Bibliografia

lunedì 29 maggio 2023

Perché nonna Yellen è costretta a distribuire le priorità nella spesa

 

 

di David Stockman

Per prima cosa riportiamo alla mente la grande resa dei conti durante le discussioni sul tetto del debito del 2011. Il 28 luglio, solo pochi giorni prima dell'esaurimento dell'autorità di prestito del Tesoro USA, il rendimento del decennale si attestava al  2,98%. Nonostante mesi di accesi avvertimenti da parte della maggioranza repubblicana alla Camera riguardo il dovere di approvare un aumento del sopraccitato tetto, quella cifra era in realtà scesa rispetto al rendimento del 3,36% d'inizio gennaio 2011.

Proprio così. Come mostrato di seguito, l'intero calvario di sette mesi a Capitol Hill sulla scadenza dei prestiti portò a un calo irregolare, ma marcato, del rendimento del decennale statunitense.

Rendimento del decennale statunitense, da gennaio 2011 ad agosto 2012

Il 31 luglio i repubblicani alla Camera capitolarono, accettando un aumento del tetto del debito in cambio di quella che era stata pubblicizzata come una riduzione del deficit da $2.100 miliardi nel decennio successivo. A quel punto il rendimento scese ulteriormente al 2,58% il 5 agosto, il giorno in cui S&P tagliò il rating del credito UST da AAA ad AA+ dopo la chiusura del mercato.

A quanto pare i tizi di S&P non avevano gradito la "mania del rischio calcolato" della repubblica delle banane che aveva prevalso a Capitol Hill per la maggior parte di quell'anno. Di conseguenza ammonirono severamente Washington:

“Il declassamento riflette la nostra opinione secondo cui l'efficacia, la stabilità e la prevedibilità delle linee di politica e delle istituzioni politiche americane si sono indebolite in un momento di continue sfide fiscali ed economiche”, ha affermato l'agenzia di rating in una nota.

Il rendimento salì alle stelle la settimana successiva in risposta alla perdita da parte dell'America del suo presunto rating di credito incontaminato, com'era stato avvertito fino alla nausea dalle potenze di Wall Street e Washington?

Ovviamente no. Entro la fine del 2011 il rendimento scese ulteriormente all'1,89% e, come mostrato in precedenza, al primo anniversario del declassamento all'inizio di agosto 2012, era precipitato a solo l'1,50%.

Inoltre il tasso d'inflazione annuo era al 2,0% rispetto al fidato 16% trimmed mean CPI. Infatti un anno dopo tutto lo strepitio riguardo il tetto del debito, il rendimento reale del decennale statunitense era negativo di 50 punti base. Vale a dire, il governo degli Stati Uniti aveva perso il suo rating creditizio incontaminato ed era stato ricompensato con decine di miliardi di risparmi annuali sul servizio del debito!

Si potrebbe sostenere che il piano di riduzione del deficit da $2.100 miliardi che aveva accompagnato la capitolazione repubblicana fosse stato il responsabile del calo dei rendimenti, e invece no.

Le riduzioni del disavanzo dovevano essere raggiunte da:

• Un congelamento degli stanziamenti discrezionali della difesa che avrebbe consentito di risparmiare $900 miliardi in dieci anni;

• Un ulteriore risparmio di $1.200 miliardi in base a riforme permanenti di previdenza sociale, Medicare, Medicaid, ecc.

Inutile dire che di riforme non se n'é vista neanche l'ombra. L'accordo sul tetto del debito stabilì inoltre una procedura di riserva per aumentare l'incentivo a raggiungere un compromesso. Ciò doveva avvenire sotto forma di tagli automatici definiti "sequestration", i quali si sarebbero attivati ​​se la commissione adibita non fosse riuscito ad attuare i $1.200 miliardi di tagli.

Per il 2013 e gli anni successivi questi tagli automatici avrebbero dovuto comportare una riduzione di circa l'8,4% dei programmi discrezionali extra difesa, un taglio del 7,5% dei programmi della difesa, un risparmio dell'8,0% sui programmi obbligatori extra Medicare e una riduzione del 2,0% nei pagamenti dei fornitori di Medicare. Dal 2014 al 2021 il taglio al Medicare sarebbe dovuto rimanere al 2%, mentre i tagli percentuali in altri programmi si sarebbero ridotti gradualmente.

La commissione invece ha fatto poco e niente in termini di risparmi effettivi di bilancio. Accumulando espedienti su espedienti, il processo di "sequestration" sopra descritto è stato attivato per l'esercizio 2014 fino all'esercizio 2021.

Sul lato welfare state, infatti, è difficile vedere dove ci siano stati dei "tagli". La spesa per gli stanziamenti del welfare a livello federale è passata da $1.800 miliardi nel 2011 a $2.900 miliardi nel 2021, un aumento del 64%.

Stanziamenti del welfare a livello federale, dal 2011 al 2021

Allo stesso modo, nel caso degli stanziamenti extra difesa, il totale delle spese per otto anni (esercizio 2014-2021) doveva essere limitato a $4.110 miliardi; le spese per suddetto periodo sono state pari a $5.490 miliardi, o il 34% in più.

Inoltre dal 2021 in poi i risultati sono stati a dir poco ridicoli. Il livello massimo di spesa annuale doveva essere di $558 miliardi, ma in realtà è arrivata a $895 miliardi, o il 60% in più.

Allo stesso modo il limite degli stanziamenti alla difesa avrebbe dovuto ammontare a $4.342 miliardi, ma in realtà è arrivato a $5.109 miliardi, o il 18% in più. Il limite per l'anno fiscale 2021 era di $589 miliardi nell'ambito del piano repubblicano alla Camera, ma le spese effettive sono state di $742 miliardi.

Nel complesso il dispositivo di bilancio alla Rube Goldberg che l'allora presidente alla Camera, John Boehner, aveva elaborato in cambio dell'aumento del tetto del debito avrebbe dovuto limitare la spesa per la difesa ed extra difesa a $8.450 miliardi nei 10 anni successivi. Il livello effettivo, come si è scoperto, era di $10,600 miliardi. Vale a dire, questi bugiardi hanno mancato i loro obiettivi di $2.150 miliardi!

Inoltre, poiché gli espedienti di Boehner hanno lasciato in gran parte irrisolti i problemi con gli stanziamenti del welfare, il risultato del deficit complessivo dopo l'esercizio 2011 è stata una presa in giro. All'epoca il CBO stimava che durante la finestra di bilancio decennale influenzata dal piano Boehner (dal 2012 al 2021), il deficit federale cumulativo sarebbe stato di $3.490 miliardi.

Purtroppo la cifra effettiva si è rivelata 3,3 volte superiore: $11.600 miliardi!

Di conseguenza il debito pubblico è raddoppiato durante il decennio successivo. Il debito pubblico da $15.200 miliardi nel 2011 è diventato $29.600 miliardi nel 2021 e da lì ha continuato a salire fino a un'altra cosiddetta crisi del tetto del debito.

Debito pubblico totale, dal 2010 al 2021

Quindi eccoci di nuovo qui, presumibilmente a pochi passi dall'Armageddon fiscale. Ma ciò che in realtà ci aspetta non è un appuntamento con il tanto sbandierato "default nazionale", bensì qualcosa di molto più importante: l'ora in cui nonna Yellen sarà costretta a utilizzare l'autorità del Tesoro USA per allocare le entrate in via prioritaria tra i conti della spesa pubblica.

Il Tesoro degli Stati Uniti si sta ancora rimpinzando di tributi duramente guadagnati dai contribuenti, quindi c'è un afflusso più che sufficiente per pagare il servizio del debito, così come altre priorità che il Tesoro USA potrebbe stabilire.

Durante il mese di aprile, ad esempio, il pagamento degli interessi è stato di ben $62 miliardi, il 9,5% della riscossione dei tributi federali ($639 miliardi ad aprile). Quindi, secondo ogni forma di matematica di cui siamo a conoscenza, era impossibile non riuscire a pagare gli obblighi dello zio Sam legati agli interessi, anche senza prendere in prestito un altro centesimo.

E, sì, aprile è stat un mese di grande riscossione con i pagamenti delle tasse, ma anche su base mensile media per i primi sei mesi dell'anno fiscale 2023, c'è stato un afflusso abbondante per coprire i pagamenti degli interessi e molte altre priorità.

Media mensile, anno fiscale 2023 fino ad oggi:

• Entrate fiscali federali:  $448 miliardi;

• Pagamenti netti per interessi: $61 miliardi;

• Pagamenti della previdenza sociale: $128 miliardi;

• Veterans Services & Compensation: $26 miliardi;

• Retribuzione militare e O&M: $47 miliardi;

• Buoni alimentari, Welfare e SSI: $22 miliardi;

• Conti di spesa totali Big Five: $285 miliardi;

• Entrate fiscali rimaste per tutti gli altri conti di spesa: $163 miliardi.

Durante i primi sei mesi di quest'anno l'esborso mensile medio per tutti i conti di spesa al di fuori dei Big Five è stato di $318 miliardi. Quindi, in teoria, se la situazione di stallo riguardo il tetto del debito dovesse andare avanti, solo il 51% dei conti pendenti potrebbe essere pagato ad appaltatori della difesa, fornitori di assistenza sanitaria, agenzie sanitarie statali, burocrati federali e pensionati, costruttori di autostrade, studenti beneficiari di aiuti, sussidi agricoli, lavori pubblici, sovvenzioni per lo sviluppo comunitario, ecc.

Ma state pur certi che non si arriverebbe a un mese intero. Il semplice atto di chiudere in un cassetto ciò che ammonterebbe a $318 miliardi di fatture scadute non prioritarie, farebbe scendere l'ira dei collegi elettorali sulla Casa Bianca come mai prima d'ora.

Sleepy Joe negozierebbe in modo rapido e flessibile su tagli alla spesa reali, non solo la solita fiacchezza di bilancio.

Di conseguenza la questione decisiva che ora si trova davanti al presidente McCarthy e ai repubblicani della Camera è costringere nonna Yellen a distribuire le priorità nella spesa. Una volta che la grande menzogna sul "default" sarà smascherata in questo modo, l'equazione fiscale cambierà per sempre.

Invece degli stanziamenti e degli spendaccioni unipartitici che prendono in ostaggio i conti fiscali della nazione, i contribuenti e i loro rappresentanti avrebbero finalmente la leva per arrestare la corsa di questo treno fiscale diretto verso un abisso

In altre parole, ciò che è veramente in gioco nell'attuale situazione di stallo è l'urgente necessità di confutare l'idea stantia secondo cui il presidente deve sedersi impotente con le mani in mano, rendendo il pagamento del debito inevitabile e istantaneo.

Al contrario, nientemeno che uno studioso come Laurence Tribe della Harvard Law School, il decano degli esperti costituzionali liberal, ha smentito apertamente questa vecchia nozione, tra le molte altre. Diverse settimane prima della grande crisi del debito nell'agosto 2011, il professor Tribe ha dichiarato quanto segue:

Tutto questo mi porta al secondo punto: cosa deve fare il governo se, il 3 agosto, non ha abbastanza soldi per soddisfare tutte le spese che il Congresso ha richiesto per legge? La risposta, credo, è che deve dare la priorità alle spese: alcuni pagamenti devono semplicemente essere posticipati fino a quando il Tesoro USA non avrà abbastanza soldi per sostenerli.

Quindi cosa stanno aspettando i repubblicani alla Camera?

Il più importante studioso liberal della nazione ha dato loro il via libera per mantenere la loro posizione. E in primo luogo ciò significa costringere nonna Yellen a dare la priorità alle entrate fiscali rispetto ai pagamenti del servizio del debito e ad altri elementi chiave, lasciando che il resto delle fatture non pagate si ammucchino nella grande sala del Tesoro degli Stati Uniti.

Ed è bene ricordare che quando una fattura maturata da un appaltatore militare, o un pagamento di rimborso Medicaid ai governi statali, viene pagata con 5, 15, 30 o anche 60 giorni di ritardo, non si tratta di un'inadempienza sconvolgente; è solo un caso di "pagamento lento" da parte dello zio Sam, proprio come fanno di tanto in tanto le aziende private e in questo caso il ritardo sarebbe per buone e sostanziali ragioni.

In altre parole, il grande esercito di succhiatori della tetta pubblica deve capire che mentre lo zio Sam pagherà sempre i suoi obblighi in tempo, alcuni dei suoi "debiti" commerciali potrebbero essere occasionalmente allungati quando il suo libretto degli assegni è scoperto.

Inutile dire che dare la priorità al servizio del debito e alla serie di priorità sopra illustrate, o qualsiasi altra serie plausibile, sarebbe benedetta in un batter d'occhio dalla Roberts Court, anche se venisse contestata se qualche gruppo di lobby fosse così sciocco da intentare causa contro la priorità del presidente sulle entrate disponibili.

È difficile essere più inequivocabili di così, una verità che il sottoscritto comprende bene perché l'ha affrontata durante il breve rimprovero di Ronald Reagan al Leviatano. Come direttore del budget e poi membro del Congresso, Mick Mulvaney nell'ottobre 2013 disse le seguenti parole in occasione di un altro finto default:

Non andremo in default; non esiste un default. C'è una direttiva [dell'Office of Management and Budget] degli anni '80, l'ultima volta che siamo stati abbastanza vicini a non alzare il tetto del debito, che stabilisce chiaramente il processo attraverso il quale il segretario al Tesoro dà la priorità al pagamento degli interessi.

Inutile dire che la Città Imperiale teme queste parole in grassetto più di quanto Dracula temesse un crocifisso. Tuttavia c'è in gioco molto di più: se anche solo una parvenza di sanità fiscale possa essere recuperata sulla base di questa unica fonte residua di leva di bilancio.

Questa volta potrebbe effettivamente esserci una possibilità di ritorno alla sanità fiscale, questo perché la FED non è in grado di monetizzare il debito, come lo era nel 2011 e successivamente. Nel grande schema delle cose, quella fu una delle imprese finanziarie più sciocche mai registrate nella storia economica.

Come mostrato di seguito, significava che per i 10 anni dopo l'accordo sul tetto del debito nel 2011, il tasso d'interesse aggiustato all'inflazione per il decennale statunitense sarebbe sceso in territorio negativo quasi il 50% delle volte. E quando era positivo era ben al di sotto dell'1,0% in tutti i mesi tranne cinque. Complessivamente, quindi, il tasso d'interesse reale medio ponderato durante suddetto periodo è stato ben al di sotto dello zero.

Ed è stata la conseguente distorsione del sistema di segnalazione economica che ha portato alle bolle finanziarie e ai debiti gargantueschi che ora incombono sull'economia americana come una Spada di Damocle.

Rendimento aggiustato all'inflazione del decennale statunitense, da settembre 2011 a settembre 2021

Ripeto, i tassi d'interesse non sono saliti quando il Congresso indugiò per la prima volta non promulgando prontamente un aumento del tetto del debito nella primavera del 2011; e non sono nemmeno saliti quando S&P declassò il credito della nazione ad agosto, né sono saliti successivamente quando il grande accordo di riduzione del deficit stipulato solennemente dall'unipartito di Washington venne fatto a pezzi durante il decennio successivo.

Ma non perché i deficit e i debiti non contino, perché il giorno della resa dei conti è stato posticipato dalla stampante monetaria della FED durante il periodo in questione.

Vale a dire, al momento del declassamento di S&P, il bilancio della FED era di $2.800 miliardi ed aveva impiegato 98 anni per arrivarci. Durante quest'ultimo decennio e gli accordi di riduzione del deficit è arrivato a $8.500 miliardi.

La FED ha monetizzato $5.700 miliardi di debito pubblico durante gli ultimi 10 anni, o ben più del 40% delle nuove emissioni di obbligazioni del Tesoro USA, mentre un'ampia quota delle emissioni rimanenti è stata monetizzata da altre banche centrali.

Non più adesso. La FED ha deciso di "fare marcia indietro", ma non nel modo in cui i giocatori d'azzardo di Wall Street si aspettavano. Il fatto è che anche i nostri stampatori keynesiani sanno di aver fatto uscire il genio dell'inflazione fuori dalla lampada e non avranno altra scelta se non quella d'invertire anni e anni di stampa folle di denaro.

Cioè, anche se il Tesoro degli Stati Uniti prevede di emettere fino a $2.000 miliardi di nuovo debito all'anno, la FED ridurrà il suo bilancio attraverso quello che è il suo vero programma anti-inflazione: il QT (quantitative tightening), il quale ha l'effetto di scaricare il debito federale esistente nei mercati obbligazionari a un ritmo annuo di $1.140 miliardi.

Proprio così. La richiesta netta di fondi da parte del Tesoro statunitense nei mercati obbligazionari raggiungerà un ritmo annuo di oltre $3.000 miliardi per un considerevole periodo di tempo. E sottolineo "considerevole" dato che la stampante della FED verrà spenta.

Ecco gli ultimi dati sull'inflazione basati sul 16% trimmed mean CPI. La linea rossa rappresenta il tasso d'incremento annuo, mentre la linea gialla è il tasso annuo per il mese corrente. Come si evince dal grafico, la linea rossa si sta piegando verso il basso, anche se a passo di lumaca.

Al picco dello scorso giugno, il tasso annuo ha raggiunto il 7,3%, ma ad aprile 2023 l'aumento era ancora del 6,1%. Ancora più importante, l'aumento medio mensile (linea gialla) da novembre è stato del 5,0% ed era ancora superiore al 4,0% ad aprile.

Quindi ci aspettiamo che il tasso d'inflazione scenda rapidamente verso l'obiettivo del 2,00% durante il bilancio di quest'anno o addirittura del 2024, nonostante il probabile inizio della recessione?

Ovviamente no. L'economia statunitense si sta dirigendo verso la peggiore stagflazione — inflazione elevata e crescita debole — dall'inizio degli anni '80. Eppure la FED si è messa in un angolo dopo anni d'inondazioni del sistema finanziario con liquidità a buon mercato e non avrà altra scelta se non quella di continuare a restringere il suo bilancio fino a quando non avrà prosciugato una parte sostanziale di questi eccessi.

16% trimmed mean CPI, aumento su base annua rispetto ad aumento mensile annualizzato, da maggio 2020 ad aprile 2023

Il grafico qui sotto deve essere osservato attentamente. La struttura pronti contro termine inversa della FED ora ammonta a $2.230 miliardi e questo, gente, è assolutamente assurdo. I prestiti overnight alla FED hanno un tasso attuale del 5,05%.

La metafora "portare il carbone a Newcastle" è stata più che abusata. Per favore, ditemi, perché la più prodigiosa stampante monetaria del pianeta ha bisogno di prendere in prestito $2.230 miliardi ogni notte a tassi superiori del 5%?

Saldo sul Fed Reverse Repo Facility, da dicembre 2020 a maggio 2023

In realtà non c'è alcun mistero sull'assurdità di cui sopra. Nell'ultimo decennio o più, la FED e le altre banche centrali hanno talmente saturato i mercati finanziari con un eccesso di liquidità che i tassi d'interesse di mercato non potevano far altro che sprofondare rispetto a quelli di riferimento.

Quindi i geni dell'Eccles Building stanno prendendo in prestito migliaia di miliardi per dimostrare che, come un moderno re Canuto, possono ancora comandare alle acque finanziarie di salire o scendere.

Poi, però, la linea a gradini nel grafico qui sotto mostra quanto sia stata tardiva la battaglia della FED contro l'inflazione. Non ci può essere alcuna riduzione dell'inflazione fino a quando i tassi d'interesse reali non diventeranno positivi. Paul Volcker lo dimostrò quattro decenni fa, quando spinse il tasso di riferimento della FED all'8,0% prima di rompere finalmente lo slancio inflazionistico.

Naturalmente la linea rossa crescente nel grafico qui sotto sta devastando il settore bancario, in particolare le banche di piccole e medie dimensioni. A causa della generosa offerta del 5,05% da parte della FED, enormi quantità di depositi fuoriescono dal sistema bancario e poi finiscono nei fondi del mercato monetario; quest'ultimi, a loro volta, riversano i nuovi depositi nel mercato pronti contro termine inverso!

Tasso d'interesse sull'RRP O/N della FED, dal 2018 al 2023

Forse "geni all'opera" non più la più azzeccata delle metafore, ma ci ricorda che la catena distruttiva di spese e prestiti di Washington deve finalmente finire, e presto.

E fare in modo che nonna Yellen infranga il mito del "default" è l'unico punto pratico da cui iniziare.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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1 commento:

  1. Le persone guadagnano denaro fornendo beni e servizi ad altri (la maggior parte delle persone vende il proprio tempo). Per quanto possano essere vituperati i guadagni a livello aziendale, essi non sono altro che il guadagno del singolo su scala maggiorata. I cosiddetti "profitti" non sono altro che il risultato dell'interazione umana che coordina i propri sforzi per raggiungere una complessità produttiva che da soli non si sarebbe mai raggiunta.

    Poi, o decidono loro stessi cosa fare con i loro soldi, o qualcun altro decide per loro. Quel "qualcun altro" potrebbe essere un rapinatore in un vicolo buio, o, più probabilmente, è il folto gruppo di mascalzoni che controllano l'apparato burocratico dello stato.

    L'imposta sul reddito serve a ottenere una quota del tempo del lavoratore o dell'azienda. In origine la pressione fiscale era molto bassa; ora, in Italia in particolar modo, abbiamo superato il 40% (diretto). Ma lo stato italiano spende più del 50% del PIL e in qualche modo deve farlo uscire fuori dalla produzione. Dopo il 1971, con l'avvento del denaro scoperto (fiat), è diventato più facile entrare indebitamente in possesso della produzione altrui.

    Gli elettori non amano affatto gli aumenti delle tasse, ma non capiscono l'inflazione. Pensano che sia causata da imprenditori avidi, dal maltempo, o dagli stranieri. Non si rendono conto che se i burocrati tassano, prendono in prestito o stampano denaro, sono sempre loro a dover pagare il conto. Il furto della produzione, e del tempo, crea un progressivo sfilacciamento e degrado della struttura del capitale di una nazione, impegnata a cercare modi per sbarcare il lunario a fronte di una burocrazia crescente (Legge di Parkinson). Per quanto le imprese possano essere incolpate per l'inflazione dei prezzi, essere sono solo una cinghia di trasmissione dei prezzi dagli input (materie prime) all'output (beni/servizi finali). Non sono la fonte dei guai economici, sono solo la manifestazione fisica di come i costi reali del pachiderma burocratico e del suo sequestro di risorse reali (crowding out) vengono pagati dalle classi medie.

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