Cina sanno che i suoi piani vanno ben oltre la produzione nazionale: l'ambizione è quella di realizzare una rivoluzione industriale in tutta l'Asia. Ormai questo dilemma fa ogni volta capolino quando si deve valutare il da farsi: accettare dollaro in pagamento per le proprie esportazioni e quindi depositarli nel sistema bancario statunitense non sicuro, oppure accettare renminbi e depositarli in una banca cinese garantita dallo stato. Senza contare la valutazione delle prospettive economiche della Cina rispetto a quelle dell'America e dei suoi stretti alleati.
Anche quest'ultimi stanno diventando insicuri nei confronti dei dollari. La Francia ha di recente accettato il pagamento in renminbi per il gas naturale liquido. Altri membri dell'Unione Europea sono chiaramente disposti a fare la stessa cosa, consapevoli che isolarsi dalla più grande economia del mondo che sta crescendo mentre quella americana no, sarebbe a dir poco da sconsiderati. Inoltre l'Europa ha collegamenti ferroviari diretti attraverso il continente eurasiatico non solo con la Cina, ma anche con l'intero continente asiatico. A breve si collegherà direttamente anche al subcontinente indiano, che ora è ufficialmente la nazione più popolosa del mondo. Persino gli inglesi non possono permettersi di seguire l'esempio di Washington e limitare le relazioni commerciali con la Cina.
Gli squilibri commerciali sono comunque destinati ad aumentare per l'America e gran parte dell'Europa. Le identità contabili nazionali ci dicono che in assenza di cambiamenti nel comportamento di risparmio, un disavanzo di bilancio porterà a un corrispondente disavanzo commerciale: la sindrome dei deficit gemelli. Poiché la contrazione del credito bancario indebolisce l'economia degli Stati Uniti, il governo degli Stati Uniti dovrà affrontare un calo delle entrate fiscali, un aumento dei costi dello stato sociale e un aumento dei costi dei prestiti. Il disavanzo commerciale aumenterà di pari passo con il deficit di bilancio, solo che questa volta la bilancia dei pagamenti aumenterà quasi certamente con il deficit commerciale perché è improbabile che gli esportatori stranieri mantengano i loro pagamenti in dollari.
Per il governo degli Stati Uniti e per tutti noi, è probabile che diventi un mal di testa su due fronti. Il primo è che la domanda estera di titoli del Tesoro USA non solo scomparirà, ma chi li possiede si trasformerè in venditore quando il proprio fabbisogno di finanziamenti aumenterà.
In secondo luogo, con i pagamenti commerciali mondiali che migrano verso il renminbi e l'export della Cina che continua a prosperare, colmando il crescente divario commerciale dell'America, quest'ultima sarà vista sotto una cattiva luce. E qualsiasi tentativo da parte del governo degli Stati Uniti d'introdurre dazi ancora più elevati e divieti sulla tecnologia cinese non porrà rimedio alla situazione. Bisogna riconoscere che una conseguenza dell'espansione dell'economia cinese, mentre quella dell'America si contrae, potrebbero trasformare l'attuale sciabolata americana su Taiwan in un vero e proprio conflitto.
Valutare l'impatto della liquidazione dei dollari
Ci sono due elementi da prendere in considerazione quando si vuole analizzare la liquidazione dei dollari, a cominciare dai depositi bancari liquidi, certificati di deposito, bond del Tesoro USA, bond commerciali, ecc. con scadenze inferiori a un anno. Secondo le statistiche del Treasury International Capital degli Stati Uniti, a fine dicembre c'erano $7.074 miliardi in passività creditizie dovute a tutti gli stranieri. Questa è la cifra che potenzialmente incombe sui mercati dei cambi.
Allo stesso tempo, i residenti negli Stati Uniti hanno passività nei loro confronti in valute estere per l'equivalente di soli $384 miliardi. Il rapporto tra dollari di proprietà straniera e valuta estera di proprietà statunitense è 18,4 volte. In altre parole, questo è lo squilibrio approssimativo tra la potenziale vendita di dollari da parte di tutti gli stranieri e la capacità degli acquirenti statunitensi di assorbirla vendendo le loro valute estere in cambio di dollari. A prima vista questo differenziale potrebbe alimentare un rapido calo del tasso di cambio del dollaro rispetto alle valute estere.
È anche possibile che una banca compri in dollari e crei credito in valuta estera a favore del venditore di dollari, ma è probabile che tale attività sia limitata alle filiali di banche estere a New York con accesso ai relativi mercati esteri del credito all'ingrosso e presuppone che desiderino acquistare dollari. Il metodo più probabile per fermare un dollaro in discesa sarebbe l'intervento del fondo di stabilizzazione dei cambi, il quale ridurrebbe l'offerta di denaro qualora la FED incontrasse difficoltà a fermarne un'ulteriore contrazione; o che la FED cerchi la collaborazione dei suoi partner tramite le linee di swap per acquistare dollari e vendere in cambio le proprie valute, il che è altamente inflazionistico.
Questo ci porta a prendere in considerazione le prospettive per i tassi d'interesse e come potrebbero cambiare le percezioni estere dei rischi finanziari, in particolare per quanto riguarda il rischio sistemico nel sistema bancario statunitense. Sappiamo che una valuta indebolita tende a portare a tassi d'interesse più elevati e ci si potrebbe aspettare che l'aumento dei tassi d'interesse sosterrà il tasso di cambio del dollaro, ma c'è il pericolo di un ciclo di feedback negativo: il rischio che il tasso di cambio del dollaro aumenti insieme ai tassi d'interesse. Questo perché l'aumento dei tassi d'interesse destabilizzerà l'economia statunitense e le finanze pubbliche, portando a maggiori deficit di bilancio e commerciali; e gli asset nei portafogli, con scadenza superiore a un anno, diminuiranno di valore.
Il grafico qui sopra mostra come negli ultimi anni le disponibilità estere di titoli a lungo termine si siano gonfiate su base trimestrale, principalmente a causa di un aumento delle partecipazioni private estere. A gennaio le partecipazioni del settore privato e pubblico ammontavano a $24.548 miliardi e, sebbene instabile, ora sembra esserci una tendenza al ribasso. Queste cifre si aggiungono a quelle degli asset non finanziari di proprietà straniera, come immobili, terreni agricoli, fabbriche e uffici.
La proprietà statunitense di titoli esteri a lungo termine ammonta a $14.263 miliardi, di cui $10.875 miliardi in azioni societarie. Va notato che nella maggior parte dei casi i titoli esteri sono detenuti in American Depository Receipts (ADR) con prezzo in dollari, in modo che la loro cessione non si traduca in transazioni in valuta estera, a differenza di una cessione estera di un'asset denominato in dollari.
Ma il credito delle banche commerciali nelle principali giurisdizioni ha smesso di crescere, o si sta addirittura contraendo, mentre la domanda di credito continua ad aumentare. La conseguenza è che i tassi d'interesse continueranno a salire, a causa di questo squilibrio tra domanda e offerta. C'è poco che le banche centrali possano fare al riguardo senza svalutare le loro valute. E poiché sono sotto pressione affinché finanzino i crescenti deficit dei loro governi, saranno costrette ad accettare il prezzo del credito del mercato. Questa è stata l'esperienza degli anni '70.
Mentre l'attenzione di tutti viene indirizzata erroneamente verso le previsioni dell'IPC, c'è scarsa consapevolezza del fatto che l'inflazione non è il problema immediato: è la carenza di credito bancario, che ora sta spingendo i tassi d'interesse, non le aspettative d'inflazione a rappresentare un grosso guaio. Di conseguenza la prospettiva è per rendimenti obbligazionari ancora più elevati, il che significa che tutti i valori degli asset finanziari scenderanno ulteriormente e il sistema bancario statunitense altamente finanziarizzato sarà impattato sia dagli investimenti detenuti nel suo bilancio sia dalle garanzie collaterali detenute a fronte dei prestiti. Ma questa prospettiva non è limitata ai mercati del dollaro, è condivisa da tutti gli altri centri finanziari occidentali. Man mano che queste dinamiche diventano ovvie agli occhi degli investitori, la liquidazione degli asset finanziari è destinata ad accelerare, con l'eccezione forse dei mercati finanziari cinesi che sono impostati su un corso completamente diverso e quelli russi che sono stati completamente tagliati fuori dai flussi d'investimento mondiali.
In una liquidazione generale dei portafogli, lo squilibrio tra gli investimenti esteri in asset a lungo termine e la proprietà statunitense degli investimenti esteri determinerà i relativi risultati monetari. In dollari, è un rapporto di $24.548 miliardi a $14.263 miliardi, o circa 1,72 volte; sul fronte dei cambi esteri, però, si tratterà solo di circa mille miliardi detenuti in valute estere. Quando si tratta dell'ADR a essere prosciugato, non è coinvolta alcuna transazione in valuta estera, a differenza della vendita di titoli statunitensi di proprietà straniera; pertanto una liquidazione generale dei portafogli vedrebbe un enorme eccesso di vendita di dollari da parte di stranieri rispetto alla liquidazione di valuta estera da parte degli americani.
Supponendo che i detentori stranieri riducano la loro esposizione in dollari e al margine acquistino renminbi, il calo del dollaro rispetto a quest'ultimo potrebbe essere inaspettatamente improvviso e sostanziale. È probabile che almeno una parte della liquidazione dei dollari alimenti i prezzi dell'energia e delle materie prime, la cui offerta è in molti casi troppo limitata per sostenere l'accumulo di scorte su qualsiasi scala. L'oro, poi, è probabile che venga acquistato perché è ancora denaro giuridico in quasi tutte le giurisdizioni straniere e segnerebbe una fuga dal credito scoperto alle materie prime fisiche sulla scia dell'aumento del rischio di controparte.
L'unica compensazione di queste implicazioni negative per il futuro del dollaro verrà probabilmente da altri membri dell'alleanza occidentale. In qualità di principali detentori stranieri del debito del governo degli Stati Uniti, si può fare affidamento su di loro per tentare il sostegno reciproco della valuta. Senza dubbio la FED e le sue cinque banche centrali partner aumenteranno le loro linee di swap a tal fine, oltre che per sostenere il dollaro stesso. Ma questi attori sono una minoranza se misurata la quantità di dollari detenuti e i loro tentativi di manipolare i mercati dei cambi non faranno che peggiorare le cose.
Dobbiamo quindi concludere che la vendita estera dei dollari potrebbe rapidamente intensificarsi e porterà a tassi d'interesse significativamente più alti, i quali potranno essere eventualmente abbassati solo dall'espansione del credito da parte del sistema bancario centrale. E tale espansione può venire solo dalla FED, perché le banche commerciali sono escluse dato che stanno cercando di contenere le loro perdite e ridurre la loro leva finanziaria. E se la FED ricorre alla stampa attraverso scambi di valuta o con altri mezzi, il dollaro non avrà scampo lo stesso.
La posizione della Russia
L'economia russa sembra andare molto bene durante l'attuale conflitto contro l'Ucraina. La tassazione e il debito pubblico sono inferiori rispetto a qualsiasi altra grande economia e, con alcune soluzioni alternative, l'export continua ad andare avanti. Il conflitto in Ucraina è stato un onere finanziario, ma non sufficiente a destabilizzare l'economia russa.
I flussi di pagamento sono stati deviati dai dollari allo yuan, consentendo agli espatriati russi in tutto il mondo di continuare a utilizzare le loro carte di credito. E il Bangladesh ha pagato la Russia per la costruzione della centrale nucleare di Rooppur in yuan tramite una banca cinese con accesso al sistema di pagamento interbancario transfrontaliero della Cina. Come abbiamo visto tante volte in casi precedenti, le sanzioni contro la Russia si stanno rivelando del tutto inutili.
Mentre la via dei pagamenti in yuan risolve la situazione attuale, possiamo essere certi che la Russia vorrà avere un mezzo di pagamento sotto il proprio controllo. È a tal fine che, per conto di Putin, Sergey Glazyev sta lavorando a una proposta per una nuova valuta di saldo commerciale per l'Unione economica eurasiatica. Sarà basato sull'oro ed è probabile che da quanto Glazyev ha scritto pubblicamente anche il rublo si sposterà su una sorta di gold standard.
Il vantaggio immediato per la comunità imprenditoriale russa è che gli attuali tassi d'interesse superiori al 10% scenderanno notevolmente. Ciò si confronta con un tasso d'inflazione dei prezzi al consumo del 3,5%, ma che è fortemente distorto dai tassi d'inflazione IPC precedentemente elevati. Tutto ciò che andrà ad abbassare i tassi d'interesse in questo contesto di bassa inflazione incoraggerà la crescita del credito per massimizzare il potenziale economico.
Con il credito ancorato all'oro verrà introdotta una stabilità permanente dei prezzi. Solo allora i tassi d'interesse russi potranno scendere permanentemente a pochi punti percentuali.
Il rublo sarebbe quindi in grado di sfidare uno yuan fiat come mezzo di pagamento. E con il nuovo rapporto della Russia con i membri del Consiglio di cooperazione del Golfo, senza dubbio un rublo coperto dall'oro sarebbe prontamente accettato dai sauditi e da altri per i pagamenti energetici, anche preferendolo allo yuan.
I negoziati tra Russia e Cina su questo punto rischiano di essere complicati, ma dato che sappiamo che la Cina ha comunque enormi scorte di oro non dichiarato, i colloqui possono essere risolti nell'interesse di una relazione monetaria stabile tra i due egemoni. Forse di maggiore importanza è sapere a quale valore in oro sarà scambiabile il rublo teoricamente o effettivamente, dato che gli "ostili" affrontano una crisi finanziaria, bancaria e monetaria che probabilmente farà aumentare considerevolmente i valori dell'oro man mano che le valute fiat perderanno rapidamente potere d'acquisto.
[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/
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