Bibliografia

martedì 2 maggio 2023

La leadership cinese emergente non è solo il risultato dei sussidi: l'imprenditoria ancora conta

Durante la guerra arabo-israeliana del 1973, l'OPEC aveva guadagnato influenza imponendo un embargo petrolifero, causando gravi sconvolgimenti nell'economia mondiale. Nel 1974 Henry Kissinger fece da mediatore a un accordo: Israele avrebbe rinunciato alle sue ambizioni territoriali, gli stati arabi avrebbero posto fine all'embargo e il petrolio sarebbe stato scambiato in dollari. E così nacque il petrodollaro a sostituzione degli accordi di Bretton Woods, infranti da Nixon nel 1971. Il petrodollaro ha concesso agli USA la licenza di stampare valuta ed esportare l'inflazione, una gigantesca tassa sul commercio mondiale. Essersi opposti a questo sistema ha significato invasioni militari o "rivoluzioni colorate". L'Iraq ha tentato di abbandonare il dollaro compiendo una mossa particolarmente decisa nell'ottobre 2000; nel 2003 è stato invaso senza aver attaccato l'America o nessun altro Paese. Muammar Gheddafi ha tentato di creare un dinaro coperto dall'oro in tutta l'Africa; è stato assassinato nel 2011. Naturalmente il coinvolgimento degli Stati Uniti in questi Paesi non è monocausale e altri fattori (es. garanzie di sicurezza per Israele, crociata progressista) hanno giocato un ruolo, ma garantire l'egemonia del dollaro è una questione critica nella politica estera di Washington. Malgrado ciò le azioni recenti a quanto pare sono state troppo estreme per essere accettate dalle altre potenze mondiali. La Russia ha già collegato il rublo a un semi-gold standard e la Cina sta andando nella stessa direzione. Anche l'India si sta allontanando dall'establishment americano. Il disaccoppiamento, però, è un viaggio complicato poiché le economie di questi Paesi sono state legate al dollaro per decenni e c'è anche il rischio che Washington si scagli violentemente contro di esse per mantenere il suo status egemonico. Molto dipende dalle azioni dell'Arabia Saudita, poiché è il suo petrolio che sostiene il valore del dollaro: più scambia petrolio in altre valute, meno valore possiede il dollaro. E di recente il ministro delle finanze saudita ha dichiarato di essere aperto al commercio di petrolio in valute diverse dal dollaro; inoltre la leadership cinese e saudita hanno discusso di garantire il commercio bilaterale senza il coinvolgimento del dollaro, una delle priorità cinesi. Insomma, per quanto ci siano movimenti decisi verso una transizione dal dollaro verso altre valute di saldo comemrciale internazionale, questa è una tendenza a medio-lungo termine. Non è affatto facile e scontato questo disaccoppiamento e per 4 ragioni fondamentali: stato di diritto, mercati finanziari liquidi e potenza economica e militare (senza contare che il 60% delle riserve monetarie mondiali è in dollari e circa il 90% degli scambi avviene in dollari). Mentre la Cina sta rapidamente crescendo come economia e potenza militare, deficita dello stato di diritto e di mercati dei capitali liquidi per sostenere una valuta mondiale; per di più è difficile vedere come un Paese comunista possa superare queste sfide. La morte del dollaro, quindi, come valuta di riserva mondiale, arriverà un giorno e la valuta di qualche altra nazione, Bitcoin, l'oro, l'argento o qualcos'altro prenderà il suo posto. Tuttavia quel giorno non arriverà tanto presto.

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di Mihai Macovei

La Cina è diventata un leader mondiale nel settore dei veicoli elettrici e i governi occidentali temono che il suo vantaggio comparativo si rafforzerà. Ancora una volta, gli esperti attribuiscono il successo della Cina ai sussidi statali e alla concorrenza sleale, ma questo è solo un pretesto per avallare un maggiore interventismo in un settore che, fin dall'inizio, non è stato guidato da un'autentica domanda dei consumatori ma da un'agenda politica green.


La Cina è in testa alla corsa mondiale per i veicoli elettrici

Circa un decennio dopo aver superato il mercato automobilistico statunitense, la Cina è diventata il più grande mercato e produttore di veicoli elettrici al mondo. Secondo le previsioni degli analisti le vendite nazionali di veicoli elettrici dovrebbero salire a circa 8-10 milioni di auto nel 2023, rispetto alle vendite record di 6,5 milioni nel 2022; ciò supera di gran lunga le vendite di quasi tre milioni di auto elettriche in Europa e due milioni negli Stati Uniti. A livello mondiale sette auto elettriche su dieci sono vendute in Cina, la quale vanta anche una delle più alte quote di mercato di veicoli elettrici nelle vendite totali di auto. Nella prima metà del 2022 le vendite di veicoli elettrici hanno rappresentato il 21% delle vendite totali di auto in Cina rispetto al 18% in Europa e al 6,5% negli Stati Uniti. Si stima che circa la metà di tutte le auto vendute in Cina saranno veicoli elettrici entro la fine del 2025.

Fonte: EV-volumes.com

Fonte: EV-volumes.com

I vincitori del boom dei veicoli elettrici sono case automobilistiche cinesi in rapida crescita che rappresentavano oltre l'80% delle vendite nazionali di veicoli elettrici nel 2022, mentre un decennio fa gli stranieri occupavano il 70% del mercato. Tra i primi quindici produttori di veicoli elettrici in Cina, solo quattro possono essere considerati di proprietà straniera oggi. Nei mercati globali, BYD, la star dei veicoli elettrici sostenuta da Warren Buffett, ha superato Tesla, costringendo quest'ultima a tagliare i prezzi di circa il 20% quest'anno per rimanere competitiva.

Fonte: EV-volumes.com

Le prospettive sembrano buone per BYD, la quale prevede di vendere tre milioni di veicoli plug-in nel 2023 dopo aver venduto più di 1,85 milioni lo scorso anno. Una dozzina di altri produttori cinesi di veicoli elettrici hanno sovraperformato rispetto alle loro controparti a livello mondiale e ora si rivolgono ai mercati internazionali, in particolare all'Europa. A differenza dei motori a combustione interna, le auto elettriche cinesi godono sia di prezzi accessibili che di buona qualità. Possono anche beneficiare di sussidi all'acquisto in Europa, dove i dazi sono relativamente bassi e i produttori locali si concentrano sulla produzione di auto con motori a combustione interna e con margini più elevati (prima che vengano gradualmente eliminate nel 2035).

Ancora più importante, il settore dei veicoli elettrici in Cina è diventato sempre più innovativo e capace di progressi tecnologici. La tecnologia dei veicoli elettrici ha avuto origine in Occidente e inizialmente il governo cinese ha spinto alcune imprese statali a creare joint venture con produttori stranieri per poter poi avviare la produzione nazionale. I produttori privati ​​indipendenti sono gradualmente entrati nel mercato e sono emersi circa trecento produttori di veicoli elettrici, senza contare che molti di loro poi hanno scavalcato le case automobilistiche già affermate. Le aziende cinesi possono ora produrre veicoli elettrici tecnologicamente avanzati ma anche sicuri e affidabili. I flussi tecnologici sembrano essersi invertiti all'interno delle joint venture durante l'ultimo decennio: molti produttori stranieri come Volkswagen, Mercedes-Benz e BMW stanno collaborando con partner cinesi per attingere al loro know-how superiore in batterie, sostituzione di batterie, soluzioni software automobilistiche e guida autonoma. Stanno anche incanalando investimenti significativi nei centri di ricerca e sviluppo locali per attingere all'ecosistema dell'innovazione cinese.

Fonte: MERICS

Le case automobilistiche cinesi hanno in programma di assorbire gran parte delle catene del valore mondiali, capitalizzando la loro leadership nella produzione di componenti chiave dei veicoli elettrici come batterie e tecnologie per auto intelligenti. Hanno istituito centri di ricerca/sviluppo e progettazione in Europa e stanno progettando di aprire siti di produzione sia per le auto che per le batterie. Le batterie sono la parte più preziosa dei veicoli elettrici, rappresentando dal 35 al 50% del suo valore. La Cina ha raggiunto tecnologicamente i principali produttori mondiali Panasonic, Samsung e LG in un settore che ha subito enormi cambiamenti tecnologici negli ultimi tre decenni.

Oggi sei dei dieci maggiori produttori mondiali di batterie sono cinesi con circa il 60% della quota di mercato mondiale: CATL (37%) e la casa automobilistica BYD (13,6%) in testa. Anche giganti di Internet e della tecnologia come Baidu, Alibaba e Xiaomi sono entrati nel mercato dei veicoli elettrici portando soluzioni digitali e quasi dimezzando i cicli di sviluppo delle auto a due o tre anni. Supportati da loro, le case automobilistiche cinesi hanno convertito le auto in dispositivi intelligenti su ruote, soddisfacendo il gusto specifico dei consumatori cinesi.


Cosa sta alimentando il successo dei veicoli elettrici in Cina?

La maggior parte degli analisti concorda sul fatto che il settore cinese dei veicoli elettrici non esisterebbe affatto senza un sostanziale sostegno dello stato. In solo un decennio il settore dei veicoli elettrici è decollato aiutato dai governi centrali e locali. Alcune misure hanno stimolato la domanda di automobili (sovvenzioni all'acquisto, trattamento fiscale favorevole e inasprimento delle norme sulle emissioni), mentre altre hanno mirato all'offerta (sovvenzioni per ricerca/sviluppo ai produttori, appalti pubblici, joint venture obbligatorie per i produttori di automobili stranieri e dazi all'importazione).

Altri analisti ammettono che l'approccio della politica industriale ha prodotto risultati non ottimali nonostante il suo enorme costo fiscale. Il governo cinese ha speso circa $60 miliardi tra il 2009 e il 2017 per far ripartire il settore automobilistico; quasi $37 miliardi sono stati destinati ai sussidi ai consumatori, i quali rappresentano un enorme 25% delle vendite totali di veicoli elettrici nel periodo summenzionato. Sebbene le aziende di veicoli elettrici siano diventate più di trecento, solo il 15% circa di esse produceva effettivamente auto di alta qualità. La maggior parte non è riuscita a raggiungere la fase di produzione e probabilmente è entrata nel mercato soprattutto per beneficiare delle generose sovvenzioni. Ironia della sorte, i produttori indipendenti, come BYD, Geely, Chery, Xiaopeng e NIO, sono emersi come le case automobilistiche di maggior successo e non come imprese statali privilegiate.

Nel 2016 Pechino ha cambiato rotta e si è spostata dal sistema dei sussidi a uno basato più sul mercato in modo da stimolare la concorrenza. I sussidi diretti ai prezzi sono stati gradualmente eliminati e il sostegno del governo è stato spostato sulla costruzione d'infrastrutture di ricarica. Pechino ha introdotto un meccanismo basato sul credito sociale, simile a quello nel mercato dell'anidride carbonica, il quale consente alle case automobilistiche di vendere i crediti dei veicoli elettrici in eccesso ad altre società. Questo è stato anche il modo in cui Tesla è riuscita a essere redditizia nel 2020-21, ma il passo più importante è stato consentire ai produttori di veicoli elettrici stranieri di entrare nel mercato interno. L'ingresso di Tesla è stato un punto di svolta per il settore, perché ha spinto i produttori cinesi a progettare da zero veicoli elettrici con funzionalità di guida intelligenti.

Allo stesso modo in cui i sussidi della Cina non sono stati la ricetta per il successo nel campo dei veicoli elettrici, l'Occidente ha già dimestichezza col gioco interventista. Il sostegno dei governi occidentali ai produttori di veicoli elettrici in termini di prestiti, sovvenzioni, sconti fiscali e generosi sussidi ai consumatori è stato pervasivo quanto quello della Cina. Sono addirittura andati oltre fissando obiettivi per la graduale eliminazione delle auto con motori a combustione interna. L'unica differenza è l'entità dei finanziamenti statali rispetto alla Cina.

Ma invece di rendersi conto che l'intervento della Cina era imperfetto, gli esperti occidentali considerano la corsa ai veicoli elettrici come una "guerra per procura tra l'Occidente e la Cina" la quale richiede un maggiore sostegno statale. Il governo degli Stati Uniti ha annunciato un programma da $174 miliardi per accelerare la transizione ai veicoli elettrici all'interno del gigantesco Inflation Reduction Act. A sua volta l'Unione Europea teme che i sussidi statunitensi attireranno la tecnologia verde lontano dai propri lidi e quindi intende rispondere rafforzando i propri sussidi green e allentando le regole sugli aiuti di stato. Inutile dire che ciò minaccia di scatenare una guerra di sussidi tra entrambe le sponde dell'Atlantico.


Conclusione

È ipocrita incolpare la Cina dell'attuale pazzia dei sussidi al settore dei veicoli elettrici. L'Occidente ha alimentato l'agenda mondiale green e lo sviluppo del settore delle auto elettriche non è ostacolato dalla concorrenza sleale della Cina, ma dall'insufficiente domanda per i veicoli elettrici. Per la stragrande maggioranza dei consumatori (oltre il 90% negli Stati Uniti), le auto elettriche rimangono meno attraenti delle auto tradizionali, non da ultimo a causa dei loro prezzi elevati e di altri inconvenienti pratici.

Questo è anche il motivo per cui le case automobilistiche occidentali sono ancora concentrate sulla produzione di auto tradizionali più redditizie, nonostante la spinta dei governi per un'agenda verde. E non illudetevi, anche nel settore emergente dei veicoli elettrici i vincitori non saranno determinati dai generosi sussidi statali ma da una concorrenza di mercato senza ostacoli.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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