Bibliografia

lunedì 22 maggio 2023

È tempo di cestinare Triffin

 

 

di Alasdair Macleod

La bolla del credito sta scoppiando e le economie emergenti stanno cercando protezione accettando accordi commerciali in altre valute. La politica degli Stati Uniti, fatta di minacce di cambi di governo, destabilizzazione della valuta o altri mezzi per garantire che le nazioni rimangano nella sua sfera d'influenza, sta fallendo.

Gli economisti mainstream in Occidente insistono sul fatto che il dollaro è insostituibile e che come mezzo di saldo commerciale lo yuan è strettamente limitato. Facendo riferimento al Dilemma di Triffin, la Cina dovrebbe gestire dei deficit per fornire la liquidità necessaria, ma ignorano il ruolo del credito bancario, il quale può essere ampliato a piacere per soddisfare la domanda di accordi commerciali.

Inoltre le borse cinesi offrono coperture in oro fisico, attirando gli esportatori di energia del Medio Oriente lontano dai petrodollari, fino a quando non entrerà in vigore la nuova valuta di saldo commerciale progettata da Sergey Glazyev.

L'aumento del rischio sistemico nei sistemi bancari statunitensi, europei e giapponesi sta accelerando il movimento degli accordi commerciali internazionali dai dollari verso rifugi più sicuri. Questi sono, o saranno alla fine, coperti dall'oro fisico.


Il mondo sta cambiando sotto i nostri occhi...

L'opinione pubblica sta iniziando ad accettare che l'America abbia perso la sua influenza mondiale. Anche il Brasile, l'Argentina e il Messico stanno apertamente pianificando un futuro in cui il loro commercio internazionale si allontanerà dal Nord America e dall'Europa occidentale verso un'Asia saldamente vincolata alle regole di Cina e Russia (regole che insistono sull'evoluzione dei pagamenti: dal dollaro alle proprie valute, o in valute di saldo commerciale in fase di pianificazione).

In qualunque modo si evolva, l'adesione combinata all'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, all'Unione economica eurasiatica, ai BRICS e/o ai BRICS+ accetta l'impegno a sostituire il dollaro nella determinazione dei prezzi delle materie prime e per il saldo del commercio transfrontaliero. E il fatto che le nazioni delle Americhe, dell'intera Africa, del Medio Oriente e persino dell'Indonesia nel sud-est asiatico siano abbastanza sicure da abbandonare la nave del biglietto verde ci dice tutto. L'America sembra un Don Chisciotte e l'Europa il suo Sancho Panza. Stiamo parlando di 3,8 miliardi di asiatici che si stanno rapidamente industrializzando, beneficiando di un ulteriore 1-1 miliardo e mezzo circa in Africa e America Latina, contro 1,3 miliardi in Nord America, Europa occidentale e Giappone.

Dato che gli Stati Uniti hanno iniziato a intensificare la loro retorica bellicosa riguardo a Cina e Taiwan a est, oltre a quella nei confronti di Russia e Ucraina attraverso la NATO, forse dovremmo accogliere con favore i primi segni di questa perdita di egemonia e i germogli verdi di pace che potrebbero seguire: un'America che riconosce che la sua aggressività è ora insostenibile e che la battaglia per il controllo globale deve essere terminata. Ma ciò solleva una questione vitale sul futuro del dollaro.

È probabile che l'insorgenza di problemi bancari nel sistema finanziario occidentale giocherà un ruolo importante nella battaglia tra gli egemoni ed è certamente coerente con l'improvvisa comparsa di più Paesi che improvvisamente sono desiderosi di abbandonare il dollaro, e quindi il sistema monetario dell'intera alleanza occidentale. La scena di questo abbandono è stata preparata da Vladimir Putin al Forum economico internazionale di San Pietroburgo nel giugno dello scorso anno, quando 81 delegazioni ufficiali hanno partecipato e sono state avvertite dei pericoli di detenere dollari ed euro nelle loro riserve. Così informati, ora sembrano mobilitarsi.


Il difetto nel pensiero monetario occidentale

I commentatori finanziari mainstream ritengono inconcepibile che il dollaro possa essere sostituito da qualsiasi altra cosa, essendo esso il mezzo di determinazione dei prezzi per le materie prime e il fattore comune in tutte le transazioni in valuta estera. Questa è stata l'opinione del rispettato George Magnus, estratta da un articolo pubblicato sul Daily Telegraph:

La tirannia della bilancia dei pagamenti significa che se la Cina e altre nazioni fanno registrare eccedenze a causa di una domanda interna relativamente debole, altre nazioni ancora come Stati Uniti e Regno Unito devono gestire deficit esterni e accumulare debito. Causa ed effetto devono andare nel verso giusto.

Quindi l'idea che lo yuan possa diventare una valuta veramente internazionalizzata, forse un rivale del dollaro, è una narrazione che manca di sostanza.

Potrebbe accadere solo se la Cina permettesse al resto del mondo di accumulare ingenti crediti in yuan.

Ciò significa che la Cina dovrà avere deficit esterni, cosa che, in quanto stato mercantilista con un'attenzione risoluta alla politica industriale, non farà.

Oppure deve consentire la libera circolazione dei capitali verso l'esterno, altra cosa che non farà, in parte perché non si fida che i propri cittadini siano completamente liberi dal punto di vista finanziario, e in parte perché il conseguente deflusso di capitali e il calo dello yuan destabilizzerebbe il suo sistema bancario nazionale da $60.000 miliardi in cui la proliferazione di crediti inesigibili è già un problema.

La Cina di Xi è, quindi, bloccata tra l'incudine dei surplus della bilancia dei pagamenti e il martello di un flusso di capitale chiuso. I Paesi e le aziende possono usare maggiormente lo yuan per pagare/emettere fatture e persino per denominare obbligazioni vendute a stranieri.

Eppure nei pagamenti mondiali, secondo il sistema SWIFT utilizzato dalle banche, lo yuan ha rappresentato il 2,2% dei pagamenti il mese scorso, in gran parte la stessa percentuale di due anni fa.

I commenti di Magnus sono coerenti con il Dilemma di Triffin. Quest'ultimo sosteneva che affinché il dollaro fosse la valuta comune mondiale, gli Stati Uniti dovevano garantire che ci fosse un'offerta disponibile e sufficiente per le altre nazioni. Il modo per raggiungere questo obiettivo era che l'America avesse deficit commerciali, ma i continui deficit commerciali sono in definitiva distruttivi. Da qui il dilemma: è probabile che la creazione dell'offerta di una valuta di riserva si concluda con una crisi economica per chi la emette.

Robert Triffin descrisse questo problema al Congresso degli Stati Uniti nel 1960. Gli fu data ragione quando il Gold Pool londinese fallì nel 1968, quando il presidente Nixon abbandonò l'accordo di Bretton Woods nel 1971 e presumibilmente avrà ragione di nuovo adesso con il dollaro che sta entrando in una nuova crisi. Ma nonostante le ovvie verità del Dilemma di Triffin siano state dimostrate dagli eventi, possiede lo stesso un difetto: non fa distinzione tra valuta, ciò che Triffin pensava fosse usato per il saldo commerciale definitivo, e credito bancario che invece è quello che effettivamente viene usato.

Le due forme di credito non devono essere confuse. Il credito bancario è denominato in una valuta di una banca centrale, ma non è la stessa cosa. Inoltre pochissimi economisti, anche con la più alta reputazione nell'establishment, comprendono davvero come viene creato il credito bancario. Ecco Paul Krugman, premio Nobel per l'economia, nella sua rubrica sul New York Times:

Mentre leggo varie cose sull'attività bancaria, vedo spesso riproposta l'idea che le banche possano creare credito dal nulla. Vi sono forti smentite dell'affermazione secondo cui il prestito delle banche sia limitato dai loro depositi, o che la base monetaria svolga un ruolo importante; le banche, ci viene detto, non detengono quasi nessuna riserva (il che è vero), quindi la creazione o la distruzione di riserve da parte della FED non ha alcun effetto.

È tutto sbagliato e dovrebbe essere anche ovvio.

Prima di tutto, ogni singola banca deve prestare il denaro che riceve in deposito. Non può emettere assegni dal nulla, allo stesso modo come i dipendenti di qualsiasi intermediario finanziario, devono acquistare beni con i fondi che hanno a disposizione. Spero che questo sia chiaro, anche se dato quello che di solito accade quando discutiamo di banche, presumo che anche questa affermazione susciterà indignazione.

Krugman aveva torto e, per quanto ne so, la pensa ancora così. Le banche commerciali creano credito e infatti sono commercianti di credito, non come Krugman afferma che accettano depositi. Non sappiamo come Krugman pensi che nasca il credito bancario, e sì, possono emettere assegni dal nulla, ma il metodo preferito è quello di accreditare sul conto di un mutuatario.

Il fatto che un economista così illustre possa essere così ignorante riguardo i meccanismi di creazione del credito nel sistema bancario è un perfetto esempio della mancanza di attenzione che la professione ha riservato al credito. I keynesiani (come Krugman), i monetaristi e persino alcuni sostenitori della Scuola Austriaca hanno teorie diverse ed errate su come effettivamente nasca il credito bancario. È davvero di una semplicità disarmante: i prestiti vengono creati in concomitanza con i depositi attraverso la magia della partita doppia. I depositi quindi si staccano dai prestiti che li hanno creati man mano che essi vengono ripagati e le banche poi collaborano attraverso sistemi di compensazione e mercati all'ingrosso per mantenere i loro libri in equilibrio.

Perché questo è rilevante per il Dilemma di Triffin? La risposta è che fintanto che una qualsiasi banca ha accesso a sistemi di compensazione efficienti e mercati del credito all'ingrosso nelle valute pertinenti, essa può creare credito in qualsiasi valuta desideri. Questo assetto libera automaticamente i pagamenti commerciali dal requisito di una notevole quantità di valuta in mani straniere affinché quest'ultima funga da valuta di riserva. Il credito per il saldo commerciale definitivo è comunque per lo più autoestinguente e il ruolo di una valuta di riserva ha più a che fare con la manipolazione dei tassi di cambio.

Per quanto riguarda l'affermazione di Magnus secondo cui i deflussi di capitali potrebbero destabilizzare il sistema bancario cinese, questa è una fallacia dell'uomo di paglia. Come sottolinea egli stesso, ci sono controlli sui cambi, ma la Cina non ha bisogno di smantellarli. Proprio come il sistema bancario europeo crea eurodollari, le banche cinesi e di altro tipo possono creare credito in yuan per il finanziamento del commercio e per regolare le transazioni esterne di materie prime. Infatti le "due" valute circolano già separatamente. E se, a causa del suo disuso, il dollaro e le altre valute occidentali calassero nell'uso rispetto allo yuan, potrebbe persino essere conveniente per i cinesi allentare i controlli sui cambi per accogliere il flusso di capitali dagli Stati Uniti verso i progetti cinesi in Asia. Ma questo è un argomento da prendere in considerazione in seguito.

I macroeconomisti analizzano sempre le finanze e l'economia da un punto di vista statalista, il che li porta a minimizzare le considerazioni commerciali. Anche se la classe politica si occupa di accordi e quote commerciali, la maggior parte degli scambi viene concordata tra entità commerciali, e spetta a loro decidere i propri mezzi di saldo definitivo. Senza una crisi bancaria, la valuta prescelta per il mondo non occidentale continuerebbe senza dubbio a essere il dollaro, o una valuta comune tra le parti commerciali regionali come l'euro. Ma non è più così e gli egemoni asiatici e le nazioni nella loro sfera d'influenza stanno rivedendo la loro posizione.


Le conseguenze di una crisi bancaria sui mercati emergenti

Mentre il contagio finanziario può minacciare banche e interi sistemi bancari ovunque, l'attuale crisi è incentrata su grandi economie altamente finanziarizzate. È qui che le banche centrali hanno implementato maggiormente la soppressione aggressiva dei tassi d'interesse, accumulato perdite attraverso il QE e rimaste a vedere mentre le reti bancarie commerciali affondavano nell'indebitamento finanziario a leva. Stiamo parlando prevalentemente di Stati Uniti, UE, Regno Unito e Giappone. Mentre in molti casi c'è poca fiducia in molte delle loro valute, per contro le economie dei mercati emergenti meno finanziarizzate sono meno esposte ai rischi sistemici mondiali. Le eccezioni sono rappresentate da problemi endemici in cui una combinazione d'intromissione dei politici sulla politica monetaria e scetticismo della popolazione sulla valuta ne assicura il deprezzamento.

Stando così le cose, l'emergere di fallimenti bancari nelle economie finanziarizzate incoraggia le autorità monetarie meno esposte a cercare protezione contro eventuali ricadute. Questo contribuisce ad alimentare quel fenomeno dove molte nazioni cercano di ridurre la loro dipendenza dal dollaro, dall'euro e dalle altre principali valute e si orientano verso la Cina, la Russia e le opportunità presentate per il commercio e gli investimenti in tutta l'Asia. Non ci possono essere dubbi sul fatto che tutto questo sia alla base delle dichiarazioni degli ultimi mesi da parte di più giurisdizioni secondo cui in futuro parte del loro commercio sarà saldato in valute nazionali piuttosto che in dollari.

Ma a prima vista nessuno preferirebbe un saldo commerciale definitivo in, diciamo, rupie indonesiane piuttosto che in dollari, a meno che il rischio aggiuntivo non possa essere coperto. Inoltre mentre gli stati stabiliscono accordi commerciali tra di essi, la maggior parte degli scambi avviene tra compratori e venditori. In definitiva sono questi ultimi che si accordano sulla valuta ed è necessaria una stabile che tutti i partecipanti possano accettare. È questo aspetto che sta alimentando il piano russo per costruire una valuta coperta da materie prime per l'Unione economica eurasiatica e per consentire a qualsiasi altra nazione nella SCO e nei BRICS+ di partecipare.

Non conosciamo ancora i dettagli, ma conosciamo le opinioni di Sergey Glazyev, l'economista incaricato della sua progettazione. Il 27 dicembre, in un articolo intitolato Rublo d'oro 3.0: come la Russia può cambiare l'infrastruttura del commercio estero pubblicato su Vedomosti, un quotidiano economico russo con sede a Mosca, Glazyev ha esposto le sue ultime riflessioni. È stato co-autore di Dmitry Mityaev, membro assistente del consiglio per l'integrazione e la macroeconomia della Commissione economica eurasiatica; tale articolo, quindi, non incorporava solo le riflessioni di Glazyev e si può presumere che avesse un peso ufficiale nell'EAEU. L'articolo è stato pubblicato lo stesso giorno in cui la più grande banca russa, Sber, ha annunciato il suo nuovo fondo in oro digitale.

Esso parla dell'adozione di un gold standard in Russia piuttosto che della progettazione di una nuova valuta di saldo commerciale, ma la co-paternità dell'articolo con Mityaev suggerisce fortemente che si applichi anche a quest'ultima.

Di conseguenza la commissione monetaria dell'EAEU sembra ora aver abbandonato completamente le sue proposte iniziali, panieri di valute e materie prime, favorendo invece l'utilizzo di oro e credito correlato all'oro.

Inoltre una storia che circola sui media indiani cita Alexander Babakov, vicepresidente della Duma russa, secondo cui i Paesi BRICS stanno progettando un nuovo mezzo per i pagamenti che non dipenda dal dollaro o dall'euro e che sarebbe coperto da oro e materie prime. È possibile comunque che lo stia confondendo con il progetto di Glazyev, o in alternativa quest'ultimo si sta espandendo rispetto alla sua proposta originale.

Qualunque sia la realtà, abbandonare il dollaro non è un passo da prendere alla leggera. La Cina dipende fortemente dalle esportazioni verso l'America e i membri della NATO, ma sembra che si stia rifocalizzando sull'Asia e disponga di un tasso di risparmio eccezionalmente elevato per sostenere l'investimento di capitale necessario senza implicazioni inflazionistiche per i prezzi al consumo. Sia la Russia che i sauditi a capo dell'OPEC+ sono pienamente consapevoli dell'impatto sul petrodollaro derivante dal trasferimento dei pagamenti in yuan, rubli o altre valute per il loro principale prodotto di esportazione: il petrolio greggio. Le riserve di valute fiat dell'alleanza occidentale non vendute potrebbero persino dover essere cancellate. Di conseguenza i sauditi e gli altri esportatori di energia nel Golfo hanno sicuramente cercato rassicurazioni riguardo la stabilità dello yuan rispetto al dollaro. Ed è stato anche riferito che stanno usando gli scambi di futures cinesi per coprire con l'oro parte dei loro possedimenti in yuan. Prevedendo che la convertibilità yuan-oro avrebbe reso attraente il passaggio dai dollari allo yuan, questa struttura è stata pianificata dalla Cina nel 2017 e successivamente implementata.

Pertanto ci sono cinque elementi che indicano l'emergere di un gold standard in Asia e per le nazioni ad esso associate:

• Putin ha chiarito che vede una transizione verso valori monetari solidi e basati su materie prime (rappresentati dall'oro), lontano da dollari ed euro che possono essere usati come armi dall'America e dalle nazioni dell'alleanza nella loro sfera d'influenza.

• La più grande banca russa, Sber, ha emesso asset finanziari digitali coperti dall'oro, confermando per il futuro il ruolo monetario dell'oro in Russia, la cui tempistica ha coinciso proprio con l'articolo di Sergey Glazyev sul quotidiano economico di Mosca. Glazyev è responsabile del nuovo progetto di una valuta di saldo commerciale per l'Unione economica eurasiatica.

• Il fatto che Glazyev sostenga che il rublo torni a un gold standard è un accenno alla sua raccomandazione come capo della commissione EAEU su come sarà progettata una nuova valuta di saldo commerciale. C'è anche lui dietro la nuova proposta del gold exchange standard a Mosca.

• È difficile immaginare come gli esportatori di energia del Medio Oriente possano accettare pagamenti in valute diverse dal dollaro a meno che non vengano fornite sufficienti rassicurazioni sui loro valori futuri rispetto al petrodollaro. La capacità di coprire lo yuan con l'oro ha quasi certamente giocato la sua parte.

• E infine, ora apprendiamo da fonti indiane che i BRICS sono coinvolti in un nuovo progetto di mutuo scambio di valute. Ma non dovremmo escludere che Babakov confonda i BRICS con l'EAEU, o che il progetto EAEU venga invece esteso a insediamenti per il commercio al di fuori dell'Asia.

Fino allo scorso anno la politica congiunta e a lungo termine di Russia e Cina, ovvero eliminare i dollari nella determinazione dei prezzi delle materie prime, nel saldo commerciale transfrontaliero e nell'intermediazione in tutte le transazioni in valuta estera, era difensiva, lasciando che fosse l'America a commettere errori strategici e di geopolitica lungo il percorso. Le sanzioni contro la Russia hanno cambiato tutto: con le spalle al muro, Putin non ha avuto altra scelta se non quella di combattere. Probabilmente ha cercato di destabilizzare deliberatamente il sistema finanziario occidentale denunciando il dollaro e l'euro al Forum economico internazionale di San Pietroburgo lo scorso giugno, a cui hanno partecipato 81 delegazioni ufficiali di governi stranieri. Non più passivo, prende sempre più l'iniziativa e nei suoi sforzi per rimuovere completamente la minaccia americana dall'Europa orientale, la sua strategia è sia militare che finanziaria.


Lo yuan è diventato un ripiego credibile per i saldi commerciali definitivi

Si può immaginare che il concetto di una nuova valuta commerciale presenti di per sé ostacoli politici da superare, ma limitandone l'uso, almeno inizialmente, al commercio transfrontaliero, si può mantenere il pieno controllo sulle politiche monetarie interne. Deve essere progettata per essere un'alternativa pratica alle valute fiat occidentali. Sicuramente questo è il motivo per cui il concetto di un paniere di valute simile ai DSP è stato escluso da Glazyev. Costruire un paniere ponderato di merci è anche controverso e distrae dall'obiettivo, quindi una valuta basata sull'oro, che è comunque denaro giuridico, è la soluzione pratica e si accorda con le leggi stabilite a livello internazionale.

In attesa del suo annuncio ufficiale, un numero crescente di giurisdizioni ha espresso la propria predilezione per lo yuan. Essendo saldamente sotto il controllo dello stato, è probabile che le principali banche cinesi rappresentino un rifugio più sicuro per i saldi dei depositi rispetto alle banche con sede in mercati altamente finanziarizzati. Inoltre, contrariamente all'implosione del credito in Occidente, l'offerta di denaro cinese sta crescendo e la sua economia basata sul risparmio accoglie l'espansione del credito senza indebolire il potere d'acquisto dello yuan. Tale espansione del credito sta spingendo gli investimenti nella produzione invece che nel consumo.

Accettare yuan invece di dollari, euro o persino yen, non solo rappresenta un rifugio sicuro dal sistema bancario occidentale, ma il loro valore futuro promette di riflettere un miglioramento delle prospettive economiche cinesi in netto contrasto con il collasso della bolla finanziaria ed economica in Occidente.

Ovviamente ci saranno conseguenze per il dollaro e le altre valute fiat ad esso alleate, ma questo è un tema che dovrà essere affrontato in un prossimo articolo.


[*] traduzione di Francesco Simoncelli: https://www.francescosimoncelli.com/


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